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Profanare il profano
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Profanare il profano

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Il presente saggio è la ricerca di una verità dell'opera d'arte attraverso un processo in forma linguistica. L'arte viene indagata anche cercando di criticare alcuni dei suoi diversi "usi", con cui l'autore dissente, ad esempio l'arte come diversivo dal quotidiano, o come oggetto commerciale. Il testo è spesso ermetico nella convinzione che la codifica e la seguente scoperta di senso, siano mezzo adeguato alla comprensione della materia trattata.
Inoltre l'autore intende presentare un discorso sull'arte al di fuori dall'erudizione e dalle date, cercando di elaborare una forma linguistica che introduca per "analogia" all'opera d'arte.

“Se “parlando” di un oggetto della scienza il testo scientifico usa un linguaggio scientifico, formule, per parlare di un oggetto dell'arte il testo critico usa un linguaggio, che per essere prossimo all'arte, nel senso di introdurre al meglio, deve essere spesso figurato, poetico.”
LanguageItaliano
PublisherSaggi d'arte
Release dateDec 14, 2017
ISBN9788827533833
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    Profanare il profano - Saggi d'arte

    Indice

    UNA CRITICA FENOMENOLOGICA DELL'ARTE COME INTRODUZIONE

    DECOSTRUZIONE DEL DISEGNO

    L'ARTE (E') SACRA

    SELF(IE) MADE MAN

    DISTRUZIONE COME POSSIBILITÀ DEL DIVENIRE

    NEGARE LA DISTRUZIONE

    DARE UNA POSSIBILITA' ALL'ANGOSCIA

    AUTORITRATTO E ARTE COME RICICLO DELL'ANGOSCIA

    ARTE COME DISTRAZIONE

    GIOCARE A FARE L'ARTISTA

    IL MOSTRO DELLA LAVASCIUGA. UN ARTISTA MODERNO

    L'ARTISTA STREGONE

    INFLAZIONE DI SENSO

    BANALITÀ DEL MARE?

    DUE OPERE A CONFRONTO

    -Giovane che si bagna in un ruscello, Rembrandt, olio su tavola, 1654, cm 61,8 x 47

    -Donna che entra nell'acqua, Chaim Soutine, olio su tela, 1931, cm 113 x 72,5

    UNA CRITICA FENOMENOLOGICA DELL'ARTE COME INTRODUZIONE

    L'arte è una funzione, cioè un luogo dove si realizzano una serie di operazioni. Operazioni creative di somma, sottrazione, rapporto, operazioni interpretative di analisi semantica e sintattica. L'opera è il grafico di funzione, ma un grafico speciale dove non c'è soluzione di punti e rette e dove i rapporti sono continuamente da cercare e anche inventare. Una volta messo giù, il grafico non può essere manomesso dal fruitore ma solo riorganizzato nel pensiero.

    Derrida, sull'impensabilità del centro di una struttura come luogo rintracciabile: ...il significato centrale, originario o trascendentale, non è mai presente in assoluto, al di fuori di un sistema di differenze.

    Nei vuoti che lascia, o meglio crea un autore rispetto ai pieni, il sottratto in rapporto al sommato, possiamo cogliere l'agire che compone la positività di un negativo. Il negativo è il semplicemente cedevole. L'essere positivo del negativo è il suo mostrarsi solido. Il rapporto di questo negativo col suo positivo tende a uno. Qui, il negativo, è mancanza di sovrappiù, presenza di una propria materia, di un proprio colore. È un vuoto di sovrappiù. Quindi questo vuoto è un ricordo, il ricordo è quel negativo da cui appare il positivo senza sovrappiù, che è il negativo. Per passare dall'uno all'altro c'è un piccolo gradino, realmente, perimetro rialzato della somma positiva. Ma visti frontalmente positivo e negativo possono trovare l'apparenza di una superficie liscia. In questo caso il lavoro è quello di comprendere la coerenza, cioè di scavare le differenze che nel rapporto si perpetuano. La superficie dell'opera è un significante pieno di significanti. Il tutto pare in attesa di una spiegazione definitiva. L'opera è prodotta dalla finitezza del corpo dell'artista. Ma il movimento di senso, nell'opera, è l'infinito racchiuso in un perimetro (finito). Se pensiamo l'uomo come essere finito significa che il finito da luogo all'infinito. Possiamo pensare l'opera come una derridiana storia dei suoi effetti.

    È l'opera d'arte l'ultima dimora dell'artista, più che la tomba. In quest'ultima resta una materia organica dissolventesi. Nell'opera non posso fare altro che pensare la presenza di essenza, di valore dei gesti e di gesti di valore, di pensieri, di emozioni.

    Se un'opera d'arte ci sembra sempre uguale a se stessa come può esserlo una sedia, o un calorifero, siamo in presenza più che di un'eccezione, di un fraintendimento. L'opera, non essendo adibita a uso pratico, è sempre differente in ogni punto, o detto altrimenti è sempre uguale nelle sue continue differenze interne.

    L'arte più che questione di volontà è questione di estraniamento, di alienazione necessaria (dalla società). Volere implica il volere fare e il non volere fare. Necessità è perdita di sé. Impossibilità di gestire qualcosa che ci agisce. Nancy, Decostruzione del cristianesimo: L’indicibile o l’innominabile realizza il culmine del senso. Nancy afferma che il culmine del senso sta fuori del linguaggio, è indicibile. In questo caso, forse, da indirettamente una possibilità alla figura come non-linguaggio, di poter esprimere un senso culminante. Espressione che non può essere recepita. L'arte è un modo estremo di esprimersi positivamente. Data la sua provenienza magica non si deve escludere che il nocciolo originario si faccia sentire. Per esempio nei concetti. Chi crede in essa tende a vedervi un'apertura sui limiti del reale.

