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Il gatto Sandalo: Una storia di gatti, madie, pianeti e altre faccende
Il gatto Sandalo: Una storia di gatti, madie, pianeti e altre faccende
Il gatto Sandalo: Una storia di gatti, madie, pianeti e altre faccende
Ebook237 pages3 hours

Il gatto Sandalo: Una storia di gatti, madie, pianeti e altre faccende

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About this ebook

Il gatto Sandalo vive in una corte di campagna della pianura padana. Alla distribuzione dei piccoli di mamma gatta, il piccolo Sandalo è capitato in una casa della corte abitata da una vedova sessantenne dal carattere non particolarmente stimolante. Ma Sandalo non ha bisogno di lei. Gli è stata affidata una missione cosmica di portata inimmaginabile, anche se è solo un gatto domestico, per quanto dotato di coraggio e di un singolare colore di pelo – rosso pallido? rosa? arancione? giallo uovo? - che nessuno sa definire con precisione. Le stranezze non finiscono qui: il gatto Sandalo parla con un Raggio di Sole, che gli svela il micidiale pericolo che incombe sul sistema solare.
Che cosa può fare il gatto Sandalo? Il Sole ha fiducia in lui. Ogni essere dotato di vita è speciale, raro e prezioso nel cosmo; la vita è un unicum. Solo una creatura in cui anche inconsciamente la bellezza si incarni, ha qualche possibilità di sottrarre il sistema solare a una fatale destabilizzazione.
Il Raggio di Sole ha promesso di illuminarlo nel momento decisivo:il gatto Sandalo parteciperà alla grande sfilata di moda felina.
Sfilerà per Nerina, la gatta di cui è innamorato. Ma non solo…
LanguageItaliano
PublisherAbelBooks
Release dateJun 27, 2017
ISBN9788867521906
Il gatto Sandalo: Una storia di gatti, madie, pianeti e altre faccende

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    Il gatto Sandalo - Tere Rossignoli

    Tere Rossignoli

    IL GATTO SANDALO

    Una storia di gatti, madie, pianeti e altre faccende

    AbelBooks

    Proprietà letteraria riservata

    © 2017 Abel Books

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Abel Books

    Via Milano 44

    73051 Novoli (LE)

    ISBN 9788867521906

    Indice

    LA PRIMA RIVELAZIONE SOLARE DEL GATTO SANDALO

    LA PRIMA RIVELAZIONE SATURNINA DEL GATTO SANDALO

    SANDALO FINALMENTE RIFLETTE SULLA SUA MISSIONE

    NEL FRATTEMPO LA SFILATA DI MODA FALLISCE

    LA SECONDA RIVELAZIONE SATURNINA DEL GATTO SANDALO

    AVVERTIMENTO SULLA LUCE DI UN QUASAR

    ESEMPLIFICAZIONE DELLA LUCE DI UN QUASAR

    UNO SGUARDO SULL’ASSURDO

    COMUNICAZIONI DI SANDALO ALL’ASSEMBLEA DEL TIGLIO

    PRIMA DEL BALZO

    IL CANTO A SATURNO

    COME UNA LINCE

    NERINA VS SATURNO

    AMEDEO E SORCIUS

    LA CASA DI AMEDEO: UNA E DUE

    LA CASA DI SORCIUS: L’INVASIONE DEI CANI

    EROS PLATONICO E SOPPRESSA

    L’OMBRA DI BEPI

    È L’ORA

    IL PICCOLO SALVA IL GRANDE

    LA PRIMA RIVELAZIONE SOLARE DEL GATTO SANDALO

    Il gatto Sandalo era stato così chiamato perché aveva la forma di un sandalo. Questo si era visto quando era nato: i suoi fratelli sembravano dei calzini, lui invece un minuscolo sandalo da spiaggia, con tante strisce – che erano le righe – e due buchi obliqui in prossimità della punta, che erano gli occhi. Aveva infatti due grandi occhi a mandorla color dell’ambra, sormontati da interminabili vibrisse arcuate e spruzzati di pagliuzze che brillavano a raggiera intorno alla pupilla. La sera, quando la sua padrona accendeva la lampada, le iridi del gatto Sandalo sembravano ruote d’oro che vorticavano nella penombra della cucina.

