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Angel Baby
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Ebook148 pages2 hours

Angel Baby

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About this ebook

Al di la delle indagini e degli omicidi, il tema del libro è quello del difficile periodo dell'adolescenza, il terribile momento in cui arriva il tempo di lasciare che i propri figli affrontino da soli il mondo, con tutte le sfide e i pericoli che esso propone. Il libro riflette le insicurezze di ogni genitore preoccupato per i propri figli...le amicizie sbagliate, le prime notti lontano da casa...ci sarà davvero un problema o sono io ad essere paranoico?
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateNov 30, 2017
ISBN9788892699106
Angel Baby

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    Angel Baby - Sonia Perin

    633/1941.

    Capitolo 1

    La luce accesa, alle cinque di mattina, era una novità. La porta si aprì sul volto preoccupato della moglie, che a quell’ora di solito dormiva.

    «Puzzi». Gli mormorò, quando si chinò a baciarla sulla guancia.

    «Che cosa è successo»? Renzo si lasciò cadere su una sedia provocando un rumore forte nel silenzio della casa. Rita lo guardò con rimprovero, sedendosi davanti a lui.

    «Angel è tornata ubriaca, piangeva, e non sono riuscita a farmi dire nulla. Ieri sera è uscita. Credevo con Aldo, come sempre. Invece lui ha chiamato alle undici chiedendo di lei. Quando all’alba è tornata era talmente sconvolta che ha anche vomitato». Renzo si prese la testa tra le mani. Era così stanco che gli venne quasi da ridere.

    «Oggi le chiederò spiegazioni, vedrai che è stata solo una bravata». Allungò una mano a prendere quella fredda della sua donna.

    «Come è andata la tua notte»? Chiese Rita per nulla rassicurata, spiando il volto del marito in cerca di qualche espressione colpevole. Temeva la tradisse, ma non esternava mai i suoi sospetti, malgrado i segnali inequivocabili che trovava nei suoi vestiti.

    «Male! Abbiamo dovuto fare un’incursione in un campo nomadi. Due di loro hanno investito una ragazzina e non si sono fermati. Per fortuna la piccola non è grave». Solite vaghe notizie, quasi sempre simili. Alzandosi le strizzò un occhio indicando il piano superiore.

    «Oggi le parlo. Doccia e poi a letto. Nel pomeriggio ho una riunione al comando e sono sfinito». Lo lasciò salire senza dire nulla. Avrebbe voluto parlargli dei segni che Angel a-veva sul collo, delle sue labbra troppo gonfie e dell’odore di sesso che aveva addosso. Dov’era andata sua figlia? Il suo piccolo angelo era cresciuto senza mai darle preoccupazioni ed ora questo! Addosso si portava anche l’odore della disperazione. Qualcuno si era impossessato del suo corpo, e del suo spirito. Forse era già troppo tardi per fermare quella brutta storia. O forse sei tu che stai diventando paranoica! Si disse alzandosi, e cercando di scacciare quei brutti presentimenti. Con una tazza di caffè tra le mani scese in giardino. L’erba umida le bagnò i piedi, anche la poltroncina era bagnata, ma sedette ugualmente incurante del freddo che le penetrò nel pigiama Da lì poteva vedere la finestra del bagno che si era illuminata. Renzo si stava lavando, per togliersi di dosso gli odori della notte, gli stessi che aveva sentito sul corpo della figlia. Si chiese ancora se la tradiva. Complice il servizio che svolgeva rientrava sempre tardi, prevalentemente al mattino presto. Vaghe le informazioni che dava. Sempre incursioni della polizia in campi nomadi, o in ambienti tenuti sotto stretto controllo dalla Squadra Mobile di Padova. Lavorava sempre in abiti civili, la divisa serviva solo per le grandi occasioni. Li trovava nella cesta della biancheria sporca, li annusava, li analizzava cercando sempre qualche segno, un capello, una traccia di rossetto. Lui non la guardava mai negli occhi quando ri-spondeva alle sue domande, e lei cercava di essere una brava moglie evitando di insistere, ringraziando sempre il cielo quando lo sentiva tornare. La luce del bagno si era spenta. Lo immaginò nella loro camera, intento a scrivere il resoconto della notte sul suo quaderno, che poi chiudeva nel cassetto del comodino, portandosi sempre via la chiave a impedirle di curiosare. Sulla strada cominciavano a passare le prime auto. Il giorno prendeva vita e la luce si faceva più viva. Si accese una sigaretta spostando lo sguardo verso la stanza di Angel. Le finestre erano buie. Dopo la notte passata avrebbe dormito tutto il giorno. Doveva decidere come affrontare quella nuova emergenza, lasciar cadere il tutto sembrava la soluzione più facile, se avesse solo bevuto, ma lei sentiva che c’era dell’altro. Scrollò il capo con strizza, bevendo un sorso del caffè ormai freddo, decidendosi a rientrare e affrontare la giornata. Imbastire il pranzo della domenica per accogliere Maicol, l’altro suo figlio, che dopo tanto si degnava di farsi vedere. Studiava a Bologna e divideva un appartamento con un amico, per il momento non dava problemi. Le veniva spontaneo chiedersi se anche lui aveva le sue notti brave!

