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L'angelo ribelle - Le brume delle Highlands [Vol. I]
L'angelo ribelle - Le brume delle Highlands [Vol. I]
L'angelo ribelle - Le brume delle Highlands [Vol. I]
Ebook382 pages5 hours

L'angelo ribelle - Le brume delle Highlands [Vol. I]

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About this ebook

Inghilterra, metà del XIX sec.
Shannon McLeod, dopo la stagione mondana londinese e un lungo periodo di lontananza, torna in Scozia per trascorrervi le vacanze e rivedere la famiglia del lato paterno.
Ancora adolescente, Shannon ha perso la madre ed è cresciuta presso i nonni materni a Londra, poiché suo padre, archeologo e studioso, compie spesso viaggi assai lunghi e avventurosi. Negli ultimi tempi, però, suo padre non manda notizie. Si sa soltanto che è disperso in India e sembra che a nessuno interessi la sua sorte.
Nell’avito castello di Dragonyr, Shannon ritrova l’atmosfera magica della sua infanzia, assieme alla zia Ethel, le cugine Scarron e Gwyneth, e in particolar modo il cugino Devon, giovane affascinante e scapestrato il cui corteggiamento, almeno all’inizio, la infastidisce.
Durante la permanenza al castello, Shannon conosce Nicholas McDougall, figlio del pastore protestante, bellissimo e infelice, da cui si sente suo malgrado attratta. Tuttavia la famiglia esercita pressioni affinché sposi il cugino Devon, che nonostante i burrascosi trascorsi sembra deciso a cambiare per amor suo. Sedotta dal suo pericoloso fascino, Shannon accetta la proposta di matrimonio.
Uno sbaglio che le costerà assai caro.

L’angelo ribelle, pubblicato in prima edizione nel 1997 da Editrice Nord nella collana “Romantica Nord”, è il romanzo più lungo che l’autrice abbia mai scritto finora, con una trama complessa e ricca di personaggi. Nel riproporlo in versione digitale, è stato diviso in due parti, distinte ma intrecciate: L’angelo ribelle: Le brume delle Highlands e L’angelo ribelle: Profumo d’Oriente. La prima parte si svolge negli splendidi scenari della Scozia e dell’Inghilterra, nel XIX secolo, durante il regno della regina Vittoria, quando l’Impero Britannico era al suo massimo splendore e i suoi domini sconfinati.

Alexandra J. Forrest è lo pseudonimo con cui Angela Pesce Fassio firma i suoi romance storici. Nata ad Asti, dove risiede tuttora, è un’autrice versatile, come dimostra la sua ormai lunga carriera e la varietà della sua produzione letteraria.
L’autrice coltiva altre passioni, oltre alla scrittura, fra cui ascoltare musica, dipingere, leggere e, quando le sue molteplici attività lo consentono, ama andare a cavallo e praticare yoga. Discipline che le permettono di coniugare ed equilibrare il mondo dell’immaginario col mondo materiale.
I suoi libri hanno riscosso successo e consensi dal pubblico e dalla critica in Italia e all’estero.

Della stessa autrice in formato eBook

Come cerchi sull’acqua
Inganno e sortilegio
L’Artiglio del Drago
La locanda dell’Angelo
La sposa del Falco
Lo sparviero e la rosa
Sfida al destino - Atlantic Princess
Tempesta di passioni


La trilogia di Zenobia:
Sotto il segno delle Aquile
Il disegno del Fato
Il sogno di una Regina
 
LanguageItaliano
Release dateOct 5, 2017
ISBN9788826493381
L'angelo ribelle - Le brume delle Highlands [Vol. I]

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    L'angelo ribelle - Le brume delle Highlands [Vol. I] - Alexandra J. Forrest

    Alexandra J. Forrest

    L’angelo ribelle

    Le brume delle Highlands

    Vol. I

    Romanzo

    Della stessa autrice in formato eBook

    Come cerchi sull’acqua

    Inganno e sortilegio

    L’Artiglio del Drago

    La locanda dell’Angelo

    La sposa del Falco

    Lo sparviero e la rosa

    Sfida al destino - Atlantic Princess

    Tempesta di passioni

    La trilogia di Zenobia:

    Sotto il segno delle Aquile

    Il disegno del Fato

    Il sogno di una Regina

    L’angelo ribelle – Le brume delle Highlands Vol. I

    I edizione digitale: settembre 2017

    Copyright © 2017 Angela Pesce Fassio

    Tutti i diritti riservati. All rights reserved.