    Il pelo era giallo-arancione, ma alcuni dicevano invece che era rosa, per quanto possa essere rosa un gatto. Però chi lo intravvedeva nelle notti di luna nuova nell’orto buio, vedeva solo i suoi occhi, cioè due bottoni d’oro che rotolavano tra le file delle patate e delle zucchine, e a volte pensava di aver visto un gatto nero, perché dopotutto anche i gatti neri hanno degli occhi così, che sembrano due monete d’oro zecchino; e il resto del gatto in notti come quelle non si può distinguere. Altri invece affermavano che nell’orto svolazzava una grossa civetta. Sappiate però che le civette fanno tutt’altro suono rispetto a quella specie di trombetta lamentosa che aveva in gola il gatto Sandalo.

    Il gatto Sandalo non passava la sua giornata in una scarpiera, come alcuni potrebbero pensare, ma sopra una vecchia madia in disuso color bianco crema, che collocata nella zona giorno della casa e precisamente in un angolo della cucina sotto la finestra, da tempo faceva solo la parte dell’arredo in stile povero. Che cos’è una madia? È un mobile con un ripiano infarinato sul quale si impasta il pane fatto in casa, e in basso contiene degli scomparti con gli sportelli per metterlo a lievitare e conservarlo. Ma la padrona di Sandalo non faceva più il pane in casa come quando era bambina e aiutava in cucina le zie e la nonna. Allora era molto divertente annodare i rotolini di pasta per creare i cornetti e tracciare la croce pasquale sopra le pagnotte, mentre una nuvola di polvere sbuffava sulla spianatoia e imbiancava le sopracciglia e i capelli delle massaie, a parte quelli della nonna che erano già pallidi come l’argento. Ora che aveva la stessa età di quelle sue zie laboriose, e non c’era nessuna nipotina che l’aiutasse o anche solo che la guardasse impastare, la padrona andava a comperare il pane dal fornaio. La vecchia madia serviva solo a contenere farina, mattarelli e stampini per i dolci. Sul ripiano in bella vista c’era un centrino fatto a mano, bordato con una raggiera di losanghe a uncinetto, e al centro delle losanghe di solito dormiva il gatto Sandalo, tutto arrotolato come una ciambella di pane dorato.

    Era una bella giornata di marzo e un raggio di sole entrò nella cucina dalla tenda scostata della finestra, che la padrona, prima di uscire per le compere, aveva socchiuso. Il raggio andò a posare la sua mano d’oro sulla schiena del gatto Sandalo, che per un po’ di tempo godette di quel tepore. Poi si stirò sulle zampe davanti, si girò verso il raggio di sole e disse:

    – Ancora sei venuto a trovarmi, amico raggio di sole. Tu sai bene che noi mici nati in estate non sopportiamo il freddo.

    Disse questo muovendo i baffi e arricciando il naso, mentre il raggio continuamente lo accarezzava. Ora che si era spostato risalendogli lungo la spina dorsale, il gatto Sandalo aveva un tiepido fazzoletto posato sulle scapole e un collare di calore annodato intorno al collo.

    – Certo – gli rispose il raggio – da ben due anni io e te ci diamo appuntamento a quest’ora della mattina sopra la madia. Ma ecco, è venuto il momento di presentarmi a te in veste di messaggero del sole, perché tu ormai sappia che il sole presta i suoi colori ad alcune creature sulla terra per farne i suoi valorosi alfieri.

    – Quindi i gatti bianchi sono i cavalieri della luna e i gatti neri sono dipinti con l’inchiostro della notte? E i gatti grigi portano sotto i loro zampini le impronte della nebbia? – chiese il gatto Sandalo, che ora si era completamente svegliato per il semplice fatto che era la prima volta che il raggio di sole rispondeva a un suo miagolio. E pensare che aveva miagolato soltanto per aprire un po’ la bocca! Infatti senza la padrona occupata in casa nelle sue faccende gli capitava di annoiarsi, soprattutto quando per il brutto tempo non poteva saltare dal davanzale e sgattaiolare nell’orto. Drizzò le orecchie.

    – Io non so tutte queste cose – ammise il caloroso raggio di sole – Posso solo dirti che quando la tua mamma aspettava te e i tuoi fratelli, un raggio di sole (forse proprio uno dei miei zii, ne ho diverse migliaia) si posò sulla cesta in cui lei dormiva. In quel momento, accovacciata sul suo cuscino di ovatta, mamma gatta stava sognando di te, ed ecco che l’arancione del raggio di sole si mescolò alla tua immagine che saltellava e faceva capriole nei suoi pensieri (si chiamano dolci pensieri puerperali). Così il prato dei pensieri di mamma gatta fu tutto illuminato da una luce come questa – e il raggio di sole alzò davanti al muso del gatto Sandalo il suo palmo di mano giallo e lucente come un ramo di mimosa in fiore. E le dita non erano cinque, ma così fitte da formare un’aureola.

