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Roberto Farinacci, l'uomo del tormento e della battaglia
Roberto Farinacci, l'uomo del tormento e della battaglia
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Ebook343 pages5 hours

Roberto Farinacci, l'uomo del tormento e della battaglia

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Roberto Farinacci è stato sicuramente l'esponente politico del fascismo più discusso e chiacchierato. Ha rappresentato la figura del ras locale, di una città che non era la sua, ma che la rese una sua creazione: Cremona.
Fu presente sulla scena politica sin dal primo sorgere del fascismo e nel febbraio del '25 divenne segretario del Partito. Nella sua Cremona diresse il giornale "Cremona Nuova" prima e "Regime Fascista" poi. Esponente di spicco del fascismo intransigente, ebbe una vita "parallela" al suo Capo: anch'egli fu socialista, fu giornalista e direttore di un giornale; anch'egli fece la sua marcia "su Cremona" conquistandola e governandola indisturbato per oltre vent'anni; anch'egli come il suo Capo, subì nello stesso giorno la stessa sorte. Molto intenso, ma anche molto tormentato, il rapporto con il suo Capo Mussolini; fu l'unico che non ebbe mai il timore di dire la verità e per questo visse un periodo di isolamento, ma molto attivo dietro le quinte. Fautore di un suo ordine del giorno della seduta del Gran Consiglio del 25 luglio '43, si proporrà quale sostituto di Mussolini e fervente sostenitore dell'alleanza con i tedeschi. Farinacci apparirà nuovamente sulla scena politica in modo prepotente durante la Repubblica Sociale, agendo sempre dalla sua Cremona.
Il quadro che ne esce da questo lavoro è a tutto tondo, con documenti inediti.
LanguageItaliano
PublisherPubMe
Release dateDec 18, 2017
ISBN9788871637563
Roberto Farinacci, l'uomo del tormento e della battaglia

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    Roberto Farinacci, l'uomo del tormento e della battaglia - Renzo Santinon

    FARINACCI

    L’uomo della battaglia e del tormento

    INDICE

    Capitolo I

    Da Cremona a Roma

    Capitolo II

    Il delitto Matteotti

    CapitoloIII

    Al timone del PNF

    Capitolo I V

    Le dimissioni

    Capitolo V

    Intransigente e moralizzatore

    Capitolo VI

    Nuovamente sulla scena politica

    Capitolo VII

    Dissidente e frondista

    Capitolo VIII

    L’epilogo

    Appendice

    Bibliografia

    Indice dei nomi

    Capitolo I

    Da Cremona a Roma

    Il più noto , e certamente più potente, ras del fascismo fu Roberto Farinacci. Di indole fortemente ambiziosa, impersonava le aspirazioni e moventi di Mussolini, sebbene inizialmente fosse legato più ad un fascismo urbano, via via venne saldandosi verso ciò che sarebbe stata la sua roccaforte:il fascismo agrario.

    Cremona era una delle più ricche province agricole italiane; le sue piccole e medie industrie di latticini venivano rappresentate come modelli di efficienza e con Farinacci, questo centro lombardo andò acquistando sempre più vigore. Grazie all’opera del cremonese il movimento fascista locale da lui animato, finì per attirare l’attenzione di Milano prima e di Roma poi.

    Farinacci rappresentò da subito il simbolo dell’intransigenza e il suo principale rivale fu Italo Balbo, altro ras di Ferrara, insieme a Barbiellini Amidei Bernardo a Piacenza, Arrivabene Gian Galeazzo a Mantova, Scorza Carlo a Lucca,Ricci Renato a Massa Carrara. Tutti mantennero il proprio potere locale, su fascisti e non fascisti, allo stesso modo mediante la personale autorità e l’appoggio, in certi casi, di un efficiente sistema di spie.

    Il futuro segretario del PNF nasce il 16 ottobre 1892 a Isernia, nel Molise, dove il padre Michele, napoletano di nascita, era di guarnigione in qualità di Commissario di Pubblica Sicurezza. Qui il giovane Roberto trascorre i primi otto anni di vita. Nel 1900 il padre è trasferito in Piemonte dove Roberto continuò negli anni successivi,un apatico tentativo di ottenere un’istruzione regolare. Al momento del trasferimento della famiglia a Cremona, il figlio era stato costretto a ripetere due volte, era solo in terza media. Nel 1909 abbandona la scuola e riesce ad ottenere un posto come assistente operatore al telegrafo presso le ferrovie delle Stato di Piacenza e, pochi mesi più tardi, fece in modo di essere trasferito a Cremona, dove svolse il lavoro per dodici anni. Questo periodo trascorso nelle ferrovie gli valse il soprannome di segretario tettoia.

