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Un angelo per l'abominio
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Un angelo per l'abominio

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About this ebook

Nell’ottobre del 1989, sul Gloston Peak, una sperduta montagna nel cuore dell’Alaska, hanno luogo in segreto le esequie della geniale, novantaquattrenne dottoressa Megan Harkley, fondatrice di una rinomata clinica nella vicina cittadina di Merrynsfield, la quale, anziché di farsi tumulare assieme all’adorato marito nella cappella di famiglia, preferisce esser sepolta entro un’enorme cavità sotterranea sul monte, da sempre interdetto a chiunque poiché dimora dell’Abominio del Gloston, una mistica creatura che nel corso degli anni ha mietuto centinaia di vite umane, fra tutti coloro che hanno osato varcarne le pendici.
Solo alla fedele nipote Lucy, la dottoressa ha svelato lo svolgersi dei tristi eventi passati, dell’incontro con il misterioso Sam, delle cure prestategli e dei mesi che i due trascorsero in totale isolamento lassù, dentro quell’incredibile antro dai mille cunicoli contenente perfino un’enorme diga, un incomprensibile macchinario ed un ribollente bacino d’acqua termale; ma soprattutto una piccola baita sotterranea, dinnanzi la quale Megan in barba ai parenti, ha preteso di venir seppellita al fianco delle spoglie di Sam.
A parte Lucy, durante le esequie tutti si chiedono chi fosse quel dannato Sam, e del perché si trovasse lassù; ma soprattutto cosa mai avesse potuto fare in passato, per convincere la loro parente più colta, meritevole e razionale, a compiere quella sottospecie di postuma idiozia.
LanguageItaliano
PublisherCarta e Penna
Release dateSep 18, 2017
ISBN9788869321290
Un angelo per l'abominio

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    Un angelo per l'abominio - Marco Longoni

    XV

    I

    Fendendo il plumbeo cielo di quella fredda, uggiosa mattinata d’ottobre, il frastornante elicottero lentamente scendeva, attentamente sorvegliato a vista da alcune decine di occhi i cui proprietari, sparpagliati in circolo attorno all’improvvisata piazzola d’atterraggio, quasi non riuscivano a credere d’essersi lasciati convincere a portarsi fin lassù, fra quelle dannate montagne perlopiù inesplorate e pregne d’una gran quantità di leggende, sulle svariate, terrificanti sorti, che attendevano chi fra quei monti osava avventurarsi.

    Era il quarto viaggio quella mattina per la poderosa macchina volante, il più importante, in quanto trasportava in quel frangente il motivo stesso che aveva spinto costoro a radunarsi in quel luogo, nonostante i battibecchi e le divergenti opinioni che molti di loro da giorni seguitavano ad obiettarsi l’un l’altro; così, dopo il primo volo, atto a trasportare i tecnici preposti a mettere in sicurezza il sito, e gli altri due, volti unicamente a condurre lassù i parenti più stretti, gli unici che avrebbero partecipato alla cerimonia segreta, finalmente la salma della dottoressa Harkley toccava terra nel luogo del proprio, meritato eterno riposo.

    Il funerale ufficiale era stato officiato il pomeriggio precedente, nel cimitero della cittadina di Merrynsfield, piccolo avamposto di frontiera sito nel sud dell’Alaska vicino al confine con il Canada, ed edificato in blocco in soli sei mesi negli anni venti, al fine d’accogliere i superstiti scampati al massacro di Kurtzville, altro esiguo insediamento ormai in rovina posto alcuni chilometri più a nord, nonché paese natio della dottoressa Harkely, pianta a dovere il giorno prima da compaesani, autorità e semplici conoscenti, totalmente ignari del fatto che nella pregiata cassa di noce finemente lavorata, tumulata nella fastosa cappella di famiglia… vi fosse in realtà nient’altro che qualche sacco di sabbia, utile più che a far peso per tutelare il buon nome dei Morreker, famiglia acquisita della dottoressa il cui marito, Albert, giaceva già da quindici anni in quel sito.

