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Uccidere richiede pazienza
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Uccidere richiede pazienza
Ebook490 pages5 hours

Uccidere richiede pazienza

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About this ebook

Un maniaco assassino, “Mastro Lindo”, si aggira per Brooklyn a piede libero e prende di mira delle coppie mentre fanno l’amore. Le scova nelle camere di albergo, nei loro appartamenti e persino al parco. Quello che fa alle vittime è inenarrabile ma, subito dopo, si prende tutto il tempo che serve per ripulire la scena dalle prove.

Con pochi indizi su cui lavorare, Frankie e i suoi partner sono perplessi, all’inizio. Ma, quando Frankie e Lou iniziano a stringere il cerchio intorno all’assassino, lui rivolge la propria attenzione su di loro.

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateNov 28, 2017
ISBN9781386954903
Uccidere richiede pazienza
Author

Giacomo Giammatteo

Giacomo Giammatteo lives in Texas, where he and his wife run an animal sanctuary and take care of 41 loving rescues. By day, he works as a headhunter in the medical device industry, and at night, he writes.

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    Uccidere richiede pazienza - Giacomo Giammatteo

    Uccidere richiede pazienza

    Amicizia e onore, libro III

    Giacomo Giammatteo

    ––––––––

    INFERNO PUBLISHING COMPANY

    Altre pubblicazioni di Giacomo Giammatteo:

    Romanzi:

    Serie Amicizia e onore:

    UCCIDERE RICHIEDE TEMPO: Amicizia e onore: Libro I

    UCCIDERE HA DELLE CONSEGUENZE: Amicizia e onore: Libro II

    Serie: Blood Flows South:

    A BULLET FOR CARLOS: Blood Flows South: Book I

    FINDING FAMILY: Blood Flows South: the Beginning (A Novella)

    A BULLET FOR DOMINIC: Blood Flows South: Book II

    Serie Redenzione:

    NECESSARY DECISIONS

    OLD WOUNDS (Coming late 2014)

    Saggistica:

    No Mistakes Careers

    NO MISTAKES RESUMES: Book One of No Mistakes Careers

    NO MISTAKES INTERVIEWS: Book Two of No Mistakes Careers

    Sanctuary Tales (True Stories From An Animal Sanctuary)

    WHISKERS & BEAR (Coming soon)

    "© Copyright 2014 Giacomo Giammatteo

    Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo librò può essere riprodotta o trasmessa in qualunque forma o tramite qualunque mezzo, elettronico o meccanico, compresa la fotocopiatura, registrazione o altri, senza la preventiva autorizzazione scritta dell’autore, eccetto per l’inclusione di brevi citazioni in una recensione.

    Questo e-book è autorizzato solo per il vostro piacere personale. Questo e-book non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone. Se desiderate condividere questo libro con un’altra persona, acquistate una copia aggiuntiva per ogni lettore. Se state leggendo questo libro e non lo avete acquistato o non è stato acquistato per il vostro solo utilizzo, restituitelo a Smashwords.com e acquistatene una copia che sia solo vostra. Grazie per il rispetto verso il duro lavoro di questo autore.

    INFERNO PUBLISHING COMPANY

    Per ulteriori informazioni riguardo a questo libro, visitate

    www.giacomogiammatteo.com"

    Attenzione: gli spoiler dei primi due libri di questa serie si trovano alla pagina successiva.

    Se volete rinfrescarvi la memoria riguardo ai personaggi dei primi due libri, leggete le pagine seguenti. Se non avete letto i primi due libri, forse dopo desidererete farlo.

    Polizia:

    Frankie Bugs Donovan: migliore amico di Nicky Fusco sin dall’infanzia. Ora Detective a Brooklyn.

    Lou Mazzetti: partner di Frankie.

    Sherri Miller: partner di Frankie e Lou dal secondo libro.

    Tenente Morreau: capo di Frankie.

    Carol: impiegata della sezione Omicidi.

    Kate Burns: medico legale e fidanzata di Frankie.

    Alex: un ragazzo che Frankie ha preso in affidamento dopo che sua madre lo aveva abbandonato.

    Keisha: amica di Alex che abita nello stesso edificio.

    Mafiosi di New York:

    Dominic Mangini: capo di una delle Cinque Famiglie (compare anche nella serie Blood Flows South)

    Manny Rosso: capo di una delle Cinque Famiglie. Era il vice di Tito Martelli nel primo libro.

    Tito Martelli: era il capo di una delle Cinque Famiglie.

    Fabrizio: sicario di Dominic Mangini.

    Giorgio: lavora per Manny Rosso.

    Personaggi di Wilmington, DE.:

    Nicky the Rat Fusco: una volta sicario che cerca di rigare dritto.

