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Una rivoluzione quasi perfetta
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Una rivoluzione quasi perfetta

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Una rivoluzione è il mutamento radicale di un ordine statuale e sociale, nei suoi aspetti economici e politici ed è perfetta, quando raggiunge il suo obiettivo senza alcuna violenza e coerentemente con gli ideali prefigurati. Ma può una rivoluzione essere non violenta? Può realizzarsi senza alcuna forma di oppressione e sofferenza? E durante il suo svolgimento, i rapporti umani, sia nella dimensione pubblica, politica, collettiva che in quella privata, familiare, individuale possono essere improntati al rispetto reciproco, alla solidarietà, alla comprensione, all’amore disinteressato? Oppure non c’è alcuna speranza e la violenza domina, come una radice inestirpabile, nella vita politica e nella convivenza umana, sempre e comunque? E inoltre può l’ideologia, la fede rivoluzionaria, essere più forte dell’amore, dell’attrazione fisica, della passione?
È a queste domande che cerca di dare una risposta Paolo S., il singolare protagonista di questo romanzo, che a settant’anni, intende fare i conti col suo passato per una verifica dei suoi giovanili ideali non violenti. L’occasione per questo particolare esame di coscienza gli è offerta dal suo tentativo di scrivere un romanzo su Gesù, inteso soprattutto nella sua dimensione di profeta dell’amore e della non violenza.
La costruzione della trama narrativa lo costringe a guardarsi dentro e attorno, a cogliere i risvolti umani e politici dei grandi eventi storici, in cui si è trovato a vivere (il Sessantotto e l’antimilitarismo, il referendum sul divorzio, la strage di Piazza Loggia, la caduta del muro di Berlino). Contemporaneamente, il presente gli riserva ulteriori sorprese, che mettono a dura prova il suo equilibrio psichico e la sua serenità intellettuale. Romanzo politico, ma anche visionario, dove gli elementi di sogno e immaginazione si intrecciano con il marasma di una vita che sfugge a ogni possibile catalogazione.
LanguageItaliano
Release dateJul 1, 2017
ISBN9788832920406
Una rivoluzione quasi perfetta

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    Una rivoluzione quasi perfetta - Gaetano Cinque

    V

    Prologo

    La predicazione di Gesù

    Gesù è in Galilea, percorre quella terra all’apparenza felice e ridente. Splendide città e sinagoghe importanti. Laghi e fiumi e prati e colline e rilievi che chiudono all’orizzonte i caldi tramonti.

    Gesù si sente rincuorato, è fiducioso di poter iniziare a diffondere il suo messaggio.

    Non vuole abbandonare l’antica Legge, quella di Mosè e della Torah. Le sacre scritture rabbiniche devono rappresentare la base del nuovo discorso. Non si distrugge per ricominciare, ma si comincia da dove finisce la tradizione. E la tradizione è il punto di riferimento, non soltanto l’ostacolo da abbattere. E questo bisogna farlo intendere bene.

    Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento, confida ai suoi primi seguaci Gesù, sotto un’improvvisata tenda, innalzata lungo le rive del lago Tiberiade.

    Ma così noi facciamo il gioco dei sacerdoti e dei farisei! obietta Andrea, il pescatore da poco chiamato, insieme al fratello Pietro, a lasciare le reti della pesca, strumenti di sussistenza della loro vita materiale, per seguire il Maestro e la sua nuova predicazione.

    È sempre difficile iniziare una nuova esperienza di vita!

    Nuova sarà la comunicazione, anche se le parole e la forma si avvarranno del passato. Così succede ogni volta che bisogna cambiare, non annullare, ma continuare per far capire che la nuova istanza deve entrare nel cuore del passato, un passato che deve trasformarsi, evolvere, rivoluzionarsi. Una rivoluzione non si fa sradicando, senza misurarsi con quanto si è consolidato.