    Sito web

    Facebook

    ISBN: 9788826493381

    Copertina:

    Periodimages.com: Foster & Angelique

    Progetto grafico: Consuelo Baviera

    Sito web

    Facebook

    Edizione digitale: Gian Paolo Gasperi

    Sito web

    Personaggi

    Shannon McLeod, l’angelo ribelle

    Lord e Lady Hornsborough, i nonni materni

    Lady Rowena McLeod, la nonna paterna

    Ethelrida Tremayne, zia di Shannon

    Scarron e Gwyneth Tremayne, le cugine

    Devon Tremayne, il cugino

    Reverendo Malcolm McDougall, il pastore

    Nicholas McDougall, suo figlio

    Conner McDougall, fratello di Nicholas

    Rebecca Mornay-Philips, fidanzata di Conner

    Sir Robert Holcombe, amico di famiglia

    Drury McLeod, il padre disperso di Shannon

    Dottor James Finley, medico di famiglia

    Mister Wilson, sovrintendente della miniera

    Rose Fletcher, infermiera

    Jonathan Fox, trafficante d’armi

    Marion, Peggy, Daisy, cameriere

    Lomax, appaltatore dei docks di Londra

    Lady Alice Montague, una donna dall’oscuro passato

    Davey Hamlyn, amico di Nicholas

    Bessie, sua moglie

    Jenny, prostituta

    Annabel, Justine, Olivia, lady Harriet Spencer, amiche di famiglia

    Capitano Jamieson, comandante del piroscafo Wellinghton

    1

    Shannon arrivò a Dragonyr in una soleggiata mattina di primavera.

    La carrozza sobbalzava e oscillava sulla vecchia strada piena di buche, ma lei era talmente assorta nella contemplazione dello splendido paesaggio che a malapena se ne accorgeva.

    Sporgendosi dal finestrino, incurante del vento freddo che le pizzicava le guance e le arruffava i capelli, Shannon si domandò come fosse potuta restare lontana da lì per tutto quel tempo. La Scozia era un paese fantastico, pieno di fascino e di magia. Non era lì forse che dimoravano fate, elfi e folletti birichini che si celavano fra i cespugli? Quale luogo al mondo poteva essere più adatto al fiorire di favole e leggende? Le selvagge brughiere delle Highlands sulle quali galoppavano le nuvole portate dal vento, il profumo dell’erica che colmava l’aria frizzante, i laghi profondi in cui si rifletteva il cielo mutevole…

    Shannon amava Londra, ma sentiva affondare in quella terra aspra e indomabile le proprie radici e ne andava fiera. Nelle sue vene scorreva il sangue impetuoso e ribelle dei McLeod. Soltanto l’educazione e le buone maniere imparate a Londra nell’elegante scuola per signorine che i nonni le avevano fatto frequentare tenevano a freno, almeno in parte, la sua irruenza.

    L’inverno passato, quando era stata presentata a corte in occasione del ballo delle debuttanti, Shannon aveva riscosso un grande successo. La sua carnagione di magnolia, i folti riccioli ramati e i grandi occhi scuri e vellutati, insieme al sorriso malizioso e innocente che sapeva sfoderare con grazia, le avevano accattivato le simpatie di tutti. I giovanotti avevano fatto la fila per ottenere un ballo e lei si era sentita a proprio agio, come se per tutta la vita non avesse fatto altro che destreggiarsi in schermaglie amorose, ricevere omaggi e complimenti. Tuttavia, sapendo che il fuoco del suo sguardo poteva apparire troppo audace per una fanciulla, si sforzava di tenere le palpebre abbassate con modestia e fingeva di nascondere un pudico rossore dietro il ventaglio, divertendosi e al tempo stesso rammaricandosi di quel gioco ipocrita. Al contrario di molte altre sue coetanee, Shannon non arrossiva facilmente e la sua pelle tendeva a rimanere ostinatamente pallida anche di fronte al complimento più ardito. Soltanto la collera che l’assaliva improvvisa otteneva di farle mutare colore.

