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Nike e l'oscuro scrigno delle meraviglie
Nike e l'oscuro scrigno delle meraviglie
Nike e l'oscuro scrigno delle meraviglie
Ebook555 pages8 hours

Nike e l'oscuro scrigno delle meraviglie

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About this ebook

Non capisco...
Pensavo che la guerra al Lemeronan fosse la priorità...
Allora perché dopo tutto quello che abbiamo fatto mi mandano indietro?
Per quale motivo devo rimanere nell'Ecaron?
Che cosa è l'Armata Grigia?
Perché devo essere costretto a imparare da questo Antiga?
Perché non mi quadrano parecchie cose sulla storia Imperiale?
Che cosa mi stanno nascondendo Jun e Lilion sul loro passato?
E sopratutto...
Chi è Endeth?
 
LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateJul 31, 2017
ISBN9788867826537
Nike e l'oscuro scrigno delle meraviglie

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    Nike e l'oscuro scrigno delle meraviglie - TIZIANO BARONI

    Tiziano Baroni

    NIKE

    &

    L’OSCURO SCRIGNO

    DELLE MERAVIGLIE

    EDITRICE GDS

    Tiziano Baroni Nike & l’oscuro scrigno delle meraviglie©EDITRICE GDS

    EDITRICE GDS

    di Iolanda Massa

    Via Pozzo, 34

    20069 Vaprio d’Adda (MI)

    tel. 02 90970439

    e-mail: edizionigds@hotmail.it ; iolanda1976@hotmail.it

    Progetto copertina di ©Tiziano Baroni e Iolanda Massa

    Tutti i diritti riservati.

    Il romanzo è frutto della fantasia dell’Autore. Ogni riferimento a fatti, luoghi e/o persone realmente esistenti e/o esistiti è puramente casuale.

    Questo libro è il prodotto finale di una serie di fasi operative che esigono numerose verifiche sui testi. È quasi impossibile pubblicare volumi senza errori. Saremo grati a coloro che avendone trovati, vorranno comunicarceli.

    Per segnalazioni relative a questo volume: iolanda1976@hotmail.it

    Se la nostra spada è lorda di sangue, il nemico dell’Impero è stato abbattuto. Se la spada del nemico è lorda di sangue, ricor­date come muore un fedele servo dell’Imperatore.

    Che l’Impero e il suo popolo viva in eterno, poiché se l’Impero muore, tutto il mondo morirà con esso.

    Benedici gli Esecutori, poiché nelle loro parole vi è la parola di Omis. Benedici i Giudici, poiché nel loro sguardo vi è il giu­dizio di Omis. Benedici le armate dell’Imperatore, poiché nelle loro armi vi è la verità assoluta.

    Onore a ogni soldato caduto in battaglia, ma solo coloro che hanno camminato sotto la Luce di Omis possono sperare di es­sere ricordati in eterno.

    Preghiere a Omis

    Io, che reincarno l’antico sangue di Omis, veglierò su tutto il popolo dell’Impero e lo guiderò con la sacra luce. Io, che di Omis porto discendenza, divul­gherò le giuste leggi che egli ha scritto per l’uomo. Io, che sullo scranno che fu di Omis siedo, continue­rò l’opera sacra e brucerò sul rogo coloro che cercano di disgregare la pace dell’Impero. Che io possa governare con la stessa saggezza che fu di Omis. Che io possa far brillare la luce sacra di Omis su tutto il regno. Che io possa essere sempre giusto e puro con il mio popolo. Che il mio giudizio sia sempre severo e inesorabile con i nemi­ci del mio regno. Che il popolo viva mille anni di pace e prospe­rità sotto la mia guida

    Sacro giuramento d’incoronazione

    10 ANNI PRIMA - IL VARCO DI PRUFUNDA -

    Ascarides stava in piedi al centro della grande ala, coperta dalla te­sta ai piedi da una candida veste bianca. Un lieve e sottile strato di luce illuminava l’intera stanza, mentre fumi rossi e grigi coprivano il pavimento. Riflessi azzurro­gnoli sibila­vano in ogni singola pietra. Ascarides era torva in viso, concentra­ta. Rivoli di sudore le scendevano dalla fronte, appiccicando i capelli neri e crespi alla pelle pallida. I suoi occhi, azzurri e intensi, fissa­vano lo specchio d’acqua argenteo di fronte ai suoi piedi, reso vivo da una spirale di giochi luminosi. Da ore stava recitando formule arcane, e l’aura scintillante dello specchio d’acqua le stava dicendo che era giunta alla conclusio­ne del rito. Aveva studiato il modo di aprire l’oscuro varco del Prufunda, e con un mezzo sorriso compiaciuto constatò di non aver studiato invano. Il vecchio saggio che le aveva detto come fare, alla fine, si era dimostrato un uomo sincero. "Aridas Greba Adinas Prufunda!" gridò, sollevando le braccia.

    Lo specchio d’acqua turbinò, increspando­si di bolle luminescenti. Una nenia echeggiò sulle pareti, un coro di voci lontane. Un profondo buco nero si era formato nell’acqua. Strane ombre cercavano di farsi strada verso l’alto, spingendosi e me­scolandosi in forme contorte e mostruose. Una su tutte riuscì a farsi largo, dilaniando la concorrenza della altre ombre più de­boli.

    Chi sei? disse la regina, con voce tremante per lo sforzo e la fronte madida.

    No. gli rispose l’ombra, con voce greve, altisonante e lontana. Chi... Sei tu?

    Il mio nome è Ascarides, regina del regno d’Ascarinna rispose Ascarides. Profonda creatura del buio! Non era mia intenzione richiamarti, non cercavo te, nell’immensità del varco.

    La nenia dei cori si spense. L’acqua vorticò più veloce attorno al buco nero. Il buio da esso richiamato si fece spazio e prese forma. Non sono una creatura del buio e... Non conosco nessun regno d’Ascarinna rispose la voce dal pozzo. Cosa ti ha spinto a cercare nel varco di Prufunda? Cosa brami? Tanto tempo è pas­sato da quando venne aperto. Non vi dimoravo allora. L’ombra parlava lenta, come se dovesse capire ogni parola, prima di pronun­ciarla, come se non parlasse da molto tempo.