    Qui c’è il coraggio, qui è la forza del nuovo messaggio.

    E questo Gesù lo sa bene. Sa con chi si deve confrontare!

    Il suo linguaggio con la gente comune è semplice, Gesù non ha problemi a parlare al popolo. Perché il popolo non si lascia incantare dalle parole, ha bisogno di fatti, di azioni concrete. La gente, che accorre ad ascoltarlo da tutto il territorio circostante della Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea, da oltre il Giordano, ma anche dalla lontana Siria, non è interessata al rispetto della tradizione, è gente sofferente. Sono uomini ammalati, tormentati da insopportabili angustie, e, anche se dicono che è nell’anima il dolore, il riscatto è fisico, materiale, vogliono i miracoli, il sovvertimento delle leggi della natura, della fisica e della biologia. Vi sono epilettici e paralitici.

    Ecco, si fa avanti un lebbroso, si prostra e dice: Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi!

    E Gesù tende la mano e lo guarisce dalla lebbra, dicendo: Sì, lo voglio, sii sanato!

    Ma è con gli scribi e i farisei che bisogna fare i conti. Nelle sinagoghe si ordiscono le trame della Legge e del formalismo. Gesù ha appena guarito l’uomo dalla mano inaridita nella sinagoga, in un luogo santo e di sabato.

    È pronta a scattare la condanna da parte di farisei e sacerdoti: ma come, di sabato, nel giorno dedicato al Signore, ha agito? È in atto un vero sovvertimento delle regole e della Tradizione, pensano questi fedeli osservanti della Legge.

    Ma Gesù non si lascia vincere da queste subdole riverenze e pone la domanda della Tradizione e del suo superamento, ed è la domanda della Vita: Domando a voi: è lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?

    Gesù deve saper conciliare più linguaggi; la sua parola, per colpire al cuore, deve poter coinvolgere la mente, sa che la dialettica è alla base di ogni retorica, ma dopo, tra le mille espressioni e i mille concetti, emergerà la vera parola, ed è quella l’unica, sia che riguardi il dotto, sia che riguardi l’analfabeta. E quella parola rappresenterà la vera Rivoluzione!

    Egli pensa a lungo su come fare per distinguersi dai tanti predicatori, che cominciano a diffondersi in ogni luogo, tutti pronti ad annunciare la salvezza.

    Ma quale salvezza?

    Il dominio romano è diventato insopportabile, i popoli del Medio Oriente sono ormai in preda a insofferenze e a diatribe spesso macchiate dal sangue; Gerusalemme, la Palestina, la Giordania, e poi la Giudea, la Galilea sembrano aver perso il fascino della Terra Promessa. Ma non bisogna chiudersi, non si deve predicare la salvezza solo per alcuni; il popolo israelita deve superare la sua dimensione di unico popolo scelto da Dio, una superiorità che ormai è calpestata dal potere romano più di quanto lo era stata sotto il dominio egiziano, che Mosè alla fine aveva pur debellato.

    No, no! Altro deve essere il suo messaggio!

    Sono notti insonni, spesso di solitudine, per una sola risposta. Ed è la risposta per un’umanità, che deve essere riscattata dalla condizione di sofferenza e meschinità. Gesù ben sa che qualunque messaggio, qualunque parola nuova, rischia di naufragare nelle secche dell’odio e della violenza. Ben sa che l’uomo porta in sé il germe dell’aggressività e della distruzione. In tutta la tradizione della Legge e della cosiddetta civiltà sempre gli uomini si sono posti gli uni contro gli altri! E quest’odio cosa porta nella vita di tutti i giorni se non ingiustizia, miseria e violenza. E questa aggressività che cosa è se non l’annientamento di quella luce divina, che dovrebbe pur emergere tra le pieghe dell’animo umano. Nelle tenebre della notte il pensiero diventa inconcepibile e la parola difficile.