    Figlia unica, Megan Harkley era nata nel 1895 in quella sperduta comunità di cercatori d’oro, ma chiunque l’avesse incrociata non l’avrebbe mai associata ad una di quelle rustiche, forzute donzelle dall’altrettanto grossolano comportamento che di norma abitavano quegli isolati avamposti, e che proprio in virtù delle necessità che la vita in quei borghi imponeva loro, crescevano perlopiù nell’ignoranza, schiave com’erano del prestare i propri servigi a quel focolare domestico che gli uomini frequentavano di rado, in quei paraggi, passando tutta la bella stagione sui monti o nelle miniere, sempre in cerca della più insignificante pagliuzza che gli concedesse, durante il lungo inverno d’evitare di ristagnare all’interno della propria abitazione, preferendole di gran lunga il vitale, lascivo, e soprattutto costoso saloon del paese.

    La branca della famiglia Harkley cui la dottoressa apparteneva, si era trasferita in quel di Kurtzville attorno al 1850, quando i nonni paterni di costei avevano deciso d’abbandonare i parenti di New York, luogo d’origine della stirpe per tentare la fortuna lassù, in quel recondito angolo d’America, dove speravano almeno d’esser protetti dalle grane cui il malfamato tronco principale del loro albero genealogico andava incontro da sempre.

    Da tempo immemore infatti, gli Harkley altri non erano se non la discendenza di una delle tante gang che si contendevano il dominio sull’immensa città, e nel corso dei decenni non avevano certo mutato i loro comportamenti, mantenendosi attivi nell’illecito e sempre in guerra con le famiglie rivali, così che l’unico modo di uscirne per i nonni della ragazza, fu abbandonare possedimenti e parenti andandosi a nascondere in quel luogo sperduto, dove la ricerca dell’oro prima, e la gestione di un piccolo emporio in paese poi, gli permisero d’estraniarsi quasi del tutto dai propri, pericolosi consanguinei, salvo ovviamente le svariate lettere d’auguri susseguitesi di anno in anno in vista delle ricorrenze, che alla fine avevano fatto comodo ai genitori della dottoressa.

    Non appena giunta in età scolare, fu subito evidente a tutti che Megan aveva poco o niente a che fare, coi pargoli con cui divideva il fatiscente edificio, adibito all’istruzione della caterva di marmocchi semi inselvatichiti che popolavano il paese; quella bambina era estremamente intelligente per la sua età, perfino troppo, ed anche nel fisico differiva notevolmente dalle sue forzute compagne di classe.

    Con gambe e braccia sottili, minuscole manine ed un pallido visino che pareva quello d’una bambola di porcellana, sotto una folta capigliatura d’un lucente nero corvino perennemente raccolta in una lunga treccia, chiunque l’incrociasse dava per certo che quella minuta bambina, di un’educazione mai vista, non sarebbe durata a lungo nella rude e selvaggia Kurtzville e proprio per questo, non appena ella terminò (ovviamente con il massimo dei voti ) la basilare istruzione che la scuola del borgo forniva, Aaron ed Emily, i suoi genitori, colsero la palla al balzo e la spedirono, non senza un’abbondante dose di rimostranze da parte della diretta interessata da alcuni parenti nel Massachusets, allontanatisi anch’essi per tempo, dai loschi affari che i consanguinei portavano avanti nella vicina New York.

    Lì, la ragazza poté accedere alla miglior formazione che gli Stati Uniti fornissero, e non dovette nemmeno intaccare più di tanto il cospicuo patrimonio di famiglia, giacché non appena ammessa al primo degli istituti superiori, prese a guadagnarsi da sola borse di studio in quantità; nel 1920, Megan Harkley uscì da Harvard laureata a pieni voti in medicina e chirurgia, ma nonostante le numerose proposte d’impiego che i più rinomati ospedali ed istituti di ricerca rivolsero, a quella ragazza palesemente geniale, costei fece ritorno a Kurtzville, dove per la gioia dei concittadini prese servizio nel piccolo, sgangherato nosocomio del paese, fra ossa rotte, polmoni soffocati dalle polveri delle miniere, ferite causate dalla più disparate risse nonché colpi d’arma da fuoco ed ovviamente… una gran varietà di sbornie al limite della sopravvivenza!