    Fu proprio durante questi anni che Farinacci iniziò la sua partecipazione nella politica. Essendo dotato di una lingua acuta e senza paura di intervenire nelle risse, cominciò a partecipare attivamente alla vita politica sotto l’ala del deputato cremonese e leader della fazione riformista del partito socialista, Leonida Bissolati. Roberto è così impegnato nelle discussioni inerenti al lavoro come organizzatore del sindacato contadino.

    Sul rapporto tra Bissolati e Farinacci, Giacinto Cremonesi scriverà che Bissolati non amava la compagnia del cremonese, il quale tuttavia non lasciava sfuggire le occasioni per mettersi in mostra accanto al politico socialista.

    Il 22 agosto del 1912 il ventenne ferroviere politicante aveva sposato la graziosa coetanea Anita Bertolazzi, figlia di un noto socialista cremonese, proprietario di un’avviata gelateria. Convinto anticlericale, verso la fine dell’anno successivo fondò a Cremona il circolo giovanile laico Roberto Ardigò, la cui attività consistette soprattutto in conferenze, discussioni sull’ateismo ed in attacchi alla religione organizzata. Già in rapporti di amicizia con il dotto avvocato e professore universitario Alessando Groppali, socialista, dal quale molto apprese,intensificò i contatti con Bissolati. Usufruendo saltuariamente di biglietti ferroviari gratuiti, non mancava di recarsi a Roma per visitare il leader riformista, che continuò a considerare lungamente il suo maestro politico.

    Durante la primavera del 1915, su richiesta di Mussolini , divenne corrispondente da Cremona del Popolo d’Italia. "Nasce-scrisse Franco Arbini- da un fenomeno del tutto contingente quale l’interventismo, una collaborazione trentennale fra due uomini che di veramente comune avranno soltanto la tragica fine".

    Si arruola volontario nel 1915 e ottiene il grado di caporale e una croce militare. Ritornato dal fronte, Farinacci diviene, col tempo, l’uomo più potente della scena politica cremonese e cerca il modo di espandere la sua influenza anche nei dintorni. Nel novembre del ’18, con Marzio Pranzetti, l’ex socialista Groppali e altri, fonda il circolo massone Giordano Bruno, che avrebbe costituito l’embrione del futuro Fascio di combattimento cremonese, fondato nell’aprile del 1919.

    "Costituisco a Cremona il fascio di combattimento e invito i giovani e gli amici ad uscire dalla Lega patriottica, dal fascio antibolscevico e dal Rinnovamento, composti nella grande maggioranza di uomini che sanno confezionare e votare soltanto roboanti ordini del giorno. Attorno a me si stringe un gruppo di giovanetti, studenti e operai: Novasconi, Franzetti, Ronconi, Superti, Catticelli, Ventura, Barilli-Lazzari, Alquanti, Soldi,Maino,Pagliari, Castelletti ed altri, disposti a tutto osare. Affido le cariche al prof.Saragat, al prof.Scandola, a Rastelli Erminio, incaricando il sindacalista Olindo Pedrazzi di far opera di penetrazione verso gli operai. Scrivo una circolare agli interventisti della provincia perché aderiscano al nuovo movimento".

    Con queste parole Farinacci ricorda nel suo Squadrismo la fondazione del Fascio a Cremona. In realtà non era la prima volta che veniva creato in Cremona ,fino ad allora era stato rappresentato dal foglio La Sqilla attorno al quale agiva un gruppo di dirigenti politici di destra. Con l’interessamento e la creazione da parte di Farinacci, il Fascio prosperò poiché si presentava come un’efficace arma contro i socialisti, inoltre continuava a rappresentare un’utile coalizione per uomini politici del centro ormai spodestati e infine, perché il nazionalismo e la guerra erano un problema ancora vivo. C’è da dire che molti furono i Fasci di combattimento che in questo periodo riempivano l’Italia, pochi ebbero il vigore e il successo di quello di Farinacci.

    Il linguaggio del Fascio era violento e grossolano, il contenuto interventista e trincerista con un programma di rinnovamento nazionale e di difesa della guerra rivoluzionaria.Dopo la sconfitta del blocco agrario le elezioni politiche del novembre del 1919 e la morte di Bissolati, la borghesia agraria e parte del ceto urbano si sentivano disorientati. Quel vuoto politico incominciò ad essere colmato da Farinacci.

