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Il Signore degli eserciti e la spudorata sgualdrina: Violenza e sesso nella Bibbia
Il Signore degli eserciti e la spudorata sgualdrina: Violenza e sesso nella Bibbia
Il Signore degli eserciti e la spudorata sgualdrina: Violenza e sesso nella Bibbia
Ebook438 pages6 hours

Il Signore degli eserciti e la spudorata sgualdrina: Violenza e sesso nella Bibbia

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La Bibbia è un’opera che viene ritenuta «ispirata da Dio» dagli Ebrei e dai Cristiani, che la utilizzano sia nelle loro cerimonie liturgiche sia nell’insegnamento delle loro rispettive dottrine. Si sarebbe, pertanto, indotti a pensare che sia un libro ispirato al pacifismo e alla moralità. Se lo si legge per intero, però, si scopre che contiene una serie di scene di inaudita violenza e di crudo erotismo.
 La Bibbia descrive violenze di ogni tipo: genocidi, omicidi, impiccagioni, lapidazioni, crocifissioni, decapitazioni, annegamenti, roghi, sequestri di persona, stupri, furti.
Tratta, inoltre, tutti gli aspetti della sessualità umana: poligamia, matrimoni tra consanguinei, incesti, adultèri, prostituzione, bestialità, mestruazioni, malattie veneree.
Il libro esamina criticamente queste scene di  violenza e sesso, di cui sono protagonisti «il Signore degli eserciti» e «la spudorata sgualdrina», riportandone un vasto campionario.
LanguageItaliano
PublisherStreetLib
Release dateOct 25, 2017
ISBN9788826499895
Il Signore degli eserciti e la spudorata sgualdrina: Violenza e sesso nella Bibbia

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    Il Signore degli eserciti e la spudorata sgualdrina - Alberto Vacca

    uccelli

    VIOLENZA E SESSO NELLA BIBBIA

    La Bibbia

    La Bibbia è un libro che viene ritenuto «ispirato da Dio» dagli Ebrei e dai Cristiani, che lo utilizzano sia nelle loro cerimonie liturgiche sia nell’insegnamento delle loro rispettive dottrine. Si sarebbe, pertanto, indotti a pensare che sia un libro ispirato al pacifismo e alla moralità. Se lo si legge per intero, però, si scopre che contiene una serie di scene di violenza, di sangue e di sesso sconcertanti. Inoltre, la scoperta più sorprendente è che protagonista di tali scene non è soltanto l’uomo, ma Dio stesso.

    Come è noto, non esiste un testo unico della Bibbia riconosciuto unanimemente dalle confessioni religiose che lo considerano ispirato da Dio. Vi sono tante bibbie che differiscono tra loro sia nel testo sia nelle interpretazioni che ne vengano date. La differenza maggiore si riscontra tra la bibbia ebraica e quella cristiana. Quest’ultima, a sua volta, conosce diverse varianti: cattolica, ortodossa, copta, siriaca, protestante. Qui ci limitiamo a un breve cenno sulle diferenze tra la bibbia ebraica e quella cattolica. La Bibbia ebraica  è composta di 39 libri; quella cattolica, invece, ne contiene 73. La bibbia cattolica è composta di due parti: «Antico Testamento» e «Nuovo Testamento». L’Antico Testamento è costituito da un gruppo di 46 libri, scritti perlopiù in ebraico, di cui solo una parte è riconosciuta come ispirata da Dio anche dagli Ebrei. Il Nuovo Testamento è costituto da 27 libri scritti in greco.

    Si è detto che la Bibbia viene considerata un libro ispirato da Dio. Bisogna precisare, però, che il termine «Dio» viene utilizzato per tradurre una serie di appellativi diversi con cui, nella Bibbia, viene indicata la divinità. In ebraico «Dio» viene indicato con vari nomi, di cui i principali sono El, Eloim, Jhwh. Il tetragramma Jhwh era considerato il nome personale della divinità e, nel testo ebraico originale, non aveva le vocali, perché era ritenuto troppo sacro per potere essere pronunciato. Nella lettura veniva sostituito con Adonai [mio Signore]. Le vocali di questo nome furono, poi, inserite tra le consonanti di Jhwh, producendo un suono che dovrebbe corrispondere a quello di Jahvè. Poiché il nome della divinità ebraica è Jhwh, lo indicheremo con tale tetragramma. In greco «Dio» viene designato con il termine  θεóς [theòs] che non indica il nome personale della divinità, perché quest’ultima viene attribuita a tre persone diverse: «Padre»,  «Figlio» e «Spirito Santo». In termini generali si può dire che le figure del Padre e dello Spirito Santo corrispondono rispettivamente a quelle di Jhwh e della Sapienza, elaborate dalla tradizione ebraica, mentre quella del Figlio corrisponde a quella di Gesù Cristo, elaborata dalla tradizione cristiana.

