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GraveStone - Voci dal sepolcro
GraveStone - Voci dal sepolcro
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GraveStone - Voci dal sepolcro

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About this ebook

Un’antica tomba a forma di piramide al centro del cimitero, gli ultimi minuti di vita del compositore Mendelssohn, la battaglia finale di Vlad Tepes Dracula, l’improvviso risveglio di Cthulhu, le ricerche segrete di Himmler, il vero significato di Halloween, un incredibile viaggio a bordo di un misterioso vascello, fantasmi, lamie, zombi, cannibali…
Quattordici racconti e un romanzo breve: un tour nell’orrore che condurrà il lettore verso molte nottate insonni, nelle quali l’unico rumore che sarà concesso sentire saranno le spaventose storie sussurrate dalle voci dei morti.
LanguageItaliano
Release dateAug 26, 2017
ISBN9788833000251
GraveStone - Voci dal sepolcro

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    Book preview

    GraveStone - Voci dal sepolcro - Giuliano Conconi

    Ringraziamenti

    Dedica

    A Silvia, per sempre e ancora

    Introduzione

    "Si chiudano gli occhi, ripiegati verso la parte interna della testa, quegli occhi dai quali, spesso, prendevo diletto per inutili e perniciosi sguardi.

    Giaceranno, trasportati in tenebre orrende, questi occhi che si compiacciono di dissetarsi alla vanità quando c’è luce.

    Si spaccheranno subito le orecchie, per riempirsi di vermi che ricevono ora con dilettazione peccaminosa le voci delle denigrazioni e le grida di questo mondo.

    Si stringano i denti miserabilmente chiusi, quei denti che ora la voracità fa aprire.

    Imputridiscano le narici, che ora si dilettano di vari odori.

    Le labbra divengano orride nel loro fetido squallore, quelle labbra che frequentemente si aprivano in una stupida risata.

    Sarà legata da una putrefazione purulenta la lingua che spesso pronunziava vuoti discorsi.

    Si stringerà la gola e il ventre si rempirà di vermi, che si aprono rapidamente per ricevere vari cibi.

    A che ricordare le singole cose? Tutto quell’ordine armonioso del corpo, la salute del quale alla cui comodità e al piacere è diretta quasi ogni cura, si scioglie in putrefazione, in vermi e infine in disprezzabile polvere.

    Dov’è quella testa così bene eretta? Dove la sfrontatezza delle parole, l’eleganza degli abiti, i diversi piaceri?

    Sono svaniti come un sogno. Tutte le cose che non potranno tornare un’altra volta, sono passate e hanno lasciato nell’abbandono chi amava se stesso."

    Anselmo di Canterbury

    Lettere dal cimitero

    Cimitero di L., 20 febbraio

    Herbert se n’è andato.

    Si è pure portato via tutto ciò che avevo scritto, lasciandomi qui con i miei gatti, gli abituali visitatori del camposanto e i residenti. Sto parlando dei morti.

    Il silenzio è tornato padrone di questa città marciscente, immenso puzzle di fotografie scolorite, nomi e date.

    Le voci hanno smesso di sbraitare, si sono placate tutte.

    Il giorno in cui il mio gemello mi ha di nuovo assalito - è il verbo più appropriato per la situazione - mi trovavo vicino casa, nella parte più antica del cimitero di L.

    Lì, i visitatori, se non hanno gli occhi arrossati e il cuore troppo pesante, si fermano ad ammirare le tombe più opulente: imitazioni di piramidi, torri circolari, obelischi innalzati in modo fiero verso il cielo, monumenti funebri impreziositi da complessi scultorei, effigi di santi e scene della Passione. Mausolei progettati per contenere i resti di intere casate spalancano le loro gelide stanze nel sottosuolo. Il regno dei vivi è collegato con quello dei morti per mezzo di strette e scivolose scalinate di pietra levigata, sulle quali si arrampicano, strisciando silenziose, radici emerse dal terreno, mani scheletriche pronte ad afferrare le caviglie di qualche malcapitato.

    Sotto, nelle cripte, ceri consumati e mucchi d’ossa.

    Sopra, alla luce del sole, i busti marmorei di coloro che hanno reso grande la città. Per lo più personalità di metà Ottocento, ricordo di fasti passati.

    Inutile, per le nuove generazioni, tentare di acquistare una sepoltura in questa zona del camposanto: lo spazio per costruire è terminato da decenni. Si può sperare forse, avendone la possibilità economica, di accaparrarsi una della tombe già esistenti. Questo perché, anche se succede assai di rado, può capitare che i successori di qualche ricco industrale, esaurita l’eredità, si ritrovino a dover vendere anche quell’ultimo bene. Più d’una personalità è finita in un modesto loculo nelle gallerie della zona sud del cimitero, accanto a quelli che una volta erano stati i suoi operai.

    Per farla breve: se conoscete qualcuno in cerca di un buon affare, mandatelo da me, Cornelius Stone.

    Ma torniamo al momento in cui Herbert si è fatto di nuovo vivo. Infelice locuzione, in questo caso. Perché il mio gemello è venuto meno molti anni fa, quando eravamo poco più che bambini.