    Doggs Caputo: capo della mafia locale a Wilmington, DE.

    Monroe: capo di una gang di neri a Wilmington. Ha trascorso del tempo in prigione con Nicky.

    Angela Fusco: moglie di Nicky.

    Rosa Fusco: figlia di Angela e Nicky.

    Sorella Mary Thomas: suora che ha fatto da insegnante a Nicky e Frankie.

    Paulie the Suit Perlano: amico d’infanzia di Nicky e Frankie.

    Regole dell’Omicidio

    Un lettore mi ha scritto un’e-mail chiedendo se ci sarebbero stati altri libri con Nicky e Frankie. Pensavo di averlo già spiegato in precedenza ma, per chi ancora non lo sapesse. . .

    Ci saranno almeno sei libri nella serie Amicizia e Onore, uno per ognuna delle regole dell’Omicidio, come sottolineato da Gianni Johnny Muck Mucchiato in Uccidere richiede tempo. Il titolo di ogni libro è una delle regole.

    1 – Uccidere richiede tempo. Mai avere fretta. Sapere quello che farai prima, durante e dopo il lavoro. Conoscere le tue vittime. Le loro facce. Le loro abitudini. I vicini. La famiglia.

    2 – Uccidere ha delle conseguenze. Quando fai un lavoro non puoi mai, mai lasciare che diventi una cosa personale. Ogni incarico è solo un lavoro. Se la prendi sul personale, subirai delle conseguenze.

    3 – Uccidere richiede pazienza. Se qualcuno ha delle abitudini, usale. Aspettali e verri ripagato. Per quanto riguarda te stesso, non essere mai prevedibile. Non comprare sempre negli stessi negozi. Non mangiare negli stessi posti. Non fare niente nello stesso posto o alla stessa ora o negli stessi giorni.

    4 – Uccidere significa essere invisibili. Per diventare bravo a uccidere devi essere invisibile. E dato che non puoi realmente diventare invisibile, devi esercitarti a non essere notato. C’è una differenza fra l’essere visti e l’essere notati. Se devi rompere la regola numero tre, assicurati di attenerti alla regola numero quattro.

    5 – Uccidere è una promessa. Se accetti di uccidere qualcuno, è una promessa, un patto segreto. Una volta che hai accettato un incarico, devi portare a termine il lavoro o questo potrebbe tornare a perseguitarti.

    6 – Uccidere deve lasciare tutto immacolato. Non lasciare alcun indizio e assicurati di sistemare i dettagli in sospeso.

    I luoghi più caldi dell’inferno sono riservato a coloro che si mantengono neutrali in tempi di grande crisi morale.

    - Dante Alighieri

    Pensieri

    Persino le brave persone sono perseguitate dagli incubi. Alcune persone sono tenute sveglie da cose che hanno fatto in passato: bugie dette, persone imbrogliate, leggi infrante.

    Le persone peggiori sono perseguitate da ben più che bugie o leggi infrante. Il loro sonno è rubato dalle persone che hanno ucciso.

    Io non sono come nessuno di loro. Non mi infastidiscono le bugie o le leggi infrante. E nemmeno le persone che ho ucciso.

    Quello che mi tiene sveglio è il pensiero delle persone che non ho ancora ucciso.

    - Nicky Fusco

    Capitolo 1

    Uno strano addio

    Brooklyn, New York

    La sveglia di Debbie Parnell squillò e subito dopo ne scattò una seconda, un’assicurazione contro la possibilità di cadere addormentata di nuovo e perdere la riunione. Questa combinazione la trascinò a forza fuori dal letto. Incespicò fino al bagno, si lavò i denti, indossò un abito da lavoro blu scuro e poi lanciò un'occhiata all'orologio. Aveva tutto il tempo per un caffè.

    Mentre aspettava, telefonò a Chad.

    «Perché mi chiami a quest'ora del mattino?»

    «Sapevo che saresti stato sveglio; le stelle nascenti non dormono fino a tardi.»

    «Neanche le stelle cadenti", disse Chad. «Cosa ti serve?»

    «Niente, in realtà. Ti ho chiamato solo per offrirti il privilegio di accompagnarmi all'aeroporto.»

    «Pensavo che avessi un appuntamento presto a Brooklyn.»

    «Ce l'ho, ma speravo potessi accompagnarmi all'aeroporto quando avrò finito. Potremmo usare quel tempo per aggiornarci sul lavoro.»

    Lo udì sospirare e seppe cosa aspettarsi. «Per quanto mi piacerebbe, non posso. Devo intervistare una persona questa mattina si trova nella direzione opposta. Inoltre, non ho idea di quanto ci metterò.»

    «In questo caso, farò meglio a prepararmi. Ci vediamo quando torno.»

