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Il Mio Prossimo Romanzo
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Ebook166 pages2 hours

Il Mio Prossimo Romanzo

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Uno scrittore gira per l'Italia con una pacco di manoscritti sotto al braccio. È alle prese con l'idea di scrivere l'opera definitiva, Bisanzio, il romanzo generazionale che gli permetterà di approdare alla grande narrativa internazionale e fare soldi con la scrittura. Per dare più spessore al romanzo inizia a pagare parenti e conoscenti perché facciano cose che abbiano a che fare con la trama, per avere materiale di scrittura omogeneo e vivo. Però, man mano che il protagonista cerca di far entrare le persone reali nel romanzo, i personaggi appaiono nella vita reale. Così, il personaggio principale si imbatte - nel mondo reale - nell'eroina di Bisanzio, e ha con lei un'avventura erotica che lo sconvolge. Incapace di distinguere realtà e fiction, il protagonista decide di smettere di scrivere e si impone di vivere realmente, abbandonando l'eterna narrativa, diventata ormai droga terapeutica.
LanguageItaliano
Release dateJun 12, 2017
ISBN9788893371551
Il Mio Prossimo Romanzo

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    Il Mio Prossimo Romanzo - Fabrizio Venerandi

    Ringraziamenti

    Il mio prossimo romanzo sarà quello della maturità

    Il mio prossimo romanzo sarà quello della maturità e si intitolerà Bisanzio, sarà un romanzo complessissimo, con una trama intricatissima e dimostrerà a tutti che anche io so scrivere come gli americani, con un plot pensato a tavolino ricco di personaggi carichi di umanità ma tutti molto particolari, tipo padri di famiglia che dormono sui divani o conflitti generazionali tra figli che crescono all'ombra di padri complessati, che a loro volta vivevano all'ombra di padri paranoici che da bambini una volta gli era capitato di stare da soli nella propria stanza tutta la notte a fissare un ragno vagamente antropomorfo sulla parete e questa cosa di fissare il ragno li aveva resi carichi di scompensi emotivi che scaricavano sui figli, quindi sui padri degli attuali protagonisti del mio romanzo che a loro volta hanno strane fobie tipo niente burro solo margarina, e soffrono di malattie nervose, ad esempio credono che le radiazioni dei telefonini o della trasmissione dati wireless creino tumori nel loro cervello e cercano case isolate nella regione dei grandi laghi (attorno a Minneapolis, ma nella parte canadese) dove si nutrono di pappette vegetali e tagliano grandi sequoie per farne pali telegrafici che tempeste scardineranno e rovesceranno sopra l'auto guidata dalla figlia del protagonista, una sedicenne con le tette e una maglietta con scritto Pink Piggy, labbra carnose e sguardo da maialino, che morirà sul colpo creando quindi grossi traumi al padre tagliaboschi che riconoscerà nel tronco del palo telegrafico parte della grande sequoia da lui tagliata sedici anni prima, proprio quando la figlia era venuta al mondo (la madre aveva problemi di dipendenza dall'alcol e trascorreva la sua vita passando da una clinica di disintossicazione ai locali più cool di Manhattan a strafarsi dell'omonimo aperitivo non lo finirò mai. Il romanzo della maturità, dico, non lo finirò mai).

    Fino ad ora ho solo scritto i romanzi dell'immaturità, giochetti stilistici, storie rarefatte, il meglio del meglio del sottobosco letterario provinciale italiano, la differenza è all'incirca questa, pensare di mangiare un'ostrica (e qui intendo il romanzo complessissimo americano) e pensare di fare invece una lunghissima nuotata sfiancante per ore e ore nel mare Mediterraneo e alla fine uscire carichi di acqua salata, asciugarsi al sole e poi infilarsi le dita nel naso e mangiucchiare il proprio muco salsedinino interno: il gusto è lo stesso dell'ostrica, ma, anche per il pubblico, la differenza è sostanziale perché l'ostrica la comperi e costa un occhio della testa, il muco del tuo naso fa un po' schifo visto da fuori, e di solito tu sei il maggiore consumatore.

