Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

L'Oro di Polia
L'Oro di Polia
L'Oro di Polia
Ebook326 pages4 hours

L'Oro di Polia

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Nicoletta, giovane e affascinante ricercatrice esperta di storia rinascimentale, viene convocata da un milionario canadese stabilitosi da alcuni anni a Ferrara, il quale le rivela di essere entrato in possesso di un libro contenente un'informazione sconvolgente sulla vita, o meglio sulla morte, di Lucrezia Borgia. Questo non è che l'inizio di una ricerca che attraverso codici, anagrammi, e un susseguirsi di colpi di scena, in un viaggio tra alcune delle più belle città d'arte italiane, porterà i protagonisti sulle tracce 
di un inestimabile tesoro sepolto da secoli...
LanguageItaliano
Release dateSep 6, 2017
ISBN9788822819314
L'Oro di Polia

Read more from Sebastiano B. Brocchi

Related to L'Oro di Polia

Related ebooks

Historical Mystery For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for L'Oro di Polia

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    L'Oro di Polia - Sebastiano B. Brocchi

    Sebastiano B. Brocchi

    L'Oro di Polia

    UUID: 5478704c-930e-11e7-8e03-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Ringraziamenti

    Dedico questo libro a mia mamma, che ringrazio con tutto il cuore per le idee, i preziosi consigli e suggerimenti e la pazienza (quando non gliel’ho fatta perdere) di sopportare il sottoscritto nelle diverse fasi creative che, passando da innumerevoli discussioni e ripensamenti, alla fine ha portato alla trama de L’oro di Polia.

    Desidero ringraziare, inoltre, per le indicazioni e/o il materiale fornito, (in ordine alfabetico): Francesco Brocchi, Domenico Lugas, Maria Maugeri, Ivo Nardi, Giuseppe Priolo e Vincenzo Scalisi del Gruppo Grotte Catania, e Dario Vignali.

    NOTE

    Ogni eventuale riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, fatti storici,

    siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale.

    Sebastiano B. Brocchi

    L’oro di Polia

    Prima edizione agosto 2011 © Casa Editrice Kimerik.

    Seconda edizione settembre 2017 © Sebastiano B. Brocchi.

    Contatto: sebastiano.b.brocchi@gmail.com

    I diritti di riproduzione e traduzione sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata, riprodotta o diffusa con qualsiasi mezzo senza autorizzazione scritta dell'autore/editore.

    Illustrazioni: ad eccezione dell’immagine dell’elefante obeliscoforo tratta dall’Hypnerotomachia Poliphili, delle planimetrie della grotta di San Giovanni e di quelle delle Terme Achilliane, ogni tavola illustrata è opera di Sebastiano B. Brocchi.

    Il fotomontaggio in copertina, opera di Grazia e Sebastiano B. Brocchi, si compone di un particolare del ritratto a Lucrezia Borgia di Bartolomeo Veneziano e di due fotografie di Ivo Nardi, raffiguranti il Pulcin della Minerva di Roma e il particolare di una delle iscrizioni presenti sul suo basamento.

    L'AUTORE

    È stato definito " un giovane dall'anima antica (Mutamenti), talento precocissimo e straordinario dell'esoterismo (Hera), la nuova promessa delle lettere ticinesi" (Extra).

    Originario di Montagnola (Svizzera), Sebastiano B. Brocchi è nato il 18 marzo del 1987 da Mauro e Grazia. In terza liceo lascia gli studi per diventare scrittore e ricercatore autodidatta nel campo della storia dell'arte, della filosofia ermetica, della simbologia sacra e dell'alchimia interiore.

    Nel 2004 ha pubblicato la sua prima opera, il breve trattato " Collina d'Oro - I Tesori dell'Arte. Negli anni successivi hanno visto la luce Collina d'Oro Segreta (2005), libro che ha suscitato scalpore nella cronaca ticinese, e Riflessioni sulla Grande Opera (2006), considerato dagli specialisti un testo magistrale di alchimia. È del 2009 il saggio, dedicato all'interpretazione esoterica delle fiabe tradizionali, Favole Ermetiche. La prima opera di narrativa è l'avvincente giallo esoterico L'Oro di Polia, stampato per la prima volta dalla Casa Editrice Kimerik nel 2011. Nel 2012 vede la luce il primo volume della saga dei Pirin, intitolato Le memorie di Helewen, un libro che, oltre a segnare l’esordio dell’autore nel genere fantasy, costituisce una piccola rivoluzione nel vasto panorama di questo tipo di letteratura, proponendo un connubio tra testo e immagini che porta il lettore a scoprire via via un mondo immaginario studiato fin nei minimi particolari. Il secondo volume della saga, Hairam Regina, viene pubblicato nel 2016. Sono attualmente in lavorazione e prossimi all'uscita il terzo e conclusivo volume Le gesta di Nhalbar e un videogioco ispirato alla saga: Eselmir e i cinque doni magici" (Stelex Software) i cui testi e disegni sono curati dallo stesso Brocchi.

