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Oltre l'arena: Il Movimento 5stelle e Grillo, gli Italiani e gli Altri, di questo e di un altro Mondo
Oltre l'arena: Il Movimento 5stelle e Grillo, gli Italiani e gli Altri, di questo e di un altro Mondo
Oltre l'arena: Il Movimento 5stelle e Grillo, gli Italiani e gli Altri, di questo e di un altro Mondo
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Oltre l'arena: Il Movimento 5stelle e Grillo, gli Italiani e gli Altri, di questo e di un altro Mondo

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È ancora ammissibile porsi la domanda: che fare? È ancora accettabile e inevitabile adeguarsi alle ricette cucinate dagli storici chef del convento? È senza rimedio il minimo comun denominatore dell'indifferente ma bellicoso presenzialismo del cittadino medio? È irreversibile la pretesa di giungere a un accomodamento delle criticità locali e mondiali senza una condivisa e rinnovata consapevolezza dei rapporti causa-effetto? È ancora convincente o sufficiente la manutenzione di una struttura ideale e pratica che difetta sempre di più di garanzie e di prospettive? È possibile concepire uno scenario di migliore applicazione degli impegni e delle buone volontà? È realizzabile una vita individuale sociale e politica che si doti di paradigmi e di progettualità migliori di quelli coltivati e imposti dalle credenze collaudate e contingenti?
Se la risposta, sopratutto alla prima domanda, è no, allora devo scusarmi per aver calcato la mano nel denunciare l'insoddisfacente dell'esistente, del posizionamento consuetudinario o nuovistico nei confronti di tutti i partiti, e delle matrici prevalenti psicologiche sociali ed economiche. Ma se la risposta è sì, allora questa risposta deve portare ad un esito fattibile, razionale, organico, umanamente e socialmente fondato e realizzabile.
Anche la mia risposta è sì, e ho cercato di motivarne e descriverne il perché e il come.
LanguageItaliano
PublisherPio Curatolo
Release dateSep 8, 2017
ISBN9788822896537
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    Oltre l'arena - Pio Curatolo

    Indice

    Premessa.

    È ancora ammissibile porsi la domanda: che fare? È ancora accettabile e inevitabile adeguarsi alle ricette cucinate dagli storici chef del nostro affollato convento? È senza rimedio il minimo comun denominatore dell'indifferente ma bellicoso presenzialismo del cittadino medio? È irreversibile la pretesa di giungere a un accomodamento delle criticità locali e mondiali senza una condivisa e rinnovata consapevolezza dei rapporti causa-effetto? È ancora convincente o sufficiente la manutenzione di una struttura ideale e pratica che difetta sempre di più di garanzie e di prospettive? È possibile concepire uno scenario di migliore applicazione degli impegni e delle buone volontà? È realizzabile una vita individuale sociale e politica che si doti di paradigmi e di progettualità migliori di quelli coltivati e imposti dalle credenze collaudate e contingenti?

    Se la risposta, sopratutto alla prima domanda, è no, allora devo scusarmi per aver calcato la mano nel denunciare l'insoddisfacente dell'esistente e del posizionamento consuetudinario o nuovistico nei confronti di tutti i partiti politici, del loro corrente strumentario, e delle matrici prevalenti psicologiche sociali ed economiche. Ma se la risposta è sì, allora questa risposta deve portare ad un esito fattibile, razionale, organico, umanamente e socialmente fondato e realizzabile.

    Anche la mia risposta è sì, e ho cercato di motivarne e descriverne il perché e il come.

    1. L'incontro iniziale.

    Mi sono trovato a interessarmi del m5s proprio nel frangente in cui esso, con progressiva e ravvicinata sequenza, attingeva tutte le principali fasi che convergono verso la formazione di un soggetto politico effettivo e riconosciuto. La fase del movimento di opinione, la sua organizzazione in soggetto concretamente impegnato nelle elezioni, il suo pieno insediamento istituzionale in parlamento. Il protagonista indiscusso e insostituibile nell'espletamento di tutte queste fasi è stato Beppe Grillo: a lui può essere senza dubbio riconosciuto, nel bene e nel male, ciò che oggi è il m5s e gran parte del merito sul fatto che oggi il m5s abbia occupato uno spazio di rilievo nella vita politica italiana, nella cronaca quotidiana e nell'opinione pubblica.

