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I sogni - scienza - miti - chimere
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....Dalla nascita alla morte la vita umana si alterna e si sviluppa nella duplice situazione della veglia e del sonno: giorno e notte, attività volontaria ed attività inconscia, vita del mondo fisico e vita del mondo extra-fisico. Si dice comunemente che essere svegli sia vivere in un mondo reale, mentre dormire e sognare sia, al contrario, vivere in un mondo interiore, fantastico ed immaginario. Quest’idea ne suggerisce subito un’altra: che il concetto di anima è sorto inizialmente nello spirito dell’uomo primitivo conseguentemente all'osservazione dei propri sogni. Benché rozzo ed ignorante egli, a lungo andare, non poté giungere a nessun’altra conclusione se non che, nei sogni, lasciava il suo corpo dormente in un universo, e se ne andava vagando in un altro universo. I concetti di “anima”, di “doppia vita”, di “trasmigrazione corporea”, di “aldilà” sarebbero nati da questa semplice constatazione, presentatasi alla mente dell’uomo primitivo in seguito ad un concatenamento di idee e di immagini generiche. Il sogno, facendo vivere episodi, che si presentano in forma reale, benché instabile, di avventure personali dotate solo in parte di carattere razionale, sarebbe dunque sinonimo, a seconda dei casi, di aldilà, di fantasmagoria, e di illusione idealistica....
LanguageItaliano
PublisherGIANLUCA
Release dateNov 5, 2017
ISBN9788827511848
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    I sogni - scienza - miti - chimere - Mario Mazzucchelli

    Ruffini

    PARTE PRIMA

    I - Gli elementi del sogno - Il concetto di sogno - Vita reale e vita onirica - Il linguaggio dell’inconscio. I sogni e le età dell’uomo - Il preteso ritmo dei sogni durante le ore notturne.