    La nostra indagine avrà come oggetto la Bibbia cattolica, in cui sono compresi anche i libri riconosciuti come ispirati dalla tradizione ebraica. Riguarderà, pertanto, l’Antico e il Nuovo Testamento.

    L’Antico Testamento

    L’Antico Testamento può essere definito l’epopea di Jhwh e del suo popolo. Jhwh compare in uno scenario dominato da vari dèi che sono venerati dai rispettivi popoli nei territori in cui questi sono insediati. Si tratta di divinità locali o nazionali. Jhwh, all’inizio, non ha né un popolo che lo veneri né un territorio in cui si pratichi il suo culto. Decide, perciò, di scegliersi e impossessarsi di un territorio che appartiene ad altri dèi e ad altri popoli, la terra di Cannaan, per darlo a un popolo che gli riservi un culto esclusivo. Jhwh sceglie Abramo, il capostipite dei patriarchi; gli ordina di abbandonare la terra dei Caldei e di recarsi nella terra di Canaan, che sarà data in eredità a lui e alla sua discendenza. La discendenza di Abramo si moltiplica per alcuni secoli in Egitto e, quando è abbastanza numerosa, Jhwh decide di lanciarsi con essa alla conquista della terra di Canaan. La conquista comporta varie fasi, che sono caratterizzate da violente campagne militari. Dapprima avviene l’insediamento nella terra promessa, che viene strappata ai legittimi possessori. Poi il consolidamento dell’occupazione con campagne espansive e difensive. Infine, nel periodo della monarchia di Davide, l’espansione con la creazione di un regno di cui diventano tributari alcuni popoli. Nella narrazione di questi fatti, Jhwh appare come un vero e proprio comandante militare che guida un esercito. Jhwh comanda la guerra, guida e incoraggia i suoi combattenti, terrorizza e sconfigge gli avversari, ritiene la sua parte di bottino. Il principio a cui si ispirano le campagne militari è quello della pulizia etnica, che consiste nello sterminio delle popolazioni sconfitte. In ebraico questo concetto è espresso dalla parola herem che significa «sterminio votivo» o «annientamento». L’herem di solito è totale e, in tal caso, comporta la distruzione di ogni essere vivente e di ogni cosa che appartenga al nemico. In altri casi è solo parziale e può comportare, a seconda delle circostanze, l’esclusione dallo sterminio del bestiame e, talora, anche delle donne e dei bambini.

    Il rapporto tra Jhwh e il suo popolo è basato su un patto di reciproca fedeltà, un’«alleanza», che comporta doveri reciproci. Jhwh si impegna a garantire al suo popolo il possesso della terra conquistata e ogni prosperità materiale, mentre quest’ultimo si obbliga a riservargli un culto esclusivo e a non farsi traviare dagli altri dèi. Le conseguenze dell’inosservanza dell’alleanza da parte del popolo sono nefaste, perché comportano la mancanza del sostegno di Jhwh nei suoi confronti e la sua sottoposizione alla dominazione straniera. Jhwh è una divinità gelosa degli altri dèi ed è pronta a punire violentemente ogni atto di idolatria. La violenza di Jhwh è sia morale sia fisica. Prima minaccia castighi, poi, se le sue parole restano inascoltate, passa all’azione punitiva, servendosi delle forze annientatrici della natura o delle armi distruttrici di vari eserciti. Uno degli appellativi più ricorrenti con cui viene indicato Jhwh, nell’Antico Testamento, è quello di «Dio degli eserciti». Jhwh è «Dio degli eserciti» non solo perché è dotato di un proprio esercito, che è costituito dal popolo che si è scelto per farsi da esso venerare, ma anche perché esercita il suo comando su tutti gli eserciti della terra, di cui si serve a suo piacimento per realizzare i propri piani. Jhwh utilizza gli eserciti stranieri per punire il suo popolo, quando quest’ultimo lo tradisce. Ma è pronto anche a punire gli eserciti stranieri quando si insuperbiscono e attribuiscono a se stessi, anziché a lui, le vittorie ottenute.