    Beppe Grillo è sempre stato un personaggio pubblico. Non un politico di vaglia, non un capace imprenditore, non un significativo intellettuale, non un importante scienziato o comunque una personalità ai cui meriti dovesse corrispondere l'inevitabile e giusto riconoscimento e gratitudine della nazione e della società italiana. È stato ed è un comico, e fra i più incisivi ed efficaci nel mondo dello spettacolo, che ha raggiunto la sua massima popolarità in televisione, ma che da essa è stato bandito quando la sua indole corrosiva e il suo coraggio controcorrente lo ha messo contro il potere politico, imperante in rai come altrove.

    A questa circostanza credo sia da attribuire gran parte del suo percorso successivo: il comico che, per intrinseca natura, aggredisce ed enfatizza ad ampio spettro ogni nota stonata, ogni supponenza assiomatica, ogni ordine chiuso nella propria peregrina autoreferenzialità, ogni comportamento o atteggiamento o ruolo sedicentemente probo, aveva colto pienamente che gli oggetti della sua ironia non rimanevano, come solitamente avviene, a fare da sponda ai suoi strali, assorbendoli e poi recuperando la posizione consolidata, bensì reagivano alla sua satira con la prevaricatoria pretesa di eliminarne la fonte, e non dimostrandone l'infondatezza o l'esagerazione, ma togliendo il palcoscenico da cui potesse ancora provenire una lesione alla maestà che evidentemente così dimostrava di avere, effettivamente o potenzialmente, le colpe che Grillo andava a scovare nel suo satireggiare. I suoi spettacoli successivi all'ostracismo rai, nei teatri e nei palazzetti gremiti di gente sensibile alla sua perdurante efficacia e notorietà, hanno vieppiù messo in risalto non solo il suo essere controcorrente, mordace e fustigatore, ma anche il suo farsi sempre più protagonista esplicito della guerra contro il potere che lo aveva bandito dalla rai, e contro quel potere, quelle posizioni, quel sistema che aveva a che fare, nelle diverse e coalizzate forme, con ciò che lui ebbe modo di conoscere come velenosamente annidato in viale Mazzini.

    Tutto ciò, mentre la società italiana abbordava il giro di boa del secolo sfiorando baratri e trastullandosi con insussistenti e ipocrite seconde repubbliche, e con i suoi cittadini, ovvero la stragrande parte di essi, avviluppati in un gorgo massificato di pressapochismo e ruminazione di luoghi comuni, tanto più strumentali e retorici quanto più distanti dal conio autentico e sostanziale del franco posizionamento culturale e sociale di cui, solo se non fittizio o millantato, la democrazia può vivere e giovarsi per determinare quell'arricchimento associato e quel progresso civile di cui essa è potenzialmente levatrice. Nonostante le rilevanti eccellenze, passate e presenti, di cui la realtà italiana si è potuta e si poteva a buon diritto gloriare e giovare, le quali, pur manifeste e presenti, hanno dovuto subire il nefasto destino, salvo circoscritte eccezioni, di imbarbarirsi e degenerare, grazie a una lunga e blasfema opera consapevolmente o inconsapevolmente agita sia nelle istituzioni culturali e politiche che nella prassi comune; in smorto e feticistico privilegio, in autocratiche separatezze, in clientelismo, in stereotipie pseudoprogressiste o pseudoliberali, in corporativismo coccodrillesco, in bigottismo bi-fronte, in familismo amorale, in ostracismi prevenuti verso vari casi di valore personale e di verità anticonvenzionale, ecc.

    In quest'annosa congiuntura plurigenerazionale, nella quale manchevolezze e viziosità hanno trovato terreno più fertile di quello offerto alle buone qualità degli italiani, il mondo ha vissuto trasformazioni epocali (geopolitiche, ambientali, sistemiche, tecnologiche). Queste trasformazioni, nate perlopiù altrove ma incidenti più che mai grazie alla globalizzazione, hanno quindi coinvolto anche l'Italia, cogliendola inevitabilmente nelle condizioni di squilibrio derivanti da quanto detto sopra. La disparità fra la pressione travolgente di questi fattori globali e l'impacciata colposità nel non farvi adeguatamente fronte, come altrimenti l'Italia avrebbe pure avuto le capacità e le risorse per farlo, ha portato le condizioni generali del Paese fino al limite dell'insostenibilità e ha reso sempre più acuta e consistente la rabbiosa o frustrata consapevolezza dei limiti e delle colpe di chi ha per tanti anni detenuto il potere di incidere sul corso delle cose, consapevolezza peraltro esasperata da un'insistita e spudorata serie di patenti tradimenti del bene comune, di vergognose ruberie del denaro pubblico, di un terroristico attentato alla speranza e al futuro delle giovani generazioni.