    Così per i miei romanzi dell'immaturità: ne ho scritti cinque o sei e io sono l'unico lettore, neanche tanto appagato. Uno solo lo ha stampato una cosiddetta casa editrice partenopea, dove per casa editrice intendo una stamperia senza distribuzione, che ha avuto la bella idea di impaginare tutto il mio libro con il programma Microsoft Word, un programma per scrivere lettere, e non paga della accurata scelta informatica, ha impaginato a mano tutti gli a capo, ovvero non ha chiesto al computer di fare andare lui a capo le parole, ma la tipa che ha impaginato il libro, ogni volta che secondo lei una parola doveva andare a capo scriveva un pezzo di parola, metteva il trattino, e poi un po' di spazi finché il testo non andava a capo e lei continuava a scrivere. Se non ne capite di impaginazione su computer capirete questa parola: merda. Infatti in fase di stampa, qualche grafico aveva variato qualche margine del libro e quindi tutte le parole si erano spostate e tutti gli a capo erano finiti nel mezzo della pagina, del tipo lei disse amiamo- ci teneramente fino a domani mat- tina e lui rispose ma ca- ra io non ho con me nessun me- todo contraccettivo, cose di questo tipo, tutto il libro così e il signor editore ha detto non si preoccupi Venerandi ci succede sempre, rimediamo nella seconda edizione. Questo mi aveva dato adito a dubitare della professionalità dell'editore, finché non ebbi la fortunata idea di conoscerlo e conoscere altri autori della collana, e allora capii tutto. In pratica il tipo, l'editore, era un ragazzetto in giacca e cravatta con i modi del venditore di coltelli elettrici, e la collana di narrativa da lui diretta aveva tipo trenta autori l'anno, un ammasso scoordinato di scrittori che avevano ben poco in comune, anzi niente, se non il fatto di essere più o meno tutti del tutto esordienti e molto stanchi di esserlo, alcuni esordienti sono stanchi di essere esordienti. Calcolando che l'editore in questione non aveva distribuzione, che non spendeva un centesimo in promozione, mi chiesi come era possibile che l'editore vendesse i libri di quel centinaio di scrittori. A chi li vendeva, mi chiedevo. Parlando con due altri autori, gente molto rassegnata al ruolo di scrittore non riconosciuto dalla critica militante, ebbi la risposta: erano gli autori stessi che - vedendo il loro libro non distribuito giacere nei magazzini dell'editore - ne acquistavano centinaia di copie a prezzo ridotto per darle ad amici e conoscenti, ed ecco che mi fu chiaro anche il perché del grande numero di autori presenti in catalogo: l'editore non puntava sulla qualità, ma sulla quantità. Più autori stampo, più copie vendo. Fu una illuminazione chiarissima di fronte al sorriso dell'editore che sussurrava qualcosa nell'orecchio della sua collaboratrice. Osservai il mio romanzo dell'immaturità naufragare e ringraziai il cielo di avere pochi amici e pochi parenti.

    Che poi: tra i romanzi della maturità e quelli dell'immaturità ci avrei potuto anche infilare i romanzi della furbizia, ne avessi avuta (di furbizia) del tipo: lei (quarantadue, ma ancora un po' fica) conosce lui (maschio francese sui quarant'anni, piacente, i maschi invecchiano meglio delle donne) dopo che lei molla il marito, uomo violento che la menava e in pratica la sottometteva alle sue voglie spedendo la figlia in camera sua a suon di sberloni, mentre lui (il francese) è dolce molto tranquillo le dedica tutto il suo tempo, una volta alla settimana va in Francia e ritorna da lei il giorno dopo, non dice qual è il suo lavoro né parla volentieri del suo passato, è molto tenero verso la figlia di lei (come non potrebbe: è una adorabile tiranna), e anche durante la fatidica prima scopata lui tenerissimo non consuma, ma mesto la accarezza dicendo che ci vuole tempo che lui non ha fretta, e siamo già a metà romanzo, penso tipica edizione Baricco corpo 13 interlinea doppia tipo tesi di laurea, e lei inizia a pedinarlo nei suoi giri in Francia vuole sapere di più del passato di lui, cioè è l'uomo ideale, le porta il caffè a letto, si stira le camicie da solo, e il sabato porta la bambina a vedere il sequel di La carica dei 101 al cineforum parrocchiale senza battere ciglio e pagando lui il biglietto, ma lei ha questa rogna del suo passato, vuole sapere chi si infila nel suo letto da sei mesi e non c'è stato un rapporto sessuale completo che uno, tutto con la storia della tenerezza, e poi i soldi da dove cazzo li prende e alla fine lei scopre che lui è un ex detenuto che ha scontato la sua pena (stuprò la figlia che adesso fa la visagista in Bretagna) e che per guadagnare qualche soldo (non è facile trovare un lavoro a tempo indeterminato se ti sei stuprato la figlia) ha aderito al progetto di castrazione chimica deciso da Dominique Perben (ministro della Giustizia francese) e quindi ogni settimana va in Francia a farsi iniettare una roba che gli toglie le voglie di libidine e lei lo scopre e lo aspetta fuori dall'ospedale militare con gli occhi in lacrime e lui esce e la vede e c'è questo abbraccio gonfio di tenerezza, e non si dicono niente tornano indietro in Italia, e qui grandi dialoghi vuoti tipo De Carlo, lei che guarda la figlia che gioca con questo castrato chimico e si rende conto che la sua (di lei) felicità con lui dipende dal fatto che lui è castrato e che la castrazione fa sì che la libidine verso la figlia di lei si trasformi in paterna attenzione e alla fine oh cazzo che storia pesa, un libricino del genere, Bompiani, copertina molla, foto con qualche colore pastello, titolo L'uomo senza, best seller, magari ci fanno anche un film con Muccino come regista, io lo farei fossi in lui e adesso voglio i diritti.

