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L’omosessualità E Il Diritto
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Ebook162 pages2 hours

L’omosessualità E Il Diritto

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Il tema delle unioni civili, sempre più presente all’interno del dibattito politico e sociale in Italia, si è cristallizzato in una duplice posizione: da una parte la rivendicazione dei propri diritti da parte delle coppie omosessuali, dall’altra lo sdegno di quanti si ergono a paladini della difesa della famiglia tradizionale. Secondo Fabrizio Iommi uno scontro così acceso si è però risolto in un dialogo fra sordi, in quanto sono mancate proprio quelle elementari considerazioni che avrebbero potuto dirimere la questione in senso più pacato e secondo argomentazioni meglio motivate e condivisibili. L’omosessualità e il diritto risponde dunque all’esigenza di affrontare la questione da una posizione più informata e provvista di solide fondamenta. Lo scopo è di valutare criticamente le singole tesi avanzate da parti spesso artificiosamente contrapposte, demolendo le false certezze e i pregiudizi delle retoriche esagerate, nell’ottica di un’opera chiarificatrice che contribuisce ad approfondire un tema quanto mai complesso e attuale. 
LanguageItaliano
Release dateJul 14, 2017
ISBN9788893842709
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    L’omosessualità E Il Diritto - Fabrizio Iommi

    Libri

    Premessa

    L’anno 2016 è iniziato in Italia con il clamore di un acceso dibattito politico sul tema delle unioni civili, soprattutto con riferimento al presunto diritto delle coppie omosessuali di godere delle stesse prerogative e benefici di quelle eterosessuali. Una valanga di rivendicazioni di tale tenore si è scontrata in modi anche veementi con lo sdegno di quanti consideravano come assurde le pretese delle cosiddette famiglie arcobaleno.

    Era inevitabile che uno scontro così acceso si risolvesse in un dialogo tra sordi; le più accorate manifestazioni di vittimismo da una parte non hanno trovato udienza alcuna nelle fiere e sdegnate difese della famiglia tradizionale dall’altra. C’è perciò da credere che la pubblica opinione sia rimasta del tutto a digiuno di quelle elementari considerazioni che sole avrebbero potuto dirimere la questione in senso più pacato e secondo argomentazioni meglio motivate e condivisibili.

    Le righe che seguono rispondono, perciò, all’esigenza di dare un contributo sostanziale alla possibilità di affrontare il problema da una posizione più informata e provvista di solide fondamenta, senza quindi rischiare di incappare nella seduzione esercitata dal un lato dall’appello alla parità dei diritti o dall’altro lato da quello alla sacralità del matrimonio tradizionale. Le retoriche esagerate sono sempre e comunque ingannevoli da chiunque siano messe in campo e in ogni caso non contribuiscono a rendere meno esacerbato un aspro confronto di opinioni.

    Un’opera di chiarificazione è quanto mai opportuna per meglio orientare un’opinione pubblica frastornata dalle due contrapposte sirene nell’accesa propaganda svolta dai due schieramenti, quello innovativo, favorevole all’allargamento di diritti agli omosessuali, e quello tradizionalista, fermo sull’intransigente difesa dell’esistente formulazione giuridica della famiglia. Due sirene particolarmente allettanti, ciascuna per un suo proprio fascino, quello del progresso perenne e inarrestabile, che nessuna remora oscurantista potrebbe fermare nel lungo termine; e quello dell’intangibilità di un patrimonio di valori che in nessun lasso di tempo è destinato al tramonto. Finché le menti degli uomini accetteranno di essere consolate con codesti vaghi e confusi miraggi raccontati da personaggi per lo più sprovvisti di conoscenze specifiche, ma abilissimi nel tessere tele populistiche, non sarà possibile alcuna seria soluzione della questione. Soltanto quando saranno offerti elementi di giudizio ponderati e provvisti di adeguato fondamento, privi di suggestioni opportunistiche e logicamente adeguati, solo a questa condizione si potrà uscire dalle nebbie di una disputa che sull’uno e sull’altro fronte ha il sapore di una guerra di religione. Né il progresso, né la tradizione sono per se stessi concetti che hanno un’intrinseca giustificazione e non se ne può pertanto abusare magnificandone il valore senza il supporto di argomentazioni specifiche che comprovino ogni volta la convenienza di un’innovazione o la perdurante fondatezza di un valore tramandato. Vero è che tali concetti sono oggi adoperati come panacee illusorie, ossia come modalità operative ritenute miracolose ogni volta e in qualsiasi occasione se ne faccia uso, quindi di enorme effetto consolatorio di fronte a qualunque difficoltà che si presenti nella vita individuale o collettiva.