    E allora Gesù rivede le sue giornate tra la folla e i seguaci, ma sente che il vero cambiamento deve avvenire attorno a una grande idea, attorno a una nuova parola. Il logos del passato, il logos dei filosofi, il logos della sacra scrittura vanno superati!

    È in questo cambiamento di mentalità che potrà forse delinearsi la prospettiva di riscatto di un’umanità sofferente e infelice. Bisogna avere un programma ampio, una visione d’insieme che dia effettivamente una prospettiva, una speranza. Una nuova radicalizzazione che non porti, però, all’ennesima sopraffazione e all’ennesima deriva violenta. Fino a ora le religioni, i messaggi filosofici e quelli soteriologici che cosa hanno prodotto?

    Gesù guarda al passato ebraico, al passato dei popoli orientali, guarda ai Romani, allo strapotere nuovo, non paragonabile nella sua azione di dominio e distruzione, e che cosa vede? Solo violenza e strapotere dell’uomo sull’uomo.

    E allora quale può essere una via d’uscita? Non ripetere gli errori del passato, gli errori della Legge, gli errori del fondamentalismo, gli errori dell’istinto vendicativo, gli errori del bagno di sangue, gli errori dell’ipocrisia e della menzogna, gli errori di chi non vuole cedere di un millimetro in nome di una formale dignità da difendere, gli errori dell’egoismo, gli errori dell’invidia o della gelosia, gli errori della meschinità, coperta da pretese di giustizia. È sull’animo umano che bisogna agire!

    Solo attraverso il superamento della Legge, della tradizione, della consuetudine, della reazione scontata, della relazione interpersonale basata sui criteri del giusto dovuto, del dare e dell’avere, si può sognare un altro mondo.

    Ma come può essere restituito quel volto divino, la scintilla che fiammeggia d’amore, all’uomo prostrato da una sofferenza fisica, dalla brutalità di aggressioni continue, da un’ingiustizia sociale che non lascia spazio a nessuna speranza?

    E questo è il tormento maggiore di Gesù, nella sua solitudine di riflessione e di ricerca divina. Si è già allontanato nel deserto, distaccato da tutti e da tutto per realizzare un sogno di immaginazione e per rapportarsi con il Padre Celeste. Una meditazione fatta di digiuni e di precarietà.

    Ma la convinzione di seguire la strada della predicazione alla fine si è consolidata: ora si tratta di trasmettere il messaggio innanzitutto al suo gruppo, ai suoi seguaci, che hanno percepito che c’è qualcosa di nuovo e di diverso. Ma tutto è così confuso! Molti sono i predicatori e diverse sono le loro parole. Ci sono annunci di estremismi, di lotte politiche salvifiche, di false salvezze. Ci sono quelli che si richiamano ad autorità religiose per l’autonomia politica del popolo ebraico, nell’ambito dell’impero romano, ma ci sono altri, come gli zeloti, che annunciano trame rivoluzionarie per sottrarsi al potere straniero. E Gesù sa che deve fare chiarezza, iniziando con i suoi seguaci, sa che è il primo passo, forse anche il più difficile, perché questi dovranno essere come il sale della terra, senza che perda il sapore, la luce del mondo, che risplenda davanti a tutti gli uomini. E il cambiamento non deve creare equivoci, perché altrimenti tutto si disperde e non resta altro che uno dei tanti sogni dell’umano pensiero.

    Quindi prima creare un’adesione al suo progetto divino da parte delle persone, che si sono affiancate, attratte dalla sua figura e dalle sue parole, poi predicare alle folle, ma con un linguaggio diverso, più comprensibile, efficace nelle immagini e nell’espressione.

    Ma la prima parola a quelli che lui chiama i fedeli compagni, gli apostoli, è data dalla testimonianza della vita in comune, dal confronto costante di idee e pensieri.