    «Fai buon viaggio», disse Chad.

    Debbie finì il suo caffè, infilò qualche altra cosa nella valigia, controllò due volte gli abiti che vi aveva messo e poi mise tutto accanto alla porta. Venti minuti più tardi l’autista era arrivato e lei si trovava sull’auto diretta alla riunione. Il traffico era terribile.

    «Perché stiamo ritardando?» domandò.

    «Un incidente vicino al ponte», disse l’autista.

    «Deve trovare un modo di aggirarlo. Ho i minuti contati.»

    Al semaforo successivo, svoltò e fece una deviazione attraverso Brooklyn Heights. Mentre oltrepassava un tipico edificio di pietra arenaria, Debbie vide di sfuggita qualcuno con la coda dell’occhio.

    Chad?

    Fu tentata di abbassare il finestrino e chiamarlo. L’uomo era in piedi sui gradini di una casa e sembrava stesse usando una chiave per aprire la porta. Cosa sta facendo? Non vive qui. Questo risvegliò la sua curiosità. Digitò un messaggio sul cellulare e lo inviò per e-mail a se stessa.

    Cosa ci fa lui a BH?

    Impiegò altri venticinque minuti per arrivare alla sua riunione e per tutto il tragitto si domandò se fosse davvero Chad e cosa ci facesse a Brooklyn Heights davanti a quella casa. Ha detto che aveva un’intervista da fare.

    Debbie terminò in orario la riunione e chiamò un’auto che la portasse all’aeroporto. Dopo aver superato i controlli di sicurezza ed essersi accomodata comodamente nella sala d’aspetto dei frequent flyier, compose il numero di Bruce.

    «Cosa succede?» domandò lui. «Qualcosa non va?»

    «No. Non c’è niente che non va. Ma è accaduto qualcosa di strano per la strada.»

    «Raccontami.»

    «Abbiamo trovato traffico e l’autista ha fatto una deviazione attraverso Brooklyn Heights. Giurerei di aver visto uno dei miei collaboratori entrare in una casa in quella zona.»

    Seguì una breve pausa, poi Bruce disse: «Forse ha dimenticato qualcosa. O . . .»

    Il tono di voce di Debbie si alzò. «No. Non capisci. Quella persona non vive lì.»

    Bruce rise. «Deb, so che sei molto sotto stress, ma non me ne preoccuperei. Prendi il tuo volo, rilassati e concentrati sul fare un viaggio di successo.»

    «Gesù Cristo! Non prendi niente sul serio. Siamo nel bel mezzo di un gigantesco affare. Non possiamo rischiare di esporci in nessun modo.»

    «Io prendo le cose sul serio, quelle importanti. Delle altre lascio che ti preoccupi tu.»

    «Fottiti. Questo è importante. Immagina se fosse un indizio di insider trading.»

    «Va bene, hai ragione. Mi dispiace di non averti preso sul serio.»

    «Cosa dovrei fare? Dirlo a Bob?»

    «Io non lo farei. Potrebbe essere una cosa innocente come una relazione, se la consideri una cosa innocente. E se si tratta di qualcosa di losco, faresti meglio a non essere coinvolta. Potresti finire per farti male.»

    Debbie spostò il telefono all’altro orecchio e si appoggiò allo schienale della sedia. «Forse hai ragione», disse.

    «So che ho ragione, ma mi stupisce che tu lo ammetta.»

    Debbie rise. «Okay, mi hai convinto. Non dirò nulla. Almeno fino a quando non sarò tornata.»

    «Quanto starai via?»

    «Te l’ho già detto. Due settimane.»

    «L’ho dimenticato. Allora rilassati e fai buon viaggio. Mi manchi già.»

    «Anche tu», disse Debbie.

    Capitolo 2

    Sveglie e mattine presto

    Una settimana più tardi. Brooklyn, New York

    Poco prima delle sei del mattino, si versò una tazza di caffè e si godette il primo assaggio di luce solare che filtrava attraverso le assicelle delle persiane di legno. Lesse il giornale, finì di vestirsi e si avviò giù per le scale verso la strada. Gli piaceva prendersi una seconda tazza di caffè con una pasta al bar qualche isolato più in là. Era un buon posto dove sedersi e osservare. La cameriera lo condusse a un tavolo all’aperto.

    Lui sorrise. «Bella mattinata, vero?»

    Lei gli restituì un sorriso immediato ma forzato. «Molto bella. Era quasi ora che uscisse il sole.»

    «Proprio così», rispose lui. «Prenderei. . .»

    «Caffè e uno scone, giusto?»

    Il suo sorriso scomparve. Lei si era accorta della sua routine. Come faceva a sapere che oggi volevo uno scone? «Mi ha letto nel pensiero.»

