Il figlio segreto di Hitler in Italia 1917/1918: Quando il caporale Adolf Hitler giunse a Soligo e vi lasciò un figlio italiano
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Il figlio segreto di Hitler in Italia 1917/1918 - Lucio Tarzariol
IL FIGLIO SEGRETO DI HITLER IN ITALIA
Quando il caporale Hitler giunse a Soligo e vi lasciò un figlio nel 1918
Sopra l'arciprete di Soligo don Giovanni Pasin assieme a sei soldati austriaci, tra cui Adolf Hitler che tiene in mano una canna, notare che nella foto appare anche il nome di Hess.
Foto ufficiale di Adolf Hitler nel 1914.
PREFAZIONE
Don Giovanni Pasin, foto d'epoca.
L’Artista, bibliotecario e studioso Lucio Tarzariol da Castello Roganzuolo mette in luce e argomenta con nuove prove tangibili l’incredibile testimonianza di un parroco veneto che conferma la presenza del Caporale Adolf Hitler in Italia, a Soligo nel 1917, durante la prima Guerra mondiale, dopo la disfatta di Caporetto. Hitler, dopo una breve vacanza concessa dal suo reggimento (il 16° RIR List) che lo vede prima a Dresda poi a Berlino, entra in un servizio di sussistenza alla fanteria austro-ungarica, e giunto in Italia, a Soligo, tesse una relazione sentimentale con una giovane del posto che da lui ebbe anche un figlio nato nel 1919. Una storia poco conosciuta, che appare incredibile
. L’autore raccoglie e presenta le prove e le testimonianze dell’anziano parroco di Soligo che giungono dal quel piccolo paese della provincia di Treviso, arricchite di nuove indagini e di nuove prove fotografiche e documentali che testimoniano la veridicità del fatto. Il testimone chiave rimane don Giovanni Pasin, allora parroco di Soligo, che faceva parte della congregazione di carità di Farra di Soligo (1881-1970), un parroco con una fama alquanto impeccabile, un amico personale di Giovanni XXIII e del cardinale Piazza, Patriarca di Venezia, nonché anche amministratore dell’Istituto Ospedaliero Bon Bozzola. La notizia pare essere ben fondata, Adolf Hitler era in Italia tra la fine del 1917 e la primavera del 1918. L’autore ricerca ed espone le prove fotografiche, le testimonianze raccolte nel tempo, le recenti conferme, le nuove prove fotografiche e calligrafiche, le prove circostanziali che confermerebbero tale verità: Hitler lasciò un erede in Italia
. Arch. Marco Chiesurin
INTRODUZIONE
Quando il caporale Hitler giunse a Soligo e vi lasciò un figlio nel 1918
Studi e ricerche dell’Artista bibliotecario Lucio Tarzariol da Castello Roganzuolo
Sopra: un'altra foto del parroco di Soligo, Don Giovanni Pasin, assieme a Hitler ed i suoi comilitoni. Una verità scomoda, spesso fatta passare per falsa, ma Hitler nel 1918 era in Italia. Ora una pubblicazione del Bibliotecario e Artista Lucio Tarzariol ne svela particolari e luoghi, ridando dignità a un prete che ha sempre sacrificato il suo tempo per la Comunità di Soligo, un piccolo paese della provincia di Treviso.
Una verità scomoda, spesso fatta passare per falsa, ma Hitler nel 1918 era in Italia. Ora una pubblicazione del Bibliotecario e Artista Lucio Tarzariol ne svela particolari e luoghi, ridando dignità a un prete che ha sempre sacrificato il suo tempo per la Comunità di Soligo, un piccolo paese della provincia di Treviso.