    Cercavo una persona, profonda creatura disse la regina speranzo­sa. Forse tu puoi aiutarmi a sapere se è ancora di questo mondo!

    Posso forse aiutarti, regina d’Ascarinna... Come forse tu puoi aiutare me! rispose l’ombra. La stanza si fece ancor più buia, ma Ascarides non ne sembrò affatto spaventata. L’ombra continuò: Ricordo pochi che erano in grado di aprire il varco, molto pochi erano... Forse più nessuno è rimasto.

    Chi sei allora? chiese la regina.

    Mi hanno chiamato in molti modi: Ibrido, mostro, creatura ri­pugnante, reietto, traditore, ma... Mio padre e mia madre mi die­dero un nome una volta, un nome che ricordo ancora bene. Mi chiamavo si bloccò per un istante, come se pronunciare il suo stesso nome fosse un atto d’immane fatica. Mi chiamo Endeth!

    Endeth. disse la regina. Perchè vaghi nel Prufunda, il posto dedito all’ombra eterea dei morti? Perchè? Sei forse morto?

    Oh, no, regina... Morto. Avrei preferito. Imprigionato a dire il vero Emise un gorgoglio, forse una risata soffocata. Rinnega­to da entrambe le mie genti. Venni messo in prigionia solo per la colpa d’essere venuto al mondo. Uccisero mia madre, mi prese­ro, mi imprigionarono qui. L’Endiness la chiamano, la prigione eterna! Tutti, prima o poi, raggiungono questo luogo, ma coloro che qui giungono non possono uscire!

    E perchè? Perchè ti hanno fatto questo?

    Te l’ho detto, regina d’Ascarinna: Perchè nacqui.

    Ascarides esitò, fece gesto di ghermire l’aria con le mani, pensando di ri­chiudere il varco per sigillare quella strana creatura. Si era spinta troppo oltre, ma qualcosa la fece desiste­re, forse una speranza. Cerco... Cerco mio figlio, Endeth! Desideravo vedere se era caduto nel mondo dei mor­ti.

    Cercare in questo luogo è assai arduo, mia signora rispose Endeth. Spesso le luci eteree dei morti amano trarre in inganno i vivi che li evoca­no, per pura vendetta e invidia verso la vita stessa. Non è mai saggio chiedere il loro consiglio.

    Ascarides respirò a fondo l’aria carica di magia. Quasi sette anni disse, le lacrime le solcarono il viso, e la voce tremò per il dolore. Sette anni sono passati da quando qualcuno lo rapì dal mio palazzo! L’ho cercato... In lungo e in largo, ma... Non era nell’isola. Non ho avuto più notizie. Ho usa­to tutto ciò che era in mio potere! Tutto! gridò. Endeth, o al­meno la sua incorporea forma ombrosa, si contorse a spirale. Ascarides si asciugò le lacrime e continuò: Temevo fosse morto... Per questo ho richiamato il varco di Prufunda. Ho pro­vato ad appigliarmi a ogni mia conoscenza, ma tutto è stato vano!

    Chi lo ha rapito? disse Endeth.

    Ascarides singhiozzò, la veste bianca era madida di sudore e lacrime. Si tolse la tiara di regina dalla testa riccioluta, i capelli neri si sciolsero indietro, rivelando occhi gonfi e rossi. Mio fratello, chi altri sennò! Maledetto Lerenor e il suo nome!

    Lerenor? E chi è? chiese Endeth, Ascarides lo guardò strani­ta. Perdona la mia ignoranza, Ascarides... Non conosco i fatti. Dimoro nel buio e nel silenzio da innumerevoli anni. Ignoro quanti ne siano passati dall’ultima volta che rividi la luce e... I morti non possono parlare con me, né io con loro.

    L’Imperatore. disse Ascarides in un gemito.

    Imperatore? E di cosa? chiese ancora Endeth.

    Dell’Impero antico di Omis!

    Omis?

    Ancora una volta Ascarides si stupì dell’ignoranza di Endeth: Doveva essere rinchiuso da molto tempo per non cono­scere Omis, il primo grande Imperatore di cui era diretta discen­dente. Omis... L’uomo che fondò l’Impero degli Uomini più di mille anni fa.

    U-uomo!? Endeth indietreggiò, impossibilitato a varcare i confini sanciti dall’acqua. Com’è possibile?

    Sì. Cosa c’è di strano? chiese Ascarides, sollevando un ciglio imbronciato.

    Endeth stette in silenzio per un po’. Troppe cose sono cambiate, mi spiace. Comprendo il tuo dolore, regina d’Ascarinna, ma non conosco il metodo per aiutarti.

    È stato Lerenor lo so! Lui e il consigliere Primo hanno archi­tettato tutto! Ne sono sicura!

    Endeth emise un gemito d’ira. P-Primo?

    Primo, sì... Il consigliere dell’Imperatore!

    Pochi portano quel nefasto nome.

    Conosci Lord Primo?

    Endeth fece ancora una lunga pausa, l’acqua sembrò ribollire. Ho conosciuto un essere di nome Primo, molto tempo fa.

    Potente mago e millantatore! gli fece eco Ascarides.

    Mago? Esistono maghi Umani!? Impossibile! Solo gli Elfi e i Draghi sanno e... Gli Elfi non divulgherebbero mai i loro saperi, come le enormi creature dei cieli.

    Eppure io sono maga! E ho appreso da Lord Primo quando ancora ero un’innocente bambina! Hai veduto i miei poteri!

    En­deth si zittì ancora una volta. Perdonami, Ascarides, ma i miei occhi non distinguono in quest’ombra. Fintanto che sono relegato, anima e corpo in que­sta vischiosa oscurità, posso solo udire e parlare, ma non vedere! Difatti credevo tu fossi di razza Elfica, cosa che mi avrebbe stu­pito meno Gorgogliò ancora. Eppure tutto tornerebbe. Se fosse il Primo che rammento!

    Ascarides sen­tì tra le lacrime allargarsi un senso di speranza. Cosa posso fare per te, Endeth? Puoi forse aiutarmi, se io aiuto te? Si passò una mano sul petto, come per contenere il cuore impazzito.