    «Torno subito», disse allontanandosi in fretta.

    Lui la osservò allontanarsi, controllando per vedere se parlava con qualcuno.

    Una coppia seduta al tavolo alla sua sinistra parlava a bassa voce. Dal tono e dalla postura aggressiva capì che stavano litigando.

    La coppia sulla destra rideva. Sembravano felici.

    Rivolse l’attenzione al traffico pedonale, ma tenne d’occhio l’orologio. Erano già spariti quindici minuti, insieme al suo scone e al caffè. La cameriera si avvicinò di fretta e posò il conto sul tavolo quasi senza rallentare. Il suo «grazie» sbrigativo restò sospeso nell’aria dietro di lei. Si domandò se oggi sarebbe stata una giornata sprecata.

    Mentre il pensiero gli frullava per la testa, l’inconfondibile rumore di tacchi alti che ticchettavano sul vecchio marciapiede di mattoni attirò la sua attenzione. C’era un ritmo in quel suono, come se la proprietaria di quei tacchi stesse evitando le crepe nello schema a spina di pesce. Cercò di non guardare ma la curiosità lo costrinse a voltare la testa. Lei era ancora a dieci o quindici metri di distanza e veniva verso di lui. La sua vista suscitò un altro pensiero.

    Cos’altro mi ricorda il rumore di quei tacchi?

    C’era rumore sulla strada, macchine che passavano, altre persone che camminavano, clacson che suonavano. Perché quei tacchi lo intrigavano?

    Uno strano bip attirò la sua attenzione lungo la strada. Non sapeva perché; c’erano molti clacson che suonavano. Questo sembrava . . . diverso. Li aveva ascoltati per anni. Ognuno aveva un suono unico: impazienza, rabbia, cortesia, aggressività. Questo era. . . un suono gentile. Il tipo di suono che attirava l’attenzione. La donna coi tacchi alti si voltò in direzione di quel suono e poi si avvicinò all’auto. Si chinò e baciò l’uomo alla guida. Un bacio d’addio. Un bacetto sulla guancia.

    Si era dimenticata di baciarlo? Non lo amava più?

    Mentre si arrovellava sulle dinamiche di quella relazione, la macchina avanzò e si confuse nel traffico. Il rumore del ticchettio dei suoi tacchi riprese, consumandolo.

    Di tutti i rumori su quella strada, perché quei tacchi avevano attirato la sua attenzione? Non avrebbero dovuto, eppure. . . lo avevano fatto.

    Karma, pensò.

    Lei camminò verso di lui, con le gambe lunghe e abbronzate, il sedere delizioso e l’andatura sicura che costruivano l’immagine della donna perfetta. I capelli biondi danzavano sulle sue spalle a ogni passo. Persino a dieci metri di distanza riusciva a sentirne la vitalità, vederne il sorriso, sentirne il calore.

    Man mano che si avvicinava, il contorno del suo corpo sotto quella gonna troppo stretta gridava: guardatemi! E riuscì nel suo intento. Lui stava guardando e così tutti gli altri.

    Un pezzettino di carta si sollevò dall’altro lato del marciapiede, volò davanti e poi dietro di lei. Quando si fermò per raccoglierlo, lui colse un barlume di perfezione. Immaginò che non indossasse le mutandine. In quel momento decise che doveva essere lei. Se tutto il resto fosse andato bene, lei sarebbe stata la candidata perfetta.

    Prese nota dell’ora mentre lei proseguì lungo la strada, ondeggiando le anche con un invito discreto. Voleva seguirla. Alzarsi subito dopo di lei e insinuarsi sotto la sua gonna. Non oggi, però. Lui aveva delle regole. Inoltre, aveva memorizzato la targa dell’auto. Anche se non fosse passata di nuovo di lì, lui l’avrebbe trovata.

    Pazienza, ricordò a se stesso. Devo allenare la pazienza.

    Capitolo 3

    Bacon e uova

    Brooklyn, New York

    Frankie Donovan spalancò gli occhi ma non per il sole che irrompeva attraverso le imposte rovinate. L’inconfondibile aroma del caffè appena fatto lo svegliò e gli fece spuntare un sorriso. Scese dal letto, indossò i pantaloni e si avviò verso la cucina. Il caffè preparato con la caffettiera francese, le uova che friggevano sul fuoco davanti e il bacon che sfrigolava su quello dietro. E Alex, il figlio semi-adottato di Frankie che cantava. Alle sette della mattina.

    Frankie si sfregò via dagli occhi le ultime tracce di sonno. «Che cavolo, Ace! Continua così e potrei decidere di lasciarti restare qui ancora per un po’.»

    «Non scherziamo, FD. Sono qui per restare, a meno che tu non sia pronto a buttare fuori Kate. Lei mi adora.»