    In principio, prese ad operare sotto la ferrea guida del dottor Blankett, che quale classico, burbero medico di frontiera dirigeva il piccolo ospedale; ma fu subito chiaro a tutti che di lì a poco, la talentuosa, geniale ragazza avrebbe di gran lunga surclassato il proprio primario… se solo ne avesse avuto il tempo!

    Nemmeno un paio d’anni più tardi infatti, ebbe luogo il tragico massacro di Kurtzville , che pose fine all’esistenza della cittadina intera costringendo i superstiti ad edificare Merrynsfield, dove Megan Harkley fondò un nuovo nosocomio, il quale sotto la sua guida sapiente divenne presto famoso a livello continentale, per l’eccellenza delle cure e delle ardite sperimentazioni offerte ai bisognosi, sempre e comunque nel massimo rispetto per il paziente, il cui agio la dottoressa poneva al primo posto perdendo anche dei giorni, pur di evitare la benché minima sofferenza di troppo ai propri assistiti.

    Sul finire degli anni venti, conobbe e poi sposò Albert Morreker, giovane imprenditore attratto in quelle lande sperdute dagli investimenti che l’ormai famigerata clinica prometteva, e con lui ebbe tre figli: Joseph, Rudolph ed Anthony, che a loro volta allargarono la famiglia con una sfilza di nipoti, alcuni dei quali produssero, prima che la dottoressa passasse a miglior vita in quell’ottobre del 1989, un’altra fortunata generazione di Morreker… che al momento, data la giovine età era convinta, come il resto del paese e del mondo, che l’adorata bisnonna fosse stata tumulata a dovere il giorno prima, in quella splendida cappella dov’erano abituati a portar fiori allo scomparso bisnonno, e dove da allora avrebbero coscienziosamente raddoppiato la dose di vegetali e preghiere, ogni qualvolta vi si fossero recati.

    Unicamente i tre figli della dottoressa, le loro mogli e gli otto nipoti avevano osservato scendere l’elicottero, attendendone in seguito il completo arresto; quando il rotore fu fermo ed il sibilo del potente motore a turbina venne sopito, il brontolio del piccolo generatore a benzina posto nei pressi del sito dell’atterraggio, restò l’unico rumore ad invadere la silente foresta, su quel versante del Gloston Peak.

    Oltre ai parenti, della spedizione facevano parte i due fidati elicotteristi del servizio di ricerca e soccorso, che proprio i Morreker avevano creato e finanziato per intero, nonché i più intimi collaboratori che da sempre si occupavano di mantenere l’enorme dimora di famiglia, e che in quel preciso frangente, avevano il compito di rendere agibile e sicuro l’impervio, inusuale mausoleo che Megan Harkley aveva a dir poco preteso, le fosse concesso d’occupare nei i secoli a venire.

    Quando cinque anni prima, aveva appreso che degli speleologi avevano fortunatamente rinvenuto il sito, fino ad allora inaccessibile a chiunque, l’anziana aveva sperperato buona parte del patrimonio di famiglia per acquistare e blindare l’intera montagna, affinché nessun altro potesse accedere a quel luogo, e nonostante fosse da tempo costretta su di una sedia a rotelle non volle sentire ragioni, ed ordinò la creazione dello spiazzo per l’atterraggio del proprio elicottero; quindi, quella donna che mai s’azzardava a chiedere un favore, pretese ed ottenne d’essere portata a braccia, ad ispezionare l’enorme, impossibile cavità sotterranea che la montagna ospitava al suo interno, e nella quale gli esploratori avevano raccontato d’aver rinvenuto imponenti opere idrauliche e addirittura una baita, costruita sottoterra!

    Ma ciò che veramente premeva alla dottoressa, era vedere di persona il cadavere del tizio con un lucchetto poggiato sul petto, che gli uomini avevano trovato chiuso in una grossa cassapanca posata in una fossa di fronte alla casetta, e che sul lato interno del coperchio, portava incisa l’eloquente scritta:

    Per cortesia, prima di ricoprirmi vogliate consegnare questo lucchetto alla dottoressa Megan Harkley: l’unica persona al mondo degna di collocarlo al suo posto, o nel caso, di designare a chi spetterà tal compito.

    Grazie.