    Potresti fare qualcosa per me, è vero disse Endeth. Non posso però promet­terti niente. Agirei solo per me stesso. Sono parole che vanno a mio discapito, lo so. Ritengo però giusto non ingannare chi ha patito e tuttora patisce pene simili alle mie. So bene cosa significhi perdere qualcuno per mano altrui.

    Sei molto... Sincero, e lo apprezzo. disse Ascarides.

    Però... Posso dirti con estrema certezza che... Qualora io venissi in parte liberato, la mia strada andrebbe a incrociare quella di Primo gorgogliò ancora. "Poiché se è il Primo che conosco... Lui possiede l’Oscuro Scrigno delle Meraviglie in cui sono rin­chiuso, e la chiave per aprirlo."

    Ascarides sollevò lo sguardo alla massa informe d’ombra. L’aveva richiamata forse per errore, ma era ciò che di meno si era aspettata: Una speranza. Dimmi cosa devo fare! Se puoi aiutarmi anche pensando a te stesso... Io... Io lo farò!

    Endeth si rigirò ancora, gemendo e gor­gogliando. Il mio corpo è imprigionato, come la mia mente e il mio spiri­to. Al primo occorre la chiave, per le altre posso dirti come fare! Pochi erano coloro che riuscivano nell’impresa di aprire il varco, e se tu ci sei riuscita, potrai capire.

    Dimmi cosa devo fare! disse Ascarides impaziente.

    Un corpo per la mia mente e per lo spirito! Getta un corpo vivo nel varco, e io avrò il potere d’avere una non forma! Potrò muo­vermi, vedere, e avere poco potere, ma ba­sterà! Al Prufunda importa poco chi entra e chi esce, purchè si mantenga il giusto equilibrio!

    Ascarides esitò, poi annuì, come se avesse preso una solenne e difficile deci­sione. Pazienta ancora qualche attimo, Endeth. Avrai ciò che desideri. Si voltò per andare davanti all’entrata della stanza. Vi era una lunga corda dorata che pendeva dal soffitto, la tirò, e un suono di campane si sentì dall’altra parte.

    Mia regina!? chiamò una voce maschile dall’altro lato della porta.

    Entra, mio fedele soldato.

    Subito mia signora! la guardia entrò pian piano. Si bloccò al­l’istante, non appena chiuse il portone dietro di sé. Ma cosa!? gridò, nel vedere la sagoma nera di Endeth al centro della stanza, i fumi, e il pozzo infinito di nera oscurità.

    Tranquillo, mio soldato. Mi sei fedele? chiese Ascarides.

    S-sì mia signora! Il soldato non riusciva a schiodare lo sguardo da Ende­th, la paura gli si leggeva in viso.

    Molto bene. Faresti di tutto per la tua regina? chiese ancora Ascarides. Lo sguardo imperturbabile, la voce conciliante e cal­ma.

    S-sì mia s-signora! rispose ancora il soldato.

    Qual’è il tuo nome, prode servitore?

    E-Entrone! Entrone Clamdill!

    Molto bene, Entrone. Voglio che tu faccia una cosa per me. Lo sguardo di Ascarides divenne pungente. Aprì la mano verso il viso del soldato. "Ergrahnta! disse. Dei fasci di luce biancastri si avvilupparono at­torno alla testa del soldato. Non emise gemito: Rimase eretto con lo sguardo vacuo e inebetito, mentre le luci si insinuavano in lui come decine di serpenti. Bene, mio fedele servitore! Avrai tutti gli onori del caso."

    Sì, mia regina! rispose il soldato.

    Vedi quel buco nero al centro della stanza?

    Sì, mia regina!

    Voglio che tu cammini fin là!

    Sì, mia regina! Il camminò lento. I suoi piedi calpestarono la scia d’acqua che delimitava il pozzo nero del varco. Si fermò, e attese.

    E ora... Salta! disse Ascarides con indifferenza.

    La guardia non esitò, e fece un saltello come per scavalcare un ostacolo. Nemmeno gridò, quando il suo corpo svanì nell’ombra del pozzo oscuro, roteando veloce in una caduta senza fine, e sparendo nel­l’oscurità.

    La massa ombrosa di Endeth vibrò. Ci fu un sonoro schioppo, come se qualcosa di rigido si fosse spezzato. Il pozzo si richiuse, e la massa d’ombra di Endeth rima­se sopra lo specchio d’acqua. Due fessure giallastre si aprirono dall’ombra.

    Ci vedo! disse Endeth. Ci vedo! gridò.

    Ascarides lo guardò diffidente, come se si aspettasse qualcosa. E ora? disse.

    Endeth avanzò fluttuando. Era un ammasso di vischiosa materia nera, un’ombra, con due occhi gialli sull’e­stremità più alta che fungeva da testa. Non aveva una forma vera e propria, ma a tratti pareva una figura umana avvol­ta da una mantella scura. Allora sei davvero un’umana. Non mentivi. disse Endeth. Qualcosa si mosse dalla massa d’ombra. Endeth stava cercando di modellare il suo corpo per assumere una forma più delineata. Ti ringrazio infinitamente, Ascarides! La mia ricerca della libertà includerà la ricerca di tuo figlio. Sarò di parola! Lo sono sempre stato!

    E come farai? chiese la regina rincuorata, seguendo con lo sguardo i suoi occhi gialli.

    I miei poteri sono ben poca cosa in questo stato Un tentacolo d’ombra vibrò per un istante fuori dal resto. Endeth gorgogliò ancora. A quanto pare posso solo sfruttare le ombre per muovermi in maniera alquanto limitata constatò. Ora, però, devi dirmi molte cose su... Que­sto Impero e sulla sua storia, perchè da quanto ho udito, mi è sem­brato di capire che è passato troppo tempo. Fluttuò attor­no alla regina, come se volesse assaporare ogni minimo zampillo di quella tenue libertà, e continuò: Mio padre, a quanto ne so, è ancora vivo. Lui certamente mi aiuterà! Se poi l’Impero ha dei nemici, come è normale... Sarebbe tutto più facile!

    Oh, ne ha molti! interruppe Ascarides. I Galar di Arleor! E molti altri popoli soggiogati dall’assurda smania di potere di Lerenor e Primo, oltre... A dei nemici che non sanno nemmeno di avere.