    «Nel caso non ci fossi ancora arrivato, l’unica ragione per cui sei qui è che mi aiuti ad attrarre le signore.»

    «Ci vuole molto di più di un ragazzino carino per aiutarti in quel settore.» Alex capovolse le uova e vi schizzò sopra un po’ del grasso del bacon. «Le vuoi medie?»

    «Non è cambiato niente.»

    «Comunque, ‘scolta, non mi sembra ci siano molte donne a bussare a questa porta, ‘cetto Kate e lei viene solo per me.»

    Frankie abbottonò gli ultimi bottoni della camicia. «Mentre cucini dovresti tenere aperto un dizionario. Nel caso tu non l’abbia notato, ‘scolta e‘cetto, non sono parole accettabili.»

    Alex lanciò in aria le uova con la spatola, le afferrò e poi le trasferì su un piatto che diede a Frankie. «Questo è il motivo per cui resto qui, FD. Tu mi fai ridere tutte le mattine.»

    «Intendi questo e il fatto che gli SPB, i servizi sociali, ti stanno attaccati al culo. E che tua mamma ti ha abbandonato.»

    Alex si strinse nelle spalle. «Potrebbe essere anche per quello.»

    Frankie portò il piatto a tavola e versò del succo d’arancia in due bicchieri. «Vuoi del caffè?»

    «Non l’ho fatto solo per te.»

    Frankie versò il caffè e portò due tazze a tavola, poi si sedette di fronte ad Alex.

    «Un ragazzo della tua età non dovrebbe bere il caffè.»

    «Stron. . .»

    «Ehi, attento a come parli.»

    «Non l’ho detto.»

    «Stavi per farlo. Conosci le regole.»

    «Sì, certo. Non si dicono parolacce in casa, non si fuma in casa e si mette in ordine il proprio casino.»

    «Ringrazia per la mia tolleranza. Tu non dovresti fumare del tutto

    «Neanche tu.»

    «Non è questo il punto», disse Frankie.

    «Te lo dico io qual è il punto, tu fumi in casa quando io non ci sono.»

    «Chi te lo ha detto?»

    Alex piegò la testa da un lato, chiuse un occhio e fissò Frankie. «Credi che non senta l’odore?»

    Lui guardò Alex e sorrise. «Va bene. Non fumerò più in casa.»

    «Speravo dicessi che potevamo fumare qui dentro tutti e due.»

    «Non succederà.»

    «Immagino», disse Alex. «Cos’hai per le mani? Qualche grosso caso?»

    «Nah. Non c’è un buon omicidio da un po’. Mi sto annoiando.»

    «Anch’io. Immagino che dovrò trovarmi un lavoro dopo la scuola o qualcosa del genere.»

    «Col cavolo. Rimettiti in pari coi voti e forse te lo permetterò. Ma fino ad allora. . .»

    «Che voti prendevi tu?»

    «Non è rilevante.»

    «Non è rilevante? Sei diventato un PM, adesso?»

    Frankie trangugiò la sua colazione, versò l’ultimo sorso di caffè nel lavandino, poi si chinò e strofinò la testa di Alex. «Ci vediamo più tardi, Ace. Fai il bravo. E assicurati di stare attento ai servizi sociali.»

    «Ci vediamo stasera, FD. Ti voglio bene.»

    Frankie stava per afferrare la maniglia della porta ma restò di sasso. Non era abituato a sentirsi dire ti voglio bene da qualcuno. Lo imbarazzava e gli faceva venire voglia di piangere. Tornò da Alex e gli diede un bacio sulla testa. «Ti voglio bene anch’io, merdina.»

    Il tragitto verso il lavoro fu diverso, come lo era stato da quando Frankie aveva preso con sé Alex. Prima di Alex, tutti i pensieri di Frankie erano rivolti al caso del momento. Ora pensava a Kate più spesso e a come evitare che i servizi sociali trovassero Alex. "I servizi sociali, gli SPB. Che barzelletta. Avrebbero dovuto chiamarli Servizi di Persecuzione dei Bambini e non Servizi di Protezione dei Bambini.

    Strano come una piccola cosa può cambiare una vita. La madre di un bambino se ne va e tutto a un tratto, ho una famiglia.

    * * *

    Lou Mazzetti arrancò su per le scale, costringendosi ad arrivare oltre la tacca di metà strada, dove si fermava di solito per riprendere fiato. Aveva dato il preavviso il giorno prima e la scalata esaustiva di questa mattina confermò che la sua decisione di andare in pensione era quella giusta. Tutto quello che doveva fare era convincere il Tenente Morreau a lasciargli terminare i successivi due mesi in un ufficio al primo piano.

    «Buongiorno, Carol. Come sta la più dolce receptionist di Brooklyn?»