    L'autore ha inoltre collaborato con diverse testate giornalistiche cartacee e online, pubblicando negli anni decine di articoli e interviste a personaggi internazionali.

    CAPITOLO I

    12 maggio 2009

    Nicoletta posteggiò la sua 500 rossa sotto un platano, in un angolo appartato del grande piazzale di ghiaia che circondava la villa del signor Deville. Raccolse la sua valigetta e alcune carte dal sedile del passeggero, si richiuse la portiera alle spalle e si avviò in direzione del grande portone, sfilando fra le molte auto parcheggiate.

    Lunghi capelli nocciola un po’ crespi e opachi, occhiali con sottile montatura nera, blazer in pelle marrone a due tasche, gonna a tubino beige.

    Ai lati dell’accesso all’imponente dimora erano esposte due gigantografie di Lucrezia Borgia, affisse per indicare l’ingresso all’esposizione, a tema, allestita in quell’ala del grande edificio.

    Era ormai vicina l’ora di chiusura, e gli ultimi visitatori iniziavano ad avviarsi all’uscita.

    Entrando, le narici della ragazza vennero solleticate dal profumo del prodotto usato per lucidare il parquet, che si spandeva in quella stanza grande quasi quanto la palestra di una scuola.

    Nicoletta osservò meravigliata gli spazi sontuosi e moderni della villa contemporanea, opera di un famoso architetto russo, e la cura maniacale con la quale i locali erano stati adibiti a spazi espositivi.

    Pannelli bianchi, racchiudenti la descrizione delle opere e dei reperti esposti, simili a lucidi monoliti, si stagliavano un po’ dappertutto sul legno pregiato dei pavimenti e vicino alle teche di cui illustravano il contenuto. Sulle pareti, fra le molte opere poco conosciute, spiccavano anche alcune tele di grande valore storico e artistico, tutte legate agli Este e alla Ferrara rinascimentale.

    Nell’uomo immobile, assorto in una contemplazione quasi mistica della Lucrezia Borgia di Bartolomeo Veneziano, Nicoletta riconobbe il milionario mecenate di quell’importante evento culturale: mr. Marc Deville. Canadese stabilitosi da diversi anni nella periferia ferrarese, noto collezionista e attivo sostenitore della vita artistica della regione.

    Tamburellando le liste di legno con tacchi da 5 cm, ogni passo di Nicoletta produceva un’eco ridondante, quasi stesse avanzando verso l’altare di una cattedrale gotica. Quando si fermò, a pochi passi dal signor Deville, sentì che le porte della mostra venivano chiuse, facendo sprofondare il luogo in un silenzio magico. Al di là delle vetrate, i colori del parco, fino a quel momento accesi dal sole del tramonto, cominciavano a sfumare nelle tinte crepuscolari.

    Marc Deville stava in piedi proprio sotto un riflettore, come un attore al centro del palco che si prepara ad iniziare il suo monologo.

    Ma, invece del famoso teschio dell’Amleto, Deville teneva in mano un'esile flûte di champagne dai riflessi di platino, entro al quale formicolavano colonne di bollicine che, simili a minuscoli serpentelli, cercavano di guadagnare l’uscita all’imboccatura del calice.

    Senza distogliere gli occhi dal viso di Lucrezia Borgia, Deville si rivolse a Nicoletta con l’accento franco-americano tipico del Quebec: «Professoressa Solain, sono contento che abbia risposto alla mia convocazione...».

    Solo dopo un momento di silenzio, l’uomo si girò verso Nicoletta per stringerle la mano. Lei rispose con la naturale timidezza che la contraddistingueva, dicendo che era onorata di fare la conoscenza di una persona così impegnata nella rivalutazione del patrimonio storico e artistico italiano.

    «Di preciso, per cosa ha chiesto di incontrarmi, monsieur Deville?».

    Lui tornò con gli occhi al quadro del Veneziano.