    Dalla nascita alla morte la vita umana si alterna e si sviluppa nella duplice situazione della veglia e del sonno: giorno e notte, attività volontaria ed attività inconscia, vita del mondo fisico e vita del mondo extra-fisico. Si dice comunemente che essere svegli sia vivere in un mondo reale, mentre dormire e sognare sia, al contrario, vivere in un mondo interiore, fantastico ed immaginario. Quest’idea ne suggerisce subito un’altra: che il concetto di anima è sorto inizialmente nello spirito dell’uomo primitivo conseguentemente all’osservazione dei propri sogni. Benché rozzo ed ignorante egli, a lungo andare, non poté giungere a nessun’altra conclusione se non che, nei sogni, lasciava il suo corpo dormente in un universo, e se ne andava vagando in un altro universo. I concetti di "anima, di doppia vita, di trasmigrazione corporea, di aldilà" sarebbero nati da questa semplice constatazione, presentatasi alla mente dell’uomo primitivo in seguito ad un concatenamento di idee e di immagini generiche. Il sogno, facendo vivere episodi, che si presentano in forma reale, benché instabile, di avventure personali dotate solo in parte di carattere razionale, sarebbe dunque sinonimo, a seconda dei casi, di aldilà, di fantasmagoria, e di illusione idealistica. Da ciò si deduce che le percezioni durante la veglia sono vere mentre le visioni del sogno sono false ed incoerenti. Infinite sono le teorie escogitate per spiegare il fenomeno del sognare: facoltà riflesse di certi stati d’animo; associazioni di idee; antiche sensazioni rinascenti; stato delle funzioni organiche ed intellettuali; allucinazioni visuali; automatismo psicologico; realizzazioni fugaci di desideri repressi... ma tutte finiscono con il presupporre l’opposizione netta ed assoluta fra la realtà controllabile del vegliare con l’illusione, stravagante e confusa, del sognare. Durante la veglia ci si può assicurare, infatti, della realtà degli oggetti, riscontrabili con i sensi della vista e del tatto, al contrario nel sogno la realtà delle visioni non può controllarsi. Ora questa constatazione, in apparenza tanto evidente ed ovvia, è ammissibile? C’è da dubitarne se si pensa che nel sogno, come nella veglia, i diversi sensi si controllano reciprocamente, accordandosi gli uni con gli altri. Infatti non si sogna solo di vedere un oggetto, ma anche di toccarlo e di comprenderlo. Eppure, si obbietta, l’uomo che dorme e che sogna, segue solo interiormente la sua visione solitaria e fantastica, racchiuso com’è in una sfera ermetica soggettiva e personale... non essendo così mai in armonia cori gli altri suoi simili, mentre le percezioni della vita reale sono collettive ed obbiettive. Pure ammettendo che ognuno di noi, una volta desto, cambiando stato cambia del pari ogni punto di vista e che il sogno ci appare come una visione puramente solitaria e personale, è pertanto innegabile che mentre si sogna le cose avvengono esattamente come nello stato di veglia. Ci vediamo infatti in un determinato ambiente, soli o con altri, parlare, discutere, gioire e soffrire, agire o rimanere inattivi; proprio ed esattamente come quando siamo svegli. Tutto questo, al risveglio, naturalmente ci sembra assurdo, incoerente, fantastico, ma solo risveglio, cioè solo dal punto di vista di questo nuovo stato. Ma la vita reale - si dice - costituisce qualcosa di continuo, mentre i sogni non si svolgono mai in una successione logica. D’accordo, ma quando possiamo fare questa constatazione? Mentre sogniamo? No, in quanto mentre si sogna si ha l’impressione di un seguito, indefinito ed unico, di avvenimenti perfettamente normali, susseguenti, e personali. Ed anche qui è solo al risveglio che i sogni appaiono come qualcosa di scucito e di vago. Da queste constatazioni si può dunque dedurre che l’uomo sembra vivere, mentre sogna, una seconda vita, in apparenza del tutto normale, come la prima. Contrariamente, dunque, alla concezione di Freud, i moderni studiosi di psicologia affermano che il sogno non rappresenta solo una manifestazione di una realtà nascosta, ma organizza un avvenimento completo sulla sua essenza. Ogni sogno costituisce, dunque, un’unità psichica. Così quando al risveglio la nostra memoria non può ricordare che qualche frammento di ciò che ha sognato, noi sappiamo benissimo d’avere in realtà vissuto un episodio che disgraziatamente non possiamo più né raccontare né descrivere, ma che in realtà desidereremmo, anzi aneleremmo, con tutte le nostre forze, rammentare. Invece i nove decimi di tutto ciò che abbiamo sognato vengono completamente cancellati entro cinque minuti dal risveglio, e quei pochi elementi che sopravvivono resistono ben difficilmente nella nostra memoria dopo mezz’ora. Perfino un sogno che sia stato ricordato e di cui si sia preso nota mentalmente viene, per lo più, dimenticato in quattro o cinque ore. Da che proviene l’amnesia del risveglio? Furono create, al riguardo, alcune teorie più o meno convincenti: il netto distacco fra la vita vigile e la vita onirica farebbe sì che ogni mattina, riprendendo la nostra vita normale, cioè riprendendo in certo modo a vivere, avremmo tendenza a trascurare e dimenticare il sognato; la mancanza di coerenza logica propria delle scene del sogno, per cui nella vita reale sarebbe assai più facile ritenere a memoria una poesia ed una brano di prosa che non una sergua di parole senza senso oppure un brano di una lingua ignota; la condensazione, la dispersione, lo spostamento di certi dati costitutivi del fenomeno onirico travestirebbero in tale modo certi sogni, rendendoli tanto assurdi, da far perdere loro ogni unità, ogni coordinamento e di conseguenza ogni ricordo. E tuttavia, più o meno consapevolmente, noi consideriamo il sogno non tanto il linguaggio dell’inconscio che parla a noi stessi ma l’entità di un mondo che ha un significato ed un’unità. Un significato di onniscienza riguardante tutti gli avvenimenti della nostra vita, con i dettagli infiniti che la costituiscono, ed un complesso unitario della nostra personalità, la quale fa sì che, sognando, ritroviamo in noi gli elementi più schietti ed assoluti per una rapida sintesi che assomma tutto ciò che si riferisce al nostro passato, presente e futuro. Lo studio dei sogni ci svela pure, d’altra parte, la pluralità della personalità umana, con le infinite forze latenti suscettibili di svelarsi. Non solo: ci dà modo di fare astrazione dalla nozione del, tempo e dell’individualità, mostrandoci come alle volte, in pochi secondi, dei veri universi psichici si creino o si distruggano analogamente a quanto avvenne, nei decorsi millenni, per molte civiltà. Obbligato così a pensare non tanto a secoli quanto ad ere, l’uomo è indotto a vedersi in un vasto assieme di fenomeni in cui passato, presente e futuro non sono che aspetti variabili. E questi fenomeni sono retti e regolati da forme ed anche in parte da leggi che lo studio dei sogni ci svela a poco a poco e che agiscono attraverso gli individui, le generazioni ed i tempi con le stesse norme che caratterizzano l’attività vitale. Una questione si propone: se lo studio biologico dell’uomo è in continuo aumento, sostengono certi evoluzionisti, anche i sogni devono aver subito un’evoluzione notevole, considerate le diversissime condizioni geografiche, storiche, d’ambiente, di clima e di razza. Ci sentiamo di rispondere che pur non negando che una certa evoluzione sia avvenuta non è stata comunque così importante: e ciò trova conferma in un esame comparativo dei sogni nelle diverse epoche, se non preistoriche, almeno in quelle protostoriche e storiche. Le ricerche più sottili e diligenti, infatti, sui teschi degli uomini vissuti diecimila anni fa e sugli attuali non hanno rivelato grandi differenze: si tratta, in realtà, d’inezie. Nelle razze umane preistoriche esistono, al contrario differenze più notevoli, ma è anche significativo il fatto che nell’uomo di centomila anni fa troviamo, oltre l’uso del fuoco, il culto per i morti, la concezione animistica dell’eroe umano e divino, delle bestie, delle piante, delle fonti ecc. Ora tutto ciò dovrebbe se non provare almeno far arguire che anche i sogni dell’uomo primitivo non devono essere stati troppo diversi, dal punto di vista emotivo, da quelli dell’uomo moderno.