    Dovrai riferirmi tutto, mia signora! Tutto può servire! disse Endeth. Ogni mi­nima informazione sarà preziosa, ma... Dovrai pazientare. Incon­trerò mio padre non appena sentirò scorrere più forza in questa non vita. Lui di sicuro saprà come fare. Ho una domanda però...

    Chiedi pure.

    Come si chiama tuo figlio?

    Si... Ascarides esitò, come se ricordarne il nome le provocasse dolorosis­sime fitte al cuore. Si chiama Nike!

    CAP 1 - INFUSI E SOSPETTI -

    Nike si svegliò, sollevandosi dal giaci­glio di scatto.

    "Protecto Sperah!" Un gridò familiare risuonò nelle sue orec­chie, proveniva da fuori.

    Prote-che!? disse Nike in uno sbadiglio. La finestra lasciava passare tenui raggi di sole, era mattina.

    "Protecto Sperah!" gridò ancora la voce fuori.

    Nike si levò, con ancora addosso la sensazione di stanchezza che in quei giorni lo accompagnava da mattina a sera. Aveva sognato qualcosa, ma non riuscì a ricordare cosa. Si grat­tò la testa, e gemette per il dolore: Aveva ancora le fasciature. Bafh... bofonchiò, cercando di rimanere in piedi e andare alla finestra.

    "Protecto Sperah! Arian, un ragazzo alto e slanciato dai capelli castano scuri che gli scendevano come aghi sulla fronte, stava facendo pratica d’un qualche incantesimo strano, cosa che a Nike dava sui nervi, specie se stava dormendo. Protecto Sperah!"

    Arian era un Adepto dell’Armata Rossa, suo coetaneo e compagno d’addestramento. Erano entram­bi stati riportati a Umilar per curarsi le ferite dell’ultima batta­glia, ma nemmeno con un occhio fasciato Arian aveva desistito dal disturbare il sonno altrui.

    Avevano passato parecchie vicen­de, prima di ritrovarsi lì, e Nike le ricordò con dolorose fitte alla testa. Voleva solo che Arian la smettesse di far pratica proprio sotto la sua finestra.

    "Protecto Sperah!" gridò ancora Arian, puntando una mano in avanti. Uno strano fumo argenteo si sviluppò dal suo palmo, ma durò pochi attimi.

    Nike prese la bacinella d’acqua per le bende, e la rovesciò di sotto.

    Ma cosa!? gridò Arian, voltandosi di scatto verso la finestra, zuppo da capo a piedi.

    Lasciami dormire! gridò Nike, tenendosi la testa.

    Il tepore delle coperte gli fece ritornare il sonno. Erano passati ventidue giorni da quando era stato por­tato a Umilar, e da quando aveva combattuto a Emetraro contro l’esercito Lemeroniano, il Ruzum, e gli Elfi. Ogni volta che cercava di far mente lo­cale, la testa gli doleva, ed era costretto a desistere.

    Lilion si prendeva cura di entrambi come meglio poteva, ma Nike aveva da giorni il sospetto che la ragazza stesse cercando in tutti i modi di trattenerli in città.

    Arian! Quante volte te lo devo ripetere? gridò una voce femminile all’esterno, disturbando ancora il riposo di Nike. Devi riposare! Nike udì dei gemiti di protesta, e altre grida adirate della ragazza.

    Passarono pochi minuti, prima che Arian venisse trascinato fin den­tro la stanza, con un’aria persa da ebete: Era già da parecchi mesi che aveva una cotta per la guaritrice. Lilly, ma... cercò di dire. Nike si voltò nelle coperte per gustarsi meglio la scena.

    Scusa un bel niente! inveì lei, rossa in faccia, agitando una specie di teiera che teneva in mano.

    Io... Io cercavo balbettò Arian. Non riesco a stare qui. Posso muovermi, sto bene!

    "Starai bene solo quando io ti ordinerò di stare bene! sibilò fra i denti Lilion, assumendo un’espressione troppo in contrasto con il suo bel viso. Ora mettiti a letto! E restaci!"

    Sì. Va bene. rispose mesto Arian, gettandosi sul giaciglio di­sfatto.

    Ecco... Tenete! Lilion riempì due calici con un liquido giallastro che ogni giorno dava loro da bere. Bevete e fate i bravi... Tornerò fra un paio d’ore! Girò i tacchi, e scompar­ve dalla porta con la sua andatura ondeggiante. Arian non si per­se il minimo movimento delle sue anche.

    Nike si mise a sedere, e vuotò il calice con un’unica sorsata. Si sdraiò e guar­dò l’amico, che si era premurato di gettare il liquame in un vaso da fiori. Perchè non la bevi mai? Quella pianta ne ha già avuta abba­stanza! disse Nike, socchiudendo gli occhi.

    Semi di Amulia borbottò Arian. Per quanto Lilly sia bella e carina, non può somministrare l’Amulia a un Adepto. Farebbe prima a tagliarmi le mani!

    Nike annuì, ricordava gli effetti dell’infuso di quei semi, che inibivano la capacità di utilizzare la magia. Sarebbe stato una manna dal cielo impedire ad Arian di utilizzare i suoi rumorosi incantesimi. Guarda che è per il tuo bene.

    Per il mio bene!? Ma ti sei visto!? Non fai altro che dormire, dormire, dormire!

    Dopo tutto quello che abbiamo passato, ti farebbe bene un po’ di riposo! disse Nike, aggiustandosi le bende sulla testa, in modo che un paio di ciocche nere uscissero all’aria.

    Non in questo momento. rispose Arian abbacchiato.

    Sei preoccupato per Namn?

    Un poco. Mia sorella non si è più fatta viva.

    Nessuno si è più fatto vivo! esclamò Nike. A parte i feriti, tutto l’esercito è impegnato a sud. Siamo stati fortunati a goderci un poco di... Sba­digliò senza ritegno. Riposo. concluse. Arian lo guardò storto, e Nike aggiunse: Cosa stavi provando?

    "Protecto Sperah!?" disse Arian.

    Sì, quella cosa lì.

    Arian si guardò attorno circospetto, poi cac­ciò una mano sotto il cuscino, e ne trasse fuori un tomo rosso con un titolo scritto in bianco: ‘Protecto, incanti derivati’.