    – E come mai i miei fratelli, Valentina la Felina e il gatto Calzetto, non hanno affatto questo mio colore del miele? –

    – Perché mio zio fu sopraffatto da una nuvola viaggiante, e quando finalmente la sua strada nel cielo si liberò di nuovo e poté riprendere possesso della cesta, trovò solo il piumino: la tua mamma da quella cesta si era già alzata. Infatti era andata a leccare del latte di capra che era sgorgato da un bricco sbeccato: la tua padrona, sbuffando, stava asciugando con uno straccio il pavimento, tutto bianco di latte versato. Era un lago stupendo per una mamma gatta in attesa, e lei ne approfittò. Ma tu avevi già ricevuto il segno del sole sul tuo mantello, e sei settimane dopo nascesti biondo come la paglia del fienile e giallo come la polvere di zafferano; e negli occhi – ti sei mai visto alla specchiera della camera o nelle pozze d’acqua del cortile? – hai le stesse girandole fiammeggianti che danzano la loro folle danza sulla superficie del sole. Ora hai capito perché io e te ci cerchiamo sempre? –

    – E di che colore ero prima di diventare parente di voi raggi di sole? – chiese Sandalo con un largo sbadiglio che scoprì quei due denti affilati che i gatti hanno sotto i baffi, e che però si chiamano canini. La storia era avvincente, ma per motivi di orario cominciava di nuovo ad avere sonno.

    – Non ne ho la minima idea. Ma ti prego, resisti, non addormentarti subito! Vorrei rivelarti ancora altre cose. Non hai visto alla televisione o sulla penultima pagina del giornale le previsioni del tempo? Sai che cosa sono quelle macchie nere e quelle frecce storte e spezzate? Forse domani non ci vedremo! –

    – Provvederò in altro modo – pensò il gatto dando un’occhiata al termosifone, con il quale però non aveva lo stesso rapporto. Poi si rivolse al raggio, trovandolo alquanto impallidito:

    – Quali sarebbero questi compiti affidati dal sole alle creature che egli sceglie raggiungendole dal cosmo con le sue lunghissime braccia? –

    Il raggio di sole stava per rispondere e a Sandalo parve di vedere persino una bocca spalancata. Ma presto si accorse che il suo amico fotonico si era semplicemente scisso in due fasci biancastri e tremolanti … finché intorno alle scapole del gatto il fazzoletto di luce scomparve e sulla punta delle orecchie gli corse un brivido di freddo. Alcuni tonfi provenivano dalla finestra aperta … piccole esplosioni di gocce d’acqua in caduta libera sul pavimento.

    Fu a questo punto che rientrò in casa, con un rumoroso cic ciac, la padrona di Sandalo trascinando le borse della spesa e lamentandosi perché era uscita senza ombrello e le scarpe avevano imbarcato acqua. La permanente si era afflosciata e gli occhiali appannati. La giacca era tempestata di diamanti che a turno scorrevano giù, piombando sulle scarpe. Corse a chiudere i vetri. La corrente tra la porta d’ingresso e la finestra alzò in contropelo il mantello fulvo di Sandalo, che nel dormiveglia rabbrividì.

    Nonostante la folata sgradevole il gatto Sandalo, ben sistemato sul centrino, le zampe nascoste sotto la pancia e il naso piantato sul ripiano, stava già sognando. Era molto felice, tra tutti gli elementi con cui avrebbe potuto avere una parentela, di stare dalla parte dinastica del sole. Se non fosse stato un gatto ma un fiore, sarebbe nato girasole. Quando trovava in cortile uno spicchio illuminato, quando il davanzale di marmo in estate cuoceva come la lastra del forno, quando dal tetto della casetta degli attrezzi la lamiera rovente evaporava, si era sempre collocato sopra, sotto e in mezzo ai raggi per un salutare bagno termico di luce, e aveva rivolto, con gli occhi beatamente chiusi, tutta la sua gratitudine al grande disco tanto generoso con la terra.

    Ma ora, oltre al suo continuo e fedele omaggio, quale compito si attendeva da lui il sole?

    LA PRIMA RIVELAZIONE SATURNINA DEL GATTO SANDALO

    Come si comporta di notte un felino che ha saputo di essere stato battezzato, ancor prima di nascere, nell’acqua cosmica e lucente del Sole mediante il sacro dito di uno dei suoi sacerdotali raggi? Direi abbastanza normalmente, nel senso che il gatto Sandalo anche nelle notti successive continuò a scorrazzare sopra le aiuole, a grattare la tela cerata che proteggeva le fragole, a capitare all’improvviso sotto il solito squarcio sgocciolante del capannone e a ricevere l’acqua gelida in testa, precisamente tra le orecchie e il collo, e di conseguenza a balzare via molto scocciato.