    Il mondo descritto dall’Antico Testamento è un mondo dominato non solo dalla violenza umana, ma anche da quella divina. Vi sono in esso più di 600 passi in cui si parla di popoli o individui che hanno commesso stermini e omicidi; circa 1000 passi in cui si descrive l’ira di Jhwh che minaccia, punisce e semina morte; più di 100 passi in cui Jhwh ordina di uccidere esseri umani.

    Jhwh dimostra una violenza terrificante fin dalla sua prima apparizione nel libro della Genesi. Condanna a morte il primo uomo e la prima donna da lui creati a causa di una semplice disobbedienza. Jhwh punisce la disobbedienza di Adamo con queste parole: «polvere tu sei e in polvere ritornerai!». Sono parole dure che non lasciano all’uomo alcuna speranza, perché lo condannano a un annientamento totale. Le colpe dei discendenti di Adamo, poi, sono da lui punite con due genocidi: il primo con il diluvio, da cui scampa solo la famiglia di Noè; il secondo con la forza inceneritrice del fuoco, che distrugge le città di Sodoma e Gomorra, da cui scampa solo Lot e una parte della sua famiglia. Jhwh si dimostra, inoltre, come un essere assetato di sangue. Chiede ad Abramo che gli sacrifichi il figlio Isacco, sebbene poi si accontenti dell’offerta di un ariete. Non sconfessa il voto di Iefte e accetta che gli offra in olocausto la propria figlia. Stermina senza pietà tutti i primogeniti degli Egiziani. «Vota allo sterminio» intere popolazioni. Rigetta due re, Saul e Acaz, privandoli della regalità e condannandoli a morte, perché colpevoli di avere violato la legge dell’herem, dimostrandosi indulgenti verso il nemico, a cui hanno risparmiato la vita. Si vendica del tradimento idolatrico di Acaz e di Geroboamo, sterminandone tutta la discendenza. Pretende che gli siano offerti in olocausto giornalmente i migliori capi di bestiame che si allevano nella sua terra e minaccia dure punizioni contro chi si permette di offrirgli animali affetti da qualche difetto. Rivolto ai sacerdoti infedeli che gli sacrificano animali zoppi, malati e rubati, li apostrofa dicendo che prenderà gli escrementi degli vittime sacrificate e li getterà sulle loro facce perché siano spazzati via con essi [Ml 2, 3]. In suo nome si consuma una vera e propria ecatombe di animali che si protrae per alcuni secoli.

    In vari testi della Bibbia, specialmente in quelli profetici, Jhwh descrive l’alleanza con il suo popolo in termini allegorici, facendo ricorso all’immagine dell’unione coniugale tra marito e moglie. Ciò, nel caso di idolatria, gli permette di paragonare il popolo che lo tradisce a un’adultera e a una prostituta, con l’uso di un linguaggio spesso triviale e osceno. Nel libro di Ezechiele, Jhwh apostrofa la sua sposa come «spudorata sgualdrina» [Ez 16, 30] e ne descrive la sfrenatezza sessuale con questa espressione: «Arse di libidine per quegli amanti lussuriosi come asini, libidinosi come stalloni» [Ez 23, 20]. Espressione che, in un'altra traduzione più aderente al testo ebraico originale, suona: «bruciò di passione per quei drudi, i cui membri sono come quelli degli asini e il cui flusso è come il flusso dei cavalli». 