    «Lucrezia... una donna straordinaria. Tutti i grandi del suo tempo erano ai suoi piedi».

    Nicoletta non disse nulla, aspettando di capire dove volesse arrivare il suo interlocutore, che sembrava non aver sentito la domanda e continuava a tessere le lodi della duchessa di Ferrara, lentamente, quasi misurando le parole.

    «Osservi, professoressa Solain, la bellezza di questi tratti, le onde d’oro di questi capelli che sembrano un’opera di gioielleria, la leggiadria della mano, che tiene i fiori come se questi non fossero nemmeno materia ma evanescenti fili d’aria, questi veli candidi di foggia antica, che la rendono simile a una vestale, e questi occhi, questo sguardo più enigmatico della Gioconda... Magnifica!».

    «Tuttavia non sappiamo con certezza quale fosse il reale aspetto di Lucrezia» abbozzò Nicoletta.

    Per la seconda volta Deville non badò al suo intervento, accrescendo il disagio della giovane donna, ma almeno si decise a spiegarle per cosa l’avesse invitata.

    «Se l’ho cercata, professoressa, è perché la sua competenza mi può essere utile. Lei è una delle maggiori esperte di Rinascimento italiano e i suoi studi riguardano soprattutto Lucrezia Borgia e la corte degli Este».

    Nicoletta annuì, estraendo dalla valigetta una copia del suo ultimo libro, dedicato appunto alla duchessa, e sottoponendolo allo sguardo di mr. Deville.

    «Ho letto il suo libro, professoressa Solain. Una lettura decisamente illuminante. Soprattutto, sono rimasto colpito per come sia riuscita a mettere in luce le diverse discrepanze sulla figura di Lucrezia, considerata ora una perfida cortigiana capace di architettare i retroscena politici del suo tempo, ora una pia donna dagli umili costumi».

    «Tanto che arrivo a ipotizzare...» intervenne Nicoletta, che non riuscì a terminare la frase, subito interrotta dal suo interlocutore.

    «Arriva a ipotizzare che ci fossero due Lucrezia, o meglio che la donna devota e penitente dal corpo martoriato dal cilicio, sepolta nel monastero del Corpus Domini, non fosse la vera Lucrezia Borgia, ma una sosia fatta passare per lei agli occhi del popolo».

    «So che può sembrare una tesi azzardata, però non è così assurdo che i nobili facessero ricorso a dei sosia per attuare i loro piani. Del resto, fu proprio nel libro dedicato a Cesare Borgia che Machiavelli ebbe a scrivere Il fine giustifica i mezzi».

    «Non ritengo affatto azzardata la sua tesi, professoressa Solain. Anzi, è proprio perché credo di essere in possesso di un documento in grado di dimostrarla che l’ho fatta convocare».

    Nicoletta rimase ammutolita e, quando recuperò la parola, balbettò: «Potete spiegarvi meglio, mr. Deville?».

    Deville si espresse in un sorriso compiaciuto e borioso, pervaso da un sadico piacere nel tenere Nicoletta sospesa al suo discorso evasivo.

    «Il reperto di cui sono venuto in possesso potrebbe portare le sue ricerche a una svolta decisiva, professoressa Solain. I suoi studi, finora snobbati dall’ambiente accademico, si imporrebbero alla ribalta internazionale. In cambio, le chiedo la sua collaborazione per aiutarmi a risolvere un mistero».

    «La prego, continui».

    L’uomo si incamminò verso un’altra ala della villa, chiedendo alla donna di seguirlo.

    A quelle stanze, che non facevano parte degli spazi espositivi aperti al pubblico, si accedeva da una porta con sistema di riconoscimento vocale.

    La giovane ricercatrice seguiva il padrone di casa in silenzio, combattuta fra l’ansia di scoprire cosa nascondessero quei locali inaccessibili della villa e la sottile agitazione che provava nel trovarsi da sola con uno sconosciuto in quel luogo, così asettico, silenzioso e sinistro.

    Il locale dove Marc Deville la condusse e la fece accomodare era una sala riunioni riservata, dalle pareti bianche rivestite da isolamenti acustici e senza nessuna finestra o altra apertura, al centro della quale stava un tavolo di cristallo con otto sedie dal design molto ricercato.