    Da quella memorabile serata durante la quale persino l’imperturbabile regina Vittoria era rimasta colpita dal suo fascino malioso, Shannon aveva ricevuto una quantità di proposte di matrimonio e per molto tempo, nei salotti londinesi, si era parlato della bellezza della nipote di Lord Hornsborough. Naturalmente non erano mancati neppure pettegolezzi e piccole malignità sulla sua famiglia paterna, le cui traversie finanziarie erano purtroppo ben note, e sui suoi rissosi e ribelli antenati. Shannon, però, non era tipo da preoccuparsene. Come tutti i McLeod non prendeva mai in considerazione ciò che si diceva di lei, troppo fiera di appartenere a un'aristocrazia antica e gloriosa per temere l’altrui giudizio.

    Ora, guardando la massiccia e tetra mole di Dragonyr che si elevava sulla scogliera e sfidava da secoli il vento e i marosi, si sentì veramente a casa.

    Quando aveva espresso il desiderio di tornare in Scozia per trascorrervi l’estate, i nonni non si erano mostrati entusiasti, ma essendole molto affezionati e non volendo arrecarle un dispiacere, avevano accondisceso a lasciarla partire. All’inizio avevano tentato di persuaderla a farsi accompagnare da una cameriera, ritenendo quel viaggio troppo lungo per una signorina sola, ma lei aveva opposto un netto rifiuto e anche su quel punto erano stati costretti a cedere. Dopo averle rivolto mille raccomandazioni e averle fatto promettere di riflettere sempre prima di agire, l’avevano guardata salire sul treno con la sensazione che l’amata nipotina non sarebbe più stata la stessa dopo quella vacanza nel castello della famiglia di suo padre. Il loro principale timore era che la fanciulla commettesse qualche atto sconsiderato, magari sposando qualche giovanotto squattrinato e bevitore, e fosse poi infelice per tutta la vita. Senza la madre, morta quando lei era appena quindicenne, e con un padre sempre in viaggio all’estero che non scriveva quasi mai, Shannon non aveva nessuno che potesse guidarla e consigliarla, tranne loro, e si sentivano profondamente responsabili nei suoi riguardi.

    Tuttavia, nonostante la giovanissima età, Shannon sapeva quello che voleva e nei suoi progetti non rientrava il matrimonio. Era di natura troppo indipendente per essere disposta a lasciarsi imbrigliare da un uomo ed era fermamente decisa a evitare quella che, a tutti gli effetti, considerava una trappola. Nei secoli passati c’erano state delle McLeod che avevano scelto la libertà e non c’era alcun valido motivo per cui lei non potesse fare altrettanto. Ovviamente i nonni si sarebbero terribilmente scandalizzati sentendola esprimere certe opinioni, e oltre a disapprovarla si sarebbero impegnati a fondo per farla ragionare secondo gli schemi di una società fondamentalmente ipocrita e preoccupata soltanto di salvare le apparenze. Sperava che almeno Rowena, la nonna paterna e la matriarca del Clan, le avrebbe dato il suo appoggio.

    Fu distolta dalle proprie riflessioni dal sopraggiungere di un cavaliere che galoppava nella direzione opposta alla sua. Essendo ancora troppo distante per poterlo riconoscere, lo osservò con curiosità e interesse domandandosi chi fosse.

    Affrontando la leggera salita l’andatura dei quattro sauri che trainavano la carrozza rallentò alquanto e Shannon si rimise a posto il cappello che le si era spostato lateralmente. Detestava quei copricapi frivoli e ridicoli, ma nessuna vera signora si sarebbe mostrata a capo scoperto in viaggio o a passeggio. La signorina Thompson, la sua insegnante di buone maniere, le diceva sempre che una signora raffinata ed elegante non doveva mai, assolutamente mai farne a meno. Shannon sbuffò, sciolse i nastri e tolse il cappello scuotendo i riccioli. Con buona pace della signorina Thompson.

    Nel frattempo il cavaliere aveva raggiunto la carrozza e le si era affiancato. Il suo cavallo, un grosso stallone nero, si esibì in un'impennata e scrollò la folta criniera. Il giovane lo dominò con disinvoltura e si tolse il cappello per salutarla. Freddi occhi grigi la scrutarono, mentre sorrideva e rivelava una dentatura smagliante. Shannon ricambiò lo sguardo, incuriosita e sorpresa. Era proprio lui, oppure…

    «Bentornata a Dragonyr, Shannon», la salutò cordialmente. «Sono Devon Tremayne, tuo cugino. Ti ricordi di me?»

