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Illusioni e verità: Risvegli
Illusioni e verità: Risvegli
Illusioni e verità: Risvegli
Ebook289 pages3 hours

Illusioni e verità: Risvegli

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About this ebook

Delle presenze demoniache stanno facendo la loro apparizione in varie parti del mondo. Creature terrificanti, che in pochi attimi riescono a mietere numerose vittime e a distruggere intere città, improvvisamente prendono in ostaggio il nostro pianeta, attentando a quel senso di sicurezza che si frantuma al primo boato. Un piccolo gruppo di superstiti potrà fronteggiare la dilagante catastrofe? Al, Francesca, Laura e Andrea, insieme a compagni provenienti da mondi diversi, intraprenderanno un viaggio, loro malgrado, fra borghi e paesi fin oltre i confini italiani in cerca di speranza. I dubbi e le domande incise nei loro cuori troveranno le risposte agognate? Per sopraffare il male, armati di coraggio, dovranno prima vincere la battaglia che divampa nel loro intimo. In equilibrio fra illusioni e verità, riusciranno ad arginare l’incedere inesorabile di Satana e dei suoi demoni?
Ruggiero Daniele Russo ci guida in questo climax che ci lascia con il fiato sospeso, in attesa del capitolo successivo...
LanguageItaliano
Release dateAug 22, 2017
ISBN9788856784626
Illusioni e verità: Risvegli

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    Illusioni e verità - Ruggiero Daniele Russo

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8462-6

    I edizione elettronica agosto 2017

    illustrazioni e ricerca iconografica:

    Michele Grimaldi

    A mio figlio Alessandro

    a cui lascio in eredità il mio passato...

    il futuro sarà una sua libera creazione.

    A mamma e papà

    fondamenta del mio essere genitore.

    La grotta era umida e fredda e il buio la faceva da padrone finché quel lampo rosso improvviso mise in luce una scomoda e orrenda verità.

    «Finalmente ti ho trovato... ora davvero per te non c’è più scampo. La fine sopraggiunge inesorabile».

    Il cuore si arrestò raggelato mentre nessun pensiero illuminava la mente.

    «Come hai fatto a trovarmi, sono stato attento... cauto... come...» era di un bellissimo color porpora, acceso e caldo. Forse ben presto avrebbe bruciato tutto.

    «Sei pronto?».

    «No».

    «Hai paura».

    «Sì».

    «Ecco perché ti ho scovato... eppure ti trovo diverso dall’ultima volta che ci siamo visti. Non so se incontrare Dargail ti ha reso più maturo, o più spaventato».

    «Ci sono incontri o eventi che ti cambiano più di altri e se sai aprirti a essi puoi divenire un uomo migliore, più forte... ma non necessariamente abbastanza forte per ciò che ne consegue».

    «Sei pronto?».

    «No, prima voglio sapere».

    «Cosa?».

    «Tutto».

    «Credi davvero che sapere potrebbe cambiare qualcosa?».

    «Non lo so, ma se sapere non potrà alterare la fine, allora puoi permetterti di raccontare; forse mi darà solo modo e tempo di accettarla... io voglio sapere cosa i vostri occhi hanno visto, fin dal principio, quando ancora nessuna delle persone che conoscevo... conosceva».

    Una cicatrice nella roccia simile a una croce sembrò ispirare i suoi ricordi.

    «Bene, fin dal principio, nove mesi fa... ecco cosa i miei occhi hanno visto...».

    Apri la finestra e osserva i demoni che affollano le strade...

    I

    L’aria era fresca e una leggera brezza spazzava via l’afa di quel giorno asfissiante. Il sole si era quasi arreso alla notte, e mentre stava battendo in ritirata dal crinale di quella rupe si poté godere dei suoi ultimi caldi raggi. Il tepore sul viso lasciava spazio alla gelida luna, invitando gli occhi a chiudersi per assaporare il riposo dopo una giornata stremante. Gli occhi avrebbero voluto cedere alle lusinghe, ma lo splendore del tramonto all’orizzonte richiese un ultimo sforzo. Tale visione sembrò incutergli pace, ma lontani, emersi dai riverberi scarlatti, degli strani uccelli colpirono la sua attenzione.

    Cercò di mettere a fuoco, ma erano troppo distanti. Decise allora di lasciar perdere e di ritornare a concentrarsi su quello spettacolo per lui sempre commovente. Però quelle figure alate si fecero più vicine catturando nuovamente la sua curiosità.

