La domanda comanda:: Verso il Capitlismo dei Consumatori, ben oltre la crisi
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Sono quelli che, con quello che fanno, generano ricchezza per tutti!
Bene, a dieci anni dall'inizio della crisi economica, chi comanda?
Vediamo, non i produttori che con la crisi vedono svalutate le loro merci, non gli screditati del credito nè i consumatori che, senza credito, restano in stand by.
Dunque, dentro questo caos la Domanda dei consumatori diventa l'unico bene scarso offerto al mercato: occorre un mercato efficiente, che sia in grado di fare il prezzo di questo bene.
Fatto il prezzo, torna attivo il ruolo dei Consumatori che manda in esilio quelli del credito che avevano tutelato quelli della produzione.
Ruolo, quello di chi fa la spesa, da urlare: “Mediante l'acquisto, attribuiscono valore alle merci, con quel denaro speso generano ricchezza; il consumo di quelle merci dispone la riproduzione fornendo continuità al ciclo produttivo e sostanza alla crescita economica. Viene così sottratto spazio al debito"
Tutto questo fare agita gli operatori del mercato, si muove tutto: i vecchi comandanti, prima al potere, prendono a pugni quelli del credito, che hanno smesso le tutele, mentre nuovi dirigenti reclamano spazio, potere e comando per un nuovo governo dei processi produttivi: il potere della domanda.
Quel potere che, gestito, rende vantaggiosi gli investimenti delle Imprese, dispone la produzione, il lavoro, l'occupazione e nuovo reddito. Allontana pure quel tempo lugubre che, gli economisti mainstream, definiscono della “stagnazione secolare”.
Un potere che sollecita la responsabilità dei produttori nell’impiego delle risorse, pure la qualità delle merci magari immateriali ed ecocompatibili, nonché il prezzo di quelle merci.
Bene chi altri, con quello che fa, potrà generare ricchezza per tutti?
Prosit!
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La domanda comanda: - Mauro Artibani
Mauro Artibani
LA DOMANDA COMANDA:
VERSO IL CAPITALISMO DEI CONSUMATORI, BEN OLTRE LA CRISI
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Indice dei contenuti
Note
Mauro Artibani
La domanda comanda:
verso il capitalismo dei consumatori
ben oltre la crisi
Sono Mauro Artibani, l’Economaio. Studio l’Economia dei consumi, quella che gli accademici non scorgono e che le facoltà di Economia non insegnano.
Autore del libro Professione Consumatore (2009)
Decalogo del Professional consumer
Ho in corso la redazione del Sillabario dell’Economia dei consumi, testo che riallinea le voci dell’economia al nuovo paradigma della produzione.
Autore della web series: La gente, la crisi e il bandolo della matassa.
Autore di oltre 500 articoli sui temi della crisi e dei consumatori.
Autore del romanzo La vita spesa a fare la spesa
Caro Signore che fai la spesa,
si, dico a te.
La faccio breve: i Sociologi, quelli che più parlano di te, dicono: Questa è gente comune, prodiga e mai sazia!
Viziosi quindi, dimenticando che proprio in quel vizio sta la virtù che fa crescere l'economia.
Proprio così: Tu che pur di cibarti vai sovrappeso, che per abbigliarti vesti alla moda che passa di moda, che per andare da qui a lì magari acquisti un Suv; sì, proprio tu che con la spesa che fai generi i due terzi della crescita, lasciando ad altri il resto; tu sei quel Signore, altrimenti chi altro?
Proprio la tua spesa e quella dei tuoi pari, sommata a quella pubblica e quella fatta dalle imprese per gli investimenti, fino alle loro scorte fanno il Pil.
Questo fai, questo sei, in barba a quel sociologismo che ti chiama scemo e ti ficca in un cul-de-sac; nonostante quei politici, confusi tra lucciole e lanterne, che invece di rappresentare la tua forza organizzano uffici per la tua tutela; malgrado quegli economisti che, fermi al passato, ti pensano bisognoso di acquistare.
A voler esser pignolo fai ancora di più: quando acquisti trasformi quelle merci in ricchezza, quando le consumi spingi le imprese a dover nuovamente produrre, fornisci continuità al ciclo produttivo, dai forza alla crescita economica.
Altro che scemo da tutelare: badante dell’economia, non più badato!
Nel libro "Professione Consumatore" mi sono fatto mentore di uno come te, poi l’ho spedito a investigare l’economia, giù in mezzo alla crisi. Un posto difficile dove uno tenace trova vigore e… quando il gioco si fa duro non si si tira indietro. Sì, insomma, comincia a giocare. D’azzardo.