    In una situazione come questa, la professionale inclinazione di Grillo di andare al nocciolo e lì colpire senza remore o mediazioni, peraltro non più ristretta alla dimensione dello spettacolo ma elargita e condivisa in pubbliche chiamate a raccolta di folle a cui si dava la possibilità del protagonismo di un vindice improperio di massa, e corroborata da un luogo di incontro virtuale (il blog) dove si offriva il miraggio dell'orizzontalità non più della platea ma del palcoscenico, e addirittura della scrittura collettiva della creazione da mettere in scena, non poteva non avere una formidabile presa su un cospicuo numero di cittadini stanchi di essere tacitati da apparati fintamente democratici, cittadini quindi insofferenti della impudente perpetuazione del malaffare e della meschinità dilaganti nella politica e nella società, desiderosi di collaborare propositivamente alla delineazione di una prospettiva alternativa, invece di accontentarsi passivamente e delusivamente dello sterile e truffaldino rituale in cui un prolungato andazzo pressoché di regime aveva corruttivamente o disfattisticamente trasfigurato la democrazia parlamentare e la vita collettiva.

    La fase del governo dei tecnici (2011-13), ovvero l'affannosa trovata a cui dovettero acconciarsi i partiti prevalenti per scongiurare ciò che si era profilato come il colpo di grazia inferto dai creditori a un Paese con un debito senza controllo e con una classe dirigente incapace a raddrizzare la barca, ha colmato la misura della sfiducia della gente verso la classe politica. Per la sussiegosa discettazione di ricette che, mentre placavano in parte l'intransigenza ricattatoria di poteri economici e politici stranieri, la cui caratura e fisionomia rimangono ben conoscibili a dispetto di vari camuffamenti, si ponevano praticamente di traverso alle pur programmaticamente proclamate linee guida (rigore con equità, crescita) di fronte a un'estesa maggioranza a sostegno del governo e di fronte a tutta la popolazione. Stabilendo così l'inattendibilità perfino della categoria dei tecnici, a cui la già dimostrata inadempienza della classe politica in carica aveva lasciato straccamente spazio.

    Ed è stato così che una grande fascia di popolazione, ormai fin troppo esperta dell'improponibilità dei programmi delle varie forze politiche, rivolti più a intercettare strumentalmente il consenso e a perpetuare il loro autoreferenziale tatticismo che ad arrestare e risolvere il peggioramento dei problemi, è stata, proprio mentre era più sferzata dai morsi della crisi e sbigottita dalla squilibrata boria del governo, quasi presa per mano dalla campagna elettorale di inizio 2013 di Grillo (non si erano mai viste da gran tempo comizi vecchia maniera e piazze così gremite per tutta la durata della campagna elettorale) e convinta in massa a segnare il simbolo del m5s raggiungendo quasi il 30% dei votanti.

    Gli altri ingredienti con cui è stato raggiunto questo risultato sono anch'essi inusitati per la scena politica italiana. Intanto nel documento fondativo del movimento, il cosiddetto non-statuto, si afferma essenzialmente una svolta rispetto ai partiti precedenti: il perentorio vincolo per gli eletti al rispetto del programma e a non trasformarsi in classe politica tradizionale, dovendo rimanere essi sempre più vicini ai cittadini che assorbiti alle dinamiche delle istituzioni rappresentative, con relativo vincolo della durata del mandato e decurtazione della retribuzione, e riconoscendo preliminarmente Beppe Grillo come capo politico del movimento (essendo intanto egli il proprietario del simbolo e del blog), con la prospettazione della più ampia e libera partecipazione dei cittadini (ognuno vale uno) alla democratica formazione delle proposte e dei programmi. Con un programma ufficiale che si compone di una ventina di punti con l'insieme dei quali si vuole raggiungere una redistribuzione della ricchezza a favore di chi si trova senza reddito, un maggiore sostegno alla piccola impresa, una più incisiva promozione di misure in favore dell'ecosostenibilità, un'incentivazione e liberalizzazione delle condizioni di cittadinanza digitale, una stretta ai costi della politica e un rendiconto verso il suo operato trascorso, e altre idee di collaudata e anche progressistica sensatezza riguardo al welfare e al funzionamento dello stato.