    La testa di Carol scattò da una parte all’altra. «Sembra la voce di Mazzetti, ma quelle non erano parole sue. C’è un ventriloquo qui intorno? Sono in un reality show con le telecamere nascoste?»

    «Ho pensato di essere gentile con te durante i miei ultimi giorni», disse Lou. «Mia moglie ha insistito.»

    «Le hai detto che non basterà a compensare dodici anni di molestie?»

    «Dodici anni le avrebbero fatto venire da ridere. Siamo sposati da trenta.»

    Carol si fece il segno della croce. «Poveretta.»

    «Vuoi del caffè?» chiese Lou.

    «No, ma farai meglio a prenderlo tu. Il tenente ti sta aspettando.»

    Lou si avviò verso la sala caffè.

    «E prendilo anche per Donovan. Ho sentito il suo vocione entrare dalla porta.»

    * * *

    Frankie chiacchierò con mezza dozzina di persone prima di raggiungere le scale e poi fece i gradini due alla volta. Mazzetti lo aspettava con un caffè in mano.

    «Ti stai mettendo in mostra, Donovan?»

    «Mi tengo in forma.» Prese il caffè da Lou. «Non voglio finire ad andare in pensione prima del tempo.»

    Lou guardò Carol e poi di nuovo Donovan. «Com’è che tutti sanno che sto andando in pensione? L’ho deciso solo ieri.»

    «Sai cosa si dice delle buone notizie», disse Carol.

    Lou e Frankie si avviarono verso l’ufficio di Morreau. «Ti dico cosa non mi mancherà», disse Mazzetti. «Quella gazza ladra seduta dietro la scrivania.»

    «Non farci caso, Carol. Ti vuole ancora bene.»

    Sherri Miller era seduta su una sedia di fronte a Morreau. Quando Lou entrò, si alzò e lo abbracciò. «Mi fa piacere rivederti, Mazzetti.»

    «Niente abbracci per me?» disse Frankie.

    «Non credevo che fossi un tipo da abbracci.»

    «Faccio eccezioni», disse Frankie e l’abbracciò. «Mi fa piacere che tu sia tornata. Sembri in forma.»

    «Ho intenzione di rimettere Miller insieme a voi due», disse Morreau.

    Frankie guardò Morreau e poi Miller. «È fantastico, ma non abbiamo niente su cui lavorare.»

    «Dì a uno dei tuoi amici dago di ammazzare qualcuno», disse Mazzetti. «Non abbiamo omicidi di mafia da un po’.»

    Frankie guardò Miller. «Sei pronta a tornare? Pensavo che volessi lasciare la Omicidi.»

    Sherri chinò il capo. «Ci ho pensato all’inizio, ma quando il Tenente Morreau me lo ha chiesto, ho capito che mi mancava.»

    Chiacchierarono per qualche minuto, poi Lou le diede dei colpetti sulla schiena. «È fantastico averti fra noi. Andiamo, prendiamoci un caffè.»

    Frankie aspettò finché Lou e Sherri se ne furono andati. Chiuse la porta e avvicinò la sedia alla scrivania di Morreau. «Non è pronta. Ha visto com’era nervosa? Inoltre, se avesse voluto veramente tornare, sarebbe venuta a pregarla. Sicuro come l’oro, non avrebbe aspettato che glielo chiedesse lei.»

    «Mazzetti va in pensione fra due mesi», disse Morreau.

    «So tutto.»

    «Voglio che Sherri prenda il suo posto.»

    «Come mia partner?» disse Frankie. «Non esiste.»

    «Pensavo ti piacesse.»

    «Mi piace, Ten. Davvero. È simpatica, è una poliziotta dedita ed è anche piuttosto sexy.»

    «Alt, Donovan. Non voglio nemmeno sentire cose del genere.»

    «Stronzate. Non posso dire quello che penso? Sherri è sexy. Non può negarlo.»

    Morreau guardò Frankie. «È per questo che non la vuoi?»

    Frankie si appoggiò allo schienale della sedia. «Ho appena iniziato una relazione che di fatto potrebbe funzionare. Non ho bisogno di tentazioni e non voglio tornare a casa e sognarmi il culo di Miller.»

    «E riguardo a Mazzetti?»

    «Non mi sogno il suo culo. Se mai dovessi farlo, ingoierei la pistola.»

    «Mettiti un elastico sul pisello o trova qualcos’altro che funzioni. Miller è dentro. Questione chiusa.»

    Frankie si alzò e spinse la sedia contro il muro. «Grazie per il sostegno.»

    «Vaffanculo, Donovan.»

    Frankie sbatté la porta uscendo.