    Shannon sorrise. Ricordava benissimo il ragazzaccio dispettoso con il quale si era azzuffata, aveva fatto gare di corsa a cavallo, si era arrampicata sugli alberi e aveva nuotato. Era lui che si divertiva a prendere in giro per la sua eccessiva magrezza. Tuttossa, lo chiamava, provocando le sue infantili sfuriate. Le piaceva provocarlo dichiarando che lui non era un vero McLeod, e quando lo faceva lui le saltava addosso e si azzuffavano come gatti arrabbiati, costringendo la servitù a intervenire per separarli e calmare i loro bollenti spiriti. Sì, ricordava ogni cosa. Il suo sorriso si accentuò ed ebbe un guizzo negli occhi.

    «Bene, vedo che non hai dimenticato, cuginetta», le disse scoppiando in una risata.

    «E come potrei? Ricordi il giorno in cui ti feci cadere nello stagno? Eri inzuppato fino agli occhi. Proprio un autentico Tremayne!» Rise con una sfumatura di malizia, consapevole di quanto quell’episodio avesse ferito il suo orgoglio maschile, e attese una risposta pungente. Ma con sua sorpresa Devon incassò il colpo con un’altra allegra risata e lei pensò che forse era cambiato. A quel tempo non possedeva il minimo senso dell’umorismo e non sopportava nessun tipo di scherzo. Erano cambiati tutti e due, senza dubbio. I ragazzetti sudici, arruffati e con gli abiti in disordine appartenevano al passato.

    «Tutta la famiglia è riunita al castello per darti il bentornato, cugina Shannon. Sono giunti fin quassù gli echi dei tuoi successi mondani e siamo molto fieri di te.»

    «Davvero? Suppongo che i tamburi locali abbiano diramato le notizie ai quattro angoli delle Highlands», replicò Shannon sarcastica.

    Lo sguardo di Devon si fece gelido, ma riuscì a mantenere il sorriso sulle labbra mentre rispondeva: «Forse ti sembrerà strano, ma il progresso è arrivato fin qui. Abbiamo i giornali e il telegrafo anche da queste parti».

    «Sì, lo so, cugino Devon. Era soltanto una battuta», replicò addolcendo la sua espressione. Per quanto cambiato, Devon era sempre permaloso e per il momento non voleva inimicarselo. Non il primo giorno, almeno. «Ti confesso che sono molto felice di essere tornata. Londra mi piace ed è divertente, ma questa è casa, la mia vera casa.»

    Il giovane la osservò con attenzione per cercare di capire se fosse sincera e alla fine decise che lo era. Shannon aveva sempre amato Dragonyr e le Highlands, apparteneva a quella terra esattamente come tutti i McLeod. Entro una settimana, forse anche meno, avrebbe perso quella vernice mondana e le maniere forbite per tornare a essere se stessa. «Ne sono certo», rispose sorridendo, e lo era davvero. Lei aveva solo bisogno di un po’ di tempo per riambientarsi, poi avrebbe dimenticato Londra e il bel mondo luccicante e frivolo. Non sarebbe stato troppo difficile persuaderla a rimanere lì per sempre.

    Devon cavalcò al fianco della carrozza per l’ultimo tratto di strada, trattenendo abilmente l’impeto dello stallone e guadagnandosi l’ammirazione di Shannon. Era un eccellente cavaliere, ma d’altra parte tutti i McLeod lo erano, come pure i Tremayne. Ne facevano una questione d’onore. A tratti chiacchieravano, ma la mente di Devon era alquanto distratta e rivolta al progetto accarezzato da sua madre e del quale lui era la pedina più importante.

    Ethelrida McLeod Tremayne era una donna ambiziosa, lo era sempre stata. Per il suo unico figlio maschio desiderava un buon partito e Shannon lo era. Senza contare che era bella, colta, bene educata, che contava conoscenze altolocate e che il nonno materno, Lord Hornsborough, era deputato alla Camera dei Lord, oltre a essere un eminente studioso. Devon non avrebbe potuto desiderare di meglio e con il suo fascino sarebbe stato facile per lui sedurre la bella ma inesperta cugina. Con quel matrimonio, Ethelrida avrebbe finalmente realizzato le sue speranze ed era certa che lo scapestrato rampollo avrebbe messo la testa a posto.

