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Notte di passione
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Notte di passione

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Don Mauro Fornasari è un diacono ucciso il 5 0ttobre 1944 a Zola Predosa, all'età di 22 anni, da una squadra di assassini perché "era prete". Era nato il 22 aprile 1922 a Longara (BO). Avrebbe dovuto "cantar messa" pochi giorni dopo la sua uccisione.

Don Mauro: è martire (testimone), perché è morto per la sua fede. E' apostolo della non violenza, cioè inviato, per mostrarci la strada della non violenza. E' eroe perché è stato coerente fino alla morte nel difendere i principi che professava.

E' morto perdonando.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateAug 3, 2017
ISBN9788892665712
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    Notte di passione - Piergiorgio Ferioli

    sorella

    Parte prima:

    LA VERITA’ STORICA

    Giovedì cinque ottobre 1944

    Un giovane di 22 anni muore orribilmente torturato e con indicibili mutilazioni in diverse parti del corpo, lungo il torrente Lavino, nel comune di Zola Predosa, fra la scuola di Gessi e la casa dei sassi.

    Questa è una notizia tragica ma non nuova in quel periodo storico. Tuttavia la vicenda acquista un valore tutto particolare quando si va a considerare perché e come è morto.

    Quel giovane si chiamava Mauro Fornasari e abitava a Longara di Calderara di Reno.

    Mauro nasce a Longara in Via Fornace 195 il 22.4.1922. E’ il 5° di sei figli: 4 maschi e due femmine. Giuseppe, Novella, Gilberto, Giuseppina (Pina), Mauro, Adorando.

    La famiglia era patriarcale, come era di norma in quei tempi. Attorno alla tavola sedevano dodici figli: sei di papà Cleto e mamma Adele e sei di Alessandro, fratello di Cleto e della moglie Enrica. Cleto, essendo il più vecchio era il classico pater familias, doveva fare il burbero e dare l’esempio nel lavoro. La famiglia lavorava un terreno dell’Opera Pia Salesiana di Torino ed erano benestanti.

    Il papà Cleto, detto Piren, era affittuario: pagava d’affitto il parto di una verra. La mamma Adelaide Stagni, casalinga, era persona molto intelligente e sensibile, superiore alla media. Si preoccupava molto dei braccianti e dei più poveri.

    Sull’altra sponda del fiume Reno viveva la famiglia di Enrico, il terzo dei fratelli.

    Erano cattolici praticanti, simpatizzavano per il Partito Popolare di don Sturzo ma non erano militanti per nessun partito, né c’era passionalità politica in alcuno (nella mente continuava il non expedit, caduto solo nel 1919).

    La famiglia aveva una marcata propensione per il sociale.

    Dopo la quinta elementare Mauro fu mandato a studiare in seminario, com'era normale in quei tempi. Crebbe con due forti passioni: lo studio per la teologia e la natura. Infatti nel ‘43 si iscriverà alla facoltà di scienze naturali dell’Università di Bologna essendo stato chiuso il seminario a causa di bombardamento. Il 25 aprile 1950 la famiglia riceverà la Laurea ad honoremin scienze naturali alla memoria.

    In casa si respirava un clima di solidarietà verso chi era nel bisogno, i più disperati. Mamma Adele ne era un esempio molto concreto, soprattutto verso i braccianti che lavoravano come scarriolanti nello scavo della Bonifica del Duce che passava vicino alla loro casa. Alla sorella di Mauro, Pina, è rimasta impressa nel cuore quella mamma che veniva a chiedere aiuto per il figlio mutilato. Mamma Adele le allungava sempre una ruzla ad pan o altro. Chiunque approdava a quella casa poteva rifocillarsi. Fortunatamente c’era ogni ben di Dio.

    Mauro era aperto di idee, sincero e genuino. Manifestava apertamente l’avversione per il sistema di violenze che da alcuni anni si andava sempre più manifestando e che andava assumendo aspetti tragici in quel momento particolare di disfacimento sociale dello Stato. Ben presto si accorse che i più bisognosi in quella particolare situazione erano i perseguitati politici: erano tanti, tutti molto giovani, coetanei, amici.

    Conclusi gli studi classici continuò la via del seminario, perché quella era la sua vocazione profonda.Importante su questo punto è il bellissimo affresco che ne fa la cugina, Signora Paola. La sua testimonianza è preziosa anche perché condivisa dalle tante cugine e altri parenti di don Mauro (testim 1).