    Quando non è di scena la violenza divina, nella Bibbia, lo è quella umana, che si manifesta in forme raccapriccianti. La Bibbia descrive violenze di ogni tipo: genocidi, omicidi, impiccagioni, lapidazioni, crocifissioni, decapitazioni, annegamenti, roghi, sequestri di persona, stupri, furti. Il primo episodio di violenza umana compare nelle prime pagine della Genesi ed è costituito da un fratricidio: quello di Caino contro Abele. Al primo fratricidio ne seguiranno tanti altri. Abimelec massacra settanta fratelli, per la sua sete di potere; Assalonne fa uccidere Amnon per vendicare lo stupro da lui commesso contro la sorella Tamar; Salomone fa assassinare il fratello Adonia, perché sospetta che voglia scalzarlo dal trono. Il genocidio perpetrato dagli Israeliti contro le altre popolazioni inizia, dopo l’uscita dall’Egitto, contro gli Amaleciti, nel deserto, e continua in terra di Canaan, partendo dalla città di Gerico. Dei numerosi omicidi, ne citiamo solo alcuni. Mosè uccide un egiziano perché maltratta un ebreo; Davide fa uccidere un suo comandante militare, Uria, per potersi impossessare della moglie, Betsabea; la regina Gezabele fa uccidere Nabot per impossessarsi della sua vigna. Tra le varie stragi, la più impressionante è quella compiuta dal generale ribelle Ieu contro la famiglia del re Acab. Si rendono responsabili di stragi non solo i militari, ma anche i «santi» profeti di Jhwh. Il profeta Elia massacra personalmente quattrocentocinquanta sacerdoti di Baal. Il profeta Eliseo fa sbranare quarantadue ragazzini da due orse, perché lo hanno deriso. Tra le decapitazioni, impressionanti sono quelle di Golia da parte di Davide, di Oloferne da parte di Giuditta; di Saul e di Nicanore da parte dei loro nemici. Tra le impiccagioni, ricordiamo quella dei sette discendenti di Saul compiuta dai Gabaoniti e quella  di Aman ordinata dal re Assuero. Inoltre, terrificanti sono la scena del re di Moab che sacrifica il figlio primogenito al dio Camos e quella di una madre che cuoce e mangia il proprio figlio con un’altra donna. Infine, numerosi sono gli  atti di violenza a sfondo sessuale. Tra questi, vi sono lo stupro di Dina da parte di Sichem; lo stupro della concubina del levita; lo stupro delle concubine di Davide da parte di Assalonne; il ratto delle vergini di Silo.

    Per quanto riguarda il sesso, va rilevato che la Bibbia descrive una serie di scene che non ci si aspetterebbe di trovare in un libro che, per chi lo considera sacro, contiene la «parola di Dio». La Bibbia tratta tutti gli aspetti della sessualità umana. Parla di poligamia, matrimoni tra consanguinei, incesti, adultèri, prostituzione, bestialità, mestruazioni, malattie veneree. I patriarchi e i re praticano la poligamia e, oltreché numerose mogli, hanno numerose concubine. Chi supera tutti, in questo campo, è il re Salomone, che ha settecento mogli e trecento concubine. La pratica dei matrimoni tra consanguinei inizia con Abramo, che prende come moglie la propria sorella Sara. Anche la pratica della prostituzione inizia con lui, perché cede la propria moglie prima al faraone e poi al re Abimelec per trarne dei vantaggi economici. Il suo esempio viene, poi, imitato dal figlio Isacco che cede la moglie al re Abimelec. L’incesto viene praticato non solo al tempo dei patriarchi, ma anche nel periodo della monarchia. Si riferiscono al periodo patriarcale l’incesto tra le figlie di Lot e il loro padre e quello di Tamara con il suocero Giuda. Al periodo monarchico, invece, si riferisce l’incesto di Amnon con la sorella Tamar. Non mancano neppure gli episodi di molestie sessuali. Ne sono vittime Giuseppe che viene molestato dalla moglie di Potifar e la giovane Susanna che viene molestata da due vecchi. Tra gli adultèri, il più noto è quello che Davide consuma con Betsabea. Inoltre, nella Bibbia, sono presenti numerose prescrizioni dettagliate in materia di rapporti sessuali, mestruazioni, parto, gonorrea ed emissione di liquido seminale. Il tema della prostituzione viene trattato abbondantemente soprattutto nei libri dei profeti, con un realismo impressionante e un linguaggio spesso triviale. In genere, lo sfondo su cui si svolgono le storie raccontate dalla Bibbia è quello di una società maschilista in cui, salvo rare eccezioni, vi è una scarsa considerazione nei confronti della donna. Detto ciò, non deve destare meraviglia se l’espressione più oscena della Bibbia riguarda la donna. Essa è espressa sotto forma di metafora nel libro del Siracide. Esortando l’uomo a stare attento alle insidie tesegli dalla donna, l’autore scrive: «Come un viandante assetato apre la bocca e beve qualsiasi acqua a lui vicina, così ella siede davanti a ogni palo e apre a qualsiasi freccia la faretra» [Sir 26, 12]. Il significato della metafora è evidente: la donna è sempre pronta ad aprire i suoi organi genitali [faretra] a qualsiasi membro maschile [freccia].