    Nicoletta venne assalita da un leggero brivido di claustrofobia che, per un attimo, le fece mancare il respiro, ma riuscì a far finta di niente, aiutata, in questo, dal tempismo con il quale Deville le chiese se gradisse qualcosa da bere. Mostrò alla sua ospite un frigobar, la cui apertura era azionata da due battiti di mani, ricolmo di bottiglie scintillanti, simili a gioielli esposti in una vetrina pervasa da freddi aliti di vapore acqueo.

    «Un semplice bicchiere d’acqua, grazie».

    «Ne è sicura, mademoiselle?»

    «L’acqua andrà benissimo».

    Osservando la cascatella cristallina riversarsi nel bicchiere, Nico letta sentì il suo respiro farsi meno contratto.

    Dopo averle porto quel calice rinfrescante, mr. Deville le chiese di aspettarlo un momento. Con pochi passi si diresse verso una cassetta di sicurezza a parete, dove, con gesti spigliati, digitò una combinazione segreta che fece aprire la pesante porticina d’acciaio.

    Come avesse a che fare con un’ostia presa dal suo tabernacolo, Deville estrasse dalla cassetta un vecchio libro rovinato. Non sembrava un manoscritto prezioso e non recava alcun particolare ornamento.

    Era evidente che il valore del volume non fosse dato dal pregio dei materiali ma dal contenuto.

    Da dietro gli occhiali, i grandi occhi scuri di Nicoletta indagavano lentamente la figura di Marc Deville: sessantenne, alto pressappoco un metro e ottanta, fisico corpulento, capigliatura argentea, naso pronunciato, mento importante tuffato in un generoso doppio mento. Il physique du role di un presidente del G8, condito dal mezzo sorriso e la punta di sarcasmo del conduttore di un gioco a premi televisivo. Portava un abito blu scuro molto elegante, con tanto di panciotto, realizzato probabilmente su misura.

    Il ricco Canadese appoggiò ordinatamente il libretto sul tavolo di fronte a sé e si sedette.

    Nicoletta osservava con sempre crescente interesse quel piccolo tomo dalla copertina lacera, ma Deville, per il momento, lo tene va chiuso, circondando con le dita tre lati del libro e sfiorandone i bordi mentre preparava mentalmente il suo discorso, come fanno i gioiellieri che allungano il brodo con le lodi della manifattura prima di dare al cliente la cifra del collier.

    «Dunque è lì dentro la prova che confermerebbe le mie teorie su Lucrezia Borgia? - ruppe il ghiaccio Nicoletta - Di che libro si tratta?».

    «Sa, professoressa, molte opere inestimabili, in passato, capitavano in mano a proprietari che ne ignoravano totalmente il valore e le rivendevano per pochi soldi. Ed è un po’ quello che è successo a questo libro. Trovato in un semplice marché des puces!»

    «In cosa consiste il suo valore? Perché questo libro è così importante?»

    L’uomo prese il libro fra le mani e cominciò a sfogliarlo con esasperante lentezza.

    «Il libro in sé non ha alcun particolare valore. È una copia ottocentesca dell’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna».

    Così dicendo, Deville girò il libro, aperto, nella direzione di Nicoletta, la quale riconobbe le caratteristiche xilografie del celebre incunabolo stampato per la prima volta a Venezia nel 1499.

    «Ebbene?»

    «Ebbene, in questa copia risultano alcune imperfezioni. Diverse parole mancanti».

    A questo punto Deville ripose il libro sul tavolo, raccolse un telecomando e, con questo, azionò un beamer. Sulla parete comparve un ingrandimento delle pagine che il Canadese si apprestava a descrivere.

    «Guardi, professoressa: in questa pagina, dove nella versione originale troveremmo cum gli brachii extensi levorso et dextrorso ad gli anguli, qui, nella nostra copia ottocentesca, manca la parola extensi. Al suo posto c’è uno spazio lasciato bianco».

    «Ma questo non ha alcuna relazione con...»

    «Mi lasci finire, mademoiselle, e capirà presto dove voglio arrivare».

    Nel diorama intanto veniva ingrandito un nuovo dettaglio.

    «In quest’altra pagina, dove l’originale riporta et praecipuamente sopra gli sepulchri, la parola sepulchri è assente».

    «Mi scusi, signor Deville, ma non è difficile trovare simili errori di stampa anche nei libri odierni. Capita spesso che alcune parole risultino illeggibili o addirittura che interi paragrafi vengano schiariti».

