Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale
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Le bugie o le fake news sono sempre esistite e fiorite. Le bufale o false verità esistono da prima dei social network ma grazie a essi hanno trovato lo strumento virale perfetto per creare infezioni dagli effetti per il momento molto sottovalutati. Infezioni che sono parte di una malattia più grande. Stanno dentro la grande regressione da terzo millennio alla quale stiamo assistendo, partecipando e contribuendo. È una regressione che si manifesta nel prevalere dell'effimero, nell'eccessiva attenzione al momento presente, nelle accelerazioni continue che non lasciano spazio alla lentezza, all'introspezione e alla riflessione e nell'abbandono di valori, principi morali, modi di pensare e conquiste culturali che erano ritenute consolidate da tempo, pur nella fatica della loro pratica ed esperienza quotidiana. Una regressione che determiniamo anche online attraverso la semplice partecipazione alle piattaforme tecnologiche che abitiamo, soprattutto per il modo, spesso irresponsabile, psicotico e inconsapevole, con cui lo facciamo. La soluzione per impedire questa regressione esiste e non prevede necessariamente il distacco della spina o la fuga dai social network. Sarebbe sufficiente sviluppare una maggiore consapevolezza e una riflessione critica sugli strumenti mediatici e tecnologici utilizzati, adottando alcuni semplici criteri etici di responsabilità individuale, verso se stessi e verso gli altri. Un primo passo verso nuovi livelli di coscienza che possono risultare utili a una migliore comprensione della tecnologia, delle nostre interazioni con essa e con l'informazione, e del nostro essere nel mondo.
Dirigente d’azienda, filosofo e tecnologo, Carlo Mazzucchelli è il fondatore del progetto editoriale SoloTablet dedicato alle nuove tecnologie e ai loro effetti sulla vita individuale, sociale e professionale delle persone. Esperto di marketing, comunicazione e management, ha operato in ruoli manageriali e dirigenziali in aziende italiane e multinazionali. Focalizzato da sempre sull’innovazione, ha implementato numerosi programmi finalizzati al cambiamento, ad incrementare l’efficacia dell’attività commerciale, il valore del capitale relazionale dell’azienda e la fidelizzazione della clientela attraverso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e approcci innovativi. Giornalista e writer, communication manager e storyteller, autore di ebook, formatore e oratore in meeting, seminari e convegni. È esperto di Internet, social network e ambienti collaborativi in rete e di strumenti di analisi delle reti sociali, abile networker, costruttore e gestore di comunità professionali e tematiche online.
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Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale - Carlo Mazzucchelli
9788825400830
Introduzione
Bufale, post-verità (post-truth per usare la terminologia adottata dall'Oxford Dictionary), "notizie che non lo erano" (per citare il libro di Luca Sofri), informazioni fasulle, fake news, sono tutte terminologie e concetti entrati prepotentemente nel lessico di ogni giorno e argomento fisso di narrazioni giornalistiche e autorali che si sono sbizzarrite nel descrivere il circolo vizioso delle false notizie. È come se all'improvviso si fosse scoperta l'acqua calda e si fosse dimenticato quanto la storia, politica, economica, giornalistica, relazionale e individuale sia piena di falsità, ambiguità, mezze verità e pseudo-verità, manipolazioni più o meno riuscite, verità negate, nascoste, censurate ma anche costruite, autoprodotte e autoalimentate. È come se, come ha scritto Paolo Pagliaro nel suo recente libro Il Punto si sia finalmente affermata una verità che da tempo era sotto gli occhi di tutti. E cioè che oggi contano più le emozioni che i fatti oggettivi. Più le suggestioni che i pensieri. Più lo storytelling (le narrazioni) che le storie. Più la propaganda che l'informazione. E dunque più le bugie che il racconto veritiero dei fatti.
Le false notizie non riguardano solo Internet e i Social Network di Facebook e di Instagram o SnapChat. Possono farsi risalire all'origine delle notizie stesse, al serpente che imbrogliò Eva con una mela dal succo avvelenato o alla furbizia di Ulisse, l'uomo dal multiforme ingegno ritenuto il più grande bugiardo della storia.
Il fatto che se ne parli così tanto non dipende solo dalla Brexit (determinata anche dalle numerose menzogne raccontate dal fronte a favore del leave sul fenomeno dell'immigrazione e dei migranti) o dall'arrivo del ciclone Trump, un artista nell'uso della bugia per accalappiare il consenso ed emulo in questo senso del maestro nostrano Berlusconi (il Washington Post che assegna dei Pinocchi ai politici menzogneri ne ha assegnato 59 a Trump durante la campagna elettorale). Non dipende neppure dal fatto che molte bugie elettorali e altrettante madornali menzogne propagandistiche siano spesso richieste implicitamente dagli stessi elettori che chiedono, al politico popolare di turno, di farli sognare (#renzifammisognare) raccontando loro delle storie, e poco importa se esse sono pura invenzione, false promesse o autentica menzogna.