    Erano enormi e sembravano volare proprio verso di lui. Cercò di aguzzare la vista e ciò che vide lo immobilizzò dal terrore. Non erano uccelli bensì esseri mostruosi dal color rosso simile alla porpora che illuminava il cielo. Erano spaventosi nei loro lineamenti, ma peggio ancora erano diretti proprio verso di lui, sputando fiamme dalla bocca. Sentì il sangue gelarsi. Avrebbe voluto scappare, ma le gambe gli sembrarono paralizzate. Avrebbe voluto urlare e chiedere aiuto, ma dalla paura il fiato non riusciva a liberarsi dalla gola. Quelle bestie ormai erano quasi sopra di lui e non era in grado di fare un solo passo. Non sarebbe riuscito a scappare, non avrebbe avuto scampo. Non c’era più tempo per nascondersi, poteva già sentire il caldo bruciante delle loro fiamme sulla pelle. Era finita, e l’urlo di uno di quei mostri sembrò confermarlo. Il suono gli fece quasi scoppiare il cuore, mentre saliva di intensità. Come un grido nella notte assordante rimbombò nelle sue orecchie, diventando quasi insopportabile finché, aperti gli occhi, non spense la sveglia.

    Era madido di sudore. Avrebbe dovuto essere abituato a quelle figure angosciose, ormai erano anni che saltuariamente facevano parte della sua vita onirica, ma l’orrore di quelle immagini lo terrorizzava ancora.

    La sveglia segnava le 7:31, e questo significava che non aveva tempo per pensare a ciò che apparteneva al mondo dei sogni. Un nuovo giorno gli si stava presentando davanti, vita vera, un esame alle nove, e questa sì che era una buona ragione per sudare freddo.

    Prima di uscire di casa si chiese se non avesse dimenticato qualcosa, e dopo qualche istante di riflessione gli sembrò di no. Successivamente ripercorse nella mente il tragitto per raggiungere la facoltà. Lo attendeva un autobus ben affollato, di certo non c’era modo migliore per iniziare una bella giornata!

    Un’altra notte era passata, e al risveglio come ogni mattina i suoi occhi si aprirono per osservare la stazione Tiburtina. Con la notte erano passati anche gli incubi che avevano tormentato il suo sonno. Si ricordò di quando erano iniziati, tempo addietro, e da allora non lo avevano più abbandonato. Aveva dovuto rinunciare alla sua vita a causa di quelle visioni terrificanti, e ora si chiedeva a cos’altro avrebbe dovuto rinunciare.

    Quella mattina era fresca, ma del resto ogni mattina lo era. Forse perché le sue ossa erano ormai rattrappite a causa di notti e notti passate all’aperto. Marco, doveva essere quello il suo nome, si stiracchiò, mentre la gente indifferente gli passava accanto. Forse però quella gente non era poi così indifferente. Lo si poteva capire dai loro sguardi. Marco non provava neppure più a leggerli, tanto era abituato a ciò che gli occhi di quegli uomini sembravano dirgli. Anche se non poteva conoscere i pensieri di ognuna di quelle persone, di certo alcuni di essi gli davano del pazzo, altri del rifiuto e altri ancora forse semplicemente del barbone.

    Era una bella serata, e se avesse potuto vedere le stelle sicuramente gli avrebbero sorriso. Era quasi pronto, doveva solo aggiustarsi la cravatta e mettersi la giacca. Si diede un’ultima guardata allo specchio. La sua mano era stata meno ferma del solito, infatti non aveva fatto quella che si potrebbe definire una barba perfetta. Ma in fondo non importa, la vita non gli sarebbe potuta andare meglio. Aveva tutto quello che un uomo potesse desiderare: soldi, una brava moglie, una dolce bambina e una splendida amante. Ben fatto Bob diede l’impressione di sussurrare la sua immagine riflessa.

    Erano le 10:10 di sera, anche l’orologio sembrava sorridergli, ma se non si sbrigava avrebbe fatto tardi all’appuntamento, una cena di lavoro, aveva detto a sua moglie.

    Le scale della metro offrivano sempre uno spettacolo rassicurante, ma non gli importava, ora voleva solo non fare tardi. Non dovette aspettare molto, infatti poté ascoltare il dolce rumore che precedeva il suo arrivo solo dopo pochi minuti di attesa.

    La metro chiuse le porte e si allontanò velocemente, mentre le persone rimaste fuori imprecavano per la mala sorte. Se solo fossero arrivati un secondo prima, se avessero leggermente affrettato il passo, ora non avrebbero dovuto perdere tutto quel tempo. Ecco però che in lontananza si udì un altro rumore acuto, di certo doveva essere la loro giornata fortunata...