È fatto così.
Lo muove un tormento, anzi due: Se a chi lavora mancano i soldi per acquistare quel che si è prodotto e chi acquista ha già tutto, il meccanismo dello scambio si blocca.
Con lo stesso tormento domanda: Perché il mercato non ha fatto prezzo del valore di quella mancata domanda? Poi insiste: Perché non si è trasformata in offerta?
Cerca le cause di tal inefficienza, le vede nelle vecchie regole che ancora governano il mercato.
Molti indizi lo mostrano, altrettanti fatti lo dimostrano: le imprese producono più di quanto vendono, bruciando il valore della merce, minano la crescita. Il lavoro, che non genera reddito adeguato ad acquistare tutto il prodotto, non rigenera lavoro. A quelli del credito mancherà il credito. I consumatori orfani di reddito, ignudi di credito, costretti in stand-by: l’economia che ha funzionato fin qui con il debito non funziona più!
Cosciente di stare a ridosso del baratro, risoluto stringe le chiappe, va avanti. Uno, due passi, al terzo urla un nuovo paradigma: Vi è più valore nell’esercizio del consumare che in quello del produrre!
Come dargli torto se quelli che consumano occupano il centro della scena produttiva; se per restare al centro acquistano ben oltre il bisogno, se lo fanno fino a indebitarsi, insomma se, se, se…
Dopo quattro, cinque, sei passi si china, si calma; riflette. A terra traccia linee poi d’un tratto mette a fuoco il fatto, chiude il cerchio, scrive l’Economia dei Consumi. Poi fa ancor di più , detta le regole che regolano quest'economia, compila un sillabario di 102 voci per dare consigli a chi l’abita, l’usa, ci guadagna.
Dopo aver detto e scritto, da buon empirista fa le pulci agli ideologi della vecchia economia fin quando scorge, in una agitata assemblea sulla crisi, alcuni economisti che sventolano testi di dottrine scadute.
Li prende di petto: Voi con le vostre dannate ricette avete proposto stimoli in tutte le salse per dare spinta ai consumi. Si, si chiamano ricette di reflazione, per lo più a debito, per il timore che tocchi ai prezzi scendere per sostenere gli acquisti.
Poi scaglia un anatema: Per sostenere i prezzi si è fatto esplodere il debito, per rimettere il debito occorrerà far esplodere i prezzi, riducendo ancora il potere d’acquisto!
Loro sbarrano gli occhi, lui sbatte la porta e li lascia lì.
Qualcosa si muove sul fronte occidentale: c’è chi sta con le Imprese, lui con i Consumatori.
Lui pure lo è, ne cerca altri per fare squadra; ne trova tanti, tutti: quelli attrezzati, quelli disgraziati; quelli sapienti e quelli insipienti. Sceglie.
Si allea con tizi che recitano a soggetto l’esser Piccì. [1]
Vede, non una Maria qualsiasi, una speciale che manipola il valore dalla merce perchè faccia due volte prezzo.
Incontra un gruppo a responsabilità illimitata che organizza la domanda per istillare produttività sociale nell’offerta.
Banchetta con quelle famiglie che guadagnano spendendo e spingono le imprese alla concorrenza per scardinare rendite.
Ha incontrato pure chi per mestiere pensa e fa propositi: aggredisce routine, smonta inerzie; trasforma il non-sense del compra-compra in ristoro mentale ed economico.
All’ingresso dei supermercati vede gente che mostra ad altra gente quanto sia necessario fare esercizio di enigmistica per svelare l’arcano che può celarsi dietro un acquisto.
Un altro gruppo, con tanta gente dentro, propone un mix: quelli che appiccicano il suffisso sharing
dappertutto dettano il programma, quelli della finanza solidale
ne confezionano lo svolgimento, quelli che usano l’usato fanno il resto, et voilà aumentano il valore della domanda.
Si interessa persino a uno Young Prosumer. Dice cose che non t’aspetti: se troppo ricchi non spendiamo tutto, se poveri spendiamo oltre il tutto; questo squilibrio impalla l’economia. Keynesiano dell’ultima ora impreca la pessima allocazione della ricchezza, propone di ridefinire le quote di consumo tra gli operatori.