    Il Nuovo Testamento

    Abbiamo visto che i protagonisti del Vecchio Testamento sono Jhwh e il popolo di Israele. I protagonisti del Nuovo Testamento, invece, sono Gesù e gli apostoli, che operano sotto la regia di Dio-Padre, «Signore delle schiere celesti». La vita e l’insegnamento di Gesù sono descritti nei quattro Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. La vita e la predicazione degli apostoli sono contenute negli Atti degli Apostoli di Luca, nelle ventuno lettere degli apostoli, di cui quattordici di Paolo, e nell’Apocalisse di Giovanni. Nel Nuovo Testamento, Gesù viene presentato come il Cristo, l’«unto del Signore», il Messia, il «figlio di Dio» inviato dal «Padre» per salvare il suo popolo. Il popolo ebraico, però, lo disconosce, lo condanna a morte e lo uccide. Dopo tre giorni il Cristo risorge e ascende al cielo per ricongiungersi col Padre. Dal cielo dovrà tornare sulla terra una seconda volta [parusia] per il giudizio finale, che comporterà la condanna eterna dei suoi nemici e la beatitudine eterna dei suoi seguaci. Gesù incentra il suo insegnamento sull’amore verso il prossimo e persino verso i propri nemici. Gli apostoli incentrano la loro predicazione sulla morte e resurrezione di Gesù e sulla necessità della fede in lui per la remissione dei peccati.

    Al ruolo svolto da Jhwh e dal popolo ebraico, nel Vecchio Testamento, corrisponde, nel Nuovo Testamento, quello svolto da Dio-Padre, da Cristo e dalla sua Chiesa, che è costituita dagli apostoli e dai cristiani convertitisi al nuovo credo religioso soprattutto dai culti diffusi nel mondo ellenistico e solo in minima parte dall’ebraismo. Il Nuovo Testamento ricalca lo schema proprio del Vecchio Testamento, proiettandolo in una diversa dimensione. Se Jhwh e il suo popolo combattevano per affermare il loro dominio sulla terra di Canaan, Cristo e la sua Chiesa combattono per l’instaurazione del «regno di Dio» sulla terra, cioè per l’imposizione del loro credo religioso sulla religione ebraica e sui culti diffusi nel mondo ellenistico. Se i primi combattevano per un ideale terreno, i secondi combattono per un ideale spirituale. In entrambi i casi, però, il combattimento, sebbene di tipo diverso, avviene in uno scenario caratterizzato dalla violenza. Al pari della lotta di Jhwh e del suo popolo per il dominio sulla terra di Canaan, anche quella di Cristo e della sua Chiesa per l’instaurazione del «regno di Dio» registra numerosi episodi di violenza. Nel Nuovo Testamento, sono autori di atti di violenza non solo i nemici dei cristiani, ma lo stesso Gesù Cristo e i suoi apostoli. Nei Vangeli, gli atti di violenza più gravi vengono commessi dai nemici di Gesù. Particolarmente efferate sono la strage degli innocenti compiuta da Erode il Grande; la decapitazione di Giovanni Battista ordinata da Erode Antipa; la crocifissione di Gesù decisa dai Sommi sacerdoti ebraici e fatta eseguire dal procuratore romano Ponzio Pilato. Improntata alla violenza è anche la scena del suicidio di Giuda, che va a impiccarsi dopo essersi pentito di avere tradito Gesù. Dalla violenza, però, non è immune neppure Gesù, sebbene il suo messaggio sia incentrato sull’amore del prossimo e dei nemici. Nel Nuovo Testamento, Gesù è autore di atti violenti sia come uomo sia come Dio. Nei Vangeli, la violenza umana di Gesù è attestata, in modo particolare, dall’episodio della cacciata dei mercanti dal tempio, attuata con una frusta di cordicelle e il rovesciamento per terra dei banchi su cui sono esposte le mercanzie. Più che alla violenza fisica, però, Gesù ricorre a quella verbale, che esprime con minacce e maledizioni contro i propri avversari. Gesù manifesta il massimo della violenza quando agisce come Dio e, in particolare, come giudice dell’umanità alla fine dei tempi. Esemplare, in tal senso, è la descrizione del giudizio universale fatta dai Vangeli e dall’Apocalisse, in cui Gesù riserva il suo regno ai suoi seguaci e condanna al fuoco eterno i suoi nemici. Assai raccapricciante, inoltre, è la scena dell’Apocalisse in cui il «Verbo di Dio», prima del giudizio finale, stermina in battaglia tutti i suoi nemici e offre le carni dei loro cadaveri in cibo agli uccelli per festeggiare la sua vittoria. Gesù si dimostra violento, nella sua veste divina, anche nell’occasione della conversione dell’apostolo Paolo, descritta negli Atti degli apostoli. Perché, per indurlo al ravvedimento, lo acceca e butta a terra, sebbene gli restituisca in seguito la vista.