    Inizialmente Devon non era stato entusiasta di quel progetto, ma alla fine si era persuaso e ora cominciava a capire la sottigliezza di sua madre. Shannon non aveva nulla in comune con la ragazzina spigolosa e lentigginosa che ricordava e quello straordinario cambiamento tornava tutto a suo vantaggio. Sposandola non avrebbe avuto soltanto il suo denaro, ma anche una moglie bella e raffinata. Mentre si avvicinavano all’ingresso del castello, Devon pensò di essere davvero fortunato.

    Qualche attimo dopo la carrozza varcò l’entrata e Shannon provò un fremito d’orgoglio e d’emozione. In quel cortile si erano incontrati Robert Bruce e William Wallace e i contadini dicevano che l’ombra inquieta dell’eroe scozzese si aggirasse ancora nei dintorni e fra le mura del castello. Personalmente lei non l’aveva mai incontrato, ma c’era chi giurava e spergiurava di averlo visto più volte, la notte, e d’aver udito i suoi lamenti.

    Il cocchiere arrestò i cavalli e Devon, smontato di sella con un agile balzo, corse a spalancare lo sportello della carrozza. Le offrì la mano e l’aiutò a scendere. Shannon accettò l’offerta ringraziandolo e posati i piedi a terra fece scorrere intorno lo sguardo: nulla era cambiato. Ogni cosa era rimasta esattamente come la ricordava: le vecchie pietre corrose del selciato, i bastioni sbrecciati e invasi dai rampicanti, alcune finestre dell’ala nord, quelle dietro le quali si aggirava il fantasma, senza i vetri, le crepe nei muri in cui crescevano le erbacce… Dragonyr, la dimora dei suoi avi. Suo padre era nato lì e sperava che un giorno sarebbe tornato per morirvi ed essere sepolto nel cimitero di famiglia accanto all’amata moglie Elizabeth. Il pensiero del padre la rattristò. Era partito per l’India da quasi sei mesi e da almeno due non mandava notizie. Le era stato detto che si era addentrato in regioni remote da cui era impossibile comunicare e che sarebbe anche potuto essere disperso, forse addirittura morto, ma lei sentiva che era vivo e che un giorno sarebbe tornato a casa.

    Si passò una mano sul viso e guardò interrogativamente Devon, che cercava di attirare la sua attenzione premendole leggermente il braccio. Seguì il suo sguardo e vide, raggruppati presso la soglia, la nonna Rowena, le zie, gli zii e tutti i cugini che erano usciti per salutarla. Shannon sorrise e corse ad abbracciarli uno a uno, riservando un abbraccio particolarmente affettuoso e prolungato per la nonna.

    «Bentornata a casa, tesoro», le disse lady Rowena sorridendo commossa. «Sei davvero bella come ti descrivono i giornali, sai? La debuttante dell’anno… Siamo fieri di te, bambina mia.»

    «Sono tanto felice, nonna… Non sei invecchiata di un solo giorno.»

    «Grazie, cara. So che è una bugia, ma mi fa piacere. Con il tuo ritorno, si può dire che la famiglia sia quasi al completo.» La guardò intensamente e soggiunse: «Vieni con me in biblioteca, tesoro, vorrei parlarti un po’ da sola. Essendo la più anziana della famiglia reclamo il mio diritto di priorità su di te».

    «Ma certo, nonna, sarà un piacere», rispose la giovane seguendola nell’ampio vestibolo, mentre i domestici si occupavano dei suoi bagagli. Dentro era freddo, nonostante vi fosse un bel fuoco acceso nell’enorme camino di pietra annerito dal tempo. Il resto del parentado si accodò, compreso Devon, e un vecchio domestico chiuse il portone.

    Mentre gli altri sciamavano in uno dei salotti, lady Rowena la precedette nella biblioteca, la stanza che Shannon preferiva. La giovane amava le alte pareti rivestite di legno e gli scaffali pieni di libri, alcuni dei quali antichi e di valore, le poltrone di cuoio rosso scuro alquanto consumate, il tavolo di noce massiccio, il camino su cui troneggiava il ritratto di Algernon McLeod, l’antenato che aveva osato sfidare la regina Elisabetta schierandosi al fianco della sua rivale. Il suo sguardo indugiò lungamente ad accarezzare tutta la stanza e infine si posò su lady Rowena. La nonna era alta e sottile, dritta come un fuso ed elegante persino nel vecchio abito nero. I capelli erano stati fulvi come quelli di Shannon, ma ora erano grigio argento e incorniciavano un volto dai tratti marcati e pieni di forza. Rowena incarnava tutto l’orgoglio di razza della famiglia.