    Gesù dovrà uscire dalla solitudine della sua riflessione e insieme agli apostoli avviare quella ricerca che dovrà fare chiarezza e portare luce ai popoli. Sarà un percorso interiore e poi pubblico, di testimonianza e di coerenza. Gesù avvia così un dialogo costante con i suoi, senza mai un’interruzione, vita quotidiana e parola in un unico intreccio inestricabile. La vita in comune farà conoscere l’animo di ciascuno, e si scambieranno i più intimi pensieri. Gesù sarà amato con tutto il rispetto e la devozione, che si devono a un Maestro di vita. È una luce nuova e tutti ne vogliono cogliere il meraviglioso riflesso. Gesù vuol far capire la grande potenza della parola divina, quella che dovrà cambiare l’animo umano.

    La salvezza è lì, in quella parola annunciata, per tutti espressa in un atto comunicativo totale, coinvolgente, senza reticenza e senza sconti per nessuno.

    Gesù sta meditando a lungo se iniziare la predicazione con un programma chiaro, universale, che sia la base per ogni riflessione futura.

    Trovare un centro, un punto di forza, un’idea assoluta, insomma un proclama, che non lasci spazio a fraintendimenti e varie interpretazioni.

    Ora lui e i suoi seguaci sono ospiti in casa di Simone, il sacerdote più aperto e disponibile. È un’autorità in tutta la provincia di Cafarnao e ha voluto conoscere il nuovo profeta, di cui tanto si parla.

    La casa è ai piedi di una grande collina, che chiude un’ampia spianata, un po’ arida, ma con splendidi ulivi sparsi qua e là. Il lago Tiberiade è un po’ lontano, ma è come se arrivasse dalle sue acque il profumo fresco della brezza serale. Infatti, ormai il tramonto ha lasciato posto alle prime tenebre della sera, che stanno arrecando un po’ di refrigerio in una giornata che è stata molto calda.

    Il concorso di popolo è enorme. Contadini, commercianti, nullafacenti, poveracci sono accorsi richiamati dalla fama di Gesù. In verità famiglie intere si sono mosse da tutta la regione della Galilea e non solo. Ci sono donne, anziani, bambini. Mai si era vista tanta gente unirsi in un solo luogo senza che fosse stata spinta da un’organizzazione politica o religiosa.

    Una legione romana si era, intanto, mossa da Cafarnao, avvertita dalle autorità religiose locali; non si riusciva a capire la ragione di tanta sollecitazione. C’era il timore di qualche sommossa. Inoltre si era sparsa la voce, non solo a Cafarnao, ma anche nelle altre città e nei piccoli villaggi della valle del Giordano, che ci sarebbe stata una distribuzione di cibo, ma soprattutto che il nuovo profeta Gesù, giovane e coinvolgente, guariva i malati, aveva una parola di conforto per tutti, e che sicuramente era lui il Messia che il popolo ebraico aspettava, era lui il Cristo, l’Unto dal Signore, così andava dicendo per tutta la Galilea un altro predicatore di nome Giovanni.

    Anche a casa del sacerdote c’è un po’ di preoccupazione per tutta quella folla, che si era radunata durante il giorno lì attorno. I seguaci di Gesù cercano di tranquillizzare il padrone di casa, però a loro volta essi stessi sono molto preoccupati, perché in qualche modo una risposta pur deve essere data a quella folla accorsa per Gesù.

    Ma come? E poi ormai sta per iniziare la notte.

    Quando Gesù potrebbe avvicinare tutte quelle persone così sofferenti?

    E poi c’è da rasserenare anche i soldati romani e convincere il loro comandante che Gesù non avrebbe sobillato il popolo ebraico contro le autorità costituite.

    Il primo a parlare a Gesù è Pietro, approfittando di un momento di tranquillità, lontano dagli altri, mentre Gesù sta aspettando un po’ d’acqua fresca per bagnarsi il viso, prima di sedersi al tavolo per la cena insieme a tutti gli altri.