    Per la giusta comprensione della personalità di Mauro, riportiamo anche i ricordi della Signora Emma Orsi (testim 2), quasi sua coetanea. Da bambini Emma lo vedeva ogni giorno alla scuola a Longara, per le prime quattro classi. Frequentò la quinta a Calderara non essendoci al paese.

    Da ragazzi, essendo Mauro in seminario, lo vedeva d’estate e nelle rare vacanze.

    Terminò gli studi teologici con anticipo e fu ordinato prima suddiacono, il 25 marzo ‘44 a San Marino di Bentivoglio e subito dopo diacono (colui che serve Cristo) il 18 giugno su a San Luca, perché la città era sottoposta a bombardamenti.

    Era fra i più intelligenti della sua classe seminariale, riconosciuto da tutti gli amici (abbiamo parlato con una quindicina di ex colleghi di seminario): aveva Una marcetta in più (don Dante Campagna). Il fratello Adorando, di due anni più giovane, si laureò in chimica e farmacia.

    Significativa anche la foto che lo ritrae - siamo nel ’44 - il giorno della visita militare col giornale in tasca, anche se ciò potrebbe essere foto di posa (Karl Barth: Bibbia e giornale,lo stile del credente oggi, 1975, trent’anni dopo!).

    In seminario allora era proibito leggere qualsiasi giornale, anche Avvenire, per timore di distogliere l’attenzione dall’obiettivo principale. E’ anche risaputo che, insieme al suo amico don Gaetano Tanaglia, conosceva il foglio La punta, il ciclostilato antifascista di Angelo Salizzoni.

    Era molto bravo in disegno. Giannino Baruzzi (vds testim)un suo amico artista, oggi pittore molto bravo, teneva il suo giudizio critico in grande considerazione.

    Conosceva il francese, lo spagnolo, il tedesco, imparati attraverso corsi per autodidatta. Studiava inglese con un suo compagno di seminario, don Dante Campagna, col sussidio della rivista L’aviatore. Don Dante era molto amico della famiglia Fornasari. Aveva due anni meno di Mauro e quando cantò messa mamma Adele gli fece dono della veste talare preparata per don Mauro.

    Fascisti e partigiani

    In questo periodo gli Italiani erano divisi in due fazioni in lotta fra di loro: fascisti e partigiani. La famiglia Fornasari non era schierata politicamente. Papà Cleto era sempre stato su posizioni moderate ed era molto ben visto localmente.

    Sarebbe alquanto riduttivo e semplicistico lasciare così espressa questa classificazione. L’ 8 settembre non è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Il Popolo Italiano ha preso coscienza lentamente verso quale tragedia lo stavano trascinando i propri governanti. In particolare questa data ha posto le Forze Armate e i singoli militari a dover scegliere fra la fedeltà agli impegni assunti nei confronti della Germania del Fùhrer e la fedeltà alla propria coscienza che orientava verso la decisione opposta. Interi battaglioni si sono trovati a dover scegliere se continuare a combattere a fianco dell’esercito tedesco, come componenti della neonata Repubblica Sociale Italiana di Salò, o fare resistenza. Emblematico è il sacrificio dei Caduti di Cefalonia, dove la divisione Acqui rifiutò di lasciarsi disarmare dai Tedeschi. La divisione, forte di circa 11.000 uomini, fu quasi completamente distrutta: in totale perse circa 9.000 uomini la maggioranza dei quali fucilata (dopo essersi arresa), contro ogni norma di guerra. Si formò così in breve tempo la Resistenza, come ampio movimento nazionale, costituita da tutti quei componenti, uomini, donne, civili, militari, che decisero di passare all’opposizione aperta al fascismo.

    Nel 1943, dopo l’Armistizio dell’8 settembre, l’esercito regio regolare venne disarmato: oltre mezzo milione di uomini. Sbandamento generale e caos. Un uomo o era arruolato militare nella Repubblica Sociale Italiana – RSI di Salò o era consegnato in uno dei trecento campi di raccolta in Italia, o era disimpegnato, libero.

    Pochi giorni dopo l’8 settembre ’43 la RSI (costituitasi come tale entro la fine dello stesso mese) inviò la chiamata alle armi anche per gli studenti universitari e seminaristi. Mauro non andò. Era dunque considerato renitente alla leva? Questo stato di libertà o disimpegnato cessò comunque con la sua istituzione a diacono il 18 giugno del ’44 .