    Anche stavolta è andata come tutte le altre: ho percepito un soffio gelido sul volto, e il mio cuore ha perso un battito, lasciandomi senza fiato, sospeso. Poi ho udito un suono nella testa: Herbert Stone. Almeno, io credo si tratti di lui, anche se non si è mai mostrato. Chi altri?

    La prima cosa che mi ha comunicato è stata riguardo ciò che sarebbe accaduto all’interno della cripta di una delle tombe più strane e appariscenti: quell’evento avrebbe spalancato i cancelli dell’ignoto ancora una volta, mi ha sussurrato, come poi è accaduto. Io però non avrei avuto nulla da temere. Dovevo solo fidarmi di lui e trascrivere tutto. E non ho mancato, anche se ora gli appunti sono spariti.

    La furia di un’antica essenza malvagia ha riaperto un portale infernale e subito sono tornati ad accadere strani fatti qui, a L., eventi paranormali di cui sono stato, come sempre, testimone.

    Durante molte nottate insonni ho potuto udire spaventose storie sussurrate dalle voci dei morti, flebili lamenti provenienti dai sepolcri.

    Narrazioni scollegate, almeno in apparenza, tra loro. Visioni di vicende nate come ordinarie e poi sfociate nel bizzarro, cronache di cruenti omicidi, apocalittici affreschi provenienti dal futuro, arazzi immaginari di sanguinose battaglie del passato, dipinti di traversate oceaniche sfociate in un mare di sangue.

    A volte penso di essere un tramite tra questa dimensione e le altre. È sempre stato così, sin dalla mia infanzia, sin da quel giorno in cui tutto ebbe inizio proprio qui, dove ancora abito, all’ombra del grande sepolcro a forma di piramide.

    Ho fatto un sogno, tempo fa, sapete? Ho visto una città del tutto simile a L. ma come spiegarvi… non si trattava di questo posto. Era più caotica, piena di gente, intasata da strane vetture. Forse una visione dal prossimo secolo?

    Non è la prima volta che mi capita di fare i conti con una geografia sovrapponibile a quella esistente ma con variazioni notevoli. Mi è anche successo di scorgere, dalla mia finestra, il deserto. Per non parlare di quella volta in cui, imboccando le solite vie che portano verso le pigre campagne circostanti, mi sono ritrovato a percorrere grandi strade che conducevano in località sconosciute.

    Nonostante io abbia cercato di studiare a fondo tali argomenti, brancolo ancora in una notte senza lumi. Tutte le volte che Herbert torna da me è come se mi consegnasse per qualche tempo i suoi poteri sovrannaturali. Divento in grado di districare situazioni per gli altri impossibili persino da immaginare. Riesco a comunicare con i morti, a vedere le carte in mano ai compagni di bridge, a intuire il passato e il futuro delle persone che incontro. Come se qualcuno che tutto conosce mi concedesse, a tratti, il privilegio dell’onniscienza. Assurdo, lo so. Del resto credete che mi piaccia essere considerato un mezzo matto?

    Quindi, dicevo, mi è stato chiesto di trascrivere le mie esperienze.

    Herbert è stato categorico sul punto, non avrei potuto fare altrimenti. Perché, direte voi? Non ho risposte, ma so soltanto che ora mi ritrovo con i vialetti ingombri di foglie, un mucchio di lavoro arretrato e, beffa maggiore, il cassetto vuoto.

    Come accennavo all’inizio infatti, i fogli disordinati che vi avevo riposto, pagine che nessuno avrebbe mai letto ma sulle quali erano riportate tutte le storie di cui vi ho fatto cenno, si sono volatilizzati.

    Che sia stato proprio Herbert a portarseli con sé? Forse quelle pagine servono davvero a qualcuno in un’altra dimensione.

    Cornelius Stone

    Introduzione dell'autore

    Busto Arsizio, 20 febbraio 2017

    Le storie mi vengono in mente prima di dormire, senza preavviso, regalandomi faticose notti insonni. Non sono solito sedermi davanti al computer in attesa di un’improbabile ispirazione; tendo piuttosto a mettermi a scrivere quando un’idea si è già sviluppata nella mia testa.

    Forse questa metodologia creativa, chiamiamola così, mi ha suggestionato a tal punto da farmi pensare che il mio personaggio più riuscito, Cornelius Stone, viva di vita propria.

    So che può sembrare bizzarro, ma a volte ho la sensazione che sia lui a suggerirmi le trame che poi sviluppo e metto su carta.

    Mi è stato chiesto in passato se il custode del cimitero sia in qualche maniera un mio alter ego.

    Cosa abbiamo in comune? Dal mio punto di vista, assolutamente nulla. Egli è altro da me, e proprio per questo risulta, almeno ai miei occhi, autentico.

    È così… vero!

    Mi piace pensare che esista un collegamento tra me e lui, misterioso personaggio di una dimensione parallela, un mondo di fantasia dove le vicende che invento accadono.