    I due scopritori di quell’antro, non appena tornati in città si erano subito recati dallo sceriffo, che messo dell’avviso per tempo dalla dottoressa, aveva intimato loro di non riferire a nessuno della strabiliante scoperta, conducendoli in seguito alla villa dei Morreker, dove l’allora venticinquenne Lucy, nipote prediletta di Megan e fresca di laurea in legge, aveva fatto firmar loro copiosi incartamenti volti ad assicurare piena censura su tutto quel che avevano rinvenuto, e per ottemperare ai quali erano stati profumatamente remunerati oltremodo.

    Per convincere la nipote a darle man forte, solo a lei, Megan Harkley aveva svelato il perché delle dispendiose stravaganze cui sarebbe andata incontro di lì in poi, e Lucy, non appena appreso l’incredibile svolgersi degli eventi passati non s’era certo tirata indietro, spalleggiando in tutto, sia moralmente che legalmente la cara nonnina, altrimenti sicura d’essere interdetta a breve dal resto dei parenti, che al momento si trovavano in quel luogo sperduto grazie ad un sapiente mix d’incartamenti testamentari, fatti previdentemente sottoscrivere dall’avvocatessa in quei cinque anni agli zii, ai cugini… e perfino ai propri genitori!

    In effetti, Lucy Morreker era l’unica quella mattina a non essere imbronciata, lassù a Gloston Peak, sfoggiando sul pallido visino, simile in tutto a quello della propria antenata, un pacato, triste sorriso, mentre le nere iridi incastonate in quei dolci occhi dal taglio orientaleggiante non la smettevano un attimo, d’esser offuscate dalle lacrime che silenti sgorgavano, per la consapevolezza d’esser finalmente riuscita, contro tutto e contro tutti, a dare un briciolo di pace all’infaticabile nonna… e forse anche a Sam.

    Anni prima, venuta a conoscenza delle pene che da decenni gravavano sull’anziana, la ragazza non’sera risparmiata un secondo al fine d’alleviarne lo sconforto; quando poi l’aveva vista con i suoi occhi, piangere lacrime silenti non appena i quattro, forzuti assistenti la portarono a braccia all’interno dell’immensa cavità sotterranea, ella seppe per certo che avrebbe dato anche l’anima, affinché la cara nonnina ottenesse infine soddisfazione del proprio dolore; ed eccola starle al fianco mentre lei, come se conoscesse a menadito quei reconditi anfratti guidava sicura l’incedere dei suoi portantini, indicando a destra e a manca le svolte da compiere ed i cunicoli da imboccare, per raggiungere infine la tanto agognata baita occultata nella montagna.

    Giunta sull’orlo della fossa contenente la cassapanca chiusa, non paga vi si fece calare all’interno, e con l’aiuto di Lucy, che in quel frangente dovette contenere l’orrore ed il ribrezzo per quel che andava facendo, ne sollevò infine il coperchio, sgranando gli occhi alla vista dei poveri resti mummificati, della scritta e soprattutto del grosso, antico lucchetto ancora aperto e con la chiave inserita, che l’individuo teneva poggiato sul petto.

    Un turbine di lacrime ed un pianto ininterrotto, restarono in quel momento gli unici suoni udibili là sotto; con la voce rotta dal pianto e con le mani tremanti ad accarezzare il viso barbuto del cadavere, la dottoressa Harkley pareva uscita di senno, mentre singhiozzando disperata seguitava a pronunciare quel nome:

    «Sam… mio povero Sam! Hai visto? Ho fatto come volevi tu ed è vero, il risultato è stato ottimo! - Ma non crucciarti, se d’ora in avanti faremo a modo mio, non preoccuparti… garantirò io, che nessuno ti disturbi mai più!»

    Detto ciò, dopo una buona mezz’ora di lacrime a volontà la donna recuperò il lucchetto, e richiuso il coperchio della cassapanca in un attimo l’infilò negli appositi occhielli e lo bloccò serrato, con la naturalezza di chi s’era cimentata in quelle movenze decine di volte, per poi appendersi la chiave al collo tramite lo spago consunto legato a quest’ultima ed ordinare, seria come non mai:

    «Signori, vogliate cortesemente cavarmi da questa fossa!»