    Maestro, fuori c’è una folla enorme, come non si era vista mai nei giorni scorsi. Non so quale voce nuova si sia diffusa per la provincia che ha richiamato tanta gente. Inizia la notte, non hanno nessuna intenzione di andar via. Ma cosa aspettano? Ai margini della valle, all’inizio della salita dell’alta collina, è stato posto anche un campo militare romano. Forse le autorità paventano un’insurrezione del popolo ebraico? Sono molto preoccupato, Maestro! Cosa dobbiamo fare? Non vorrei che la situazione ci sfuggisse di mano!

    Gesù non risponde subito.

    Quando finalmente un servo di Simone, il sacerdote che lo ospita, ha portato l’acqua e lui si è potuto bagnare il viso, così parla a Pietro con un tono dolce, accogliente, ma deciso: Perché tante domande, Pietro? Dobbiamo aver fiducia in noi stessi. Tutta questa gente, ti chiedi, perché si è mossa? Perché i popoli si muovono per cercare la salvezza, e sempre sarà così, come ora, anche nel futuro. Guai a volerlo impedire! Il flusso di gente da una terra all’altra è vitale, non ci potranno mai essere steccati o muri a impedirlo. Chi vuole impedire i movimenti dei popoli è contro la vita! Ora qui è accorsa tanta folla per sentire la mia Parola. Per trovare nella mia Parola il rifugio da tanta sofferenza e miseria. Per trovare la Vita. E io da qui voglio iniziare la mia predicazione. Davanti a questa folla, davanti alla legione romana, davanti alle autorità religiose del popolo ebraico, io voglio partire per un futuro di salvezza dell’umanità intera!

    Pietro non riesce a cogliere il significato profondo di ciò che Gesù sta dicendo, non riesce ad andare oltre l’apparenza e il momento. La sua è una preoccupazione organizzativa, di come contenere e soddisfare le attese di tante persone. Le folle fanno sempre paura, il loro controllo è un problema serio. È un problema politico!

    E Pietro lo manifesta al suo Signore e Maestro: Ma Gesù, qui, in questo istante, c’è un problema concreto, reale, come dobbiamo comportarci con tutta quella gente che è fuori, accampata alla meglio nella valle. Sono sorte tende, altri hanno acceso dei fuochi. Non hanno da mangiare, come faranno ad affrontare la notte? Noi andremo a cena, ma loro? Aspettano? E fino a quando? Gesù, ho paura che l’attesa ecciti gli animi e questo concorso di popolo possa trasformarsi in un grave pericolo per la sicurezza di tutti, non vorrei che intervenissero le armi romane, magari chiamate dalle nostre autorità, dai sacerdoti, dagli scribi. Tu lo sai come siamo fatti, il popolo eletto non può acconsentire a forme insurrezionali, già con Mosè, mentre era sul monte Sinai, il popolo provò incertezze e rischiò di soccombere. Ecco perché sono molto preoccupato. Qui fuori c’è gente, cui, credo, interessi poco la Parola del Messia. È gente che vuole vedere il Messia agire non parlare, un Messia in azione!

    Gesù guarda con intensità Pietro. Gli pone una mano sulla spalla, come per un atto di affettuosa rassicurazione, ed esce dalla stanza senza dare alcuna risposta. Si porta sull’uscio, dove è raggiunto da Simone e dagli altri discepoli.

    Escono tutti nell’atrio dell’abitazione, laddove la vista si perde sull’ampia radura, fin su verso la collina. Le prime tenebre della notte sono rischiarate da tanti fuochi qua e là, mentre arriva l’eco di mille voci gioiose, come nell’attesa di una grande festa.

    Poi, ogni tanto, si odono dei canti religiosi in un ritmo alternato a momenti di profondo silenzio, quasi a riprova che quel clima di tensione, che durante il tramonto stava per esplodere in tutta la spianata, si è dissolto. Gli invitati del sacerdote si sentono così rassicurati, guardano Gesù con intensa deferenza. Ma nessuno osa proferire parola.