    Renzo, sentendo la porta aprirsi, finse di dormire ancora. Rita mise il caffè sul comodino. La domenica era il giorno dei vizi, che lui ben accettava quando poteva starsene a letto. Tra gli occhi socchiusi poteva scorgere il suo volto tirato. La vide passarsi una mano sulla fronte sfoderando un bel sorriso.

    «Sei sveglio? Maicol è già arrivato e manca poco a mezzogiorno»! Adagiandosi sul letto lo stuzzicò con il solletico. La prese tra le braccia aspirando il fine profumo che emanava. Sua moglie era una donna unica, mai invadente, sempre pronta ad accettare qualsiasi cosa senza creargli problemi. Anche troppo passiva, quasi indifferente. Per associazione di pensieri gli venne in mente Angel.

    «La piccolina si è svegliata»? Si mise seduto accomodando il cuscino alle sue spalle.

    «Mal di testa, sonno e nausea. Non scenderà a mangiare». Rispose Rita a denti stretti, per non lasciar uscire la sua preoccupazione.

    «Capito! Urge un sopraluogo e poi vi raggiungo». Non aveva voglia di indagare sulla vita della figlia. Un piccolo aiuto in famiglia doveva pur darlo e si forzò a levarsi per affron-tarla.

    Il dialogo con Angel si era ridotto a pochi mugolii, e qualche breve frase che gli aveva lanciato prima di nascondere la testa sotto le coperte.

    Mentre scendeva le scale si accorse che l’appetito gli era passato.

    In cucina Rita e il figlio stavano battendo le posate sui piatti per incitarlo a muoversi.

    «Dai papà, ho fame»! Maicol aveva gli stessi occhi chiari della madre. Lo stesso volto solare.

    «Come va Piccolo»? Gli passò una mano sui capelli in una blanda carezza.

    «Non dovete preoccuparvi per Baby Angel, mia sorella è ok! Cosa volete che sia una sbronza, per fortuna non vedete le mie». Consigliò con una risata. Si misero a mangiare in silenzio, nel vago disagio che si era creato. Finirono in fretta, senza nemmeno gustare le fatiche culinarie di Rita, che lei nemmeno notò, avendo i pensieri rivolti alla figlia.

    «Angel ha delle nuove amicizie»? Chiese Renzo al figlio. Il tono rauco tradì l’apprensione e quattro occhi si posarono insistenti su di lui.

    «Che cosa ti ha detto»? Chiese Rita alzandosi per portare via i piatti vuoti.

    «Che ha fatto una cazzata, ma è tutto a posto». Renzo si era acceso una sigaretta. La moglie gli mise davanti un posacenere sbuffando leggermente.

    «Allora lasciate stare. Delle amicizie di Angel non so nulla. Sempre le solite penso». Consigliò Maicol uscendo dalla stanza, per evitare altre domande. Chissà se anche lui ha dei segreti. Si chiese Rita seguendolo con lo sguardo, per poi posarlo sul marito.

    «Smettila Rita! Ti fuma il cervello». Renzo le fece una distratta carezza, i suoi occhi indagatori lo disturbavano. «Non chiedere più nulla a Angel. Lasciala tranquilla». Uscì da casa senza salutarla, per evitare altre domande.