    Commettono atti di violenza anche gli apostoli, in particolare, i due più autorevoli, Pietro e Paolo. Il Vangelo di Giovanni narra che Pietro, nell’occasione dell’arresto di Gesù, mozza un orecchio a un servo del sommo sacerdote. Dagli Atti degli apostoli risulta che Pietro è responsabile della morte di Anania e Safira, due coniugi colpevoli di non avergli consegnato l’intero ricavato della vendita di un loro podere. Dagli stessi Atti risulta che Paolo, prima della conversione, è un pluriomicida di cristiani, perché concorre alla loro cattura e condanna a morte. Paolo non disdegna il ricorso a metodi violenti neppure dopo la sua conversione, perché acceca il mago Elimas che contrasta la sua predicazione. Altri episodi di violenza presenti negli Atti, oltre a quelli già descritti, riguardano la lapidazione di Stefano; la vendetta dell’«angelo del Signore» contro il re Erode Agrippa I, che muore divorato dai vermi per avere perseguitato i cristiani; le violenze dei Giudei contro Paolo. Elementi di violenza sono presenti anche nelle lettere indirizzate da Paolo alle comunità cristiane con cui si tiene in contatto, perché minaccia lo scatenamento dell’ira divina contro tutti coloro che non si attengono al Vangelo da lui predicato e agli ordini da lui impartiti ai nuovi convertiti. Il libro più violento del Nuovo Testamento, però, è l’Apocalisse, che descrive, con una serie di immagini surreali, la lotta finale tra le forze del male e quelle del bene, che si conclude con l’annientamento totale delle prime e il trionfo delle seconde. L’«ira di Dio», nell’Apocalisse, ha le stesse caratteristiche terrificanti dell’«ira di Jhwh» nell’Antico Testamento. Per quanto concerne il sesso, va detto che il Nuovo Testamento dedica ad esso una minore attenzione rispetto al Vecchio Testamento. Nei Vangeli si parla di prostitute e adultere che vengono redente dalla predicazione di Gesù. Nell’Apocalisse l’immagine della «grande prostituta» viene utilizzata per designare la città di Roma, che subirà la vendetta divina per i suoi culti idolatrici e la persecuzione contro i cristiani. Una maggiore attenzione verso il sesso dimostrano le lettere di Paolo, che condannano alcuni peccati di tipo sessuale diffusi nelle prime comunità cristiane – incesto, prostituzione, adulterio – e ribadiscono il principio della subordinazione della donna nei confronti dell’uomo, contenuto nell’Antico Testamento.

    L’argomento qui sommariamente tratteggiato verrà sviluppato più ampiamente nelle pagine che seguono con la riproduzione e il commento di vari passi della Bibbia che riguardano la violenza e il sesso.

    Per la citazione dei testi biblici verrà utilizzata la traduzione della Conferenza Episcopale Italiana [CEI] del 2008.

    ABBREVIAZIONI BIBLICHE

    vecchio testamento

    Il Pentateuco

    Il termine Pentateuco significa «libro in cinque volumi» e indica i primi cinque libri della Bibbia. Gli Ebrei designano questi cinque libri con il termine «Legge» [Tôrāh] per distinguerli dagli altri due gruppi di libri che sono costituiti dai «Profeti» [Nebi’îm] e dagli «Scritti» [Ketûbîm]. Il libri che compongono il Pentateuco derivano il loro nome dal loro contenuto. La Genesi descrive le origini del mondo, dell’uomo e del popolo ebraico. L’Esodo narra l’uscita del popolo ebraico dall’Egitto, sotto la guida di Mosé; la stipulazione dell’alleanza con Dio sul monte Sinai e  il viaggio nel deserto. Il Levitico, interrompendo la narrazione dei fatti, espone un contenuto di carattere prevalentemente legislativo che riguarda il culto, i sacrifici, i sacerdoti e i leviti. I Numeri riprendono la descrizione del viaggio degli Ebrei dal Sinai sino alle steppe di Moab, che dura circa quarant’anni. Il Deuteronomio è un codice di leggi civili, penali e religiose che disciplinano la vita del popolo ebraico, dopo il suo insediamento nella terra di Canaan.