    Ormai mancavano poche fermate all’appuntamento. Lasciò vagare i pensieri sulle piacevoli sorprese che poteva riservargli quella serata. La sua attenzione fu catturata, però, da una luce intensa che proveniva dalla galleria alle spalle della metro.

    Non ebbe il tempo sufficiente per capire cosa fosse, che già una nuvola di fuoco si era schiantata sull’ultima vettura.

    Durò tutto pochi istanti, dopodiché non si poté più distinguere fra le varie sagome che affollavano la metropolitana; era solo una serie di corpi carbonizzati.

    La notte si faceva strada fra le ore della sera, ma il traffico fra le vie di Pechino era in ogni modo intenso. I risciò affollavano le strade non permettendo alle macchine una circolazione regolare. Gli odori dei mercati si intrecciavano nelle narici nonostante l’aria fosse stata resa fresca da un acquazzone che aveva colpito la città qualche ora prima. Aromi di spezie orientali a volte pungenti, altre volte stantii, aleggiavano fra le nuvole che rendevano il cielo notturno ancora più scuro, non permettendo ai raggi lunari di illuminare le strade sottostanti lasciate al buio da un black-out generale causato dalla pioggia. Le sole luci delle macchine illuminavano a singhiozzo le vie pechinesi. Regnava un frastuono assordante. Poi il rumore cessò tutto d’un tratto. Un fiume di persone si accalcò per le strade in silenzio e con lo sguardo rivolto in alto. Il cielo, nonostante la tarda ora, si era tinto di un rosso intenso. Ora non c’erano più solo i fari delle auto a rischiarire l’asfalto!

    Solo due fermate d’autobus e quattro passi a piedi lo dividevano dall’esame. Non era uno dei primi in lista e quindi avrebbe dovuto aspettare per qualche ora il proprio turno. Di certo quella era la cosa più stressante, ancor più dei fastidiosi autobus affollati.

    Sembrava proprio una classica giornata romana: calda e rumorosa; quand’ecco che improvvisamente il cielo divenne rosso fuoco. La natura sembrò fermarsi ad attendere qualcosa e, mentre il cielo assumeva colori sempre più strani, un’immensa fiammata improvvisamente sbucò dal nulla attraversandolo. L’autobus frenò bruscamente come la maggior parte degli altri mezzi, facendo rimbombare gli stridii dei freni e i tonfi dei tamponamenti. La strada era nel caos più totale, mentre dalla nuvola di fuoco fuoriuscì qualcosa di mai visto prima, qualcosa di troppo terrificante persino per il mondo degli incubi.

    Era un essere alato, di colore rosso e dalle sembianze umane, anche se allo stesso tempo era ciò di più lontano da un essere umano. Quella creatura demoniaca si fermò sospesa in aria e osservò, a non più di dieci metri da terra, quei piccoli esseri affollati sotto di lui. Al non poté che guardarlo esterrefatto: sapeva che la cosa migliore sarebbe stata darsela a gambe, ma era come ipnotizzato da quella visione.

    Improvvisamente una fiammata partì dalla mano di quell’essere e si abbatté su una fila di macchine, provocando un’esplosione. Scoppiò il panico fra la gente che, urlando, cominciò a scappare in tutte le direzioni, attraverso i muri di fiamme provocati da quella creatura che continuava a bombardare la strada sottostante con palle di fuoco. Mentre il terrore contagiava le persone rendendole quasi prive di senno, altre porte di fuoco attraversarono il cielo e altri esseri apparvero. Faceva ormai molto caldo e c’erano morti dappertutto.

    Al si trovò a scappare in mezzo a un folto gruppo di persone. Nessuno di essi aveva in effetti una meta, forse l’unica meta consisteva nell’allontanarsi il più possibile di lì. Uno di quei mostri si mise al loro inseguimento. Era molto più veloce, non avrebbero avuto scampo, era solo questione di tempo. Al aveva il cuore in gola per la paura, e di certo quella corsa non lo aiutava a rallentarne il battito. In preda alla foga non riusciva a pensare a nient’altro: voleva vivere.

    Il mostro si avvicinava sempre di più, e se non si fossero inventati qualcosa sarebbero stati sicuramente spacciati. Alcune persone si allontanarono dal gruppo, frazionandolo, e si diressero verso le strade secondarie. Stranamente non erano inseguite da nessuno dei mostri, che invece si preoccupavano dei mucchi di gente che correvano sulla strada principale.