Introduzione
Essendo in primis un Artista, un bibliotecario ed un ricercatore storico per carattere, spesso scopro nei meandri cartacei
della nostra storia avvenimenti storici alquanto curiosi, a volte anche scomodi e sconosciuti al grande pubblico. Infatti, rispolverando i fatti storici locali delle nostre zone relativi alla Grande Guerra in occasione del centenario, per un libro sulla Grande Guerra che sto scrivendo per il Comune di Revine Lago con l'alto patrocinio della Regione Veneto – paese che già di suo cela storie affascinanti come la notizia che il lago celerebbe un trenino affondato proprio durante la Grande Guerra, – mi sono imbattuto in questo curioso fatto dimenticato e che mi ha incuriosito ed ho voluto approfondire ripercorrendo luoghi e fatti di una storia sconosciuta e non contemplata dalle biografie hitleriane ufficiali, di quel discusso giovane personaggio che nella seconda guerra è divenuto storicamente l’emblema dell’Atrocità umana
. Tuttora la locanda a Soligo, dove il caporale Adolf Hitler incontrava la sua amante, dalla quale avrebbe avuto anche un figlio, è un locale pubblico. Ciò che posso dire, rievocando questa storia, è il constatare che un tassello biografico delle debolezze umane di quest’uomo, un tempo cancellato poi dimenticato, ora viene a galla, come un tempo volle anche l’amato parroco di allora don Giovanni Pasin lungi dall’essere un bugiardo come alcuni vorrebbero far credere. Anche questa volta si evidenzia che i nostri paesi sono così carichi di storia e spesso ci rivelano sorprese e fatti storici di interesse internazionale. Questa mia ricerca è tesa a comprovare il fatto storico che Hitler era in Italia, a Soligo, già a fine 1917, e vi rimase fino alla primavera del 1918. Infatti, nella biografia di Adolf Hitler, rimane un lungo periodo buio con notizie generiche, periodo in cui Hitler avrebbe potuto essere, oltre che nelle Fiandre, benissimo anche a Soligo assieme a Hess, dove avrebbe, per l’appunto, rimesso in atto una delle sue performance amorose, cosa che per ovvi motivi
è stata tralasciata nella biografia ufficiale del Führer, Führer che successivamente, in periodo di occupazione del territorio austriaco da parte delle sue truppe tedesche, nel 1938, come affermano alcune testimonianze
, ordinò alla stessa Gestapo di rintracciare tutti i documenti ufficiali del suo servizio militare. Per cui, se teniamo presente anche la dinamica psicologica dei fatti, e consapevoli che difficilmente un uomo cambia atteggiamenti e abitudini, appaiono possibili e veritiere le testimonianze di don Giovanni Pasin, che vedono Adolf Hitler ripetere a Soligo una performance
già conosciuta che, guarda caso, avrebbe messo in scena solo 5-6 mesi prima nelle Fiandre. Infatti, giunto a Soligo, il giovane Hitler doveva ricreare il suo nuovo spazio
; non a caso. Prima di apparire a Soligo. Adolf Hitler era nelle Fiandre e, come risaputo da alcune testimonianze, alle battaglie preferisce missioni più romantiche. Infatti si accampa nella provincia dell’Aisne, sotto Lille, e si innamora di una certa Charlotte Eudoxie Alida Lobjoie, una diciottenne contadina semplice, ma di forte temperamento, che non si vergogna di fare l’amore con un nemico tedesco e di farsi vedere con lui in paese, a Wavrin. Fatto che si ripresenta, come da copione
, anche a Soligo nelle testimonianze del parroco locale, don Giovanni Pasin, che testimonia l'incontro di Hitler con una giovane ragazza italiana che non si vergognava di stare con un soldato nemico tedesco e che avrebbe avuto con lui addirittura un figlio lasciato poi ai servizi sociali. Con questo libro ho raccolto le prove esistenti e ne ho trovato, incredibilmente
, altre di nuove al fine di provare che Hitler era in Italia a quel tempo. Ora rimane da indagare se esista tuttora una sua progenie in vita.
SOLIGO OCCUPATA
L'invasione nemica del 1917-1918
Dalle memorie di don Giovanni Pasin, parroc o di Soligo
dal 1908 agli anni '60
Sopra: don Giovanni Pasin assieme a ufficiali austro-ungarici nel giardino della Canonica.
Prima di entrare nel contesto dei fatti che ci interessano, riporto le testimonianze di don Giovanni Pasin che riguardano l'anno dell'invasione nemica, allo scopo di evidenziare l'ambiente in cui il giovane Adolf Hitler venne a trovarsi.