Per tenerli insieme, con l'orgoglio del ruolo, elabora il Decalogo del Professional Consumer
Solo dopo aver rimosso i pregiudizi ed aver instillato orgoglio, li convoca. Si vedono, discutono, fanno tardi, poi convergono, infine convengono di fare squadra attrezzando un ordine professionale, quello dei Piccì: scrivono la premessa, poi definiscono i principi generali, li fissano in trentatré articoli; in settantacinque commi definiscono i modi dell’esercizio professionale, qualche codicillo chiude il cerchio. Il tutto ficcato dentro un codice deontologico.
Appagato? Macché, quando scopre di non disporre del denaro sufficiente per acquistare tutto quel che vende il mercato scorge pure di non avere bisogno di acquistare quel tutto. Prima prova un imbarazzo di ruolo, poi fa quattro conti ed esulta: Hanno più bisogno le Imprese di vendere che io di acquistare!
Ha intravvisto, nel farsi reale l’inverosimile, la possibilità di fare affari. Sì, la possibilità di vendere la domanda a chi non riesce a vendere l’offerta. Per dare un tono al tutto redige pure il Business Plan, lo allega.
Vi mancano i denari sufficienti per fare la spesa?
Aderite! Si fa impresa per commerciare la nostra mancata spesa. Ci sarà chi vorrà acquistarla, si potrà riattivare il potere d'acquisto.
Dopo l’ordine, insomma, mette in scena lo sconquasso.
Cambia le carte in tavola, attrezza una Corporation di consumatori che gestiscono e vendono le risorse, impiegate per confezionare la domanda, cose dell’altro mondo!
Così, quando il sistema produttivo, aggregando la funzione del consumo, da aperto si fa circolare e continuo, quel potere d'acquisto, da grazioso sostantivo si fa verbo imperativo: Potere!
Pregno di tanto forza, se finora ha dato colpi al cerchio, uno lo rifila pure alla botte: c’è chi ha troppo, tanto che spende meno di chi ha meno che spende tutto!
Li sgrida: così si sottraggono risorse a quella crescita economica, quella buona per tutti, ancor più per chi ha meno.
Né padri né padrini, insomma non fa sconti, questo mi piace di lui; seppur non mercatista rivendica con forza il giudizio dell’alta corte del mercato per quei nuovi equilibri che ha intravvisto.
Appunta intanto la sua requisitoria: Se le imprese sono incapaci di generare ricchezza e quelli del credito generano debito, restano i Consumatori a generare la crescita: la domanda comanda.
Bene, il Capitalismo dei Consumatori si rende possibile. Si candida a comandarlo, per andare oltre la crisi, mettendo a punto il Manifesto per la crescita economica
. Lo scrive chiamando a collaborare quelli di Ikea, quelli di Metro News, di Groupon; i gestori degli Outlet, persino Airbnb e Uber, è il mondo alla rovescia!
Non pago, infine, mostra l'inverosimile e lo recita: La crescita economica si fa con la spesa, non con la produzione, né con il lavoro! Quest'obbligo ci fa Signori del mercato.Tutori della crescita, altro che bisognosi di tutele!
Poi va via, anzi no, va a scrivere le cose che leggerete.
Nell'indice anticipa il capitoli che scriverà.
INDICE GENERALE
TOH, IL NEW NEW DEAL
PERSONAGGI ED INTERPRETI
- L’antefatto
- Il fatto
- Il disfatto
*Quelli non dicono, quelli fanno
*Quelli della vita spesa a fare la spesa
*Quelli professionisti del consumo
GIRANDO INTORNO A UN CESUGLIO DI MORE
Ground zero: centro di gravità della crisi di sistema
La bolla scoppia, la crisi esplode
Essì cari miei
Tra vizio e virtù
Tra bug e bluff
A caccia di paradigmi
Reddito di scopo
L'economia circolare
I DATI CI INTERROGANO
Sovraccapacità di offerta e insufficienza della domanda
Daflazionando
Reflazionando
La finanza entra nel meccanismo ?