    Capitolo 4

    Un favore speciale

    Wilmington, Delaware

    Feci il caffè mentre Angie preparava la colazione.

    Rosa era seduta al tavolo e leggeva il New York Times su un vecchio iPad. «Zio Mario è stato citato di nuovo. Pagina cinque.»

    «Se Frankie ti sente chiamarlo Mario, sarai tu a finire a pagina cinque.»

    «Tu lo fai.»

    «Solo quando voglio farlo incazzare.»

    «Ha preso quel killer che ha ucciso l’intermediario finanziario.»

    «Stai leggendo su quel coso, il tablet?» chiese Angie.

    «È un iPad, mamma. E sì, sto leggendo qui. Ci faccio anche le parole crociate.»

    «Frankie è un bravo detective», dissi.

    «E figo.»

    Angie posò i piatti in tavola. «Figo? Ha la stessa età di tuo padre.»

    «Tutte le mie amiche pensavo che sia figo.»

    Angie si fece il segno della croce. «Se soltanto avessi saputo come sono i bambini, avrei ripensato all’aborto.»

    «Mamma, che esagerazione. Sei già una mezza suora. Se non sentissi te e papà fare sesso di notte, penserei. . .»

    Angie arrossì. «Rosa! Dio mio, attenta a quello che dici.»

    Io nascosi una risata prima che Angie mi vedesse. Rosa aveva le palle; dovevo dargliene atto.

    Dal salotto provenne lo strillo di un neonato. «Dante ha fame», disse Angie.

    «Lo prendo io. Deve aver sentito l’odore del caffè.»

    «Nicky Fusco, se provi a dare il caffè a quel bambino prima che abbia compiuto dieci anni, ti sparo.»

    «Dieci? Noi lo beviamo dal momento in cui siamo riusciti a tenere la tazza in mano.»

    «E guarda come sei diventato», disse Angie.

    «Zio Mario non ha niente che non vada.»

    «Certo», disse Angie. «Non c’è mai niente che non vada nello Zio Mario.»

    Io presi Dante e tornai a tavola, dandogli delle piccole pacche sulla schiena mentre facevo l’occhiolino a Rosa. «Dovresti diventare una detective. Sei brava.»

    «Col cavolo che lo farà», disse Angie. «Lei andrà al college e . . .»

    Le nostre risate la interruppero.

    «Okay, saputelli.» Mollò il resto del cibo sulla tavola e prese una sedia. «Lo prendo io, Nicky. Tu mangia.»

    Io mi sedetti accanto a lei. «L’ho preso io», dissi e gli diedi un bacio sulla tempia. «I neonati hanno un profumo così dolce.»

    «Non sempre», disse Rosa con la testa ancora sepolta nell’iPad. «Papà, dimmi il nome di un Titano che inizia con la C. Sei lettere.»

    Io usai la mano libera per mettere un cucchiaio di uova su un pezzo di pane tostato. Mangiai le uova e poi sorseggiai il caffè. «Non sono bravo con la mitologia. Le suore non ce l’hanno inculcata in testa.»

    «Allora come si chiama il Papa che ha iniziato la prima crociata?»

    «Urbano.»

    Rosa digitò la risposta. «Lascerò a papà tutte le risposte sulla storia romana. Scommetto che non saresti così bravo con la storia americana.»

    Angie prese l’iPad. «Metti via questo coso. Stai sempre a fare le parole crociate.»

    «Non c’è niente di male nel fare le parole crociate», dissi.

    Sapevo che insisteva con Rosa solo perché Tony faceva sempre le parole crociate. Sono certo che temesse che la cosa potesse infastidirmi. Ed era così, in un certo senso, ma, come avevo detto ad Angie altre volte, dovevo abituarmici. Prima o poi avremmo dovuto dire a Rosa chi era il suo vero padre. Se fosse stato per me, glielo avrei già detto, ma Angie non era pronta.

    Dante rigurgitò qualche cosa di strano sulla mia camicia, costringendo Angie a lasciarsi andare a una risata. «Prendo io il diavoletto mentre ti cambi.»

    «Dovresti fare come la mamma. Mettere un telo sulla camicia dove tieni lui.»

    Io mi sbottonai la camicia mentre salivo le scale. «Ricordamelo prima che sputi su di me la prossima volta.»

    «Ehi, papà, chiamiamo Zio Mario?»

    «Devo andare al lavoro.»

    «Dai, papà.»

    «Va bene. Quando scendo.»

    Impiegai sono pochi minuti per cambiarmi la camicia. Quando toccai l’ultimo gradino, vidi Angie scuotere la testa mentre passeggiava con Dante in braccio e gli dava il biberon.

    «Dio mio, sei una ventosa.»

    Rosa si alzò per fare i piatti. «Qualcuno in questa casa mi vuole bene.»