    Arruolarsisignificava andare dritto a combattere al fronte, che lentamente stava risalendo da Sud verso Nord, combattere cioè contro chi stava liberando l’Italia dalle armate di Hitler e, soprattutto localmente, contro tutti i suoi amici che conosceva personalmente. Don Mauro aveva degli amici longaresi prigionieri proprio in quei mesi in Germania: Corrado Zaghi, Monari, Monti, Greco, Marani, Risti. Altri che erano nascosti vicino a casa, come Gualtiero Piana, il cugino Gino Stagni o gli amici del macero. Occorre senz’altro precisare che tutti costoro erano ritenuti partigiani ma non hanno mai sparato, almeno nella zona calderarese.

    Bruno Corticelli fu capo partigiano, attivo dal ’43. A Longara non sono mai avvenute delle rappresaglie perché non è mai stato ucciso un tedesco dai partigiani. Questi hanno avuto sei scontri a Calderara e quattro a San Vitale

    Molto probabilmente, cosa che ci è stata suggerita dai suoi amici di seminario, don Mauro si è consultato col suo parroco. Conoscendo la forte tempra e le idee di uomo tutto d’un pezzo di questi, se ne può dedurre che don Mauro seguì la propria coscienza. Anche i superiori del Seminario lasciavano libertà di scelta. Per chi si arruolava chiedevano solo di non imbracciare le armi e di aiutare chiunque si fosse trovato in difficoltà (vds don Dario Zanini, don Gaetano Tanaglia, don Dante Campagna e altri ).

    Nel 1944 la famiglia Fornasari aveva sotto le armi tre componenti: due fratelli di Mauro, Giuseppe e Adorando, il primo prigioniero in Libia, il secondo in Germania. Il terzo era il cugino Angelo, papà di Paola, anch’egli catturato in Africa (vds testimonianza di Paola Fornasari).

    Il fratello Adorando, partito militare all’ultima chiamata del periodo regio, poco prima dell’8 settembre ’43, fu subito fatto prigioniero e mandato in Germania. Al rientro nel ’46 fu bloccato alla frontiera e mandato al Centro di raccolta di Coltano. Rientrò a casa solo nel ’47.

    Vita seminariale e longarese

    L’anno scolastico 1943-44 non si svolse, perché il seminario di Piazza Umberto I (l’attuale Piazza dei Martiri) era stato distrutto nel bombardamento del 25 settembre ‘43. Qualche incontro si teneva a Villa Revedin; comunque questo luogo veniva usato soprattutto come rifugio antiaereo, rifugio di sbandati e soccorso per i feriti. Infatti nel ’44 qui prese sede l’ospedale militare Putti, col tenente colonnello Professor Oscar Scaglietti.

    Mauro svolgeva quindi la sua attività a Longara, nella sua parrocchia: faceva giocare a calcio e a bandiera i ragazzi e faceva spesso spettacoli di burattini, aiutato dal parroco. Tutti i suoi amici seminaristi ricordano la sua eccezionale velocità: sarà questa a salvarlo la prima volta la sera del 4 ottobre.

    Questo particolare lo ricorda con passione Mons. Giulio Malaguti parlando delle partite che si svolgevano fra le classi seminariali: Mauro giocava in attacco. Era effervescente e gioviale, sempre carico positivamente.

    In seminario fu nominato prefetto (responsabile) della sua classe, pur essendo coetaneo dei compagni stessi.

    In parrocchia naturalmente insegnava catechismo. Ai ragazzi piaceva molto, anche se oggi i suoi ragazzi (tutti vicino agli ottant’anni) scherzando dicono che per i loro gusti li faceva pregare un po’ troppo.

    Insegnava il catechismo della fede, praticava e testimoniava il catechismo della giustizia, della legalità, della solidarietà verso i più poveri, della libertà e della pace.

    Qualcuno di loro storce un po’ il naso pensando al parroco don Gusten, perché insegnava catechismo col bastone e tirate d’orecchie, com’era normale in quei tempi. D’altra parte don Agostino era cresciuto in una famiglia di tempra militaresca; un suo fratello era ufficiale di aviazione: era perciò comprensibile, come lo era il fatto di possedere armi di difesa, dati i tempi. Oltre tutto era anche un appassionato cacciatore e un preciso economo, organizzatore, amministratore. Fondò la Cassa Rurale e Artigiana di Longara.

    Don Agostino era molto prudente e non si esponeva perché lo riteneva inutilmente pericoloso.

    A distanza di tanto tempo si può, forse giustamente, avere qualche remora verso questo atteggiamento. E’ la morale umana, la morale del Concilio tridentino. E’ ben vero che non tutti siamo votati al martirio, tuttavia è bene ricordare che è in questo periodo

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