    Quando gli assistenti ebbero eseguito, costei aggiunse, con tono deciso:

    «Naturalmente, tutto quel che avete visto o udito, qui deve restare! Non ricoprite ancora quella cassapanca, anzi… ampliate la fossa, in modo che possa contenere un altro feretro delle medesime dimensioni!»

    Poi, rivolgendosi alla nipote:

    «Lucy! Predisponi affinché la fondazione acquisisca per intero la montagna ed i terreni intorno! Quindi fai venire fin quassù i nostri uomini migliori, ed assicurati che blindino a dovere l’ingresso dal quale siamo entrate, e tutte le aperture che ora v’indicherò di persona durante il ritorno!»

    La ragazza allora, rivolgendosi alla nonna chiese dubbiosa:

    «Torniamo già indietro? Non vuoi dare un’occhiata dentro la baita, prima?»

    L’anziana mandò a chiamare uno degli speleologi scopritori, che avevano guidato il gruppo fino all’ingresso del tunnel:

    «Voialtri… siete riusciti ad entrare lì dentro?»

    L’uomo rispose, con un briciolo d’amarezza:

    «Purtroppo no, dottoressa! La porta è ben chiusa da un solido catenaccio, e la chiave non si trova! Comunque se vuole, possiamo provare a forzarla ora!»

    Megan Harkley sfoggiò un mezzo sorrisetto, mentre annuiva replicando divertita:

    «Conoscendo Sam, come minimo si sarà infilato la chiave nelle mutande… o meglio ancora l’avrà inghiottita prima di crepare! Fatto sta, che se ha chiuso a dovere la baita è perché non vuole che nemmeno io entri là dentro! Altrimenti, state pur certi che l’avremmo trovata con la porta spalancata, ed un’eloquente scritta che c’invitasse ad entrare!»

    Allora, fattasi nuovamente seria chiamò tutti a raccolta, e disse loro:

    «Mi raccomando! Quel che sto per comunicarvi è di vitale importanza, quindi aprite bene le orecchie! Mentre lavorerete qui dentro, qualsiasi pertugio doveste rinvenire che fosse chiuso da un lucchetto od un catenaccio, va lasciato stare così com’è! Io sola, so di cos’era capace quest’uomo, e sono ben certa che se vi azzardaste a forzare anche la più insignificante delle serrature… l’intera montagna vi crollerebbe addosso in un attimo!»

    I presenti sgranarono gli occhi e deglutirono preoccupati, udendo quel monito; ma sapevano bene che la dottoressa era una mente superiore, e se così ella ordinava in tal modo avrebbero fatto.

    Poi, volgendosi nuovamente a Lucy, aggiunse maliziosa:

    «Se proprio vuoi assistere ad un bello spettacolo, ho io qualcosa d’insolito da mostrarti!»

    Detto ciò, guidata dall’infallibile nonnina la combriccola riprese la marcia fra i cunicoli, e dopo aver superato un’enorme antro contenente una diga ormai svuotata, corredata da uno strano macchinario munito di ruote ad acqua, argani, e centinaia di cavi metallici, giunse sull’orlo di una cavità circolare di almeno trenta metri di diametro, colma fino all’orlo d’acqua limpidissima, che sgorgando come ribollendo dal centro del lago, oltre a spargere sull’altissima volta a cupola una sgargiante varietà di riflessi multicolore pareva emanare un etereo vapore, come se stesse realmente bollendo…

    Occhi sgranati, mascelle spalancate e gridolini di stupore, accolsero l’inusuale spettacolo, mentre l’anziana ordinava soddisfatta:

    «Cortesemente, vogliate portarmi fino all’acqua!»

    Non appena gli uomini l’ebbero poggiata a terra a pochi centimetri dal lago, ella v’immerse convinta una mano, lasciandosi sfuggire un sospiro di beatitudine e commentando, sorridendo alla nipote:

    «Questo Lucy, è di sicuro il posto migliore al mondo dove fare un buon bagno! Là in mezzo, l’acqua sgorga dalle viscere della terra quasi al punto d’ebollizione! Ma come puoi ben constatare, vicino alla riva ci si può immergere per intero senza rischio di scottatura! È un’acqua termale, con delle proprietà curative eccezionali, sai? Peccato solo, che poco più in là vada a mischiarsi con quella piovana proveniente dall’alto, prima di riversarsi all’esterno! Altrimenti Kurtzville sarebbe divenuta un centro curativo di prim’ordine… se solo esistesse ancora!»