    In fondo, il nostro tramite non potrebbe essere proprio la voce nella sua testa, quella che lui crede appartenere al suo defunto gemello Herbert?

    Giuliano Conconi

    La piramide

    1.

    I piedi di Ted affondavano nella neve. Pochi metri, ormai, lo separavano dalla piccola costruzione immersa nel silenzio e avvolta dal gelo. Per un attimo, gli parve addirittura di sentire il rumore dei fiocchi ghiacciati mentre si posavano pigri sui rami degli alberi spogli e sulle cime dei cespugli sempreverdi.

    Si fermò, giusto il tempo di alzare gli occhi al cielo, grigio ma allo stesso tempo luminoso. La soffice polvere che cadeva sul suo viso, vista dal basso, sembrava uno di quei buffi spettacoli tridimensioni che andava a vedere da ragazzo al cinema. Con la differenza che il suo naso e la sua bocca si bagnavano davvero al contatto con quella sostanza fatata.

    La neve.

    Magia in grado di fermare il tempo, sospendere tutte le attività ordinarie e portare con sé un carico di meraviglia mista a nostalgia. Oltre che freddo, tanto freddo.

    A Karen era sempre piaciuta: le ricordava l’infanzia trascorsa in campagna.

    Ted, complice il maltempo, quel giorno non incontrò visitatori al cimitero di L.

    Chi sfiderebbe un clima tanto ostile per recarsi a trovare persone ormai scomparse? In fondo i morti hanno dalla loro l’eternità, possono attendere il disgelo. O perlomeno il ripristino dei trasporti pubblici, pensò, giunto ormai in prossimità della sua meta.

    Karen, nel suo cuore, non apparteneva ancora al regno delle ombre. Era come se fosse viva, a casa ad attenderlo. Dopo che sua moglie aveva smesso di respirare, non era neppure riuscito a piangere. Non sul momento. Era rimasto incredulo, perso nel vuoto di minuti privi di pensieri. Appena riacquistato un attimo di lucidità aveva alzato la cornetta per avvisare i parenti più stretti. Come comunicare una notizia del genere? Perifrasi, non aveva trovato di meglio. È mancata la mia Karen. In effetti era come svenuta, con la differenza che non si sarebbe mai più riavuta. La zia è volata in cielo. Gli angeli avevano un compagno in più, così aveva riferito ai nipotini. L’abbiamo perduta per sempre, come se si trattasse di un animale domestico smarritosi. Non è più di questo mondo. Anche questo modo di dire gli era venuto alla mente, ma aveva preferito non utilizzarlo… aveva un qualcosa di mostruoso.

    Caronte aveva già imbarcato sua moglie? Dov’era, in quel preciso istante, la sua Karen? In quale paradiso e di quale credo religioso? Forse vagava semplicmente nel nulla, nel nero.

    Non c’è più, svanita, come in un abile trucco di magia. Non esisteva davvero più? Materia plasmata dal caso in forma vitale ormai estinta? A questo si riduceva tutto? Il loro primo incontro, la prima volta in cui avevano fatto l’amore, i viaggi, gli anni spesi a lavorare senza sosta per comprarsi una casa.

    Il flusso di pensieri si interruppe nel momento stesso in cui Ted giunse davanti alla vecchia porta di legno. L’uomo sbatté con forza i talloni sullo zerbino per scrollarsi di dosso la poltiglia fangosa appiccicata alle scarpe, poi afferrò il battente e bussò. Non dovette attendere che un minuto: l’unico abitante di quella modesta dimora fece capolino tra la porta e lo stipite, sporgendo il viso in modo buffo all’altezza della catenella di sicurezza fissata alla parete interna.

    Era proprio come se lo ricordava: alto, smunto, vestito di grigio. Gli occhi, penetranti nonostante fossero in parte nascosti da un paio di occhialini scuri e rotondi, incastonati in un volto cereo dalla forma allungata. Il mento affilato e il naso aquilino poi, lo rendevano non solo brutto, ma addirittura caricaturale.

    L’aggettivo che meglio lo descriveva era solo uno: sinistro.

    «Signor Turner? A cosa devo il dispiacere?» ghignò Cornelius Stone.

    «Vorrei parlarle, se ha un minuto da dedicarmi. Posso entrare?» Chiese con un filo di voce l’inatteso ospite.

    «No, non può. Niente umani, sono ammessi solo gatti. A ogni modo, se l’intento è quello di invitarmi per il bridge, mi trova impreparato. Per anni non si è fatto sentire, e immagino il motivo. È per quello che accadde qualche vigilia di Natale fa, vero? Eppure oggi, eccola qui. Beh, credevo che l’essere al corrente delle mie facoltà la facesse desistere dal buttare altri soldi. Proprio non capisco come possa aver voglia di sprecare denaro. Perderebbe ancora tutte le partite, lo sa benissimo» rispose sbrigativo il custode del cimitero togliendo la catenella dalla porta.

    «No, non è per quello» disse con aria sconsolata Turner.

    «Guai coniugali? Del resto anche lei, mio caro, si metta nei

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