    Al correva all’impazzata continuandosi a chiedere perché inseguisse proprio loro, peggio ancora perché proprio lui: doveva essere la solita fortuna! Cercò di recuperare la calma e ne ottenne un briciolo di lucidità. Capì che i mostri alati stavano attaccando le masse. Non gli interessavano i piccoli gruppi. Probabilmente il loro intento era fare più vittime possibile.

    Doveva allontanarsi da quelle persone, era la sua unica possibilità di salvezza. Così cambiò direzione, e il problema ora era capire dove poteva nascondersi. Aveva bisogno di un posto sicuro dove riprendere fiato. Già, un posto sicuro, ma dove mai si poteva essere al sicuro da quegli esseri? Non lo sapeva, ma davanti agli occhi si ritrovò l’ingresso del Verano. Sarebbe entrato lì e si sarebbe nascosto in qualche cappella.

    Odiava i cimiteri, ma in quel momento c’era qualcosa che gli faceva ancora più paura, e poi se proprio doveva morire non avrebbe potuto trovare posto migliore! Entrò.

    Si accostò a una parete, le gambe vacillavano e a stento riuscivano a sopportare il peso del corpo, tanto che Al lentamente si accasciò per terra. Aveva paura, era pallido, tremava. Che diavolo stava succedendo? Che cos’erano quegli esseri? Perché li avevano attaccati? Perché proprio lui? Erano mutanti oppure un nuovo tipo di armi biomeccaniche? Certo non potevano essere mostri, i mostri non esistono. Qualsiasi spiegazione razionale era meglio di tutti quei pensieri che gli affollavano la mente. Tutte quelle idee folli cercò di scacciarle, non voleva pensarci, ma la mente tornava lì.

    Doveva calmarsi, stava perdendo il controllo. Si sforzò di respirare in modo profondo e regolare, riacquistandolo poco alla volta. Lentamente riuscì anche a gestire i pensieri che affollavano la mente. Che stava succedendo? Chi diavolo erano quegli esseri? si ripeté. A un tratto si rese conto che la risposta era forse già nella domanda. Per quel po’ che aveva potuto osservare, quegli esseri volanti sembravano proprio delle figure demoniache.

    Quel pensiero folle gli balenò in testa, non intenzionato ad andar via, mentre le fiamme e il fumo ricoprirono il cielo tingendolo di colori opachi. Sotto quel cielo cupo, come un fulmine un pensiero attraversò la mente di Al: Francesca è in pericolo.

    Le fiamme gli illuminarono gli occhi. Incapaci di resistergli, obbedivano a ogni suo comando precedendolo nel volo. Il muro di fuoco che lo avvolgeva a un certo punto si aprì lasciando intravedere il blu del cielo. Con un ultimo battito d’ali il Re degli Inferi uscì da quel tunnel infuocato, atterrando di fronte alle porte di San Pietro. Quella figura oscura, alta più di due metri di diversi centimetri, senza il minimo sforzo spalancò quelle porte. Entrò con passo sicuro verso il centro della chiesa. Quando vi arrivò si fermò a contemplare ciò che ormai era suo. Sul viso si poteva scorgere una certa soddisfazione. Quanto tempo aveva dovuto aspettare, ma finalmente era arrivata la sua ora.

    Il viso improvvisamente si fece più tenebroso, gli occhi s’illuminarono diabolicamente e un’atmosfera di terrificante silenzio piombò in quel luogo sacro. Dalle mani di Satana saettarono contro una parete due palle di fuoco. Un urlo agghiacciante di vittoria seguì quell’azione. Niente poteva fermarlo ormai.

    Francesca a quell’ora doveva essere in facoltà o lì vicino, doveva raggiungerla a tutti i costi. Si fece coraggio e uscì dalla tomba, cercò di muoversi prudentemente senza dare nell’occhio. Quei mostri non si sarebbero dovuti sprecare ad attaccarlo se fosse rimasto da solo, o almeno così sperava. Uscito dal Verano, nascondendosi sotto gli alberi, si diresse verso il luogo dell’appuntamento. Più correva e più gli sembrava di andare piano, mentre un pensiero fisso lo assillava: Fa che sia viva, fa che non le sia successo niente.

    Non gli ci volle molto per raggiungere la sua facoltà.

    Era stata sicuramente attaccata, poiché parte della struttura era caduta sulla strada e... era uno spettacolo orribile: c’erano morti dappertutto. Vedere tutti quei cadaveri lo fece barcollare. Non ebbe il tempo di riprendersi che un brivido gli attraversò la schiena. E se Francesca era fra quei corpi? Cercò di mantenere il controllo, sapeva che non era lì, non poteva essere lì, doveva solo pensare a trovarla.