    2. L'impatto.

    Il non-statuto e il programma hanno rappresentato l'etichetta di riconoscimento ufficiale del prodotto m5s, e come tale nota ed esibita da molto prima delle elezioni in cui si sono raggiunti i risultati più formidabili. Ma essi non potrebbero, da soli, essere esaustivi senza considerare anche i comportamenti nelle occasioni più pratiche e reali in cui il movimento e il suo leader si sono proposti concretamente. Le sedi dello svolgimento di tali comportamenti, nella loro continuità e concretezza, si possono individuare nei meet-up e nel blog.

    Dei meet-up, circoli locali di riunione e discussione, ho una conoscenza obiettivamente scarsa, essendomi bastato, per non ritenere di avvicinarmi maggiormente, constatare la respingente supponenza riscontrata nel sito del meet-up a me più vicino. In cui si faceva settariamente capire come fossero stati non graditi coloro che volessero apportare il proprio personale contributo all'attività, senza la pregiudiziale accettabilità consistente nell'essere stati attivi sul territorio fin dalla prima ora, e quindi, qualora ciò non fosse, passibili di essere considerati degli aspiranti al riciclo politico o degli approfittatori di un diverso collocamento politico. Questa singolare dicitura è stata modificata solo dopo un mio commento sul blog, ma constatazioni successive anche a questa ripulitura mi hanno confermato la giustezza della mia prima impressione.

    Del blog di Beppe Grillo ho invece una conoscenza più approfondita per averlo assiduamente frequentato per qualche mese dall'aprile del 2012. Lo spazio liberamente offerto dal blog a tanti, me incluso, a fronte della sorda impermeabilità autocratica con cui gli altri partiti si relazionano con gli elettori e i cittadini, rappresenta forse l'elemento più interessante e attraente di questo strumento. Per chi ha maturato la consapevolezza della deriva non più tollerabile della società e della politica in Italia, il blog offre la massima possibilità di esprimersi al riguardo e di confrontare le sue opinioni con quelle degli altri. La frequentazione del blog è costantemente accompagnata dai post di Grillo (e pochi altri) che alimentano e corroborano l'iconoclastica disamina di comportamenti, situazioni e personaggi della condizione sociale e politica. Ma il blog è l'organo politico del M5S e come tale strumento di propaganda e organizzazione, coi relativi link che rimandano ad attività ed eventi particolari o al programma e ai documenti ufficiali, oltre ad essere una vetrina di inserzione pubblicitaria che privilegia le pubblicazioni di Grillo o a lui vicine.

    Questa conformazione ha quindi caratteri inusitati nel panorama socio-politico italiano e da ciò deriva in gran parte il suo successo, data la dirompente capacità di Grillo di proporre o veicolare, accanto agli strali, anche squarci prospettici di quel cambiamento che in varie parti del mondo comincia ad essere discusso ed affermarsi, tranne che da noi dove prevale un'ingessata e abitudinaria incapacità di imboccare prontamente vie nuove. Questa conformazione e questi risultati sono incontestabili dal punto di vista di un giudizio generale o comparativamente ad altre analoghe realtà, ma ad esso manca ciò che può derivare solo da un'osservazione partecipante continuativa e per un periodo sufficiente. Esperienza da cui si desumono elementi diversi e non sempre coerenti con la decantata positività risultante dall'impressione di facciata, peraltro indefessamente propagandata dal m5s, o dall'esibizione del suo successo. Se infatti la vita quotidiana del blog può potenzialmente giovarsi della favorevole struttura a disposizione, le dinamiche che in esso ho avuto modo di vedere espresse attenuano di molto la positività dell'impressione complessiva.

    Se durante la mia frequentazione del blog, con la speranza motivata dalla consapevolezza dell'insopportabilità delle condizioni nazionali e anche con un fiducioso credito affidato a un radicalismo che, pur spinto, non appariva inizialmente sproporzionato alla mole e alla natura della problematicità italiana, ho incontrato, fra una moltitudine composta da incitatori, scettici, denigratori, qualunquisti in fase di eccitazione o depressione, persone qualunque bene intenzionate, persone speciali che recavano il loro valore aggiunto, ecc. (come si da il caso in un blog), anche il profilarsi sempre più chiaro e ribadito di una dinamica in grado di smentire e sminuire ogni anticipata speranza e fiducia.