    Le immagini che noi vediamo in sogno sono dei pensieri materializzati o, meglio, obbiettivizzati. In altri termini noi sogniamo mercé delle immagini derivanti da un misterioso processo del pensiero. Ammettendo che il pensiero sia permanente, esso esiste in noi sia allo stato di veglia come allo stato di sonno. Ma, da svegli, noi non vediamo i nostri pensieri in quanto le varie associazioni d’idee si formano con una tale rapidità che è impossibile astrarre da quella sintesi folgorante. Nel sonno, al contrario, questa sintesi appare al rallentatore, decomposta, immagine dopo immagine, non più in abbozzo, od in minuta ma in bella copia, in vivo spettacolo. Ora questo spettacolo rappresenta la somma delle immagini e degli elementi psicologici sparsi che possono associarsi e sintetizzarsi, oppure, se si vuole, l’immagine del sogno è una sintesi astratta di mille processi divisi e dissociati allo stato di veglia. Allo stato di veglia quando noi vediamo un oggetto o subiamo un fatto noi proviamo una sensazione od un’emozione. Quando invece sogniamo oggetto, fatto, sensazione ed emozione appaiono simultaneamente in una stessa immagine, che è il simbolo. Da svegli è l’oggetto od il fatto che provoca l’impressione o l’emozione. Sognando è l’impressione o l’emozione che evoca l’oggetto o l’immagine simbolica. Di conseguenza il simbolo, è l’espressione più assoluta del contenuto psichico: rivivere il simbolo e, se occorre, tradurlo nel senso presentito dovrebbe equivalere non solo a comprendere il nostro mistero vitale ma ad agire secondo i suoi dettami. Come si spiega la genesi dei simboli? Problema di estremo interesse e di importanza capitale. Diremo, con il Freud, che certi concetti, durante il sogno, non vengono espressi direttamente ma tradotti in figurazioni arcaiche, più ancora che vetuste, preistoriche, in quanto, durante lo stato di sonno, l’attività psichica di ogni individuo regredisce allo stato ed ai tempi dell’umanità primitiva, quando, per mascherare certi istinti, si ricorreva, come del resto anche oggi, ad espressioni eufemistiche, cioè accettabili, di cui è tuttora ricco il linguaggio popolare e specialmente quello letterario. (Esempio: rapporti intimi per dire rapporti erotici - conoscersi o avvicinarsi per dire accoppiarsi - dipartita o trapasso per dire morte, ecc.). Ma non basta. L’affiorare del simbolismo, durante il sogno, è anche provato dal fatto che ogni individuo quando dorme, rannicchiato, coperto, all’oscuro ed al caldo, ritrova le sensazioni dello stato intrauterino prenatale: si trova dunque in uno stato di regressione sia nella direzione ontogenetica (infantilismo) come in quella filogenetica, cioè in una situazione che gli ricorda certi usi, costumi, stati d’animo, figurazioni e passioni di età antichissime. Concetto, questo, essenziale, che il lettore dovrà sempre tener presente in quanto, si voglia o no, costituisce e costituirà la vera base di ogni interpretazione dei sogni. Altra questione di grande importanza: è mai possibile - c’è da chiedersi - che le immagini che vediamo in sogno, essendo entità mentali e non fisiche, non siano soggette alle stesse limitazioni di tempo degli avvenimenti fisici? In particolare è possibile che esse siano imperfettamente localizzate nel tempo? A queste due domande inquietanti rispondiamo con il Carington: "Quando noi abbiamo, in sogno, un’esperienza visuale precognitiva o simbolica di un avvenimento, in realtà abbiamo già affinato, con il nostro inconscio, qualcosa che già esiste realmente, benché lo stesso avvenimento non sia ancora avvenuto nel mondo fisico".