    Dove l’hai preso!? disse Nike.

    Me lo ha dato Lord Primo, quando tu eri ancora svenuto per la botta in testa. disse Arian, accarezzando uno spigolo del libro.

    Ah, sì!?

    Protecto è una Parola di Potere. Protecto Sperah è il primo In­canto Priato derivato da quella parola!

    Nike alzò gli occhi al soffitto, il pensiero di un lungo discorso sulle varie sfaccettature degli incantesimi gli fece accapponare la pelle.

    Mi ha detto che sarebbe stato molto utile se imparassi a usare l’Incanto Priato Protecto Sperah! disse Arian.

    E perchè mai? chiese Nike.

    Non capisci? disse Arian con enfasi. "Protecto Sperah mi consenti­rebbe di difendermi dagli incanti Priati come l’Exandia!"

    Il pen­siero di Nike tornò su Jun, il suo odiato caposquadra, che grazie all’In­canto di Exandia era in grado di uccidere all’istante un qual­siasi es­sere vivente. L’interesse per il controincantesimo si am­plificò di colpo. E perchè non lo hai imparato prima?

    Te l’ho già spiegato, zuccone! Gli Incanti Priati si insegnano dopo parecchio tempo, sono pericolosi!

    E l’Incanto di cura!?

    "Trovi che Lenithia sia pericoloso!? disse Arian, scoccandogli un’occhiata sottile. Lord Primo me l’ha suggerito per il futuro. Credo che lo padroneggerei, se stessi meglio. Per ora sono solo riuscito a evocare una nebbiolina, ma a cose normali dovrebbe comparire una sorta di scudo rotondo." Aprì il libro.

    Fa vedere! Nike si sporse, e gli strappò il libro dalle mani, ma nell’osservare il contenuto delle pagine non potè fare a meno di aggrottare la fronte. Ma che è? Il libro era scritto in una strana compo­sizione di segni e parole, intervallate da spiegazioni normali, ma comunque incomprensibili.

    Non puoi leggerlo disse Arian. La maggior parte dei libri di magia sono stati scritti in codice. Nel caso dovessero cadere in mani nemi­che. Solo chi ha ricevuto lezioni adeguate può leggere.

    E tu capisci questo codice? chiese Nike, ripassandogli il libro.

    È chiaro! Lo si insegna alle prime lezioni nell’Argo. Arian prese a leggere ad alta voce alcuni tratti del libro, e Nike si tuffò dentro al cuscino nella speranza di prendere sonno. Protecto Sperah non distrugge gli incantesimi come una barriera eterea normale. Esso è una barriera di pura magia, che respin­ge gli Incanti Priati. Esistono diverse applicazioni per la Parola di Potere ‘Protecto’. Protecto Sperah consente di respingere un Incanto alla volta, dissipando sufficienti energie. Più avanti, nei suc­cessivi capitoli, si tratterà degli altri Incanti Priati di Protecto, come Protecto Virdis, incanto di protezione materiale e Protec­to Priatus, l’incanto di protezione più completo. Fece una pausa per riprendere fiato e voltare pagina. Protecto Sperah. Il princi­pio evocativo di questo utilissimo incanto è dato da...

    Nike sen­tì la mente satura. Le palpebre si fecero pesanti, il suono della voce di Arian lontano. Chiuse gli occhi, e si addormentò come un orso in letargo.

    I giorni passarono a Umilar senza udire alcuna notizia dal sud. Nessun messaggero era mai arrivato portando notizie, buone o cattive che fossero, e l’attesa aveva reso Nike e Arian agi­tati e preoccupati. Che siano stati sconfitti!? disse Nike, appoggiato alla finestra per guardare il grigio cielo Lemeroniano.

    Impossibile! Mia sorella li avrà certamente guidati al meglio! rispose Arian.

    Già. A patto che non abbia perso tempo nel rintracciare le Epu­riam. disse secco Nike.

    Arian grugnì in risposta, e uscì dalla stanza sbattendo la porta. In quei giorni Arian si era ristabilito, ed era in grado di usare l’occhio destro come prima, cosa che non mancava mai di ricordare a Lilion, ogni qual volta veniva sorpreso a fare esercizio o provare incantesimi. Nike invece era spesso vittima di acute fitte alla testa e alla spalla destra, dove l’alone nero – che nemmeno Lilion, con le sue vaste conoscenze mediche, era riuscita a curare – bruciava come una ferita fresca.

    Bevi l’infuso, Nike. Vedrai che tutto passerà! Hai patito una bella contusione, e di sicuro avrai utilizzato molto potere magico a Emetraro. Forse non ti sei reso nemmeno conto di farti del male! gli disse Lilion, porgendogli l’ennesima tazza di infuso.

    Arian lo gettò dentro il vaso da fiori non ap­pena la ragazza uscì – la pianta aveva cominciato ad appassire –, Nike invece la bevve senza fare storie. Non diverrò dipendente da questa roba, vero!? disse Nike, ricordando le pene patite per colpa del Caranui – una bevan­da corroborante distribuita nell’esercito, che restituiva immediate forze, ma che provocava una seria dipendenza –.

    No disse Arian. Questa roba la potresti bere quando ti pare, senza conseguenze.

    Nike si stese ancora nel letto, più stanco di prima. Per lo meno non sento più le voci e non faccio sogni strani. disse. Che c’è? chiese Nike.

    Arian aveva uno sguardo strano. Prima o poi dovrai smettere di bere l’infuso.

    E allora!? disse Nike.

    Arian scosse il capo. Niente.

    Era giunta la fine di Agosto, ma il Lemeronan dava l’impressio­ne di non saperlo. Il freddo di quei luoghi aveva dato origine a una leggera nevicata in mattinata, trasformatasi poi in una fitta pioggerella fastidiosa nel pomeriggio. Era passato più o meno un mese dal giorno in cui erano stati relegati in quel posto.

    Nike era in via di guarigione: La testa non dole­va più, e Lilion aveva smesso di propinargli l’infuso di Amulia. Tutt’altra cosa era la spalla, che invece lo tormentava almeno due o tre volte al giorno.