    «Già! Ma aspetti di vedere il seguito. Nella frase Più spavento et terrore mi misseron, che alla casta Lucretia Sexto Tarquinio manca la parola Lucretia. E ancora, manca Haud da Haud vos dignamur vero nomine Poliphili. In una extrema moltitudine moriteno dalla parola moriteno risulta cancellato l’inizio, morit. È assente secta da quatripartita secta, nel centro facto uno pervio foramine. Se non bastasse, manca Poliphili da plusculis Poliphili lachrymulis repululescere nequit, e deducta da imperochè dal centro deducta la linea alla circumferentia».

    «Non vedo proprio quale utilità potrei trovare nel mettermi a spulciare gli errori di stampa di un libro dell’Ottocento» fece Nicoletta, alquanto stranita dall’insolita situazione.

    «Oh, anch’io non avrei fatto caso più di tanto a queste imperfezioni, professoressa, se non fosse che le parole assenti in realtà sono state stampate tutte, senza esclusioni, alla pagina in cui compare la xilografia dell’elefante che regge un obelisco. Eccolo, l’elefante che regge un obelisco. Sono state riordinate per formare un’iscrizione nuova. Ed è questa iscrizione che mi ha incuriosito, e credo possa incuriosire anche lei, mademoiselle Solain».

    «Mi dica».

    Il beamer mostrò la pagina con l’enigmatica iscrizione:

    "Extensi Sepulchri Lucretia

    Haud Morit

    Secta Poliphili Deducta".

    Nicoletta provò a tradurre quanto leggeva: «Il sepolcro estense Lucrezia».

    Deville le evitò l’impegno: «L’iscrizione può essere interpretata come: Lucrezia non dimora nel sepolcro estense; fu portata via dalla Setta di Polifilo».

    Uno sciame di pensieri affollò la mente della giovane professoressa, sempre più emozionata per la scoperta inattesa.

    «È evidente che il soggetto della frase, la Lucretia cui ci si riferisce, sia proprio Lucrezia Borgia - esordì dopo alcuni momenti di silenzio. - Beh, a dire il vero, nel romanzo di Francesco Colonna viene lasciato intendere che Lucrezia fosse il vero nome della ninfa Polia, l’amata di Polifilo. Eppure qui, nell’iscrizione, si parla di sepolcro estense, e...».

    «Lucrezia Borgia, almeno ufficialmente, riposa nella tomba di famiglia di Alfonso I d’Este. Dunque nel sepolcro estense» completò Marc Deville.

    Nicoletta continuava a scorrere con gli occhi l’iscrizione proiettata dal beamer.

    «Eppure nei miei studi non mi ero mai imbattuta prima d’ora in questa Setta di Polifilo. Anzi, non credo che esistano documenti noti che la riguardino. Che relazione abbia poi la duchessa di Ferrara con l’Hypnerotomachia, è un altro mistero».

    «È per questo che mi sono rivolto a lei, professoressa. Credo che lei sia una delle poche studiose che possano aiutarmi a risolvere questo enigma e a trovare Lucrezia».

    «Cosa intende dire con trovare Lucrezia

    «Se intorno al reale luogo di sepoltura di Lucrezia Borgia è stato effettivamente architettato un inganno machiavellico, voglio scoprire da chi, per quale motivo e soprattutto dove si trovano, realmente, le spoglie mortali della donna più conturbante del Rinascimento. E credo che, a questo punto, anche lei lo voglia, professoressa Solain».

    «È... è naturale! Ma mi chiedo come potremo. Insomma, non sarà facile convincere il Ministero e gli organi competenti, sulla base di una frase scritta forse per scherzo da un anonimo dell’Ottocento».

    Il collezionista si alzò e avvicinò la sua sedia a quella di Nicoletta, come per creare una maggiore intimità.

    «Vede, professoressa, dare in pasto questa faccenda al Ministero dei Beni culturali sarebbe come jeter des perles aux cochons, gettare perle ai porci, se mi concede l’espressione. In un attimo la burocrazia insabbierebbe la ricerca. Si dovrebbero richiedere e aspettare permessi che di fatto arriverebbero solo dopo anni, sempre che arrivino. Senza contare chi sicuramente cercherebbe di opporsi alle ricerche».

    «Ma allora, cosa pensa di fare?» chiese Nicoletta, senza nascondere una certa inquietudine.

    «Se vogliamo veramente scoprire la verità, ed è quello che intendo fare, non potremo muoverci per vie ufficiali. Quel che non potremo chiedere dovremo prendercelo, in un modo o nell’altro».

    Nicoletta si alzò in piedi turbata.