    A che età si comincia a sognare? Il De Sanctis, che si è occupato di questo argomento, afferma che prima del quarto anno il bambino non s’accorge di sognare. Solo dal quarto al quinto anno, egli può cominciare a discriminare i fatti del sogno da quelli della veglia. I sogni dell’infanzia sono, comunque, semplicissimi, riguardando brevi scene della vita giornaliera. Ma ecco che, dopo gli otto anni, i sogni più paurosi affliggono ed angosciano i fanciulli: riguardano anzitutto i defunti, riconosciuti per tali dal sognatore, gli animali feroci, quelli fantastici, interpretati comunemente quali rappresentazioni del diavolo, le disgrazie, come incendi, cadute e malattie ed infine le minacce, come offese, percosse, inseguimenti. Nella vecchiaia, al contrario, la vita del sogno illanguidisce, diminuendo di contenuto e di vivacità. Nella loro grande maggioranza i vecchi non risentono grandi impressioni dai sogni che fanno se non da qualche raro sogno erotico, che li irrita e li inquieta. In genere il contenuto abituale del sogno del vecchio è costituito, quasi sempre, da immagini da lungo tempo depositate nel suo inconscio, costituenti, con i loro aggruppamenti, delle semplici scene, in cui predominano elementi visivi ed auditivi. E la memoria dei sogni si affievolisce sempre più con il passare dell’età. Secondo l’Herwagen fino a 20 anni i sogni non sono molto frequenti, poi la frequenza cresce rapidamente dai 20 ai 30, raggiungendo il massimo verso i 25, specie fra la gioventù studiosa e fra gli intellettuali. Dal punto di vista della complicazione dei sogni le donne vanno soggette più degli uomini, mentre questi ultimi sembra facciano, abitualmente, sogni più stravaganti. Infine è curioso osservare che i sogni a grande intreccio e d’effetto sono propri, negli adulti normali, delle persone dotate di intelligenza e di cultura e di una particolare facilità alle associazioni mentali, come la fantasia e le disposizioni artistiche. D’altra parte più un individuo è colto e complesso e più la coscienza della veglia si differenzia da quella del sogno; al contrario quanto minori sono le differenze che l’educazione ha prodotto in una personalità, altrettanto meno le due coscienze diversificano fra loro. Il sogno fa sì che alle volte si sia spettatori di noi stessi e della nostra vita. In questo caso perché non dire allora che l’inconscio non solo ricorre a questo espediente per alleviare la sua tensione interiore, ma anche per suggerire soluzioni costruttive, con una gamma vastissima di possibilità fra i due estremi? Sempre, s’intende che l’inconscio non ci lasci interdetti ma che suggerisca, più o meno chiaramente, una tesi accettabile o meglio ancora ce la proponga come l’unica possibile, fornendoci uno stimolo ad un lavoro correttivo o creativo? E non sarebbe questo un ridare vitalità e forza al nostro vero Io? Grazie ai sogni contenenti questi elementi costruttivi l’uomo può farsi un’idea dell’universo che agisce in lui, che è tutto suo e più vicino ai suoi sentimenti di quanto non lo sia il mondo delle sue illusioni, suggeritegli da infinite immagini ingannatrici, visualizzatrici e trascendenti. I sogni, secondo certi autori come il Janet, il Baudoin, il Maudsley, in vena di complicazioni, sarebbero di tre specie:

    - 1) Sogni fisici, provocati dalle sensazioni fisiologiche ed atmosferiche. Sarebbero pallidi, grigi, incolori, indecisi, confusi.