    Che noia! sbadigliò Arian, guardando fuori.

    È passato un mese. disse Nike, guardandosi allo specchio. Le cure amorevoli di Lilion gli avevano fatto tornare il colorito ro­seo che aveva perso nel corso della guerra. Anche gli occhi erano passati dal grigio all’azzurro dei tempi migliori, aveva ripreso qualche chilo, e si sentiva in perfetta forma. Sei riuscito a imparare l’incantesimo?

    No. È più difficile di quanto pensassi! rispose Arian, gettando l’occhio al libro poggiato sul suo comodino. Dovrò esercitarmi di più! Credo che siano proprio le forze fisi­che a mancarmi, e con Lilly alle calcagna, dubito che riuscirò a fare qualcosa di più.

    Da quando Nike aveva smesso di bere l’in­fuso, la stanchezza era passata. Adesso sentiva il biso­gno di muoversi, camminare, correre e fare di tutto, tranne che starsene a letto a poltrire tutto il giorno. Sospirò, guardando i fagotti ap­poggiati nell’angolo, la sua armatura da nero, il mantello, e Lunlaby – la spada magica regalatagli da Eberon –. Mi piacerebbe impugnare Lunlaby e fare un po’ di moto.

    Arian fece per dire qualcosa, ma un rumore ritmico fece trasalire entrambi: Un lontano suono di tamburi. Stanno tornando! esclamarono.

    I due ragazzi superarono la guardia di Lilion all’entra­ta della palazzina, svoltarono, e la seminarono dopo pochi isolati. La piogge­rella incessante batteva sui loro capi, ma a nessuno dei due importava.

    Un folto gruppo di nuovi abitanti, mischiati ai soldati regolari di guardia, si era accalcato al cancello. Nike e Arian si fecero largo a spintoni, generando le vigorose proteste di qualche donna. Raggiunsero la prima fila, e videro in lontananza le bandiere Imperiali torreggiare all’orizzonte, e uscire dal folto boschetto a sud.

    Arrivano! disse qualcuno, e la folla prese a rumoreggiare ec­citata.

    Il capannello di gente si fece sempre più ampio, nonostante la pioggia gelida e il vento. Dopo una lunga attesa, l’esercito Imperiale fu ai cancelli; Migliaia di uomini appiedati e a cavallo sfilarono fin dentro la città, le Armate Primarie per prime, con i rispettivi comandanti in testa, assieme a Lord Primo e l’esecutore Axandre. Per ultimi i soldati regolari, che più di tutti riportavano sui volti i segni della guerra.

    Namn! gridò Arian, rivolto a una donna in sella a un nero destriero.

    La donna lo vide e gli lanciò un largo sorriso. Scese da cavallo e venne loro in­contro. Arian! Che bello rivederti! esclamò, abbracciando il fratello. Sul braccio sinistro vi era un taglio quasi ri­marginato. Come stai?

    Annoiato a morte, ma sto bene. rispose Arian.

    Namn rivolse poi lo sguardo a Nike. E tu Nike come va? La testa?

    Bene, per ora. si limitò a dire Nike, troppo preso dalla curiosità sull’andamento della guerra. Guardò oltre, volgendo gli occhi a Eberon e Lord Primo. Entrambi parevano soddisfatti. Nike intravide anche Jun, poco distante da Eberon. I loro occhi si incrociarono per un istante, prima che la colonna di soldati trascinasse lontano i loro sguardi carichi d’odio.

    Ora devo andare ragazzi, scusatemi. Ci vediamo più tardi. dis­se Namn, risalendo a cavallo e raggiungendo la testa dell’eserci­to.

    Sembra sia andata bene. mormorò Arian.

    Così pare. rispose Nike, guardando un’infinita fila di uomini e donne dai capelli rossi, costret­ti a camminare a testa china, e scortati da una colonna di malcon­ci soldati Regolari.

    Quasi tutta Umilar era venuta ad accogliere l’esercito, e nessuno si astenne dal lanciare sfilze d’ingiurie e insulti ai prigionieri. Nike ricordò con rabbia e amarezza un certo Aerc’Zun, e un cadavere appeso per i piedi in piazza. La spalla formicolò e gli die­de una fitta acuta.

    La ressa di gente si disperse. Alcuni seguirono la colonna dell’e­sercito, verso il torrione di Umilar, altri tornarono alle loro mansio­ni, sospinti dalle grida secche dei Regolari e dalla pioggia inces­sante.

    Nike e Arian tornarono veloci nell’edificio dei guaritori, dove una furente Lilion li stava aspettando. Voi due! sibilò tra i denti, i riccioli bagnati e scompigliati.

    Ehm... Sono tornati. disse Arian.

    Non mi interessa se sono tornati! urlò Lilion. Non dovevate uscire! Non con questo tempaccio!

    Scusaci. disse Nike.

    Tornate immediatamente nella vostra stanza! Lilion indicò l’edificio. Mi hanno raccomandato di farvi restare a Umilar, e non voglio certo prendermi responsabilità se vi prendete un malanno o vi succede qualcosa!

    Né Arian né Nike replicarono, tornando mogi mogi alla loro stanza. Entrambi sapevano che qualcuno sarebbe venuto a cercarli, forse Namn o – come Nike sperava – Lord Primo.

    Aspettarono impazienti nei loro letti. Passarono le ore. Fuori c’e­ra un gran via vai di gente e cavalli, grida e urla festanti. Non si azzardarono a uscire ancora, e sarebbe comunque stato impossibile: Lilion aveva chiuso la porta a chiave.

    Quanto ci mettono ad arrivare? disse Nike.

    Arian non rispose, troppo immerso nella lettura, e a provare gesti rapidi con le mani, mormorando parole incomprensibili.

    L’ho fatto solo per te! Ci fu un grido dall’altra parte della porta, una voce familiare.

    Arian chiuse il libro e si alzò in contemporanea con Nike per andare a origliare.

    Non credo sia una buona idea. disse una delle voci, quella di Li­lion, con tono imbarazzato.

    Ah, no!? Ho aspettato tanto. Per mesi ho fatto finta di niente! Ho fatto di tutto per recuperare il mio vecchio stato! L’altra voce era maschile, una voce antipatica, risoluta, fredda.