    «Vieni, sediamo», le disse accomodandosi in una delle poltrone.

    Shannon andò a sedere su un piccolo sgabello poggiapiedi, riprendendo una vecchia abitudine. Sollevò il bel viso verso di lei. «Di che cosa mi vuoi parlare, nonna? Hai avuto notizie da mio padre?»

    «No, cara, purtroppo no. A dire il vero speravo che ne avessi tu, ma a quanto pare s’è persa ogni traccia di lui.»

    «Non manda notizie da tempo, è vero, ma non dobbiamo disperare. Nella sua ultima lettera scriveva che aveva lasciato Bombay e che si sarebbe recato a Jodhpur, da cui in seguito si sarebbe recato in Assam. Siamo tutti in ansia per lui, è comprensibile, ma se gli fosse accaduto qualcosa il Governatore ci avrebbe informati. Inoltre il nonno è costantemente in contatto con l’India.»

    «Sì, hai ragione», convenne lady Rowena. «E d’altra parte non è neppure la prima volta che ci lascia senza notizie per tanto tempo. Anche quando si recò in Egitto non ci scrisse per sei mesi, ricordi? È stato sempre un uomo inquieto e anche misterioso. Forse è a causa del lavoro che svolge, ma io vorrei poterlo riabbracciare ancora una volta prima di morire.»

    «Ma che dici nonna? Parli di morire quando sei ancora così giovane? Sei forte e solida come una quercia!»

    «Non mentire, bambina. In realtà sono vecchia e stanca e non ne posso più di portare da sola tutto il peso delle responsabilità.»

    «Come, nonna, nessuno ti aiuta?» chiese Shannon sorpresa.

    «Cercano di fare del loro meglio, tesoro, ma l’amministrazione e la gestione della proprietà è affidata a me. Sebbene non sia più estesa come una volta costituisce pur sempre un impegno notevole. Tu dovresti sapere che cosa significa mandare avanti Dragonyr con i problemi che abbiamo. Le tasse non fanno che aumentare e il denaro non basta mai.»

    «Perché non affidi qualche incarico a Devon? È giovane e mi ha dato l’impressione di essere abbastanza sveglio. Di che cosa si occupa?»

    «Niente. Devon non fa assolutamente niente, a parte scorrazzare a cavallo, giocare, ubriacarsi e rincorrere le servette. È uno scapestrato e riunisce in sé tutti i più brutti difetti dei McLeod e dei Tremayne. La cosa peggiore è che sua madre gli permette di fare tutto ciò che vuole e non lo richiama mai all’ordine. È pieno di debiti e temo che finirà col rovinarci del tutto. Talvolta penso che gli ci vorrebbe una moglie, una ragazza forte che sappia rimetterlo in riga.»

    «Se è così semplice, trovategli una moglie adatta, allora. Magari prima che metta nei guai qualche contadinotta e sia costretto a sposarla!»

    «Che linguaggio, mia cara!» esclamò lady Rowena fingendosi scandalizzata. «Sono certa che non ti esprimeresti così in un salotto londinese.»

    «Se lo facessi, verrebbe un collasso a tutti quanti», replicò la giovane ridendo. «Ma scherzi a parte, nonna, non credo che questa idea sia da scartare. In fondo tu conosci mio cugino molto meglio di me.»

    «Sono quasi sicura che potrebbe essere la soluzione di ogni problema, ma le ragazze da marito che posseggano le qualità necessarie non si trovano facilmente. Sai una cosa? Tua zia Ethel pensa che potresti essere tu la moglie adatta per Devon.»

    «Che cosa?» esclamò lei sorpresa. «Non sposerei Devon neanche se fosse l’unico uomo rimasto sulla faccia della Terra!»

    «Perché? È un ragazzo attraente e non è del tutto privo di qualità.»

    «Io e Devon non abbiamo assolutamente niente in comune. E poi non ho intenzione di sposarmi tanto presto, anzi, non credo proprio che prenderò marito. Lo sai quanti giovanotti hanno chiesto la mia mano quest’inverno a Londra? Una moltitudine, ma io li ho rifiutati anche se erano belli e ricchi. Devon non reggerebbe il confronto con loro neanche per cinque minuti e io non ho la stoffa della bambinaia, tanto meno della redentrice di anime perse. Senza contare che è mio cugino e per quanto i McLeod si siano quasi sempre sposati fra loro io non intendo seguire questa usanza. Se e quando lo deciderò, mi sceglierò un marito che non abbia nelle vene neppure una goccia di sangue dei McLeod o dei Tremayne.»