    - 2) Sogni fisico-psichici, provocati dalle emozioni, sarebbero colorati, vivi, violenti, crudeli, angosciosi. Avrebbero un valore d’avvertimento in quanto accentuerebbero certe impressioni allo stato latente. Simbolizzerebbero soprattutto le malattie.

    - 3) Sogni psichici, provocati dalle sensazioni fisiche, dalle emozioni morali e dall’inconscio, sarebbero dotati di luce irreale, specificamente divinatoria e premonitrice, palesando, a chi li fa, i più diversi stati, lieti o tristi, passati, presenti e futuri, dall’inconscio. Sarebbero solo questi i sogni svelanti il futuro (sogni d’orientazione e d’avvertimento) il presente (sogni di sostegno) e l’aldilà (sogni postumi, cioè quelli in cui appaiono i morti, noti od ignoti, ad incoraggiare, a consigliare, ad avvertire, a soccorrere). In base a queste arbitrarie classificazioni, oggi completamente respinte dalla scienza, altri studiosi hanno preteso di suddividere o scandire il ritmo dei sogni a seconda di certe ore della notte. Questo ritmo sarebbe il seguente:

    - 1) Dalle 11 di sera alle 2 del mattino, sonno senza sogni.

    - 2) Dalle 2 alle 4, sonno senza sogni coscienti, o solo con apparizioni o visioni confuse o fugaci. Sogni fisici.

    - 3) Dalle 4 alle 6, sonno profondo con sogni d’azione ma disordinati, discontinui e raramente ricordabili. Sogni fisico-psichici.

    4) Dalle 6 al risveglio, sonno con sogni continui, a svolgimento logico, i soli, in realtà, che possono sfuggire, qualche volta, all’amnesia del risveglio. Sogni psichici.

    Da questo prospetto, più che altro indicativo e per nulla sicuro, si dovrebbe allora dedurre che l’uomo sogna soprattutto quando è prossimo al risveglio, oppure nei momenti in cui il suo sonno tende ad attenuarsi, ad indebolirsi. In altri termini più che il sonno vero e proprio il vero autore e regista dei sogni sarebbe il torpore, parola da intendersi come stato fra sonno e veglia. A questo proposito è curioso rilevare un’acuta osservazione introspettiva di André Gide (Diario - 21 giugno 1910), la quale conferma come alle volte ci si possa addormentare con un’allucinazione più o meno accentuata.

    Il sonno non mi viene mai su fondo nero. È sempre preceduto da qualche visione, attraverso la quale sfuggo al reale; di guisa che posso dire veramente che mi addormento sognando.

    Questa strana constatazione è stata fatta anche da Franz Kafka, che nei suoi Diari (1911) osserva a sua volta, ignorando naturalmente quanto ha scritto Gide:

    Notte insonne... Dormo, sì, ma forti sogni, nello stesso tempo, mi tengono sveglio... Dormo, per così dire, accanto a me, mentre mi dibatto con i sogni….

    Una questione importante si affaccia: esistono sonni senza sogni? Sembra non ne esistano in quanto i sogni sono pensieri materializzati e non si cessa dal pensare anche quando si dorme. Osservazione facilmente riscontrabile, si dice, osservando una persona quando dorme: l’immobilità del suo corpo è solo apparente, il viso muta continuamente d’espressione, i battiti del cuore non sono mai costanti, accelerandosi o placandosi, o come il polso e la respirazione. Per alcuni scienziati, e non certo dei minori, come il Lombroso, il Baudoin, il Dugas, l’Hollam tutto ciò è causato dai sogni che vivificano il ragionamento, l’associazione delle idee, le immagini, l’attenzione, l’emozione, le passioni, l’acuità dei sensi, l’immaginazione creatrice. La stessa perspicacia relativa al senso od al ritmo del tempo, riguardo alla durata, sembrerebbe enormemente rafforzata e raffinata in rapporto allo stato di veglia. Infatti quando una persona s’addormenta la sera con il chiaro, radicato proposito di risvegliarsi al mattino, ad una certa ora, in vista di un’azione di una certa importanza da compiere, si forma nel suo inconscio una specie di meccanismo automatico, un curioso congegno giroscopico che sembra dargli una straordinaria nozione del tempo malgrado l’apparente incoscienza.

    II - L’interpretazione dei sogni e la scienza moderna (FREUD - ADLER - JUNG - BINSWANGER) - Sogno e Cristianesimo - Psicanalisi e freudismo - Le dottrine di Freud e la trasformazione delle idee latenti Il contenuto manifesto, riposto, e segreto dei sogni - La psicologia individualista dell’Adler - La psicologia analitica dell’Jung - Sogno: folclore dell’inconscio - Gli archetipi - Binswanger: inconscio e coscienza - Un sogno di Priestley.