    È opinione comune che l’attuale struttura del Pentateuco sia dovuta all’amalgama di quattro tradizioni diverse: Jawista [J], Elohista [E], Sacerdotale [P, dal tedesco Priesterkodex], Deuteronomista [D]. La jawista, ritenuta la più antica, è caratterizzata da una rappresentazione antropomorfica di Dio, denominato Jhwh, e da uno stile vivace, pittoresco e popolare. L’elohista, che utilizza il nome Elohim per indicare Dio, descrive il rapporto dell’uomo con la divinità come caratterizzato da una certa distanza. Perciò, il contatto tra Dio e l’uomo non è diretto, ma mediato da sogni o da messaggeri divini. La sacerdotale, ritenuta la più recente, accentua la distanza tra la divinità e l’uomo ed usa uno stile rigido e ripetitivo. Essa predilige le genealogie, il culto e il cerimoniale. La deuteronomista è incentrata sull’insegnamento della legge, la cui osservanza è ritenuta indispensabile per ottenere la benevolenza divina. È caraterizzata da uno stile ampio e oratorio che fa ricorso spesso all’esortazione, alle promesse e alle minacce. I libri del Pentateuco  presentano molte incongruenze e contraddizioni non solo perché le parti tratte dalle quattro fonti furono mal collegate tra loro dal redattore finale, ma anche perché coloro che le scrissero avevano una diversa visione della vita e della storia.

    GENESI

    La Genesi racconta la storia delle origini del popolo ebraico, inserendola nel più ampio contesto delle origini del mondo, dell’uomo e delle altre nazioni. Il termine genesi deriva dal greco γένεσις che significa nascita, creazione, origine. Il libro può essere diviso in due parti: la prima relativa alla creazione del mondo e dell’uomo nonché alla storia delle prime comunità umane [Gen 1, 1-11, 26]; la seconda relativa alla storia dei primi antenati degli Ebrei, i patriarchi: Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe [Gen 11, 27-50, 26].

    Il libro è costituito da una serie di racconti – sorti in periodi diversi e da diversi clan tribali – che furono a lungo tramandati oralmente, più volte modificati e reinterpretati fino ad assumere la forma definitiva che hanno oggi. Esso può essere paragonato ad un’antologia, composta da brani diversi che il curatore ha utilizzato per illustrare un determinato argomento, senza preoccuparsi troppo di ben coordinarli tra loro.

    Il libro tratta i grandi temi dell'esistenza umana: le origini dell'universo e dell'uomo; il rapporto dell'uomo col divino e con gli altri uomini, il dolore, la morte, il senso della storia umana. Ovviamente, secondo la visione che di essi avevano gli autori dei vari racconti.

    La violenza e il sesso sono temi ampiamente trattati nella Genesi, dove appaiono fin dalle prime pagine che sono dedicate al racconto della creazione dell’uomo e della sua cacciata dall’Eden.

    La spietata condanna di Jhwh: polvere tu sei e in polvere ritornerai!

    Jhwh plasma l’uomo con la polvere del suolo, infondendogli un soffio vitale nelle narici, e lo colloca nel giardino dell’Eden, dove si trovano l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Jhwh pone l’uomo nel giardino dell’Eden perché lo coltivi e lo custodisca, impartendogli quest’ordine: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» [Gn 2, 16-17]. Dopo plasma dal suolo gli animali, a cui l’uomo dà il nome. Infine fa addormentare l’uomo, gli toglie una costola e con essa forma la donna. Sennonché, a questo punto, interviene il serpente che provoca la cacciata dell’uomo e della donna dall’Eden, inducendoli a mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. Tutto ciò è descritto dall’autore del racconto con uno stile popolare, colorito e fantasioso, e un ampio ricorso al discorso diretto:

    ¹Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?». ²Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ³ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». ⁴Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! ⁵Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».

    ⁶Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. ⁷Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

    ⁸Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. ⁹Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». ¹⁰Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». ¹¹Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». ¹²Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». ¹³Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

    ¹⁴Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. ¹⁵Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

    ¹⁶Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà».

    ¹⁷All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: Non devi mangiarne, maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. ¹⁸Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. ¹⁹Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!».

    ²⁰L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi. ²¹Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì. ²²Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!».

    ²³Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. ²⁴Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita [Gen 3, 1-23].

    Il racconto proviene da un ambiente agricolo e vuole dare risposta ad alcune domande che l’autore e i suoi contemporanei si ponevano. Perché vi è attrazione sessuale tra l’uomo e la donna e ci si sposa?  Perché il parto avviene con dolore? Perché il lavoro dei campi è così duro? Perché i serpenti strisciano per terra?