    Il problema è che penso tutta questa storia e mi vedo che inizio a scriverla e dopo due pagine mi dico ma che cazzo, così, ma che cazzo, ho imparato a scrivere per fare di queste cazzo di cose, ma che cazzo, e continuo ad libitum alzandomi, prendendo i fumetti di Dilbert e chiudendomi in cesso a fare chissà che cosa.

    Alcune cose che è bene sapere su mio fratello

    Quando quindi me ne sto chiuso nel cesso a fare le mie cose bussa di solito mio fratello, ho molte cose da dire su mio fratello, mio fratello ha molte caratteristiche che quando le racconti la gente dice «ma dai!» oppure «ma non è possibile!» e invece è possibile, è mio fratello: come aspetto mio fratello è in pratica identico a me, ma più giovane di sette anni, voglio dire, anagraficamente, a livello prettamente fisico è identico a me, ma con lo sguardo di uno che potrebbe decidere di sgozzarti per fame, ha quest'aria da cane a cui hanno tolto la ciotola per sbaglio e poi si sono dimenticati di restituirla e sorride appena, non per empatia ma per mostrarti i denti e ha una barba sfatta di sei o sette giorni e una sigaretta in mano, non ho un ricordo preciso di mio fratello senza una sigaretta in mano, voglio dire, dalla nascita della barba in poi almeno, e parla, nel mio ricordo personale mio fratello parla parla parla, una voce un po' roca, molto più bassa della mia, la sigaretta a fare da luce di segnalazione per i gesti delle mani per aria, e la voce che narra continuamente di cose che a tratti possono anche essere interessanti di solito pochissimo e con alcuni espedienti retorici da raccontatore navigato tipo iniziare un discorso con una frase del tutto incomprensibile del genere «ho preso un upiesse da mezz'ora» e poi restare lì ad aspettare la domanda ma che cazzo è un upiesse, giusto per poter partire con una lunga dissertazione sugli upiesse (che poi sono dei gruppi di continuità in cui il carico viene alimentato dalla rete che, quando è presente, viene stabilizzata in ampiezza dal dispositivo di regolazione automatica e filtrata da sovratensioni dai filtri EMI, mentre in assenza di rete, il carico è alimentato da inverter con onda pseudosinusoidale per periodi contenuti e sufficienti per la chiusura dei sistemi informatici tramite software particolari spesso abbinati al prodotto, questo per far capire quanto è affascinante il discorso) ha questa dialettica del cazzo mio fratello, e gli occhi, dicevo, di uno che ha fame, continuamente fame, il che è quasi paradossale, visto che mio fratello in realtà non mangia niente, a cena e a pranzo non è mai in casa è sempre di corsa e mangia di colpo cose pesantissime, tipo a mezzanotte lo trovo nella sua tenda canadese in sala che dorme con una mano ancora infilata dentro un pacchetto di Fonzies (gli originali), o merendine, o scatolette di tonno mangiato direttamente dalla latta con una forchetta, cose così, tutta roba che si possa mangiare senza cucinare, in modo da fare in fretta, e quando vuol mangiare bene mio fratello va in quei ristoranti dell'entroterra dove mangiare bene significa sottoporsi

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