Ore d'angoscia
Siamo ad un momento epico della storia di Soligo, che forse non ha riscontro con alcuno dei passati. Chi ne ha vissuto la terribilità tragica ricorda che solo la fede in Dio e nei destini sicuri della patria ha potuto salvare gli animi dell'avvilimento irreparabile e protenderli ancora verso un'attesa fiduciosa.
Agli ultimi dell'ottobre 1917 un velo grigio si stendeva sulle pagine di fulgido eroismo scritte dalle nostre truppe sulle vette del Trentino, sui balzi delle Dolomiti, negli anfratti insidiosi del Carso. La luce di tante battaglie vittoriose, di eroiche avanzate verso le città sorelle, che sospiravano l'amplesso della madre patria si eclissava dinanzi all'immane sventura di Caporetto.
Come lama tagliente scese nel cuore a noi Veneti la notizia ferale che il nemico, travolte le nostre organizzazioni difensive, s'era aperto il varco verso la pianura friulana. S'iniziava così il nostro doloroso calvario. Per un istante si credette che il Tagliamento potesse arginare l'irrompente avanzata. Ma svanita presto l'illusione, si delineò inevitabile l'occupazione nemica fino al Piave, e bisognò raccogliersi nella muta aspettazione del fatale avvenimento.
Giorni di tristezza indefinibile, di passione tormentosa, d'ansia mortale! Le nostre strade offrivano uno spettacolo miserando: profughi dal volto livido e stravolto, carriaggi, ambulanze, artiglierie, e colonne interminabili di truppe. Noi interrogavamo con muto sgomento il volto dei nostri soldati. La sventura vi avea impresso il suo solco sanguineo, ma nelle pupille brillava un raggio d'indomita speranza. Il grande dolore aveva scavato dalle profondità dell'anima e levato in alto, rideste alla luce, le native virtù della stirpe. Leggevamo in quegli occhi la ferma volontà di resistere, di muovere alla riscossa. E ciò temperava nei nostri cuori la paura angosciosa dell'ignoto, che si rizzava dinanzi come feroce e implacabile fantasma.
Scorcio di Soligo nei primi anni del Novecento.
L'arrivo dei nemici
Spuntava il 9 novembre: giornata triste. Una nuvolaglia grigia copriva il cielo quasi funebre, e stillava una pioggerella sottile, uggiosa, monotona.
Dovunque incombeva quel silenzio grave, che suole procedere le grandi bufere. La popolazione stava ritirata nelle case in preda ad un'ansia terribile. Scoccando dal campanile i rintocchi del mezzodì, che si disperdono nell'aria come singhiozzi. Passano le ultime pattuglie italiane di retroguardia. Notizie sempre più precise annunziano il graduale progresso dell'avanzata nemica.
Ed alle ore 15 e 30 ecco apparire sulla strada che da Pieve mette al tempietto delle Grazie alcuni uomini a cavallo, coperti di un ampio mantello: sull'elmo spicca il chiodo caratteristico dei Bavaresi e dei Sassoni. Procedono con cautela, spiano ad ogni angolo, temono agguati, fan risonare secchi colpi di mitraglia, ed entrano nel paese.
Nel piazzale delle scuole saltano a terra con un sordo rimbombo: ormai siamo a discrezione del nemico. Dietro al primo gruppo di cavalieri spuntano da tutte le strade, dai viottoli, di tra le siepi, soldati a piedi, che si disperdono in tutte le direzioni a prender possesso del paese.
Cala la sera, dal cielo continua lo stesso monotono stillicidio: è il pianto delle cose che si unisce al pianto dei cuori. La Canonica si riempie di parrocchiani in preda al terrore. Dalla finestra socchiusa del mio studio sto affannoso a spiare, quando due grossi colpi alla porta mi fan sussultare. Un ufficiale domanda del parroco, tiene in una mano una lampadina elettrica, nell'altra un piccolo vocabolario tedesco-italiano; dietro a lui arcigni e impettiti quattro soldato con corde al collo e pugnali. Vuol visitare la casa per accertarsi se ci siano soldati italiani. L'accompagno da per tutto, perfino nel granaio e in cantina. Quivi gli offro del vino, il suo volto s'illumina, accetta, ma prima