    Si sentono un po’ in colpa per aver avuto dei dubbi sulla decisione del Maestro di non intervenire subito al cospetto di quella folla immensa, non comprendendo quale fosse il suo piano di azione. In effetti, qualcuno aveva avuto anche il pensiero inconfessabile che si potesse dar avvio a una vera e propria insurrezione, una ribellione contro il potere politico, economico e militare imposto dai Romani. Ma si guarda bene dal rendere esplicito, al Maestro o agli altri discepoli, questa analisi strategica del momento.

    Simone, il sacerdote padrone di casa, così invece commenta la situazione: Mai si era visto che tanta folla potesse autonomamente sistemarsi in una spianata, per trascorrere la notte e attendere un evento, di cui non si ha alcuna cognizione, se non una speranza sostenuta da un grande desiderio. A volte pensiamo a chissà quali accorgimenti si debbano mettere in cantiere per ottenere comportamenti adeguati alla folla. Le autorità romane hanno pensato bene di far giungere altri soldati con funzione di ordine pubblico! Tutto inutile. Il popolo si è sistemato da solo, ha trovato soluzioni di sopravvivenza e attende domani, perché confida in un evento grande, che lo ripagherà dei sacrifici affrontati. Gesù, è così vero?

    Il Maestro alza le braccia verso il cielo, e, come se volesse innalzare una preghiera, dice: In verità vi dico che questa sera Iddio Padre Onnipotente ha voluto dare segno che solo nella fede c’è salvezza. Di fronte a una folla così qualunque intervento sarebbe risultato controproducente e avrebbe potuto creare seri problemi. Bisogna credere nell’animo degli uomini, e l’animo degli uomini non è fatto di malvagità e violenza. La violenza è nella storia, è nella illusione della prepotenza e del più forte. Nell’animo dell’uomo albergano il desiderio di salvezza, l’amore e la speranza. Sentimenti che il potere non riesce a tollerare. Lasciare autonomia alla folla vuol dire credere in essa, il concorso di più persone arreca beneficio e non distruzione, che si manifesta, invece, quando il potere intende sopprimere l’autonomia. Domani mattina, appena dopo l’alba, io andrò a parlare con queste persone. Gli animi saranno ben disposti ad accogliere la mia predicazione, e loro saranno i portavoce di un nuovo messaggio rivolto al mondo intero, non solo al popolo ebraico. Dovrò trascorrere questa notte in profonda meditazione. Voglio riflettere sui punti fondamentali di questo messaggio, perché intendo parlare al cuore più che alla mente. Già ci sono i filosofi che parlano alla mente. Al cuore voglio riferirmi, non grazie agli artifici di vuote retoriche, ma solo attraverso i temi della salvezza, che saranno da tutti recepiti e diffusi. Sarà il compimento della Legge.

    Ciascuno dei presenti resta attonito, non comprendendo quali possano essere i temi della salvezza. Forse la salvezza nella fede religiosa, in Dio? Forse nella forza della ribellione contro ogni sopruso? O in che cosa? E il popolo ebraico, il popolo di Dio, che ruolo avrà? I Romani saranno sconfitti? Andranno via da Gerusalemme? E i poveri, i miserabili, avranno cibo con cui sfamarsi, vesti per vestirsi? Avranno un tetto sotto cui ripararsi?

    Simone interrompe quel silenzio fatto di dubbi e incertezze. Invita tutti a mensa, che i servi hanno già preparato, e proclama la sua grande gioia nell’avere ospite in casa sua il nuovo profeta. E ci tiene ad aggiungere che sarà, all’alba, accanto a Gesù ad ascoltare la sua parola, perché la sua è Parola di salvezza.

    Sono tutti seduti nella grande sala della cena, c’è intenso movimento di servitù, le pietanze cominciano ad arrivare.