    Era ancora in preda al panico quando la sua attenzione fu catturata da una voce nota. Dalla facoltà, nella quale si era nascosto, uscì Cristian, che cautamente si diresse verso di lui. Al fu felice di incontrare una persona amica.

    «Che cazzo sta succedendo?» chiese Cristian spaventato.

    «Non lo so, ero per strada e a un certo punto, non so come spiegarlo...» Al fece una pausa di silenzio «hai visto Francesca?» chiese preoccupato.

    «Sì, è con me e altri ragazzi, ci siamo nascosti dentro. Sono uscito per vedere se la situazione si fosse calmata, e sembra di sì».

    Ebbe giusto il tempo di finire di parlare che tutti gli altri uscirono dalla facoltà, e Francesca era con loro. Vedendola, Al si sentì infondere sicurezza, e abbracciarla gli fece ricordare quanto l’amasse.

    Ora le nubi, quasi diradate, apparivano sempre più lontane e da un certo punto di vista, a causa di tutto quello che era successo, aveva almeno una buona scusa da dare a casa per non aver sostenuto l’esame.

    II

    Al, dopo essersi unito al gruppo e aver scambiato qualche parola con Francesca, si appartò per qualche istante. Era avvenuto tutto così velocemente che non aveva avuto il tempo per fermarsi a pensare, e ora che non era più preoccupato per Francesca poté vagare con la mente per cercare di capire cosa fosse successo. Il cielo sopra di lui si era leggermente schiarito, e di sicuro non era più affollato da quegli esseri.

    Forse era stato tutto un incubo, ma allora dov’era finita la sua sveglia? Perché non suonava? Perché non gli veniva in soccorso anche questa volta? D’un tratto ripensò ai suoi sogni. Ora capiva perché quegli esseri gli erano sembrati sin dall’inizio così familiari. Ma se quello che aveva appena vissuto non era stato un sogno, forse tutti quegli incubi avevano un senso.

    Non riusciva a capirci niente, e mentre i pensieri gli si accavallavano si sentì sempre più confuso; l’unica certezza era quella di aver ritrovato Francesca sana e salva. Forse era su quello che doveva concentrarsi.

    Rivolse nuovamente lo sguardo verso il cielo. Il sereno sembrava essere tornato, portandogli una nuova tranquillità nell’animo, quand’ecco che un demone improvvisamente spuntò all’orizzonte, da dietro un edificio. Il mostro alato si lanciò in picchiata e scagliò improvvisamente una palla di fuoco contro il gruppo di ragazzi, che cercò nuovamente riparo nella facoltà.

    La palla di fuoco centrò l’ingresso distruggendolo e bloccando quella via di fuga. Anche se si erano salvati miracolosamente, non avrebbero avuto ancora scampo per molto. Quel mostro in un modo o nell’altro sarebbe entrato e li avrebbe uccisi tutti se non fossero usciti da lì. Il problema però non era come uscire, ma dove andare dopo. Infatti una volta fuori sarebbero stati un bersaglio semplice per il demone. Avevano bisogno di un posto dove potersi rifugiare.

    Al non poteva darsi pace. Si sentiva vicino alla soluzione ma non riusciva ancora ad afferrarla. Continuò a ripetersi che dovevano trovare un posto sicuro dove non avrebbe potuto raggiungerli. Dove, posto sicuro, sicuro queste parole continuarono a ronzargli nel cervello finché tutto improvvisamente gli sembrò chiaro.

    Se quelli erano dei demoni, non potevano entrare in un luogo sacro, in una chiesa ad esempio, e per loro fortuna ce n’era proprio una nelle vicinanze. Sarebbero scappati dall’uscita secondaria e con un po’ di buona sorte l’avrebbero raggiunta.

    Al espose il piano agli altri ragazzi, che in mancanza di un’idea migliore decisero di seguirlo. Si accodarono ad Al tutti tranne Cristian che andò a esporre quell’idea a dei loro colleghi che erano nascosti in un’altra ala della facoltà.

    I due amici promisero che si sarebbero rincontrati da lì a poco, ma nessuno dei due ne era così sicuro.

    Fra l’uscita e la chiesa c’erano solo un paio di minuti di corsa. Ce la potevano fare, ma se avesse potuto farlo era in quel momento che avrebbe utilizzato i crediti arretrati che aveva con la sorte.

    Al si affacciò sulla strada per controllare se fosse libera. Del demone sembrava non esserci nessuna traccia, quindi fece cenno agli altri di seguirlo, e affiancato da Francesca iniziò a correre. Il demone non si scorgeva, forse era andato via, forse non li aveva

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