    «Confesso che sono piuttosto sconcertata, ma forse avrei dovuto aspettarmelo da te. Assomigli troppo a tuo padre per assoggettarti a delle regole.»

    «È davvero così assurdo che io voglia vivere a modo mio, che desideri viaggiare e conoscere il mondo? Non intendo vivere secondo schemi dettati dagli altri, ma essere libera di fare le mie scelte.»

    «Temo che non sarà facile, tesoro mio. Purtroppo sei una donna e in quanto tale ti troverai molte strade precluse, dovrai scontrarti duramente con i pregiudizi e le convenzioni. Sarà una lotta senza tregua che forse non riuscirai a vincere.»

    «E per questo dovrei rinunciare e sposare Devon? Non ti riconosco più nonna. Devi proprio essere alla disperazione per parlare in questo modo.»

    «Forse lo sono, oppure i tuoi ragionamenti mi spaventano. In fondo sono all’antica e penso che il principale scopo nella vita di una donna sia quello di sposarsi e avere dei figli. Noi non abbiamo creato né voluto questa società, ma ci dobbiamo vivere e se per guadagnarci rispetto e considerazione dobbiamo sacrificare le nostre idee… pazienza, bisogna adattarsi.»

    «Scusami, nonna, ma non sono d’accordo. Sono convinta che esistano alternative e che anche una donna abbia il diritto di scegliere la propria strada esattamente come gli uomini fanno da millenni. Io voglio molto bene a te e a tutta la famiglia, ma non permetterò a nessuno di voi di interferire nei miei progetti.»

    Lady Rowena trasse un profondo sospiro e le accarezzò dolcemente i capelli. Poteva comprendere l’intima ribellione di sua nipote e il suo rifiuto a lasciarsi intrappolare da usanze e convenienze dettate da una società dominata dai maschi. C’era stato un tempo in cui anche lei aveva creduto di poter cambiare il mondo e la mentalità corrente, ma aveva dovuto arrendersi quando si era scontrata con la dura realtà. Sarebbe accaduto anche a Shannon, lo sapeva. In cuor suo avrebbe voluto proteggerla, tenerla al riparo dalla sofferenza e dalle amare delusioni, ma non poteva. Sua nipote doveva scoprire da sola che cosa significasse essere una donna e avrebbe lasciato che seguisse gli impulsi che le dettava il suo spirito indomito sperando e pregando che non ne uscisse troppo male.

    «Non temere, per quanto mi riguarda ho intenzione di lasciarti libera di decidere da sola e non ti forzerò ad assecondare i progetti di tua zia Ethel. Non ho mai approvato il suo modo di educare Devon e i risultati mi danno ragione, ma forse fra qualche tempo, quando lo conoscerai meglio, potresti cambiare idea. Devon non è cattivo, in fondo. Forse ha preso troppo da suo padre sotto certi aspetti, ma fondamentalmente è un bravo ragazzo e se qualcuno riuscisse a guidarlo sulla strada giusta si trasformerebbe. Quella donna potresti essere tu, Shannon. Vuoi almeno rifletterci? Non ti chiedo altro.»

    «D’accordo, nonna», accondiscese la giovane senza entusiasmo. «Prometto che ci penserò.»

    Chissà perché, non appena ebbe pronunciato quelle parole, ebbe la sgradevole sensazione di essersi infilata in una via senza uscita.

    2

    Shannon si affacciò alla finestra della sua camera e indugiò a contemplare il panorama selvaggio. Le nuvole grigie che galoppavano nel cielo minacciavano pioggia e il vento era freddo e tagliente.