    Tra i servi, inosservata, si introduce una giovane donna, ben conosciuta nei dintorni per i suoi amori mercenari. Ora veste miseri abiti, tentando di nascondere il corpo sensuale, con cui normalmente attrae i suoi amanti. I neri capelli sono coperti da un leggero velo, ai piedi calza semplici sandali, un cordone stringe i suoi morbidi fianchi. Tra le mani nasconde una piccola ampolla, in cui gelosamente custodisce essenze profumate, che lei stessa ricava da erbe aromatiche.

    Si avvicina a Gesù, che è seduto tra i suoi apostoli. Egli si accorge della donna che, con un movimento rapido, gli si getta ai piedi. La peccatrice si toglie dalla testa il velo, i capelli sfiorano i piedi di Gesù. Eccitata, in lacrime, apre la sua ampolla e con estrema delicatezza e grande fede inizia a cospargere del suo fragrante profumo i piedi del Maestro.

    I commensali vorrebbero intervenire per allontanare la donna.

    Simone, che si è accorto di quello che sta accadendo, rivolto a Gesù dice: Maestro, allontana da te questa peccatrice, che si permette di toccarti con mani immonde!

    Gesù resta infastidito dall’arroganza di Simone. Come può lui, sacerdote votato all’amore di Dio e padrone di casa, essere così severo nei confronti di una donna che, in quel momento, dà prova di grande fede e profonda riverenza? Perché il potere, politico e religioso, non fa altro che innalzare steccati e pregiudizi? Chi ha avuto l’ardire di mostrare nei confronti del Figlio di Dio tanta attenzione come questa donna? E Gesù dovrebbe condannarla, allontanarla, emarginarla, perché peccatrice? È su questo che bisogna far leva, se si vogliono abbattere l’egoismo e la superbia umana! Ne è sempre più convinto Gesù.

    Simone tu mi hai invitato a casa tua, ma non mi hai cosparso il corpo di unguento profumato. Nessuno dei tuoi servi, né tu stesso, vi siete piegati a baciarmi i piedi, come fa questa donna. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché molto ha amato. Invece, colui a cui si perdona poco, ama poco.

    Tutti restano esterrefatti, gli stessi apostoli non hanno molto capito.

    È l’avvio della nuova predicazione del Profeta. Una predicazione fatta di parole, concetti, frasi, ma anche di azioni, singolari e sorprendenti. Non c’è spazio per mediazioni o tranquille acquiescenze.

    C’è un profondo silenzio; da fuori giungono sempre in maniera più flebile le voci di un popolo, che si sta preparando a trascorrere una notte nel desiderio di vivere un giorno radioso, fatto di attesa per la salvezza di tutti.

    Poi Gesù, rivolto alla donna, dopo averla sollevata e dopo aver baciato la sua guancia destra, la allontana da sé e le dice: Donna va’ pure, i tuoi peccati ti sono tutti perdonati!

    Il sacerdote Simone si chiede: chi è veramente costui, che può dire ti sono perdonati i peccati? Ma non ha il coraggio di rendere esplicito il suo pensiero. È sempre così quando la fede vacilla e il dubbio assale. Allora la salvezza è lontana e possono subentrare sentimenti di superbia e gelosia.

    L’animo umano ha insita questa miscela esplosiva, bisogna sradicare alle radici un male atavico, che conduce all’odio e alla violenza. La solidarietà tra gli uomini si perde nell’abisso del peccato e il fratello odia il fratello.

    Simone, di’ ai tuoi servi di accogliere la donna e di far sedere anche lei al tuo tavolo questa sera.

    Gesù si rende conto che nei presenti c’è una profonda perplessità. È andato oltre! Come può permettere che si unisca a loro una peccatrice? Eppure Lui non le ha rimesso i suoi peccati? Non si è purificata con il suo perdono? Forse che perdonare è solo un atto di potere e di superbia? Ah, quanto è distante l’animo umano da Dio!

