Chiose e Postille: 30 studi critico-letterari
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Chiose e Postille - Riccardo Roversi
A cura di Riccardo Roversi
CHIOSE e POSTILLE
30 STUDI CRITICO-LETTERARI
© TED
Tiemme Edizioni Digitali
ted.onweb.it
Ebook Documenti
Luglio 2017
€ 3,00
Vietata la riproduzione, la divulgazione e la vendita
senza autorizzazione da parte dell'Editore.
UUID: 3717781a-d2d1-404d-b78a-521ba059d327
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Indice
Intro
L’ASSURDO ITALIANO. DINO BUZZATI
PIER PAOLO PASOLINI. SCRITTORE E REGISTA
CESARE PAVESE E LA FATICA DI VIVERE
VITTORINI E LA CONVERSAZIONE
L’ERMETISMO: MONTALE, QUASIMODO
GIOVANNI VERGA. IL VERISMO E IL NATURALISMO
ALESSANDRO MANZONI E I PROMESSI SPOSI
SCRITTORI ITALIANI MINORI
FRA OTTOCENTO E NOVECENTO
DAL LATINO AL VOLGARE. DANTE, PETRARCA, BOCCACCIO
DAVID HUME. STORIA NATURALE DELLA RELIGIONE
HENRIK IBSEN, EDGAR LEE MASTERS, JEAN-PAUL SARTRE
Ringraziamenti
A cura di
Riccardo Roversi
CHIOSE e POSTILLE
30 STUDI CRITICO-LETTERARI
TIEMME EDIZIONI DIGITALI
Intro
Studi critico-letterari su : Pier Paolo Pasolini, Dino Buzzati, Elio Vittorini, Cesare Pavese, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Giovanni Verga, Alessandro Manzoni, Olindo Guerrini, Umberto Saba, Renato Serra, Corrado Alvaro, Ignazio Silone, Libero De Libero, Vitaliano Brancati, Leonardo Sinisgalli, Giuseppe Dessì, Ignazio Russo, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, David Hume, Henrik Ibsen, Edgar Lee Masters, Jean-Paul Sarte; e inoltre: Dal latino al volgare
, Il verismo
, Il naturalismo
, L’ermetismo
, L’assurdo italiano
.
L’ASSURDO ITALIANO. DINO BUZZATI
Introduzione
Dino Buzzati-Traverso, conosciuto più brevemente con il solo primo cognome, nacque a Belluno nel 1906, collaborò fin da giovanissimo con il Corriere della Sera
, dapprima per la cronaca e poi come inviato speciale, quindi fu elzevirista della terza pagina e infine critico d’arte. Conclusi gli studi universitari, divenne più tardi anche direttore della Domenica del Corriere
. I suoi romanzi maggiormente significativi sono: Il deserto dei Tartari (1940), dominato dall’attesa di una impossibile felicità, durante la quale il tempo scorre angosciosamente consumando tutta l’esistenza umana e Un amore (1963), pieno di allusioni simboliche, nel tentativo di spingersi al fondo della intricata realtà dei sentimenti. Morì a Milano nel 1972.
Nonostante che Buzzati sia stato uno degli scrittori più importanti, conosciuti e tradotti del secolo, egli amava definirsi vittima di un tragico equivoco, dichiarando candidamente di essere un pittore che per hobby si dedicava anche al giornalismo e alla letteratura. Però poi ammetteva: «Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie». Già nel 1945 aveva accompagnato con una serie di illustrazioni La famosa invasione degli orsi in Sicilia e, comunque, la sua pittura procedeva di pari passo con la sua narrativa. Tantevvero che nel 1969, a tre anni dalla morte, giunse a comporre un Poema a fumetti.
Quasi tutti i racconti di Buzzati possiedono una componente fantastica e irreale, che nel panorama della narrativa del Novecento italiano li rende subito riconoscibili e, del resto, la sua produzione si è sempre mantenuta al di fuori di scuole o correnti letterarie. Ma il ricorso alla dimensione della irrealtà non ha mai rappresentato per lui una strategia gratuita fine a se stessa, bensì lo strumento per indagare ed esprimere quanto c’è di misterioso e di assurdo
nella quotidianità e nel destino degli uomini.
