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Sull'emianopsia nella prima infanzia
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Sull'emianopsia nella prima infanzia
Ebook125 pages1 hour

Sull'emianopsia nella prima infanzia

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Pur assai meno noto in tale veste, Freud ebbe modo di lavorare come clinico e come ricercatore anche in ambito neurologico e neuropsicologico. L'articolo sull'emianopsia infantile, qui per la prima volta in lingua italiana, non solo offre uno scorcio su tale ambito di indagine del padre della psicoanalisi, mettendo tra l'altro in luce, probabilmente, una delle prime descrizioni di un interessante disturbo neuropsicologico (neglect), ma pare anche riallacciarsi per vie traverse al noto "episodio della cocaina", che vide Freud mancare di un soffio una grande innovazione medico-chirurgica.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJul 17, 2017
ISBN9788892675421
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    Sull'emianopsia nella prima infanzia - Sigmund Freud

    twitter.com/youcanprintit

    Premessa

    Michele M. Lualdi

    L’articolo di Freud qui riprodotto, pubblicato nel 1888 sul settimanale medico Wiener Medizinische Wochenschrift, ci consente un incontro con il Freud neurologo. A differenza di quanto non accadrà con l’articolo del 1893 sull’enuresi infantile[1], non vengono qui sfiorate tematiche che possano di per sé suggerire riflessioni psicoanalitiche. Tuttavia il discorso non pare nemmeno inscriversi interamente in una dimensione neurologica, bensì lambire il territorio della neuropsicologia, ambito che proprio allora iniziava a definire i suoi confini.

    Ritengo inoltre che, a livelli più profondi, questo breve scritto di Freud abbia moventi e rechi tracce pertinenti, queste sì, al discorso psicoanalitico: il fatto stesso che il territorio neuropsicologico venga dall’autore soltanto intravisto ma non raggiunto sembra accessibile, come cercherò di dimostrare, a chiavi di lettura psicodinamiche.

    Il cardine e il motivo più esplicito della stesura di questo lavoro è per Freud l’osservazione di una condizione neurologica allora sostanzialmente messa in dubbio, ossia l’emianopsia infantile:

    … devo considerare queste comunicazioni come le prime nel loro genere. Mancano del tutto osservazioni di emianopsia nella prima infanzia….

    Tuttavia ciò che più interessa in questa sede è un secondo elemento di novità, un rilievo occasionale, non necessario in sé al contenuto e agli obiettivi dell’articolo, ma tale da imporsi proprio per la sua particolarità: il primo dei due casi riferiti di emianopsia infantile, Ferdinand G., presenta deviazione coniugata del capo e dello sguardo. Questo sintomo non solo sembra sovrastare già nell’articolo il tema principale dello stesso, come dimostra lo spazio che gli viene dedicato nella parte conclusiva della trattazione, ma evidentemente resta anche impresso in Freud, che lo vorrà sottolineare nove anni dopo, quando nel 1897 dovrà stilare l’elenco dei suoi scritti in previsione della domanda per la nomina a professore straordinario (Anzieu, 1975a, 238; Freud, 1897, 376).

    In sostanza, Freud osserva in Ferdinand G., il quale presenta emiplegia sinistra, che il capo e gli occhi sono costantemente rivolti verso l’emisoma integro, con lo sguardo che raramente, dall’angolo destro degli occhi, si spostano verso sinistra, quasi mai superando la linea mediana; fenomeno, quest’ultimo, ancor più raro e difficoltoso se tentato volontariamente:

    Nel nostro giovane Ferdinand G. entrambi gli occhi si muovevano liberamente dalla linea mediana fino all’angolo destro dell’occhio, addirittura rimanevano fermi al centro o andavano per qualche istante verso sinistra, cosa, quest’ultima, che tuttavia avveniva solo se il bambino era distratto e disimpegnato. Non appena la sua attenzione veniva risvegliata, gli occhi si riorientavano verso destra.

    Freud, dopo avere dimostrato non potersi trattare di un fenomeno puramente spastico né in altro modo spiegabile tout court con la presenza dell’emiplegia, ne tenta una spiegazione compensatoria: si tratterebbe cioè di un automatico posizionarsi dello sguardo e del capo nel tentativo – vano – di compensare la perdita di un emicampo visivo, conseguente all’emianopsia. Conclude:

    "La deviazione oculare non è dunque una manifestazione di paralisi né un fenomeno irritativo, ma un fenomeno di innervazione spontanea… Ci si può quindi immaginare che sia necessario un particolare stato di coscienza affinché questo movimento oculare riflesso ma inopportuno avvenga e si è infatti osservata finora la deviation conjuguée quale manifestazione concomitante dell’emianopsia solo in situazioni caratterizzate da debolezza o indebolimento della coscienza, ossia: 1. in soggetti dementi (Reinhard), 2. nei bambini (il nostro caso I)".

    Conclusione da cui discende l’insoluta domanda con cui il saggio si conclude, ossia perché lo stesso fenomeno non si osservi in Marie Vogt, la seconda, piccola paziente.

    In realtà, la descrizione del comportamento di Ferdinand G. contiene una serie di fenomeni assai interessanti. Non si tratta solo dell’elemento posturale (deviazione di capo e occhi a destra, lato sano) e di quello oculo-motorio (sguardo mobile verso sinistra, ma raramente e quasi mai oltre la linea mediana). Qui viene chiamata in causa anche l’attenzione volontaria come fattore facilitante (quanto assente) o inibente (se presente) il movimento oculare sull’asse orizzontale.

    Di più, se a Ferdinand, che ha 3 anni e 3 mesi al momento della prima osservazione (1 luglio 1886), si presenta… nell’emicampo visivo destro un oggetto che gli si impedisce di afferrare, lo si può forzare a seguirlo con continuità. Se ora si sconfina repentinamente con l’oggetto a sinistra…, lascia cadere il braccio teso e dà espressione alla sua delusione con alte grida. Freud deduce: Evidentemente egli ha perso di vista l’oggetto.