    La risposta alla prima domanda è che l’uomo e la donna sentono un’attrazione reciproca perché sono fatti della stessa carne. Infatti, quando Jhwh conduce la donna all’uomo, quest’ultimo dice: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall'uomo è stata tolta» [Gn 2, 23]. E l’autore commenta: «Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne» [Gn 2, 24]. La rassomiglianza dell’uomo e della donna, nel testo ebraico, è evidenziata anche dal punto di vista linguistico, in virtù dell’assonanza tra ysh [uomo] e ishà [donna].

    La risposta alle altre domande è che la dura condizione dell’umanità sulla terra – dolore del parto, fatica del lavoro, insidia dei serpenti velenosi – è dovuta a una maledizione divina, scaturita da un atto di disobbedienza dell’uomo. Il racconto presenta una visione tragica dell’esistenza, non allietata da alcuna prospettiva di un futuro ultraterreno: l’uomo emerge dalla terra e alla terra ritornerà, dopo una vita vissuta nei pericoli e nel dolore.

    Il racconto non spiega in modo chiaro in che cosa sia consistito l’atto di disobbedienza dell’uomo e della donna. Poiché dice che essi, dopo avere mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male, scoprirono di essere nudi – provando un senso di vergogna, prima inesistente – pare voglia alludere a un rapporto sessuale. L’espressione «conoscenza del bene e del male», in questo contesto, non va intesa nel senso astratto che noi oggi le possiamo attribuire, ma come esperienza concreta di ciò che comporta un vantaggio o un svantaggio. La disobbedienza dell’uomo, quindi, sarebbe consistita nell’essersi voluto arrogare una prerogativa che la divinità gli aveva inibito: quella procreativa. L’uomo ha voluto imitare l’opera creativa divina, mettendo al mondo altri esseri simili a lui, ma ne ha pagato le conseguenze, perché ha dato origine a una stirpe condannata alla sofferenza e alla morte. L’ipotesi che l’atto di disobbedienza sia consistito nell’atto procreativo potrebbe essere avvalorata dalla presenza, nel racconto, del serpente, che nella cultura cananea era considerato simbolo di fertilità. Il riferimento alla figura del serpente potrebbe avere, qui, varie motivazioni. Spiegare perché striscia; mettere in evidenza la sua pericolosità; condannare il culto che gli tributavano certe tribù cananee.

    La condanna di Jhwh è particolarmente severa e violenta. Il serpente, che era originariamente dotato di quattro zampe, sarà privato di esse e dovrà strisciare per terra. Insidierà la discendenza della donna, ma sarà schiacciato. La donna proverà le doglie del parto; l’uomo si procurerà il proprio nutrimento con il sudore della fronte. L’albero della vita, simbolo dell’immortalità, resterà irraggiungibile per l’umanità. Jhwh maledice direttamente la terra, ma indirettamente maledice anche l'uomo che da essa proviene. La maledizione si concretizza in una condanna a morte: «polvere tu sei e in polvere ritornerai». Non si tratta però di una condanna a esecuzione immediata, ma differita. L'uomo non sarà ucciso direttamente da Jhwh, ma dall'ambiente inospitale in cui egli lo manda a vivere. In questo racconto, Jhwh appare come un essere severo e arcigno che impartisce ordini e infligge castighi per affermare la sua supremazia sulle proprie creature. Egli è anche geloso della sua condizione di essere immortale, di cui non vuole fare partecipe l’uomo e che difende con la sua spada fiammeggiante.

    I cherubini di cui parla il testo, ovviamente, non vanno identificati con gli angeli della tradizione cristiana, bensì con le statue degli animali alati poste a guardia degli ingressi dei palazzi e dei templi in Assiria e  Babilonia. La spada fiammeggiante rappresenta il fulmine, simbolo della collera divina.

    Il primo fratricidio della storia: Caino uccide Abele

    Il quadro tragico e pessimistico descritto nell'episodio della cacciata dall’Eden si accentua nel racconto di Caino e Abele [Gn 4, 1-26]. Infatti, alla violenza divina contro l'uomo, segue quella dell'uomo contro l'uomo. Caino e Abele sono fratelli, figli di Adamo ed  Eva, l'uomo e la donna cacciati dall’Eden. Entrambi offrono sacrifici a Jhwh. Caino, essendo agricoltore, gli offre i prodotti agricoli. Abele, che è pastore, gli

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