    Nike ebbe un fremito d’ira. Jun mormorò.

    Non posso. Non adesso che ho tanto da fare. rispose Lilion.

    E allora quando? Jun alzò appena la voce.

    C’è una guerra in corso se non lo sai disse Lilion. Ci sono molti feriti e mi devo prendere cura di...

    Quelle due nullità stanno benissimo! inveì Jun.

    Non chiamarli così! rispose Lilion.

    E come dovrei chiamarli!? sibilò Jun. "Mentre io ero a combatte­re e rischiare la vita, loro erano qui a poltrire!"

    Sia Arian che Nike digrignarono i denti. Odiavano entrambi Jun e le sue manie di potere. Avevano rischiato la vita per sventare il piano suo e di Branemon per recuperare La Luce dell’Imperatore: Jun voleva tornare nell’Armata Rossa e, per riuscirci, do­veva recuperare l’anello, ma per come era andata la missione si era visto degradare, e togliere il comando dell’Undicesima squadra, dato che, a parte Nike e Jun, non era rimasto un solo membro vivo.

    Erano con te a Emetraro, no!? L’anello è stato recuperato an­che grazie a loro, no!? incalzò Lilion.

    Sia Arian che Nike senti­rono un tonfo sordo, forse Jun aveva colpito il muro con un pugno. Loro... Loro... balbettò, ma poi si bloccò.

    Nike e Arian spinsero le orecchie contro la porta, ma d’improvviso la serratura scattò, e i due fecero giusto in tempo a scansarsi per evitare che la porta li colpisse in viso.

    Jun li guardava dall’alto, con la bocca ritorta e il naso arricciato.

    Jun. biascicò Nike tra i denti. Bentornato. Ancora vivo?

    Arian guardò Lilion, che pareva sull’orlo di piangere. Bastardo!

    Vedo sibilò Jun. Che avete riposato bene, mentre l’intero esercito si dan­nava per l’intero popolo Imperiale... Ma bravi!

    Jun, lascia stare! intervenne Lilion.

    È colpa tua se siamo stati relegati qui! disse Nike.

    Oh, sì! Immagino quanto siate stati male in que­sto mese. disse Jun mellifluo. Gettò un’oc­chiata fugace dietro di loro, e il suo volto divenne una maschera impassibile. E tu, nullità! Spero che tu sia an­cora in grado di maneggiare una... Spada. Perchè ben presto le comodità finiranno. Non lasciando a Nike il tempo di ribattere, chiuse la porta, e girò la chiave. Lilion... Sentirono ancora la sua voce dall’altro lato. Riflettici, e fammi sapere al più presto, devo an­dare. Udirono i suoi passi frettolosi scendere le scale poi, dopo una manciata di secondi, quelli più cauti e lenti di Lilion.

    Nike e Arian grugnirono. Quel rifiuto umano! inveì Arian, grattando con il pollice la co­pertina del suo libro. Come si è... Permesso di trattarla così!

    Cosa le avrà chiesto? chiese poi Nike. Un’idea strana stava maturando nella sua testa.

    Ma che ne so! È un perfetto idiota! Trattarla così!

    Lascia perdere Lilion! lo interruppe Nike. Vorrei tanto sape­re cosa ha in mente quel maledetto.

    Cosa supponi?

    Non... Non lo so, ma posso provare a immaginare rispose Nike, camminando per la stanza. Gli abbiamo rovinato il piano, la promozione a capodivisione, e soprattutto la reintegrazione nel­l’Armata Rossa. Tu che faresti al suo posto?

    Cercherei di vendicarmi. Il problema è come? Ben presto avremo il riconoscimento per l’impresa, e non credo che gli converrebbe farci capitare qualcosa. Inoltre non credo proprio che Lilly sia...

    Sei accecato dalla cotta che hai per lei.

    Che vuoi dire? replicò Arian stizzito.

    Voglio dire che non possiamo fidarci più di lei, non credi?

    Ma Lilion...

    Infatti! Lilion. Chi, se non lei, può riferirgli cosa abbiamo fatto in questo mese? Ci ha curato bene, ma lentamente. Poteva ri­metterci in sesto dopo qualche giorno, poteva lasciarlo fare a noi con la magia, ma ci somministrava l’Amulia. Ti dice nulla?

    Arian parve cadere dalle nuvole. Non capisco dove vuoi arrivare. disse.

    Rifletti: Cosa ha detto Lilion quando siamo tornati dai cancelli? Arian rimase zitto, e Nike continuò: Te lo dico io: ‘Mi hanno raccomandato di farvi rima­nere a Umilar!’. Lilion ci ha deliberatamente tratte­nuto qui!

    Ho capito... Ma io non ho mai bevuto l’infuso! Eppure sono guarito lo stesso!

    Infatti sei un imbecille! Potevi guarire entrambi con un paio di incantesimi! inveì Nike. Solo che sei accecato da lei! Volevi rimanere qui il più possibile!

    E tu allora? rimbeccò Arian. Tu hai bevuto l’infuso tutti i giorni!

    Non credevo certo che Lilion ci stesse tenendo apposta a Umilar! Cosa credi... L’ho scoperto solo poco fa!

    Arian si zittì, riflettendo sulle parole di Nike. Va bene... supponiamo che sia andata come dici tu. Perchè mai lo può aver fatto? Che vantaggi può trarne quell’idiota di Jun?

    Nike ripensò a una notte di qualche tempo addietro, quando i suoi compagni di squadra lo avevano aggredito alle spalle per ordine di Jun. Avrebbe tanto voluto scoprire le ragioni, ma era­no tutti morti. Il perchè lo ignoro. Jun deve avere grandi mezzi di persuasio­ne, ricordi cosa mi hanno fatto? Arian annuì con riluttanza, e Nike aggiunse: Per il resto, beh! Considerando che io e Jun siamo stati asse­gnati alla Prima squadra, potrebbe aver tratto un bel vantaggio a stare un mese con il comandante senza di me tra i piedi. Lo stesso dicasi per te, forse Branemon non ti voleva far tornare a combattere, forse per timore che Namn potesse sfrut­tarti come spia!

    Arian rifletté in silenzio. Jun ha detto a Lilion di riflettere sopra a qualcosa disse. Pensi che...