    Un’ulteriore complicazione è risultata dal carattere trasversale dei due schieramenti, che non hanno corrisposto sempre alla tradizionale ripartizione tra una destra e una sinistra. È stato soprattutto in questo secondo schieramento che sono state espresse inconsuete posizioni di apprezzamento delle tradizionali concezioni della sessualità senza tuttavia scadere in atteggiamenti di vieto conservatorismo.

    Ho rinvenuto invece le maggiori assurdità e stravolgimenti nelle posizioni di appoggio alle rivendicazioni omosessuali ed è perciò da queste che prenderò le mosse. Senza con ciò lesinare successivamente appunti egualmente critici all’indirizzo delle posizioni tradizionaliste, in particolare della tradizione cattolica. È bene precisare fin dalle prime battute e a scanso di qualunque fraintendimento che la discussione svolta in questo testo non vuole entrare nel merito della recente legge sulle unioni civili, che peraltro rappresenta un compromesso tra diversi orientamenti. L’intendimento è solo quello di valutare le singole argomentazioni avanzate da parti spesso artificiosamente contrapposte e troppo attente a effetti propagandistici; quindi di portare la discussione su un terreno più corretto e ragionevole. Ciò che potrebbe suscitare insoddisfazione o addirittura indignazione sia presso l’uno che presso l’altro fronte. Ma è una sorte frequente per chi vuole mantenersi aderente alla realtà e al rigore logico dell’argomentazione anziché acquistarsi meriti presso qualcuno.

    Il delirio di ricombinazione

    Una prima menda che si può scorgere, che anzi è doveroso notare nella campagna per il riconoscimento dei presunti diritti degli omosessuali, non è esclusiva di questo solo argomento dibattuto così intensamente oggi dalla pubblica opinione. Non trovo miglior termine per descriverla se non chiamandola ‘delirio di ricombinazione’. Questo genere di coazione, tendenzialmente patologica, consiste nello scomporre un complesso quale che sia nei suoi elementi costitutivi o ritenuti tali e nel tentare di ricomporre gli stessi in nuovi modi per ottenere altre e diverse configurazioni. Non lo si può confondere con quel processo scientifico che è chiamato analisi e che parimenti individua, separandoli, i componenti di un aggregato per esaminarne le singole funzioni. Ciò che contrassegna l’analisi scientifica è il mantenere consapevolezza delle relazioni che sussistono tra le componenti così artificialmente isolate e il farne oggetto di studio. Il delirio di ricombinazione al contrario trascura quelle relazioni e si limita a suddividere il complesso in pezzi sciolti per poi ricomporli liberamente, anzi del tutto casualmente come in un giuoco, per ottenerne le più imprevedibili configurazioni. Per questo suo precipuo carattere il delirio di ricombinazione è una variante appena più elaborata del processo patologico di disintegrazione della mente che nella psichiatria è contrassegnato col termine ‘schizofrenia’, la quale si differenzia in senso più grave poiché in conseguenza di essa la scissione in parti è assai più bizzarra dal punto di vista realistico e non è seguita da un quale che sia tentativo di ricomposizione, nemmeno casuale.

    Un procedimento ricombinatorio si ritrova, ad onta del suo deciso carattere patologico, anche nel mondo della scienza (a riprova del fatto che non esistono barriere invalicabili tra gli aspetti eccellenti e quelli demenziali dell’attività umana e che processi mentali usualmente ritenuti tipici di patologie gravi come la schizofrenia possono rinvenirsi episodicamente anche all’interno di condotte assolutamente normali). Così, per fare esempi recenti, al tempo della cosiddetta rivoluzione verde si usava sottoporre gli organismi vegetali al bombardamento di raggi gamma per scompaginare le sequenze del loro dna e verificare quali nuovi esemplari se ne poteva ottenere e con quali inedite potenzialità agronomiche. Similmente l’ingegneria biogenetica oggi procede ad analoga alterazione della composizione genica inserendo o togliendo determinati geni per introdurre o eliminare in organismi vegetali proprietà specifiche di organismi animali o di altri vegetali, tutto ciò all’insegna della promiscuità più incontrollata (e per lo più pericolosa poiché si procede nell’ignoranza più completa dei possibili esiti disastrosi di siffatti interventi, del resto già accertati e deplorati di frequente nella letteratura più responsabile). Più che di un’attività scientifica vera e propria, si tratta di un giuoco che si avvale del semplice caso al pari di quello che si pratica con una roulette. Qualcosa di analogo si manifesta talvolta nell’arte culinaria, ove soprattutto al giorno d’oggi la fantasia si sbizzarrisce nel proporre gli accostamenti più impensati, per lo più irricevibili come la liquirizia sui maccheroni oppure l’aragosta al cioccolato. Ebbene anche nell’ambito della legislazione familiare è stato messo in atto un analogo sistema di ricombinazione. Perché fermarsi allo schema fisso di una normale coppia coniugale rappresentato da un maschio e una femmina? Si scomponga le coppie eterosessuali, si mescoli i singoli individui e li si ricomponga alla rinfusa in diverse coppie; le quali allora potranno risultare composte, in forza di una elementare probabilità, ciascuna anche da due maschi o due femmine poiché non si terrà più conto delle funzioni procreative dei rispettivi membri della vecchia coppia eterosessuale. Dopo di che per quale fondato motivo si potrà negare alle nuove inedite coppie omosessuali gli stessi diritti tradizionalmente riservati a quelle eterosessuali destinate alla procreazione? Analogo gusto per una ricombinazione casuale operata dopo una mescolanza senza senso si nota in uno scritto polemico contro la sessualità tradizionale (Papà, mamma e gender di Michela Marzano, 2015, pag.72): Perché non provare a rompere gli schemi facendo giocare i bambini con le bambole e le bambine con i soldatini... ?.

