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Lo zoo in piazza delle Fogne
Lo zoo in piazza delle Fogne
Lo zoo in piazza delle Fogne
Ebook61 pages49 minutes

Lo zoo in piazza delle Fogne

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Moso e Mattia, che è anche la voce narrante delle loro esperienze, sono due giovani fiorentini amanti della vita notturna, tanto che quasi ogni sera escono in cerca di avventura e vagano per locali da quelli più alla moda a quelli trash. Il loro preferito è il Manifesto gestito da Otello, un caratteristico barman attento alle chiacchiere degli avventori. Qui Moso, professore di matematica in un liceo, va a correggere i compiti dei suoi alunni ché a casa le continue chiacchiere dei genitori lo distraggono e Mattia, dopo avere tentato uno stage come cameriere prontamente licenziato, espone i suoi quadri. Dei due è Mattia quello più sfrontato e concreto, così mentre l’amico discetta di hamburger vegetariani ai funghi e di libri Mattia tenta di rimorchiare le belle ragazze che incontrano nei loro giri notturni. Ed è proprio il popolo della notte a essere co-protagonista della silloge, popolo variegato fatto di signore âgé in cerca di divertimento, di uomini maturi al braccio di ragazze giovanissime, di bellezze in tacco quindici concentrate su se stesse e qualche mosca bianca.
Una raccolta di racconti anomala perché in realtà si tratta di bozzetti tutti realizzati in stile diverso – si va dall’ibrido monologo interiore-flusso di coscienza al dialogato stretto – i cui protagonisti sono però sempre loro: Maso e Mattia. L’autore attinge all’espressione gergale giovanile, al dialetto fiorentino con i suoi modi di dire, porta il colloquiale sulla pagina scritta e dà freschezza e tono a un narrato che fa del suo punto di forza la fotografia di una generazione, quella dei trentenni, alle prese con il desiderio di andare a vivere da soli, di trovare un lavoro che li soddisfi, una ragazza o magari anche tante in attesa di quella giusta, di sbronze, di chiacchiere. Non per questo una generazione vuota, solo un po’ più fragile e confusa.
LanguageItaliano
Release dateJul 1, 2017
ISBN9788832920352
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    Lo zoo in piazza delle Fogne - Mattia Cancro

    rossa

    Patti

    Moso mi aveva proposto un’inaugurazione di una libreria in via Della Scodella, al teatro. Era inverno, me lo ricordo dai pesanti giubbotti e sciarpe che ci circondavano. Vado a prenderlo a casa, in viale Cavalcanti, dall’altra parte del centro.

    Allora rubacuori, com’è andata con la Pelina? dico io.

    Mah, bene, siamo stati al Savoir Faire...

    Sì, ma che avete fatto? Di che avete chiacchierato, come ti è sembrato che andasse la conversazione?

    Lei mi ha detto che fa questi gioielli, che è venuta a Firenze per imparare, che ha uno studio vicino casa mia.

    Ma te le hai detto qualcosa di simpatico, di sciolto, la hai fatta ridere o le hai solo parlato di formule e teoremi della fisica nucleare? Eh?! La devi far ridere una donna, non devi sembrare un super-uomo che ha tutto sotto controllo, ti devi mettere in gioco, sporcare, sbagliare, dire cazzate, rotolare nel fango della vita e riuscirne come battezzato, purificato, pronto al peggio, anzi no, disposto al peggio, così che tutto quello che arriva in più è regalato, anzi pronto per sparare le cazzate più grosse mai concepite che le fai tenerezza e simpatia e anche lei non si sente sola nelle sue manchevolezze, no! Anzi, se quello che ti viene da dire è poco interessante, te pompalo al massimo, aumenta, ingigantisci, pavoneggiati e straparla, le devi sembrare un onnipotente iddio o un suo sgherro o lacchè o favorito che comunque sei molto in alto nella scala dei meriti, poteri o posizioni o che so io tutte stronzate così! Anzi no, non lo so, ma glielo hai detto che vai a trovarla nello studio?

    No, le ho detto che lavoro all’Aeronautica militare come insegnante, che ho un PHD in fisica teorica alla Sissa di Trieste con borsa di studio...

    Glielo hai detto che le cose che hanno insegnato a te in quella scuola le sanno un migliaio di persone in tutta Europa, eh?

    No non glielo ho detto, ma fammi parlare porco universo... gli ho detto che ho viaggiato in Medio Oriente per allargare i confini delle mie esperienze e in Centro America per lavoro...

    Ah, quando sei stato in Messico per la conferenza e hai mangiato quella roba piccante e cucinata in chissà quali condizioni igieniche e sei stato tutta la notte in bagno seduto sulla tazza del cesso a spurgare i piaceri della cucina messicana... allargare le proprie esperienze, allargare lo so io icché...

    Eh eh... già. Glielo ho detto quello e mi ha stretto la mano per complimentarsi della ragguardevole impresa.

    Certo, certo.

    Macché abbiamo parlato un po’ dei viaggi fatti e le ho offerto da bere...

    Le hai offerto da bere, quanto?

    Tre drink.

    Tre drink?! Ma che cazzo hai fatto?! Sei mica la mensa dei barboni! Vabbè! Ma lei come ti sembrava? Interessata? Ti sorrideva? Ti lanciava occhiate languide?

    Siamo stati a chiacchierare e a bere per un paio d’ore e poi è andata a casa.

    Ma vi rivedrete?

    Non lo so, è carina, ha dei begli occhi da turca e belle tette, ma...

    Come? Grosse?

    Insomma... sì, dicevo che mi piace abbastanza fisicamente, ma non è scattata la complicità.

    Ti sei trovato male a chiacchierare con lei?

    No, semplicemente non mi sembra che potrei starci insieme.

    Ma che ti frega di starci insieme?! Prima trombatela e poi se state insieme state insieme.

    Ma non sono mica tutti come te che vogliono solo trombare.

    Già... me l’hai già detta questa, ma io non ci credo, lo so che è vero ma non ci credo.

    Eravamo quasi arrivati, per le vie umide buie, strette e tutte mattonelle del centro. S’incrociava cingalesi con giacche a vento con la busta di plastica della spesa, donne sole con gli occhiali, capelli lisci e giacche fino alle ginocchia, neanche ti guardavano, meglio si confondevano con la scenografia buia e meglio era. Abiteranno sole o con qualche gattaccio, in un trilocale che si affittano col lavoro di contabile o ragioniera o avvocato o bibliotecaria. Camera da letto tutta a posto con una stampa di due pavoni o qualche cuore e nient’altro alle pareti, una cornice argento con una foto dei genitori o qualche

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