La vita
Dino Buzzati nacque il 16 ottobre del 1906 a San Pellegrino, nei pressi di Belluno, da famiglia cattolico borghese. Il padre, Giulio Cesare, era docente universitario e la madre, Alba Mantovani, era la sorella dello scrittore Dino Mantovani. Il piccolo Dino, secondogenito di quattro fratelli, fu quel che si dice un genio in erba: a otto anni suonava il violino e il pianoforte, a diciotto la sua pagella liceale era tra le migliori in assoluto. Nel luglio del 1928, come praticante e pare senza raccomandazioni, entrò al Corriere della Sera
, dove ricoprì man mano gli incarichi di vice del critico musicale, di redattore delle province, di inviato speciale, corrispondente di guerra, elzevirista, redattore capo.
Intanto in Italia si era fin dal 1922 imposto il fascismo, che in ambito culturale ebbe un atteggiamento ambiguo, mortificante e ricattatorio. Dal 1924 erano in vigore le leggi che limitavano la libertà di stampa, dal 1923 taceva la rivista letteraria La Ronda
e nel 1929 chiuse Il Baretti
. Ciò nonostante, erano sorte nel frattempo Il Selvaggio
(1924), Novecento
(1926) e Solaria
(1926). E sono anche gli anni in cui vennero pubblicati i più significativi lavori teatrali di Pirandello e stampati libri di Panzini, Moretti, Bacchelli, Bontempelli, Svevo, Alvaro, Moravia, Vittorini, Gadda.
Dopo un poemetto in versi sciolti, alcuni racconti favolistici di ispirazione nordica e una storia alla Poe
rifiutata dalla Domenica del Corriere
, Dino Buzzati esordì nel 1933 con Bàrnabo delle montagne. Fin da questa opera prima, la sua prosa si palesò estranea sia al rondismo (restaurazione della tradizione e del bello scrivere, in opposizione alle avanguardie di inizio secolo) ancora operante e sia ad altre tendenze, correnti o gruppi letterari, poetici e culturali. Il tirocinio giornalistico aveva fornito i mezzi espressivi più congeniali al suo stile compositivo: togliere aggettivi e avverbi inutili, evitare la prolissità, procedere con ritmo sobrio, attenuare l’enfasi sentimentale, esprimersi con chiarezza.
Nel 1935 uscì il secondo libro di Buzzati: Il segreto del Bosco Vecchio, che suscitò addirittura minore interesse rispetto alla già non esaltante accoglienza del precedente. Peraltro, bisogna anche considerare che il momento storico-sociale non invitava di certo a una lettura distensiva: Hitler inaugurava le leggi razziali, l’Italia era in guerra con l’Etiopia e la censura segnava un rincrudimento. Tuttavia, è anche il periodo in cui furono pubblicati libri di Lisi, Cecchi, Landolfi, Dessì, Pavese, Silone.
Nel 1939 Buzzati iniziò la sua carriera di inviato speciale in Eritrea (poi andò pure in Asia, India, Giappone) e, proprio in quell’anno, consegnò all’editore il dattiloscritto del suo terzo, bellissimo romanzo: Il deserto dei Tartari. Un libro che affronta tutti i temi a lui cari: la solitudine, l’attesa, l’angoscia, la rinuncia, il tempo, la morte. La sua posizione politica di quegli anni non poteva sicuramente dirsi antifascista ma non dedicò mai, come invece altri fecero (ad esempio Ungaretti e Malaparte), libri o componimenti né slogan al Duce. E Il deserto dei Tartari rese in breve l’autore, pur nella sua sovrana indifferenza
, una sorta di piccolo Kafka italiano, sebbene egli stesso confessò di non esserne mai stato davvero influenzato e, anzi, di essersi dedicato alla lettura dei testi kafkiani solo piuttosto tardi. Ma allora il nome dello scrittore praghese si faceva ogniqualvolta un racconto o un romanzo con atmosfere insondabili o situazioni irrazionali appariva, trascurando forse il fatto che il messaggio dell’opera di Kafka gravita intorno al senso di una colpa sconosciuta e opprimente, che si trasforma in condanna. Semmai, un riferimento più pertinente potrebbe forse essere individuato nel clima filosofico di quel momento storico e culturale: Sartre, Camus, Kierkegaard.
Accanto alle opere già citate e, ancor più, durante il suo ulteriore cammino creativo, Buzzati scrisse una enorme quantità di racconti, pubblicati un po’ dovunque. Nel 1942 apparve la raccolta di novelle I sette messaggeri, lo stesso anno fu rappresentata la sua prima opera teatrale: Piccola passeggiata, sono invece del 1945 La