    Ho visto infatti l'indolente trascuratezza con cui si lasciavano scorrere via i commenti più pensati e più colti, e spesso addirittura aggrediti e vilipesi coloro che osassero articolare sensate critiche e proposte che fossero al di fuori del prevalente umore verbosamente barricadiero uniformato al martellamento dei mantra ufficiali e approvati. Ho visto l'indecoroso tradimento dell'ostentato mito della democrazia diretta attraverso la ripetuta procrastinazione della realizzazione della piattaforma liquid feedback, e un forum palliativamente abbandonato a destrutturato e polveroso deposito di marginali e contraddittorie proposte e suggerimenti. Ho visto il tribale apriorismo messo in atto in occasione della scelta dei candidati alle elezioni, settariamente eterodiretto da Grillo verso la prevalenza dell'anzianità di fidelizzazione piuttosto che verso la qualità, la capacità e la competenza.

    3. Cominciare a mettere a fuoco.

    A queste constatazioni, le quali possono essere confermate da coloro che hanno avuto la buona volontà di frequentare assiduamente il blog, vanno aggiunte altre considerazioni derivate da quanto agito dal m5s quando si è trovato nelle varie fasi del passaggio dal dire al fare, successivo all'insediamento parlamentare. L'entità del successo elettorale del m5s non è stato coerente con i risultati conseguiti o perseguiti in Parlamento. Lo stesso Grillo aveva pronosticato delle imprecisate difficoltà qualora il movimento avesse superato il 10%, ma alla luce di quanto riscontrato nei mesi successivi si può affermare che ciò non è stato tanto un segno di motivata modestia nei confronti dell'arduo compito che si sarebbe dovuto affrontare, e da novizi della politica, quanto piuttosto uno dei tanti alibi che il movimento e il suo fondatore non hanno cessato di ostentare ogni volta che i nodi della vita parlamentare e della situazione nazionale venivano al pettine.

    Sempre sintomaticamente pronti e bisognosi di ribadire ed estremizzare la propria inconciliabile alternatività rispetto a tutte le altre forze politiche, e sempre refrattariamente renitenti a dimostrare nel contraddittorio - invece sostanzialmente evitato con la reiterata formula del prendere o lasciare - la capacità delle loro proposte di superare, nello specifico e riguardo al contesto generale, il confronto con quelle degli altri.

    E ciò fin dall'occasione delle consultazioni per la formazione di un governo, dopo le elezioni del febbraio 2013, le quali non avevano fornito a nessuna forza politica i numeri sufficienti per non trovare accordi di programma con altre forze. Da ricordare lo streaming con Bersani, dove i 5stelle null'altro seppero dire e fare che rinfacciare tutte le colpe di tutti i mali italiani alla vecchia classe politica, con la conseguenziale tesi che nessun accordo o convergenza programmatica si potesse raggiungere con alcuno per dare all'Italia un governo di convergenza che affrontasse almeno i problemi più urgenti e fondamentali. E in occasione dell'elezione del Capo dello Stato, dove il nome di Rodotà fu giocato, ancora una volta, e al di là del valore della persona, più come fattore di preventiva sconfessione dell'intera classe politica e di condizionante tributo da offrire ai 5stelle per poter preludere al miraggio di imprecisate e fantomatiche vaste praterie di dialogo, piuttosto che come proposta alta e unificante. Che poi in questa circostanza il comportamento degli altri partiti, in primo luogo del PD, si sia avvitato in una specie di marasma tattico e tartufesco, ciò va addebitato al diretto responsabile, ma ciò non può alterare o dissimulare il comportamento dei 5stelle.

    Dopo queste decisive e rivelatrici circostanze, e con un governo Letta formatosi, con ritardo, solo grazie al sacrificio ulteriormente monitorio di Napolitano, la vita parlamentare è fatalmente tornata ad essere preda dei personalissimi turbamenti di Berlusconi, condizionanti l'intero intreccio di proclami avventati e ricatti tattici, cioè quello che è stato la vita del governo, prima della crisi di inizio autunno, ma anche dopo, nonostante il diverso dosaggio dei pesi e delle influenze.

    In tutto questo periodo il m5s si è contraddistinto per la reiterata aggressione verbale nei confronti di tutte le altre forze politiche e persino delle cariche istituzionali, oltre che per l'indefessa e integralistica pretesa di fare approvare dal parlamento i loro immutabili punti programmatici. Mentre, dal punto di vista della dinamica interna al movimento e della comunicazione, sono stati numerosi i casi di eletti zittiti dal capo o espulsi dal movimento o dimessisi a seguito dell'impossibilità di esprimersi liberamente, ed è continuato l'impacciato e risibile evitamento delle domande dei giornalisti, tranne sporadici casi a partire dal mese di ottobre.