    La sola possibilità logica della ricombinazione vale come opportunità o addirittura necessità della stessa, se non addirittura come fonte di un’esigenza specificamente giuridica. È in conseguenza di un siffatto procedimento ricombinatorio, per sé del tutto futile, che nelle forze politiche della sinistra odierna si avverte oggi con tanta forza l’obbligo di assicurare alle coppie omosessuali diritti specifici - o estendere diritti già in essere per gli altri soggetti - non già in forza di qualche motivazione sostanziale specifica, che non è mai stata presentata. La rivendicazione generica e puramente autorappresentativa della comunità omosessuale non può di sicuro valere come sufficiente fondamento, trattandosi di una semplice istanza della parte interessata che fa leva esclusivamente sul confronto con casi di assai diversa specie. Nemmeno il principio dell’eguaglianza ha motivo di essere invocato a tal riguardo posto che alcuni diritti particolari sorgono in correlazione con specifiche qualità o funzioni e non in forza della semplice esistenza del soggetto sì che in presenza di caratteri differenziati non è peregrino, ma del tutto ragionevole che si differenzi anche la dotazione di diritti se tra gli uni e gli altri è ravvisabile una qualche connessione oggettiva. Mancando dunque - e lo si vedrà meglio avanti - una ragione plausibile per formalizzare legalmente le coppie omosessuali, l’ipotesi della coazione ricombinatoria comincia ad apparire assai più credibile di quanto possa sembrare di primo acchito.

    Libertà o ufficialità?

    La vita è un bene comune e tutti gli esseri umani sono perciò titolari di un diritto alla vita. Tutti gli uomini hanno desideri, ma i desideri possono essere i più vari e di per sé non implicano l’esistenza di diritti più di quanto una semplice speranza sia presupposto sufficiente del fatto che essa si realizzi. Perciò è fuori luogo che il semplice compiacimento che una coppia omosessuale possa provare nel sapersi registrata come unione matrimoniale presso lo stato civile debba intendersi come titolo sufficiente a rivendicarla come dovuta dietro semplice richiesta. Di una siffatta rivendicazione occorre fornire una motivazione credibile e non già solo esprimere il fatto che essa avrebbe di mira un risultato ardentemente agognato.

    Un conto è la libertà di concedersi per opera propria una soddisfazione anche insolita o poco apprezzata da altri, un conto è esigere una prestazione o un riconoscimento da terzi (come è appunto un riconoscimento legale da parte di un’autorità) se non interviene un’idonea motivazione a giustificarne la concessione. A questo riguardo si coglie subito una certa incapacità logica nelle rivendicazioni dei gruppi omosessuali, quella appunto dovuta alla difficoltà di distinguere concettualmente una qualunque libertà di azione dal suggello della sua dignità o rilevanza che una pubblica autorità sia in grado (o in dovere) di riconoscere o attestare pubblicamente.

    Si è nell’errore, in altre parole, quando si crede che se una condotta è permessa, essa debba essere per ciò stesso approvata come valore e come tale certificata ufficialmente. Un siffatto errore è ben evidente nella lamentela espressa dalla rappresentanza omosessuale alla più ridotta proposta di legge sulle unioni civili approvata il 25 Febbraio 2016 dal senato italiano: si è infatti deplorato che la mancata perfetta equiparazione tra unione civile e matrimonio sia il segno di una mancata valorizzazione dell’orientamento omosessuale, da cui si trae il sospetto che tale mancanza nasconda una disistima del medesimo e implichi quindi una discriminazione.

    Per quanto riguarda la liceità di un diverso trattamento delle due differenti convivenze, se ne discuterà approfonditamente nel prosieguo. Per ora è opportuno sottolineare che una particolare assunzione di consapevolezza da parte di un pubblico potere di una specifica facoltà o libertà esercitata da un qualsiasi soggetto non solo non è necessaria, ma appare addirittura pericolosa, perché

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