    L’unica cosa su cui assentiva, ma questo lo sapeva anche prima del colloquio con il messaggero solare, era la sua preferenza per i pomeriggi tiepidi per non dire roventi, il piacere speciale di immagazzinare tutto il calore che riusciva a catturare per poi sentirlo ristagnare sotto la pelliccia, fremere a contatto con la pelle e svanire a poco a poco. La notte per una buona mezzora era ancora debitore di un certo tipo di arrostimento, quello idraulico del termosifone, che gli dava la giusta predisposizione ad affrontare, quando calava il buio, la frescura dell’orto: per la prima ora intera si poteva dire che non sentisse nemmeno quel po’ di freddo. Quando, per la stagione, il tempo o l’ora, il gelo all’aperto aumentava, e l’aria illuminata da una luna metallica vibrava di venti polari e portava quel tipico odore di freddo e di lontano, era soprattutto questione di un buon lavorio di zampe. Zompare sugli alberi, balzare tra le tenere piantine, atterrare tra un germoglio e l’altro, filare tra le zucchine, a volte trascinando una pianta attorcigliata alla coda; persino scavare come un ossesso, fino a eradicare le rape e a scalzare le radici dei fagiolini, visto e considerato che la padrona si lamentava dei danni provocati dalle talpe mentre Sandalo, che di orti notturni se ne intendeva, di talpe non ne aveva mai veduta una. A meno che non fossero talpe quei grossi topoloni che correvano goffi eppure veloci, su manine unghiate a forma di fiore, lungo la base della baracca degli attrezzi formando una collana lunga e grassottella – proprio come le salsicce che la padrona metteva a penzoloni sulle travi della cantina.

    In verità le scorribande notturne di Sandalo non erano così solitarie. Un vero sabba di creature, le più difformi, si agitava sul terreno accidentato dell’orto in un silenzio interrotto solo da fruscii e da squittii, sotto la testa impagliata dello spaventapasseri, intorno al suo grembiale a quadri rischiarato dai raggi lunari. Sbucavano dalle sponde del canale i dorsi piatti e lucidi di decine di nutrie pesanti e nere, con il pelo a grossi ciuffi impregnati d’acqua. Sagome di gatti randagi sfilavano sugli argini del fosso a pochi metri di distanza, alcuni con taglienti occhi di fiele. Pericolosamente vicine al vetro arroventato della lampada che pendeva sulla porta di lamiera della casamatta, le falene testa di morto ronzavano intorno al loro sole falso, sbattendo le ali infarinate di cenere. Come se mancasse ancora qualcosa alla tregenda, si intrufolava attraverso lo squarcio nella rete qualche cane solitario e ciondolante, sgraziato, e Sandalo restava immobile, con il pelo drizzato dalle scapole fino alla punta della coda come una cresta preistorica, a osservare la sua rivoltante immagine di iena, l’ombra curva, ottusa, feroce che transitava sul confine dell’orto, con il naso strisciato a terra.

    A volte la padrona si scordava di lasciargli la finestra accostata, o la serrava per via delle sue paranoie sui ladri. La mattina dopo verso le cinque una palla di pelo ispido e intirizzito, impregnato di goccioline di rugiada, stazionava sullo zerbino del portone. Si sarebbe detto un grosso riccio color ocra. Appena le veniva aperto, la palla si trasformava in saetta e filava sulla madia. Qui iniziavano parecchie giravolte di assestamento, di sgranchimento, l’ex palla si rianimava e si ricomponeva in quanto palla, passando da un sopore di ibernazione a un dormiveglia di lieve tepore. Raggiunti i suoi canonici 38 gradi e mezzo di temperatura corporea, immerso nella nebbiolina che evaporava dalla pelliccia umida, il gatto Sandalo con la sua mente previdente era ormai in grado di tentare un calcolo complesso: quanto tempo mancava all’arrivo presunto dell’amico raggio di sole?

    Gli umani per faccende di questo tipo fissavano con attenzione le sveglie e gli orologi. Il risultato era variabile: a volte ne erano soddisfatti, a volte uscivano di testa per l’agitazione. Ma a Sandalo il grande pendolo della cucina non comunicava altro che il suo ticchettio. Era un congegno piuttosto interessante, per le catene pendenti e per le pigne di ferro, oggetti che a suo parere non avevano alcun diritto di starsene impunemente a ciondolare: se ci fosse arrivato con un balzo, avrebbe chiuso i conti con quella provocazione; per ora l’unico risultato era il muro graffiato.