    3.1. Prima delineazione figura-sfondo.

    A un cittadino qualunque, che voglia rendersi appieno conto della situazione del Paese che lo riguarda e che quindi non possa e non voglia incorrere nel vezzo erroneo e cialtrone di una valutazione improvvisata superficiale e corriva, non possono certo sfuggire i difetti e le colpe degli altri partiti politici, dei loro rappresentanti come dei loro elettori (un discorso, questo degli elettori, tutto da sviluppare adeguatamente, senza esoneri o ipocrisie).

    Di fatto, queste colpe e difetti sono noti, denunciati e rappresentati da lungo tempo; ma ci si aspettava dal nuovo, formidabile, assolutistico fenomeno politico italiano, il m5s, che esso fosse oggettivamente e costruttivamente coerente con l'asserita e globalmente intransigente contestazione dei vecchi partiti; cioè che questa contestazione fosse tanto frutto di uno studio intellettualmente inflessibile e approfondito della realtà italiana, storica e sociale, quanto, pertanto, capace di fornire, accanto alla denuncia e a spot riduttivamente rivendicativi, la prova di un sapere e di una competenza che fossero in grado di costituire un'idea articolata e concreta di rigeneratrice alternativa, generale e nazionale (se vogliamo considerare ancora valida questa dimensione, e mi pare che non possiamo ancora farne a meno nell'attuale contingenza).

    Questa prova, il suo superamento con successo, non poteva fra l'altro essere intesa, oltre che accolta, come mero esercizio scolastico. Perché essa non preludeva al riconoscimento, gratificante ma limitativo, del valore di una formazione culturale e morale, ma era e doveva essere rivolta alla ricostruzione di una nazione, ripristinando o introducendo valori e azioni in grado di risanare o ristabilire idee e prassi capaci di permeare e rivitalizzare l'intero e complesso spessore della realtà italiana.

    Ma la politica e la società italiana si sono limitate a lambire e millantare questa dimensione essenziale e precipua, invece di animarla concretamente. E il m5s è anche riuscito, inopinatamente, a fare di più: dopo essersi messianicamente proposto al popolo italiano come l'unico protagonista politico in grado di realizzare la salvezza del Paese, ha scandalosamente smentito questa promessa e, con essa, la fiduciosa rottura di indugi con cui una cospicua parte degli italiani ha omesso di continuare a votare per i vecchi partiti per dare credito alla possibilità di un cambiamento radicale rispetto ai precedenti andazzi.

    L'insistenza autoesonerante con cui il m5s ha reiterato il suo posizionamento dentro un fortino elitario, rendendolo così più minoritario della sua più che consistente forza numerica in parlamento, non può, di fronte a un certo tipo di promesse e di attese, costituire una dimostrazione e una conseguenza dell'indubitabile e assodata validità e superiore diversità di questo nuovo soggetto politico; ma invece, e purtroppo, del contrario.

    Se infatti alla forza numerica avesse corrisposto una dotazione ideale e culturale di rilievo e comunque oggettivamente funzionale ad affrontare con efficacia e profondità l'inveterata mole dei problemi italiani, non solo non si avrebbe avuto niente da perdere nel mettere costruttivamente a confronto questo patrimonio di proposte e ideali con quelle degli altri, e di fronte all'intero Paese, senza vincolarsi preventivamente all'inconciliabilità verso qualunque compromesso di massima con quelle forze politiche che avessero condiviso almeno l'avvio verso una diversa direzione di governo, ma si sarebbe dovuto addirittura fare di tutto per essere parte o sostegno del governo, per poter li avvalorare la maggiore credibilità e risolutiva positività delle proprie proposte. Sapendo che, anche quando di queste proposte se ne fosse potuto realizzare solo una parte, gli italiani avrebbero potuto sanzionare, con il voto successivo, meriti e demeriti. Mentre intanto, per la forza già conquistata con le elezioni di febbraio, si sarebbe comunque già cominciato a indirizzare la rotta della barca comune verso la direzione voluta. Nessuna giustificazione può essere sufficientemente convincente rispetto all'aver mancato questa occasione.

    Si può continuare a dire che comunque gli altri partiti avrebbero persistito nel non voler cambiare, non voler rispondere alle pressanti e talora drammatiche situazioni di tanti cittadini, ecc., ma trastullarsi con questa argomentazione finisce per riproporre un alibi del tutto propagandistico; giacché nessuna forza politica esistente, con o senza responsabilità di governo, avrebbe potuto sottrarsi alle conclamate esigenze di cambiamento

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