    Ogni epoca della civiltà umana avendo i propri punti di vista nel concepire i fenomeni vitali, è naturale che l’importanza riconosciuta alla questione del sogno dipenda dal modo come vengono considerati i problemi psichici. Come per la scienza dello scorso secolo le cause dei sogni erano soprattutto fisiologiche ed ora sono psichiche, così per certe religioni erano divine e per la superstizione erano magiche. Fino dalla più remota antichità, comunque, la narrazione ed il commento illustrativo dei sogni godono del massimo credito. I sogni sono considerati messaggi divini, moniti celesti, che nessuno ora deridere, sotto pena di sacrilegio. Così certi sogni sconvolgono esistenze, fanno tremare imperi e decidono del destino dei popoli in quanto il loro contenuto profetico è ritenuto infallibile. Del resto anche lo stesso Cristianesimo, che avrebbe voluto dapprima bollare l’oniromanzia quale pratica superstiziosa (seguendo l’opinione di Aristotile, secondo il quale i sogni non possono essere che il prodotto di certe disposizioni mentali o la conseguenza di certi fatti accaduti durante lo stato di veglia), finisce, in seguito, ad incoraggiarla sanzionando il carattere divino di certi racconti biblici, nei quali i patriarchi ed i profeti svelano l’avvenire interpretando i sogni. Come del resto avrebbe potuto il Cristianesimo additare Giacobbe, Daniele e Giuseppe quali esempi di vita benedetta ed in pari tempo imporre ai Cristiani di non credere a certe loro asserzioni? Così, risultato inevitabile, l’oniromanzia si trasforma in una vera scienza, basandosi su testi dettagliatissimi. Vi si possono infatti cercare risposte a tutte le domande che sorgono da una visione notturna: il sognatore curioso o l’interprete richiesto non ha infatti che da consultare gli elenchi dei vari argomenti, classificati secondo la formula: Se un uomo sogna di... oppure Se in sogno si vede.... Il mondo orientale, quello greco e la tradizione talmudica creano di conseguenza centinaia di Chiavi dei sogni, né sono da meno Roma, la Cina, l’India e gli Arabi, giù fino al Medio Evo, in cui numerosi libri oniromantici influenzano in tal modo la produzione poetica da ritrovare le loro tracce non solo nei romanzi cavallereschi e nelle Canzoni di gesta ma perfino nei poemi filosofici... primo fra tutti la Divina Commedia. Se i sogni, durante l’età barbarica ed il primo Medio Evo, sono di esclusivo dominio della magia, al contrario, nell’800, durante il regno del realismo e del materialismo, cadono nel dominio della fisiologia pura, essendo considerati il prodotto della digestione insufficiente, delle impressioni auditive, del freddo o del caldo, e perfino delle varie posizioni del dormiente. Bisogna arrivare all’italiano De Sanctis, e specialmente al Freud ed ai suoi metodi di investigazione delle attività psichiche incoscienti e delle nevrosi, per vedere il sogno riabilitato ad ausiliare, più o meno potente, del trattamento medico. Occorre dire subito però che il freudismo e la psicanalisi sono due fatti nettamente distinti. Il freudismo è una teoria dell’inconscio, mentre la psicanalisi è un metodo d’investigazione clinica per determinare, attraverso certe regole, lo stato psichico di un soggetto. La psicanalisi deriva sì dal freudismo ma se ne distingue in quanto la si può applicare per conoscere l’inconscio senza seguire pedissequamente, per questo, le teorie di Freud. La dottrina di Freud può così riassumersi:

    - 1) il sogno non è un fenomeno somatico ma soltanto psichico;

    - 2) avvengono nell’uomo fatti psichici di cui può avere conoscenza per mezzo dell’inconscio;

    - 3) il sogno è il mezzo d’espressione, più o meno chiaro, più o meno aperto, di questo inconscio. Freud dice esattamente "il sogno è la strada maestra per pervenire all’inconscio";

    - 4) l’inconscio esprime generalmente con il sogno, in modo diretto, allusivo o simbolico, la realizzazione di un desiderio, definito da Freud libido e dal Bergson slancio vitale, come Platone aveva definito Eros un concetto simile e gli

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