    Non lo so. intervenne Nike, battendosi un pugno sul palmo. D’altronde credo proprio che ce ne andremo al più presto da qui. Qualunque cosa abbia in mente Jun è già andata in porto. Almeno per quanto riguarda questo mese.

    Arian lo guardò, e fece per dire qualcosa, ma l’inconfondibile suono della serratura fece voltare entrambi. Erano Namn, Sarinen e Lord Primo.

    CAP 2 - ORDINI -

    Il consigliere fu il primo a mettere piede nella stan­za. Il suo ammaliante sorriso riscaldò l’atmosfera come un raggio di sole. Poi entrò un’accigliata Namn, ancora vestita dell’armatura sporca di fango e sangue rappreso. Infine un raggiante Sarinen – con evidenti dif­ficoltà a far passare il suo enorme spadone tra gli sti­piti dell’en­trata –.

    Ben ritrovati! disse Lord Primo allargando le braccia, la Luce dell’Imperatore era ancora infilata al suo dito. Spero che vi siate rimessi, dopo tutto questo riposo.

    Sarinen emise un gorgoglio divertito, e Nike lo fulminò con lo sguardo. Non lo aveva ancora perdonato per aver sparso false voci sul suo conto, per colpa sua non riscuoteva gran simpatia tra le file Marroni. Sperò che le acque si fos­sero placate.

    Com’è andata la guerra? chiese subito Arian.

    Già gli fece eco Nike. Non abbiamo saputo nulla di nulla!

    Lord Primo roteò gli occhi e sorrise, mentre Namn e Sarinen si accomodavano sulle sedie accanto ai letti. Direi cominciò. Molto bene, meglio delle mie più rosee aspettative. Sia Arian che Nike guardarono Namn, che fece loro l’oc­chiolino. Lord Primo continuò: Acolis e Omasco sono cadute dopo pochi giorni. Evidentemente la voce della ca­duta di Vulkus si è sparsa a macchia d’olio. La notizia ci prece­deva, eppure nessun abitante di Emetraro è mai uscito dal nostro accerchiamento. Come se qualcuno avesse avvertito i vil­laggi prima del nostro arrivo! Sorrise, il riferi­mento ai due Elfi e al discendente di Feranold, Senes, era evi­dente. Gli unici che erano riusciti a fuggire.

    - Ma perchè? - si chiese Nike. - Che interesse avrebbero a spar­gere la voce che Vulkus è morto? -

    Naturalmente abbiamo cercato in tutti i modi di convincere i soldati nemici ad arrendersi disse Lord Primo in un sospiro. Purtroppo... Molte battaglie si sono verificate, e molte vite sono state infrante da ambo i lati. Abbiamo fatto molti prigionieri.

    Abbiamo visto. disse Nike, sapendo bene dove sarebbero andati a finire.

    Comunque continuò il consigliere. Una volta cadute le altre due principali città, l’eser­cito Lemeroniano ha lasciato i confini, e si è diretto a sud, nel­l’Arleonian.

    Nell’Arleonian? dissero Nike e Arian assieme.

    Esatto puntualizzò Namn. Hanno lasciato i villaggi incusto­diti, e tutto il popolo alla nostra mercè.

    - Così dovremo affrontare due eserciti assieme! - pensò Nike.

    Oh... Ma non disperate, ragazzi! L’Arleonian non è un regno così stolto da dichiarare guerra in un momento così delicato. disse Lord Primo. Ancora una volta Nike ebbe l’impressione che potesse leggergli la mente.

    E... Perchè mai? disse Arian.

    Mica sono scemi quei figli di puttana! irruppe Sarinen, spo­stando il peso del suo enorme corpo sulla sedia – questa cigolò, dando impressione di doversi spezzare da un momento all’altro –. I Lemeroniani sono un popolo di guerrieri focosi, ma anche stupidi... Basti vedere com’era stupido il loro capo. No! I Galar non attaccherebbero mai, sapendo che il nostro esercito è dispiegato ai loro confini. Sono dannata­mente astuti e opportunisti!

    Infatti, grazie Sarinen per la... Colorita spiegazione. disse Lord Primo con un affabile sorriso.

    Ma non avevamo in progetto di ‘riconquistare’ le terre che una volta appartenevano all’Impero? chiese Arian.

    Lord Primo annuì. Sì, è vero, ma... Ci sono alcune cose delicate da fare per prima cosa. I Galar non sono stolti, come Sarinen ha già detto: Noi sappiamo per certo che l’Arleonian mira a spode­stare l’Imperatore. Stanno aspettando il momen­to propizio, e noi ne approfitteremo per organizzarci.

    E quale? disse Nike, gettando un fugace sguardo all’anello del­l’Imperatore.

    Il consigliere se ne accorse e sorrise ancora. Beh, prova a immaginarlo, Nike: L’esercito del Lemeronan è scappato nei loro confini, naturalmente i Galar ne­gheranno di aver mai ospitato un Lemeroniano, e noi non possia­mo provare il contrario. Il discendente di Tartius Feranold è tor­nato tra loro, e con lui alcuni elfi, cosa che non si verificava da tempo immemore, inoltre... Abbassò la voce. Hanno quello che voi sapete. Poi tornò a parlare a voce alta. Quindi a loro basterà aspettare.

    E noi che faremo intanto? chiese Nike. Aspetteremo che loro siano... Pronti?

    Beh, su questo dobbiamo decidere in futuro spiegò Lord Primo. Abbiamo lasciato i confini protetti da quasi due guarnigioni regolari, metà dei Marroni e metà degli Azzurri. Basteranno, fintanto che i Galar non carpi­ranno il momento propizio.

    E... quando sarà? chiese Nike aggrottando la fronte.

    Oh, su questo non ci sono dubbi rispose Lord Primo. Quando il momento verrà ce ne accorge­remo. La sua tranquillità stonava con l’espressione del suo viso. Namn e Sarinen attirarono l’attenzione del consigliere con un colpetto di tosse, e Lord Primo si illuminò. Oh, ma certo! Perdonate, miei prodi comandanti. Si rivolse poi a Nike e Arian. "Scusate i miei sproloqui, ma c’è un motivo per cui Sarinen

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