    «Inizio veramente a non seguirla più, monsieur Deville. Non sono sicura di capire le sue intenzioni, ma di certo non sarò io a svolgere ricerche illegali. Vuole forse mettersi a rubare reperti storici? Corrompere guardiani di musei? Visitare archivi segreti? Se le cose stanno così, non credo di essere la persona che stava cercando, signor Deville. Ed ora, se non le dispiace...»

    Stava per andarsene, ma Deville la fermò.

    «Aspetti, professoressa! Aspetti! Non vorrà andarsene così!»

    La esortò, sfiorandole il braccio come per trattenerla.

    «Credo che io e lei non abbiamo più niente da dirci, mr. Devil le».

    Deville appoggiò una mano sulla spalla di Nicoletta.

    «Non abbiamo ancora parlato del compenso che sarei disposto a

    corrisponderle in cambio del suo aiuto».

    La studiosa scostò la spalla.

    «Senta, signor Deville, non è la sua generosità che metto in dub bio, ma non sono i suoi soldi che mi interessano. Non voglio diven- tare sua complice in ricerche che violino le prassi».

    «Non si agiti, mademoiselle. Nessuno qui le sta chiedendo di compiere dei reati. Ma cosa crede? Che gli organi competenti la sosterrebbero se decidesse di intraprendere una ricerca che rischia di far emergere molte verità scomode? No! E lo sa bene. Le tarpereb- bero le ali in men che non si dica».

    «Non se presentassimo dei solidi elementi per proseguire le ricerche».

    «E mi dica, professoressa, come intende trovare questi solidi elementi? La maggior parte dei reperti è custodita dalle autorità pubbliche, da fondazioni private o dalla Chiesa».

    Nicoletta non rispose.

    «In ogni caso, non le farei compiere nulla di illegale, almeno non direttamente. Sarei io a procurarle il materiale di cui avrà bisogno, a permetterle l’accesso in luoghi altrimenti proibiti, a permetterle di consultare documenti inaccessibili, ad aprire le porte che dovessero ostacolare il percorso delle sue ricerche. Non è forse quello che ogni ricercatore vorrebbe?»

    La proposta produsse una strana spaccatura nell’animo della donna. Una parte di lei era sinceramente tentata di accettare e, questa parte, era quella guidata dall’amore per la scoperta che da sempre la ispirava. Un’altra parte si rendeva conto che accettare significava cedere all’eterno compromesso: con i soldi si ottiene tutto, e quindi andare, forse irreparabilmente, contro ai suoi ideali.

    Nicoletta aveva solo trentacinque anni, molto pochi per il lavoro che svolgeva. Per questo era ancora in gran parte spinta da certi ingenui valori cari a quei giovani che si affacciano su una professione.

    Fu questa la molla che determinò il suo rifiuto.

    Marc Deville, dal canto suo, non era certo uno sprovveduto né tantomeno un impulsivo, bensì un uomo assennato e calcolatore, meticoloso e pragmatico, che prevedeva con largo anticipo le mosse sue e degli altri, come un giocatore di scacchi che immagina la partita prima di giocarla. Non a caso, era uno di quegli uomini che costruiscono da zero la propria fortuna.

    Quando Nicoletta si alzò per la seconda volta, allungandogli la mano con l’intenzione di salutarlo definitivamente, Deville non apparve affatto turbato dalla situazione.

    «Prima di andarsene, professoressa, mi permetta di mostrarle un filmato che, in un certo senso, la riguarda».

    L’uomo la fece sedere nuovamente e, con il telecomando del beamer, fece partire la riproduzione di un video.

    Il filmato iniziava con l’immagine di un ufficio alla cui scrivania era seduto un uomo, che Deville affermò essere uno dei suoi avvocati. Dopo pochi istanti, nella stanza ripresa da telecamere nascoste, entrò un secondo uomo, che Nicoletta riconobbe immediatamente.

    Si trattava di suo padre, Ugo, importante politico della regione, salutato cerimoniosamente dal legale.

    «Onorevole Solain, che puntualità! La prego, si sieda» esordì l’avvocato, che subito versò per entrambi del whisky e si sedette a sua volta.

    I due cominciarono a discutere di un terreno, di una costruzione, e di un certo aiuto promesso da Ugo Solain a un importante cliente dello studio legale.

    L’avvocato consegnò all’onorevole una valigetta (il cui contenuto veniva chiaramente mostrato nel filmato), ottenendone in cambio una rassicurante stretta di mano e la

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1