    «A tal proposito dottoressa…»

    Intervenne allora Jacob Mullighan, cinquantenne custode in capo alle maestranze della maestosa villa dei Morreker, che quale fidatissimo collaboratore dell’anziana aveva timidamente osato prender parola, facendo le veci degli uomini di fatica al seguito del gruppo:

    «Quell’uomo nella cassapanca, l’enorme diga ormai vuota di poco prima e tutte quelle saracinesche in disuso… non avranno a che vedere con le imprevedibili piene del Crazy Creek? E se fosse così quel tizio, potrebbe essere nientemeno che…»

    La dottoressa l’interruppe bruscamente, con il repentino alzarsi d’un braccio ed un’occhiataccia arcigna che mai, quel dedito lavoratore aveva visto dipingersi sul volto della donna in tanti anni passati al suo servizio; la quale stizzita replicò seccamente, puntandogli un dito contro ed urlando:

    «Bada Jacob! Se io respiro ancora… lo devo a quell’uomo! Se tu hai un lavoro, è merito di quell’uomo! - Se mia nipote è al mondo, è sempre grazie a quell’uomo! Le opere idrauliche che occupano questi cunicoli, servivano unicamente alla ricerca dell’oro! Egli, era semplicemente un cercatore d’oro… niente di più! Hai ben compreso, Jacob?»

    «Sì, signora! Mi scusi!»

    Replicò mesto come non mai l’uomo, che pareva sul punto di prostrarsi, da quant’era avvilito per l’inatteso rimprovero della propria datrice di lavoro, che prontamente aggiunse:

    «Nessuno di voi, dovrà mai permettersi di prodursi in altre simili congetture! Non deve importarvi nulla di quel che rinverrete qui dentro, né tantomeno dovete cercare di comprendere gli scopi che portarono a generare queste caverne, o parlarne fra di voi o con chiunque altro! Fidatevi, ne otterreste solo dolore! Sono stata chiara?» chiese serissima l’anziana, ottenendo in risposta un sommesso, corale:

    «Sì, dottoressa!»

    Al quale, non contenta replicò furibonda, battendo più volte la mano sull’acqua, come per far intendere l’estrema importanza che aveva per lei la questione:

    «Sono… stata… chiara?»

    Di nuovo occhi sgranati per la sorpresa, prima di mettersi tutti sull’attenti, quasi fossero di fronte ad un generale dell’esercito e ripetere in coro, convinti, ad alta voce:

    «Sì, dottoressa Harkley!»

    Durante il tragitto di ritorno, la nonnina mostrò al gruppo le numerose aperture poste sulle volte dell’immenso budello di cunicoli nelle viscere della terra, alcune delle quali affaccianti sulla sottostante Merrynsfield, edificata a sud del Gloston Peak, mentre l’originaria Kurtzville sorgeva dal lato opposto della grande montagna, sulle rive del Crazy Creek, che dal monte discendeva quale classico, limpido ruscello; ma doveva il suo particolare nome alle inspiegabili, violentissime piene, che con qualunque condizione atmosferica si verificavano d’improvviso, perfino durante la siccità, e che duravano stranamente non più di qualche minuto, trascorsi i quali il corso d’acqua tornava a scorrere placido nel suo letto, lasciando sempre, immancabilmente impigliato fra i massi, il cadavere di almeno una persona che aveva impunemente osato avventurarsi sul Gloston.

    Fin dagli albori della febbre dell’oro infatti, chiunque aveva tentato di risalire il corso del ruscello, o d’avvicinarsi alla montagna da qualunque angolazione possibile, era immancabilmente scomparso senza più far ritorno; tranne i fortunati le cui spoglie erano state restituite all’affetto dei propri cari dal fiume in piena… a volte, orribilmente mutilate!

    Perfino uno squadrone dell’esercito spedito lassù per chiarire il mistero, era stato ammucchiato per

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