    Il giorno dopo la rivelazione del suo battesimo solare, marzo fu rispettoso della tradizione che lo vuole volubile e dopo la nuvolaglia e le finestre sbattute concesse un’altra capatina al raggio di sole. Non che questa volta l’ospite fosse molto rovente e acceso, anzi piuttosto sportivo e saltellante: Sandalo non riusciva a scaldarsi bene una parte del corpo che quello era già balzato da un’altra, e portò avanti questo scherzetto per una buona mezzora. Nel frattempo raccontò a Sandalo una vicenda cosmico-domestica relativa a certi problemi che imperversavano da alcuni milioni di anni negli spazi celesti. In effetti il sistema solare è una famiglia dalle complesse passioni gravitazionali. Il sole è il padre, i pianeti sono i suoi figli, i satelliti i suoi nipoti (altre parentele il raggio gliele avrebbe spiegate in agosto, perché ora si sentiva un po’ anemico). La cosa essenziale era come questi rapporti si riflettevano sulla vita di tutto il sistema e anche della Terra. Innanzitutto, per catturare il suo animalesco interesse e tenerlo sveglio (l’interesse e di conseguenza lo stesso gatto), il raggio spiegò che la forma secondo Sandalo più perfetta di vita, cioè i felini (il raggio però non aveva esattamente le stesse idee sulle migliori forme viventi, solo che non era il caso di discuterne con un diretto interessato), i felini, spiegava, esistevano anche su Venere, per quanto orrendamente trasparenti, filiformi e glabri per via del calore, e un tempo erano esistiti pure su Marte, su Giove e su Saturno, anche se nei primi due casi piuttosto sproporzionati e sovradimensionati rispetto alle misure terrestri, in pratica somiglianti a grosse cavie o a cinghiali, soprattutto per via del collo massiccio; essendo questo della pappagorgia un problema di metabolismo del metano e dell’anidride carbonica dipendente dall’atmosfera di quei pianeti. Al che Sandalo, che in verità aveva un fisico da ballerino di danza classica, si stiracchiò in tutta la sua lunghezza. A proposito di Saturno, e con ciò si entrava nel vivo della presente missione del raggio, i rapporti tra il Sole e questo pianeta figlio non erano mai stati granché buoni, fin dal parto rotolante dello striato neonato, per non dire dei suoi primi passi orbitali …

    – Ma perché Saturno ha gli anelli? – lo interruppe il gatto Sandalo. Chissà se aveva afferrato il centro della questione. Il raggio fu colto di sorpresa. Si spazientì, aveva così poco tempo … anzi si sentì perfino svenire. Sbiadiva, sbarellava a vista d’occhio, o meglio a sensazione di pelo. Ma Sandalo insistette:

    – Quel bel tipo orbitante dev’essere proprio ultraviziato. È multicolor e originale, non dico di no, ma è proprio il caso che si porti in giro per la galassia quei tre o quattro piercing esagerati, e pure ingombranti? Non dico che non ci sia spazio, ma …

    Nel frattempo spolverava la madia con la coda. Già solo l’idea della strafottenza estetica di Saturno lo innervosiva. Lui per esempio non si era mai vantato delle sue righe morbide e cangianti. Certo, Saturno era parente del Sole, la fonte della vita, ma Sandalo lo era della magnifica e superba tigre. Una belva dalla veste di seta sfolgorante e dal cuore nero.

    Anche Sandalo di parenti nobili ne sapeva qualcosa, e non per questo si inorgogliva, non per questo guardava gli altri animali della fattoria dall’alto in basso; eccetto forse le nutrie, con quel basso sedere grasso, o la genia dei topastri, infausta anche solo alla vista. E Saturno ciondolava per il cosmo tintinnando i suoi anelli? Intanto il raggio personale di Sandalo sembrava avere bisogno di una trasfusione e la tenda, che era stata risucchiata dal vento, sventolava fuori dalla finestra come una bandiera bianca di resa, con un sonoro schiocco a intermittenza. Ancora freddo! Gli riusciva difficile concentrarsi, il freddo gli faceva l’effetto testa vuota.

    C’è da dire però che i gatti hanno sempre la testa da un’altra parte, la cosa si nota quando qualcuno si mette a parlare con loro per più di cinque minuti. Va a finire

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