    Si andava delineando come un capo e un personaggio, con i baffi, il frustino in mano, la pistola nel calzone sinistro retta da una giarrettiera: ben nascosta per le perquisizioni e a un tempo facile da afferrare. Emerse come il capo del nuovo Fascio, apparentemente l’unico;in un secondo tempo sorsero nelle piccole città di provincia molti Fasci con loro capi politici locali, ma sempre sotto il controllo di Farinacci. S’impose così una struttura gerarchica che alla fine costituì lo scheletro di un nuovo partito politico. (1) Questo movimento emergente fu lo strumento di una coalizione composta da forze economiche e Farinacci dovette attentamente equilibrare, integrare e in una certa misura, obbedire a tutte le sue componenti. La coalizione si sviluppò gradualmente, lottò per obiettivi soprattutto economici e mantenne unito quel nucleo di uomini e di gruppi che al tempo della guerra avevano costituito le alleanze de La Squilla.

    Agli inizi del ’19 avevano visto la luce molti raggruppamenti nuovi e con essi i grandi capi storici dell’ideologia. Anche Mussolini agiva sulla scena politica e capì che se il suo movimento doveva avere un seguito, doveva anche disporre di uomini capaci di trascinare a sé molte persone. In quel momento Farinacci non si era ancora staccato dai socialisti, lo farà a metà anno lasciando Bissolati per avvicinarsi al futuro duce d’Italia. Già in marzo, quando Mussolini stava organizzando l’assemblea, da cui nasceranno i Fasci di comabattimento, il cremonese gli inviava questo messaggio:

    Caro Mussolini….anche il nostro giornale aderisce al tuo movimento.Saluti cari Farinacci. (2)

    Due mesi dopo fu tra i settanta con i quali Mussolini fondò i Fasci di combattimento a piazza San Sepolcro e la stessa sera, assieme al capo degli arditi milanesi, Ferruccio Vecchi e pochi altri, unì le mani sulla lama di un pugnale e giurò di agire per difendere nuovamente l’Italia dal nemico, pronti ad uccidere e a morire

    Nella poderosa opera Storia della rivoluzione fascista, riferendosi all’adunata milanese, Farinacci parla di data memorabile, perché rappresentò una dichiarazione di guerra, un ordine solenne di continuare la guerra, soprattutto contro il bolscevismo, che era un impedimento fisico alla vita e l’esplosione di una forza della natura più che un’azione dello spirito; poi contro qualcosa di meno visibile e superficiale, di più intimo, di più indefinibile e pericoloso, che logorava le viscere della nazione

    All’inizio del 1920, il 15 gennaio, Farinacci fa cessare le pubblicazioni di La Squilla, uscendo con il primo numero di La Voce del Popolo Sovrano che voleva rappresentare tutte le forze vive e vitali della nazione. La dichiarazione programmatica pubblicata dal giornale annunciava che era suo proposito valorizzare la vittoria della guerra, unire le forze sane della nazione e porsi al servizio di tutti i lavoratori, specialmente intellettuali.

    La responsabilità per la vittoria dei rossi e dei neri era fatta ricadere sulla classe dirigente e sulla borghesia che si erano rassegnate alla perdita di Fiume, per la quale tutti avevano combattuto. Il giornale si proclamava contraio alla violenza, ma fautore della forza; era anche favorevole all’elevazione sociale delle masse e a un proletariato maturo: molte Camere del Lavoro, lamentò, non riuscirono a trovare dei segretari capaci. (3)

    Così Franco Damers commenta l’immagine che offre il nuovo giornale. All’inizio il carattere della Voce era in netto contrasto con quello de La Squilla ed era diretto ad un pubblico vasto, assumendo uno stile democratico caratteristico della classe media, desideroso di pace e un po’ pacata nelle riforme sociali; inoltre il giornale riportava qualche notizia sportiva e di attualità e con qualche annuncio pubblicitario.Ma non appena i Fasci si venivano costituendo, La Voce assunse un tono decisamente antisocialista sino a giustificare e ammettere anche la violenza se era necessario.

    L’organizzazione dei Fasci nella provincia dimostrò la capacità di controllo di Farinacci sul movimento. Lavorava in stretto contatto con il Comitato centrale, in modo particolare con Umberto Pasella. Il 19 gennaio 1920 fu annunciata la creazione di quattro nuovi Fasci nella provincia e in marzo, Mussolini inviò il suo plauso per il primo congresso provinciale: Occorre che il fascismo, il quale ha un quotidiano, alcuni settimanali,discrete risorse finanziarie, si dia un’organizzazione…Conto su di te per il Cremonese.(4)

    In provincia i rapporti non erano , inizialmente , così idilliaci; se nelle campagne c’era l’adesione, peraltro non massiccia, degli agricoltori, Farinacci, nel cremonese, non disponeva ancora dell’appoggio degli agricoltori, ma basava la modesta forza del Fascio sulla simpatia dei ceti medi e sul’attivismo di intellettuali e del proletariato urbano.