    Perdonare è il più alto sentimento che può albergare nell’animo degli uomini, Simone. Se qualcuno mi chiedesse quante volte bisogna perdonare, risponderei che non c’è mai alcun limite al perdono. Perdonare è amare, perdonare è essere proiettati verso gli altri.

    Simone si fa coraggio e prova a obiettare: Ma non bastava aver perdonato i peccati della donna? Perché in più mi dici di accoglierla e di farla sedere con noi al banchetto?

    Gesù risponde con estrema pacatezza e guardando negli occhi il sacerdote: Vedi, è come se tu, incontrando un uomo ferito lungo la strada, perché assalito da briganti, facessi finta di niente e tirassi dritto. Oppure, decidessi di aiutarlo. E come? Solo denunciando l’accaduto alle autorità? Oppure ti prenderesti direttamente cura di lui? Se fai questo, cioè curi immediatamente le sue ferite con dell’acqua fresca e poi lo sollevi sul cavallo e lo porti a una vicina locanda e paghi l’albergatore, perché provveda a lui, dimostri che la tua solidarietà non è un atto formale, come sarebbe stato se ti fossi limitato a denunciare l’evento. Davanti a Dio meriti la salvezza, perché hai dimostrato concreto amore verso il fratello. Così, accogliendo al tuo tavolo la peccatrice, non solo hai superato il pregiudizio, ma hai dimostrato che il tuo animo è sincero nella scelta che hai fatto. Questa è la nuova Parola, che io intendo portare alle genti.

    Si alza un discepolo, il più giovane, guarda con ammirazione Gesù e poi dice: Maestro, non riusciremo mai a eguagliarti nella grandezza del tuo animo. Tu hai una Parola nuova, che per noi appare incomprensibile. Eppure vorremmo capire, comprendere e aver fede. Vorremmo anche noi amare come tu ami, vorremmo essere al di sopra dei nostri schemi mentali, dei nostri cuori di pietra. Ma ci rendiamo conto che per noi è molto difficile. Ora siamo qua, con te, ad ascoltarti. Abbiamo visto cosa hai fatto con la peccatrice. Per noi è una grande lezione. La impareremo mai? E domani cosa succederà? Come affronterai la folla? E noi che faremo? Ti saremo accanto, certamente, ma non abbiamo la tua forza d’animo. Se succede qualcosa, se c’è un pericolo, non so come potremmo reagire. Saremo forse vili?

    In quel frangente c’è un trambusto, entrano degli uomini presi da forte agitazione ed esprimendo una grande meraviglia. Sono uomini che frequentano Simone e la vicina Chiesa. Sono persone perbene, di fiducia. Il sacerdote, però, vedendoli arrivare così trafelati, è assalito da forte spavento. Teme che siano in corso degli scontri tra i Romani e le genti accampate alla meglio nella vallata. Forse, disperate, hanno protestato per la fame e per il disagio, che stanno affrontando.

    Cosa succede? chiede Simone, ponendosi davanti a loro ed impedendo che raggiungano il Maestro.

    È successa una cosa portentosa. Quando le persone accampate hanno cominciato a chiedere del cibo alla gente del posto, i pochi pani e pesci, che la solidarietà umana ha messo a disposizione di tante persone, nel momento della loro distribuzione, sono aumentati, cioè la distribuzione non finiva mai, è stata continua e sempre sufficiente a soddisfare la fame di tutti e i bambini hanno continuato a chiedere e si è continuato a distribuire. Le stesse persone, che con i cesti avevano raccolto i pani e cotto i pesci alla meno peggio, non riuscivano a spiegarsi come mai, pur distribuendoli in abbondanza, non finivano mai, al punto tale che la quantità rimasta è ancora tanta, che può essere utile domani durante la giornata a soddisfare la fame di tutti.

    Il

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