    «Vai al ballo?» chiese Angie.

    «Se qualcuno me lo chiede.» Rosa raccolse il resto dei piatti dalla tavola. «Non riesco a credere che nessuno me lo abbia chiesto. Secondo te sono brutta?»

    «Brutta? Sei splendida.»

    «No, sul serio. Guardami come persona, non come tua figlia.»

    Angie le diede un bacio sulla guancia. «Rosa, tu sei splendida. Te lo dico io. Qualcuno te lo chiederà.»

    «Chiederà cosa?»

    «Non far finta di non aver sentito, papà.»

    «Vai coi i tuoi amici. Troverai qualcuno con cui ballare.»

    «Non è la stessa cosa», disse Rosa.

    Guardai l’orologio. «È ora di chiamare Bugs.»

    «Com’è che non dà fuori di matto quando lo chiami Bugs?»

    «Perché si chiama così.»

    Mentre facevo il suo numero, mi venne quasi da ridere ricordandomi come aveva ottenuto quel nome.

    Rispose al secondo squillo. «Non dirmi che sei tu, Rat.»

    «Ehi, Bugs. Dove sei?»

    «Al lavoro. Perché?»

    Rosa urlò dalla cucina. «Ciao, Zio Mario

    «Hai detto a tua figlia di chiamarmi zio Mario? Che figlio di puttana.»

    «Potrei aver detto che la cosa ti fa incazzare.»

    «Allora, dimmi come mai mi chiami a quest’ora del mattino.»

    «Perché Angie e io ne abbiamo discusso e vorremmo che tu fossi il padrino di Dante.»

    «Cosa? Mi stai prendendo in giro?»

    «Nemmeno per sogno.»

    Una pausa, poi: «Nicky, sai che ti voglio bene. Sono onorato. Riferisci a Angie quello che ti ho detto.»

    «È proprio qui. Diglielo tu stesso.» Passai il telefono a Angie.

    «Ciao Frankie. Gli ho detto di chiamarti settimana scorsa ma ha aspettato che tornassimo a casa e ci sistemassimo. Conosci Nicky.»

    «Non potrei essere più felice per voi», disse Frankie. «E grazie per avermelo chiesto.»

    «A chi altro avremmo dovuto chiederlo?» disse Angie. «Tu e Nicky siete amici dalla nascita o quasi.»

    «È passato un sacco di tempo», disse Frankie. «Non vedo l’ora di vedervi, ragazzi.»

    «Anche io. Ti ripasso Nicky, ora.»

    Io presi il telefono da Angie e mi lasciai cadere nella mia poltrona da lettura, sollevando i piedi. «Ehi, Bugs.»

    «Allora lo hai chiamato Dante. Avrei dovuto immaginarlo. Tuo padre era un grand’uomo.»

    «Dovevo seguire la tradizione. Non siamo più in molti a fare come si usava una volta.»

    «Non ne restano molti che si ricordano come si faceva una volta», disse Frankie.

    «È proprio vera ‘sta cosa.»

    «Parlando dei vecchi tempi, non farti sentire da Sorella Mary Thomas mentre dici ‘sta. Probabilmente porta ancora con sé la bacchetta.»

    «Lo credo anch’io e mi brucia ancora il culo solo a pensarci. Dovrò assicurarmi che Dante non venga colpito allo stesso modo.»

    «Parlando di Dante, temevo che avresti fatto qualcosa di stupido riguardo al nome.»

    «Tipo chiamarlo Mario?»

    «Esattamente.»

    Rosa si avvicinò al telefono. «Ciao di nuovo, Zio Mario. Ho visto il tuo nome sul giornale.»

    «Ciao, Rosa. Come sta la mia nipote più bella?»

    «Bene. Non vedo l’ora di rivederti.»

    «Io non vedo l’ora di mangiare le tue polpette», disse Frankie.

    «Le farò speciali per te. Devo andare ora o farò tardi.»

    La porta principale sbatté dietro a Rosa, ma fu sbattuta in modo felice, come solo gli adolescenti riescono a fare.

    «Hai una figlia fantastica.»

    «Grazie, Bugs. Sono stato fortunato.» Uscii di casa per terminare la conversazione. «Hai più avuto notizie di Suit? Vorrei chiamarlo e raccontargli le novità.»

    «È in Texas.»

    «Cosa cazzo ci fa lì?»

    «Che resti fra noi», disse Bugs. «Le cose gli stanno andando bene, ma ci potrebbe essere ancora qualcuno sulle sue tracce per come sono andate le cose con Tito Martelli.»

    Brutti ricordi fluirono nella mia mente. Immagini vivide di Tito e di tutti i suoi uomini. «Intendi quando l’ho ucciso?»

    «Sai cosa

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