    L'opera d'arte nasce come oggetto unico e come verginità. Ogni cosa che le si attribuisce la allontana dalla primitiva verginità. I molti sensi dell'oggetto unico sono la sua schizofrenia. Essa deriva dalla somma delle interpretazioni, dei sensi che la moltitudine reca all'opera. L'opera d'arte somiglia forse allo scarto tra il dire e la verità? Sarebbe l'indicibile? Potrebbe essere questo il motivo per cui è possibile attribuirle una distesa di significati? Senza dubbio essa è qualcosa di accaduto. Ma è un accaduto che persiste nell'accadere. Lungi dall'essere una linea continua è una somma di segmenti che si accavallano in un piccolo spazio. Questi sensi positivi, ostili o favorevoli che siano, ingrossano il bagaglio della tradizione dell'opera. La tradizione è un campo di battaglia sempre in-deciso. Quando si definisce un oggetto è questa una ridefinizione mai definitiva. La tradizione critica è un gioco la cui unica regola definitiva è quella di ridefinirsi continuamente. Certo ci sono visioni ritenute autorevoli che resistono nel tempo, ma non per sempre. Se la tendenza dell'autorevolezza è quella di resistere, l'altra sua tendenza è quella di superarsi. Verrebbe da pensare che la critica è epifenomeno dell'opera, ma non è propriamente vero. L'opera senza critica sarebbe come l'uomo senza intimità, senza amore. La critica è la ricerca di massima intimità per l'opera. Solo nel continuo incontro si scoprono i risvolti, i pregi e i difetti, solo nel continuo gravitare si staccano le intuizioni che contano.

    L'incontro con l'opera d'arte può essere informale e formale? Credo di si. Essa accetta qualunque approccio che sia serio. È possibile pensare a un tu cui domandare dimostrazione di intimità. Una empatia di passaggio, o l'intuizione di una passione che avanza un movimento simpatico, una passione intensa e passeggera, o un amore per la vita. Dare del lei è rispettare una distanza. Nei due casi c'è la prospettiva di un rapporto dialogico. Mi pongo delle zone d'interesse e cerco nell'opera le risposte. Ma è anche lei che chiede di essere compresa. Tecnica e umanità, cognizione e sentimento. L'utilizzo di un colore, i rapporti coloristici tra luce e ombra, il profilo di una figura, i significati attribuiti a uno sguardo, come sono gestiti i limiti della tela, la natura dell'astrazione, il significato dei segni.

    L'esperienza che possiamo fare dell'arte è quella della sua imprevedibilità. Imprevedibile il dire nell'incontro, imprevedibile il lascito.

    Il dire che viene a noi dipende (anche) dalla nostra interpretazione. Il dire dell'arte è un dire che non dice con la parola. È negazione della voce di una figura che s'impone nel suo rendersi visibile. La voce di un interlocutore è invisibile, anche se possiamo immaginare il volume di un timbro. In arte l'immagine deve essere essa stessa eloquenza, in mancanza di suono. Unendo sotto di sé tutti i limiti dell'immagine l'arte li adombra, li moltiplica e li dispone un po' per volta.

    L'immagine è sempre un punto di vista. La vista e il punto (luogo) dal quale si osserva precedono l'immagine. Apro gli occhi e vedo. Senza vista non c'è nessuna immagine, c'è l'Universo senza percezione di un punto di vista. Esso fa il mondo. Il fatto che si dia immagine significa presenza di un soggetto che apre un riquadro sull'infinito. L'immagine è già dunque significativa senza attribuzioni specifiche. Aprire gli occhi e percepire immagini segna la presenza di una soggettività e del suo esterno. Ciò che vedo è la mia immagine, il mio mondo, il mio punto di vista. C'è già un significato nell'apparato visivo, come possibilità di salvezza, come proiezione fuori di sé. Questa prende forma nei prodotti umani. Anche la musica è questa proiezione, ma del nostro suono anziché della nostra immagine. L'immagine dell'opera d'arte mette assieme l'essere immagine e l'essere Universo. L'immagine prodotta dall'artista è prima punto di vista e poi Universo. Questa immagine, prima del significato dell'opera, ha quello dell'immagine, quella cosa che è fatta per essere vista e che è fatta poiché vista, che va da un punto di vista a un punto di vista. Mutuando il concetto di indicatori dalla linguistica, l'opera d'arte è indicazione che il discorso artistico ha luogo. Ma, a differenza della voce, che è quella presenza negativa che continuamente si dissolve nel generarsi, l'opera d'arte è indicazione sempre presente, che dura nel tempo come oggetto solido e si proietta nel futuro.

    Possiamo incontrare nell'opera la convivenza di un aspetto etico e di un aspetto non etico. L'etica dell'opera sta nell'essere immagine, cioè manifesta, non nascosta. In quanto immagine elaborata, nasconde qualcosa, possiede un aspetto ermetico. Questo aspetto non pone il pubblico nella condizione di dover compiere il gesto etico di interpretare? Per un poeta ermetico che segue un ethos particolare ci sono molti fruitori che compiono un atto etico. Il critico compie l'atto successivo di rendere pubblica l'interpretazione.

    L'arte non opera, con ciò, un'azione di occultamento, semplicemente non può fare nulla per farsi capire, cioè, il lavoro dell'artista nella creazione dell'opera non include introduzioni pedagogiche per il pubblico. Il

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