Dubito del debito
Nuovo equilibrio spesa/reddito
Occorre la produttività di sistema
Portatori di interesse
VERSO IL CAPITALISMO DEI CONSUMATORI
Capitalismi di ieri, oggi e domani
Manifesto per la crescita
Il Capitalismo dei Consumatori
PROFESSIONAL CONSUMER CORPORATION
Dal dire al fare
Professional Consumer Corporation
*Nuova offerta
*Investimenti nella gestione della domanda
SILLABARIO DELL’ECONOMIA DEI CONSUMI
106 voci. Da Abbiente a Zuzzurellone
CODICE DEONTOLOGICO DEL PROFESSIONAL CONSUMER
BUSINESS PLAN: I CONSUMATORI FANNO IMPRESA
La Mission
Le aree business dell’Impresa
Localizzazione dell’attività
Strategie di mercato: le politiche di promozione
Piano operativo, organizzazione attività
Struttura giuridica
Investimenti
Gli affari degli altri
Toh, il new new deal
Diritto, proprietà, individuo; pure religione, ragione, etica e logica; poi progresso, democrazia, efficienza e mercato: concetti e precetti, questi, che mescolati e messi a lievitare forniranno l’impasto per cucinare paradigmi, leggi e codici che organizzeranno le relazioni tra gli individui, le regole dello stare insieme.
In occidente, tutto questo tenuto insieme si farà, in omnia saecula saeculorum, civiltà.
Individui sacri e profani, filosofi e teologi; condottieri e conduttori; pure qualche condotto, daranno spessore e prosa a tutto questo dire.
La logica troverà principio e princìpi. Con i lumi, l’uomo potrà rivendicare; nel pensiero cartesiano troverà se stesso e la sua autonomia: l’io sono.
Disincarnato, [2] altri luminari lo condurranno fin fuori dalla natura: nella pittura di paesaggio potrà rimirarla.
Da divina materia a materia inerte poi natura morta
, materiale, infine merce.
Una rivoluzione, insomma, prima antropologica poi industriale!
Tra religione ed etica, tra Agostino ed Erasmo l’arbitrio si farà libero.
Il liberalismo in politica, il liberismo in economia costituiranno la cornice per l’istituto civile; il mercato sarà il regolatore delle istanze civili.
Al grido di libertè, egalitè, fraternitè quel mercato prenderà il potere; libero
darà ristoro alle necessità.
Domanda e offerta: i must di una economia darwiniana. La dignità per questo esercizio verrà incisa sulla carta dei diritti dell’uomo assieme ai diritti civili e quelli proprietari.
Questi i capisaldi attorno ai quali stanno le ragioni del riconoscersi, le convenienze degli uomini per stare assieme.
Con il progresso industriale l’eccedenza sostituisce la penuria: il mercato lo mostra; si va tutti lì per godere cotanta profusione.
Dopo aver dato ristoro all’atavica fame, vestiti e calzati di tutto punto, si potranno acquistare possibilità sorprendenti per aumentare smisuratamente le nostre prerogative. [3]
I produttori faranno profitti; avranno riconosciuto un credito di ruolo, ancor oggi intatto.
Quel mercato potrà tutto: darà regole ai rapporti umani, detterà le condizioni di senso, fornirà valori ed etica ai comportamenti.
Lo sviluppo tecnologico darà misura all’azione e indirizzo alla scienza.
Si produrranno cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare.
La democrazia politica, sodale al mercato, darà sprone all’efficienza; il benessere potrà lambire spiagge aride.
Lo sviluppo, sempre più sviluppato, avrà la meglio sul progresso.
L’efficienza dei meccanismi produttivi darà corso a suggestioni sorprendenti: verrà prodotto non tutto ma di tutto.
Muterà l’abitare, il vestire, il mangiare; muteranno riti, cerimonie, costumi e credenze.
L’Occidente, a braccetto con il mercato, esporterà il suo credo. L’uomo potrà dare soddisfazione al suo bisogno: tanto forsennata la ricerca del ristoro, tanto più ricchezza verrà prodotta.
Il buco nell’ozono: trascurabile, così come le intirizzite relazioni umane.
L’etica al mercato?
Chi vorrà dar credito a lambiccati filosofi; chi vorrà dare ascolto a quelli che punzecchiano l’intelletto; chi vorrà smettere di fare incetta di tutto questo profusione; chi vorrà pregare in quelle chiese che predicano sacrificio?
Il mercato vince su tutti i fronti; dopo una lotta, che dura buona parte del Novecento, pure l’economia pianificata dovrà arrendersi.
Affrancamento dal bisogno e ricchezza i vessilli branditi. Questo Occidente impacchetta mercato e democrazia in un modello da commerciare. Verrà esportato in tutti quei Paesi che vorranno emergere; fin dentro la rossa
Cina.
Si abbatteranno steccati: il mondo diverrà tutt’uno.
Il mercato dà, il mercato prende. Prende le norme, le regole che lo regolano, ne fa carta straccia: deregulation.
Senza i vincoli va oltre. Oltre tutto.