L'attenzione crescente rivolta alle false notizie dipende anche dalla percezione che oggi le false notizie abbiano preso il sopravvento su quelle vere e che l'interpretazione dei fatti abbia soppiantato i fatti stessi. Ogni sistema sociale durevole ha la capacità di autoriprodursi facendo in modo che gli individui che lo abitano desiderino farne parte senza sentirsi obbligati a farlo, e senza alcuna aspirazione di ribellione e rigetto (i riferimenti vanno al film Matrix ma anche al romanzo Il Cerchio di David Eggers e molti altri). Oggi questo sistema, caratterizzato dal surplus informativo (di parole e di immagini) e cognitivo e dalla globalità dei mezzi tecnologici internettiani, è costruito su una montagna di falsità e di mistificazioni. Sulla manipolazione ma soprattutto sulla complicità, sulla rinuncia a capire e sul crescente analfabetismo, anche tecnologico, di chi ne fa parte. L'analfabetismo tecnologico ad esempio di molti utilizzatori di dispositivi mobili convinti di poter realizzare se stessi nella loro autenticità o di ottenere ciò che desiderano solo perché dotati di un potente smartphone e di mezzi tecnologici potenti e sofisticati.
Nella diffusione delle bufale la tecnologia gioca oggi un ruolo fondamentale ma forse la maggiore responsabilità andrebbe assegnata alla politica, al giornalismo e ai media (la stampa è libera ma soggetta…), responsabili per il linguaggio e le prassi adottate, all'origine della propagazione di piccole e grandi bugie, di inganni, di sotterfugi e di false informazioni, che avvelenano il flusso dell'informazione contribuendo anche alla sua viralità digitale. Nel mondo dominato delle post-verità che hanno portato all'elezione di Trump, si conferma il cambiamento in corso del confine esistente tra finzione e realtà nella narrazione e comunicazione pubblica e il ruolo dei media, nel sostenere e convalidare in modo conformistico e politicamente corretto il discorso pubblico emergente. Un confine che non potrebbe essere meglio delimitato neppure dal muro che Trump ha deciso di costruire al confine con il Messico o che i paesi dell'Est hanno già costruito per impedire le rotte balcaniche dei migranti.
Il ruolo dell'individuo
Grande responsabilità spetta però anche al singolo individuo, nel suo ruolo di lettore, consumatore, abitante degli spazi virtuali della Rete (quasi il 50% della popolazione oggi si informa attraverso Facebook!), cittadino ed elettore. Un individuo spesso incapace di riflettere criticamente sulla realtà perché chiuso a riccio nella sua bolla di sopravvivenza, confuso e ingannato dal riflesso illusorio dei numerosi specchi che lo circondano (non solo display ma anche vetrine, schermi TV, pannelli pubblicitari, dispositivi tecnologici indossabili, Chatbot come Echo di Amazon, selfie e autoscatti) e nei quali cerca conferme alle sue opinioni, vede costantemente e narcisisticamente se stesso ma anche la sua rabbia, il suo disagio e il suo malessere diffuso.
Un individuo diventato pigro e privo degli strumenti cognitivi necessari per una riflessione critica, consapevole e responsabile sulla realtà dei fatti, imprigionato nelle varie caverne dell'eco che lo portano a ricercare contatti e sintonia con chi ha una visione del mondo simile alla sua, per trovare conferma costante alle proprie opinioni. Il modo con cui abita gli spazi tecnologici del Web lo porta all'accettazione passiva di contenuti e informazioni che accetta senza esitazione e senza alcun processo cognitivo dentro la sua testa. Un processo reso difficile, se non impossibile, dalla velocità con la quale legge (sarebbe meglio dire fotografa) i contenuti sui display del suo smartphone e li condivide o li gratifica di un Mi piace.
Forse più che la falsa notizia, a sollecitare una riflessione critica sulla realtà dovrebbero essere innanzitutto le trasformazioni economiche e sociali in atto con il senso di spaesamento e di crisi che si portano appresso, in termini di precarietà e provvisorietà diffusa, di insicurezza e paure, di ingiustizia e di disuguaglianza percepita. La riflessione critica non dovrebbe interessare solo le false notizie ma il mondo delle notizie e l'informazione in generale, il clima culturale che l'accompagna e i linguaggi usati. Dovrebbe prendere in considerazione quanto siamo sempre più piegati subdolamente e pragmaticamente all'arte della manipolazione, anche semantica della realtà oggettiva dei fatti, e dei significati stessi delle parole. Una manipolazione esercitata attraverso un uso improprio delle parole e una loro vera e propria manomissione, spesso mutuata dal potere di chi le usa. Un potere come quello che il personaggio Humpty Dumpty (grosso uovo o uovo tarchiato) di Alice nel paese delle meraviglie pretende di avere: Quando io uso una parola, questa significa esattamente quello che decido io […] né più né meno […] bisogna vedere chi è che comanda […] è tutto qua
.
La manipolazione esiste da sempre ed è stata analizzata fin dall'antica Grecia da filosofi come Platone e Aristotele che distinguevano tra il discorso finalizzato alla conoscenza e il discorso retorico e sofista. Oggi la manipolazione nasce innanzitutto come un gioco astuto che fa prevalere la forma di comunicazione retorica su quella in grado di generare una qualche forma di scambio basato sul dialogo e sulla conversazione. Se si vuole comprendere la menzogna insita in molte informazioni, notizie e bufale, è necessario comprendere quanto sia cambiata la comunicazione contemporanea, usata prevalentemente per persuadere, per avere ragione e per imporre un punto do vista su un altro.
Il prevalere della forma, della punteggiatura e dei toni della comunicazione,