    Questa ipotesi non tiene a mio parere conto del fatto che un bambino di 3 anni e 3 mesi, tra l’altro espressamente descritto come di grandi intelligenza e vivacità, va supposto avere raggiunto la costanza dell’oggetto (Dolle, 1974, 64, 114-5): ci si aspetterebbe dunque che si comporti come un bambino di pari età con campo visivo integro il quale, scomparso un oggetto in movimento da tale campo visivo ruota gli occhi e/o il capo e/o il corpo per continuare a seguirlo visivamente. Non così Ferdinand. O meglio, non così nel luglio 1886, poiché a distanza di quasi un anno (giugno 1887) si può osservare che effettivamente il suo comportamento è quello atteso.

    Per la verità, nel luglio 1886 il comportamento di Ferdinand è oscillante: a volte cessa di seguire l’oggetto spostatosi nell’emicampo cieco, il sinistro, altre volte riesce a orientarsi seguendo il braccio dello sperimentatore. Questa la spiegazione di Freud:

    …il bambino conserva nel campo visivo, invece dell’oggetto, una parte del braccio che lo regge. È abbastanza intelligente da comprendere che seguire il braccio dovrebbe condurlo all’oggetto e si gira perciò verso lo stesso fino a tornare a rivedere l’oggetto….

    Essa non pare soddisfacente: come è possibile che Ferdinand sia alcune volte abbastanza intelligente da manifestare un simile comportamento e altre volte invece non lo sia? Né aiuta parlare di uno stato di debolezza o indebolimento della coscienza legato all’età infantile, come fa Freud: l’osservazione fatta a un anno di distanza, infatti, evidenzia il rientro del fenomeno: eppure Ferdinand è ancora a pieno titolo un bambino.

    Considerato dunque il complesso dei fenomeni descritti da Freud, vien fatto di avanzare un’ipotesi alternativa per una loro interpretazione, cioè che si sia qui in presenza di neglect o negligenza spaziale unilaterale infantile, disturbo qualificabile non più come neurologico ma come neuropsicologico[2].

    In sostanza esso può essere così descritto, con riferimento a un quadro (quello più consueto) di NSU [Negligenza Spaziale Unilaterale] sinistra o, più in generale, di alterata rappresentazione del lato sinistro dello spazio. Nella fase acuta… il paziente può manifestare una deviazione più o meno completa e più o meno irriducibile degli occhi e del capo verso il lato della lesione… il paziente sembra non percepire né esplorare tutto ciò che si trova nel lato sinistro del proprio corpo e dell’ambiente, lato verso il quale non dirige alcuna attività (Bisiach, 1990, 704). Il disturbo può presentare anche manifestazioni motorie e uditive, in maniera dissociata tra loro e rispetto al disturbo visivo, comunque più frequente. Nella larga maggioranza dei casi di lesione non progressiva, la sintomatologia regredisce in misura cospicua nei giorni o nelle settimane che seguono l’esordio acuto… Sono relativamente rari i casi in cui evidenti manifestazioni di NSU compromettono il comportamento ordinario del paziente a distanza di mesi, anche se ad un esame minuzioso è ancora rilevabile qualche traccia del disordine (Bisiach, 1990, 707).

    Anche le considerazioni anatomo-patologiche di Freud che suppone, quale probabile causa della sintomatologia osservata, un evento focale a livello della capsula interna, o comunque a carico di una regione sottocorticale irrorata dall’arteria cerebrale media, verosimilmente a livello del lobulo parietale inferiore, sono compatibili con il manifestarsi dell’eminegligenza spaziale unilaterale (Vallar, 1993, 34 e segg.).

    L’ipotesi che Freud stia qui descrivendo un caso di NSU infantile consentirebbe di rispondere con relativa facilità alla domanda conclusiva dello scritto freudiano. La deviazione dello sguardo e del capo, cioè, non si ha in Marie Vogt per il semplice fatto che ella non presenta neglect[3].

    Le prime osservazioni di neglect risalgono appunto alla fine del XIX secolo. Devo però precisare che il riferimento bibliografico più datato che sono riuscito a reperire resta, se pur di poco, successivo alla pubblicazione del presente scritto di Freud (Anton G., Beiträge zur klinischen Beurteilung und zur Localisation der Muskelstörungen, 1893; citato in Bisiach, 1990, 718) ed è comunque relativo alla casistica adulta, come la maggior parte della letteratura successiva su tale disturbo. Oggi sono comunque disponibili singoli case-report e studi di campioni sul neglect infantile (ad es. Enoki et al., 2006; Laurent-Vannier et al., 2006), a conferma dell’effettiva esistenza di questa condizione.

    Si tenga conto che Freud pubblicherà di lì a pochi anni (1891) un intero volume sulle afasie, disturbo neuropsicologico per eccellenza, dimostrandosi così non solo acuto osservatore in quest’ambito, ma anche padrone della materia. Il volume non avrà successo (Anzieu, 1975a, 63), ma resterà comunque, nel giudizio del suo autore, uno dei lavori meglio riusciti, al punto che oltre vent’anno dopo, scrivendo a Sándor Ferenczi il 9 luglio 1913 dichiarerà: Le mie cose migliori arrivano in effetti ogni sette anni: nel 1891 ho cominciato con il lavoro sull’afasia… (Freud, Ferenczi, 1992, 518)[4]. Proprio in quel testo lascerà la sua impronta più durevole nel campo neuropsicologico. E non, si badi, nell’ambito delle afasie propriamente dette (in questo senso, come già segnalato, le sue riflessioni

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