    Si strinse nel caldo scialle di lana e si scostò i capelli dal viso, mentre il suo sguardo vagava sulla superficie burrascosa del mare, le cui onde spumeggianti si infrangevano ruggendo sulla scogliera sottostante. Da lì non poteva scorgere la piccola cala protetta nella quale un tempo approdavano i contrabbandieri con i quali i McLeod avevano sempre intrattenuto affari, e si chiese se il vecchio passaggio segreto esistesse ancora. Suo padre una volta le aveva detto che era stato murato, ma ne dubitava. Gliel’aveva detto per evitare che lei e Devon, i due discoli della famiglia, si avventurassero in quel labirinto e corressero il rischio di non venirne più fuori, ma non era servito a molto. Infatti, la curiosità aveva avuto il sopravvento e sfidando il divieto lei e il cugino si erano inoltrati nel sotterraneo, quello in cui c’erano state le segrete del castello. Vi si erano aggirati per qualche ora e naturalmente si erano smarriti, ma per fortuna i domestici e i familiari messisi alla loro ricerca erano riusciti a trovarli e li avevano portati fuori. I genitori non avevano risparmiato severi rimproveri e una punizione esemplare a entrambi. Da quel giorno non si erano più azzardati a scendere nel sotterraneo, ma non avevano abbandonato la ricerca del fantomatico passaggio segreto. Sorridendo fra sé, Shannon si ripromise di chiedere al cugino se in seguito lo avesse trovato.

    Sospirò, lasciando che il vento salmastro le alitasse sul viso. Se non fosse stato per la zia Ethel e le insopportabili cugine Scarron e Gwyneth il soggiorno a Dragonyr avrebbe potuto essere assai più piacevole, ma quelle tre arpie stavano facendo di tutto per guastarle la vacanza. Ethelrida manovrava in modo sfacciato per favorire i suoi incontri con Devon e per lasciarli soli, mentre le due sorelle non facevano altro che alludere in continuazione al loro prossimo fidanzamento, dando per scontato il matrimonio. La nonna, dal canto suo, non interveniva in favore di nessuno e si limitava a fare da spettatrice. Shannon poteva capire che preferisse mantenere un atteggiamento neutrale, ma era delusa perché non si era schierata dalla sua parte. Aveva sempre considerato la nonna una persona sensibile e perspicace, in grado di comprendere a fondo il suo animo, e invece si stava rivelando copia conforme dello stereotipo femminile che lei aborriva.

    In quanto a Devon… Be’, se non altro almeno lui si comportava correttamente e da gentiluomo. Era sempre gentile e premuroso, ma senza essere assillante e il suo modo di corteggiarla era piuttosto discreto. Da uno con la sua fama Shannon si era aspettata un assedio in piena regola, invece aveva avuto la gradevole sorpresa di scoprire in lui qualità insospettate. Da qualche tempo si stava domandando se il cugino stesse rivelando lati della sua personalità che nessuno conosceva, oppure se fosse così scaltro da agire in quel modo per farla cadere nella sua rete. Il sospetto che dietro a tutto ciò vi fosse la magistrale regia di zia Ethel era come un tarlo fastidioso, perché in fondo Devon cominciava a piacerle e non poteva negare di provare una certa attrazione nei suoi confronti. Questo continuo stare in guardia era alquanto logorante e forse era arrivato il momento di dirgli in modo esplicito e inequivocabile che non aveva alcuna intenzione di sposarlo, ma dopo tutto non c’era fretta e non voleva ferirlo, almeno fino a quando ciò sarebbe stato possibile. Voleva uscire da quella situazione senza creare attriti o fare del male a qualcuno, soprattutto non intendeva urtare la nonna, che da quando lei era arrivata appariva persino ringiovanita.

    Chiuse la finestra e all’improvviso si ricordò di avere appuntamento con Devon per andare a cavallo. Si cambiò d’abito in fretta, rabbrividendo per il freddo, e  raccolse sommariamente i capelli. Per fortuna lì poteva fare a meno della cameriera per acconciarli e li lasciava quasi sempre liberi. Infilò gli stivali, prese una giacca di panno pesante e uscì dalla stanza.

    Mentre scendeva la scala incontrò sua cugina Scarron. «Stavo venendo a chiamarti», le disse bruscamente. «Devon ti aspetta alle scuderie da un pezzo!»

    «Sì, lo so. Sono un po’ in ritardo», rispose seccamente.

    «Faresti bene a sbrigarti. A mio fratello non piace aspettare.»

    Shannon la mandò mentalmente a quel paese e passò oltre senza darsi la pena di replicare.

    Raggiunto il vestibolo lo attraversò e uscì dirigendosi verso le scuderie. Non appena la vide Devon le andò incontro sorridendo e le baciò la mano.

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