    Mentre guidava ripensò al colloquio avuto con la figlia. La sua ragazza lo aveva guardato con odio puro bloccando le sue domande con una frase sola.

    «Tradisci mia madre ogni notte e ti permetti di chiedere a me come passo le mie»! Poi si era bloccata sfidandolo con lo sguardo, senza dire più niente, infilando la testa sotto le coperte. Lui era uscito in silenzio. Come poteva saperlo? Quello era un mondo lontano che lei non avrebbe dovuto conoscere. Chi stava frequentando? La rabbia di Renzo si indirizzò verso Aldo, il suo ragazzo. Stavano insieme da alcuni anni, parlando di sposarsi finiti gli studi. Credeva fosse un ragazzo a posto, ma se la portava in certi luoghi era marcio anche lui.

    Capitolo 2

    Angel decise di alzarsi. Erano le cinque del pomeriggio, l’aria fredda entrava dalle finestre lasciate aperte, insieme al buio che calava. Sul tavolo della cucina un biglietto della madre, con un breve: Torno subito. Si preparò la moka per il caffè. La testa le scoppiava, ma almeno la nausea era passata. Senza desiderio, solo per abitudine, si accese una sigaretta, ripensando alla predica che il fratello le aveva fatto, consigliandole di non coinvolgere la famiglia nella sua vita. Con la tazza del caffè tra le mani ritornò nella sua camera, il cellulare aveva appena smesso di suonare. Lo aprì con mani tremanti. Era pieno di messaggi: Di Aldo che le chiedeva di chiamarlo. Di Carlos, l’uomo che le stava rovinando la vita, che le mandava messaggi brevi e minacciosi. Non voleva più sentirlo! Voleva cancellarlo dalla sua vita e metter fine all’incubo che stava vivendo. Cominciò a piangere. Solo il pensiero di non vederlo più la faceva star male, lo stomaco diventava un buco infuocato togliendole la forza di fuggire.

    "Chiamami o non mi senti più»! Diceva l’ultimo messaggio. Si morse le labbra per non urlare. Era cominciata solo un paio di mesi prima. La famiglia di Aldo aveva organizzato una cena, per riunire la famiglia e presentarla a tutti in vista del prossimo matrimonio. Le sembrava impossibile essere stata felice, pulita, libera di organizzare la loro vita. Dopo alcuni giorni le era arrivato un messaggio dal cellulare di Aldo, voleva vederla. Le fissava appuntamento al bar della stazione per poterle parlare. Si era stupita, ma le era anche piaciuta la complicità di un incontro tra loro lontano dalle solite cose. La confusione della stazione non aveva nulla di romantico. Prese posto in un angolo del bar per vederlo ar-rivare. Nel tavolino vicino si era seduto un uomo. Gli aveva dato una fuggevole occhiata quasi disturbata dall’aria trasandata che lo circondava. Continuava a guardarla, sentiva i suoi occhi frugarla e si era alzata per cambiare posto.

    «Ciao Angel». Il saluto la indusse a volgersi verso l’uomo. Gli occhi irridenti del fratellastro di Aldo incontrarono i suoi.

    «Siedi con me». L’aveva invitata. Ora che lo aveva riconosciuto non le sembrava più così equivoco.

    «Sto aspettando Aldo. Che sorpresa trovarti qua». Si era seduta al suo tavolo sorridendogli. Lo aveva incontrato alla festa organizzata dai genitori di Aldo, ma era sparito quasi subito, dopo una vaga presentazione. Non assomigliava al fratello, aveva un volto molle e gli occhi scuri. Le borse sotto gli occhi erano pesanti, attenuate da una luce irridente.

    «Sono stato io a mandarti il messaggio. Aldo era sotto la doccia, e il suo telefono bene in vista. Non ho resistito, volevo conoscerti». Dalle prime parole si era sentita assalire da un’ansia che non l’aveva più lasciata. Carlo, si faceva chiamare Carlos, le aveva preso una mano iniettandole il veleno. Sentendosi emozionata era arrossita. La sua voce era dolce, persuasiva, mentre le raccontava la sua vita. Poi l’aveva invitata a

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