Azzanna la logica che lo ha partorito, sfida la ragione che lo ha nutrito.
Il mondo occidentale finisce nella trappola di un meccanismo economico che dall’eccesso, composto di domanda e offerta, genera ricchezza; dentro un mercato che fa il prezzo di quel benessere con il debito.
L’abitante di questo mondo, costretto da una pratica diseconomica, recita l’acquisto invece che interpretare la domanda.
Il reddito, prodotto dal lavoro, diventa insufficiente per smaltire l’offerta prodotta con quel lavoro.
Quell’offerta da smaltire inquina quel mondo che genera le risorse per produrre.
Il benessere viene vissuto nella ossessiva frenesia di doverlo quotidianamente riacquistare.
Certo, si possono manifestare sensibilità diverse, interessi diversi, convenienze diverse; si può passar sopra a una natura snaturata, non ritenere angosciosa l’angoscia del benestante, esiziale quella ricchezza prodotta con il debito. A fronte però dell’obbligo di acquistare per far crescere l’economia, con redditi che non consentono di adempiere alla mission, la questione si fa seria, terribilmente seria.
Ne va della possibilità d’esercizio del meccanismo produttivo se chi va al mercato per vendere merci non incontra compratori, rimasti a casa senza un quattrino.
L’Occidentale perde le staffe, rischia un accidente. Al mercato si svaluta valore, si brucia ricchezza; ai produttori mancherà di produrre. Mancherà lavoro ai lavoranti, ancora meno reddito, ancora meno acquisti: un bel guaio.
Se non sarà il tramonto per l’Occidente, [4] notte fonda si.
Disoccupazione oltre ogni ragionevole dire; pure inoccupazione.
Migranti che vanno, migranti che vengono.
Democrazia politica criptata.
Democrazia economica governata dalla minoranza.
Stati nazionali già indebitati si accollano altri debiti.
I poveri + 89 milioni.
Il commercio mondiale tocca i minimi degli ultimi ottant’anni
La concorrenza non concorre.
Si alzano barriere doganali che non lasciano passare; risuonano i vecchi campanili.
Ci si guarda di traverso: non è un bel vedere.
Che fare? Un tizio, una moltitudine di tizi lo sanno, possono fare.
Per questo esercito, l’esercizio di un ruolo tutto nuovo.
Il new new deal
dei Consumatori.
Liberi dal bisogno, occupati a tempo pieno a smaltire merci per far crescere l’economia: cambia lo statuto del consumare; dovrà cambiare il ruolo dei consumatori.
Un esercizio maledettamente serio, compiuto, obbligato: un lavoro!
Avranno da mostrare i muscoli a chi dovrà assoldarli per smerciare l’eccesso che imballa il mercato.
Hanno forza per rimboccarsi le maniche; non rivoluzione per rivoluzionari nè attacchi populisti: in questa incerta stagione del mondo la domanda comanda!
Dovranno rivendicare onori pure oneri e convenienze; occorrerà dare conforto a chi ha da dare dignità al fare e una rinnovata efficacia all’azione; risposte a certo sociologismo che li ha bistrattati, a certo economicismo che li ha misconosciuti.
Il mondo alla rovescia: comanda la domanda, l’offerente dipende. Il capitalismo dovrà cambiare gestore.
Una rinnovata veste professionale, un rinnovato modo di intendere, intendersi, intrattenersi potrà governare processi del tutto nuovi.
C'è da fare per tutti.
Tutti insieme.
Per raddrizzare una barca che imbarca acqua e stormi di uccelli neri.
Per i politici che guardano avanti rivolti all’indietro con un fare che non fa vedere.
Per un’attempata scienza economica che deve riscrivere i paradigmi.
Per quegli operatori dell’intelletto tutti intenti a rappresentare se stessi.
Per un’informazione che per non correre rischi che ripete il già detto.
A chi invece consuma se stesso nel gioco di liturgie laiche tocca dire un basta, sonoro e risoluto all’Io sono.
Ai Consumatori di tutto il mondo toccherà fare squadra per poter produrre una offerta tutta nuova; si dovrà investire in una rinnovata domanda da mettere a profitto. Toccherà così ritrovare responsabilità e misura nello stare tra le cose del mondo: per sé, per noi, per tutti; per l’oggi e il domani e magari veder sorgere, a Occidente, l’alba di un nuovo giorno.
Quando il giorno non lascia ancor vedere, potrà capitare di scorgere un produttore capitalista che va