    Era sempre più violentemente sulla scena politica, non solo ma a livello nazionale e nella disputa tra fascismo urbano e fascismo agrario o provinciale. Il 30 marzo presiedette il primo convegno provinciale fascista del cremonese e in quella occasione Mussolini gli scrisse:

    Si avvicina più presto di quanto non fosse lecito sperare l’ora della nostra rivincita. Attendiamo non musulmanamente però-che le demagogie di tutti i vecchi colori si esauriscano nella loro impotenza. Poi verrà il turno degli antidemagogisti, il ‘nostro’:per il popolo e per l’Italia.(5)

    Con questa lettera si apre l’importantissimo carteggio intercorso fra i due uomini politici durante venticinque anni (1920-1945) provenienti dal fondo Susmel, di cui molto è stato pubblicato e dal quale abbiamo attinto ,rendendo noto per la prima volta alcune lettere. Sono ben 225 pezzi e l’ampio quadro che ne è venuto fuori rivela la parte affettiva avuta da Farinacci durante il regime e la RSI, il suo ruolo di rappresentante dell’opposizione nazionale e costituzionale, molti aspetti della sua successiva vicenda personale, altre sue doti positive e negative.

    La sua intransigenza e indisciplinata condotta emerge sin dall’inizio . Infatti, fu parte attivissima di un fenomeno che caratterizzò l’estate italiana del ’20 e che fu un fattore decisivo dell’improvviso e poderoso emergere del fascismo come forza nazionale: la lotta tra padroni e braccianti. Farinacci espresse questa nuova linea fascista in un editoriale dal titolo Il Principio dell’azione fascista in cui sottolineava che il fascismo non voleva essere un partito politico come gli altri, ma un movimento che riconosce e appoggia il compito essenziale della borghesia lavoratrice, elemento prezioso e indispensabile.Ciò significò, per il ras cremonese, tradurre in pratica i suoi principi, guidando delle spedizioni punitive contro i braccianti in sciopero. Non mancarono gli scontri, in modo particolare quando alcuni contadini, guidati da Farinacci, tentarono di mietere il grano nei campi e di mungere le mucche nelle stalle degli agrari fascisti.

    Nel settembre, a Cremona, si tenne il congresso provinciale dei Fasci della Lombardia;i lavori furono aperti da Mussolini, (6), ma al secondo giorno si verificarono degli incidenti che lasciarono sul campo due morti e sei feriti. Alcuni testimoni sostennero che solo i fascisti erano armati di pistole. Anche Farinacci ne fece uso e quella stessa notte venne arrestato, ma fu rilasciato.(7)

    In ottobre a Firenze, si tenne il congresso dei Fasci, fu preparato da Umberto Pasella da qualche tempo successo ad Attilio Longoni come segretario generale dei Fasci. Pasella affermò che le squadre venivano dopo gli organi politici. In un primo tempo Farinacci fu d’accordo e attaccò violentemente il segretario del Fascio di Cremona perché troppo dipendente dagli agrari locali, ma immediatamente la situazione fu capovolta. La provincia fascista era in piena ribellione,c’erano i romantici e i giovani idealisti che vedevano ancora lontano lo sbocco di una vera rivoluzione contro il vecchio mondo della politica italiana, non solo contro quello sovversivo,ma c’erano, anche e soprattutto, i ceti reazionari decisi a stroncare per sempre,oltre il partito socialista, le organizzazioni operaie e gli organismi economici che avevano rialzato le sorti del proletariato, intollerabili il gretto egoismo dei più ottusi imprenditori,mercanti e agrari. Costoro erano decisi a mollare e subordinavano gli squadristi con abili sollecitazioni .

    Tutte queste correnti conversero in una rivolta vera e propria e si agitarono attorno ai leaders fascisti e locali ribelli a Mussolini e alla direzione del movimento Dino Grandi, Italo Balbo e Farinacci in prima linea.

    Per tutto il resto del ‘20 il cremonese si diede da fare nell’organizzare le sezioni del fascio nei piccoli centri della campagna cremonese. In dicembre il fascio di Cremona ricevette il gagliardetto e costituito anche quello femminile. Nel frattempo il suo giornale acquistava sempre più prestigio e all’inizio del ’21, divenne l’organo ufficiale della Federazione provinciale fascista di Cremona,assumendo il nuovo titolo La Voce del fascismo cremonese .

    A livello locale, Farinacci, in questo momento, si trovava di fronte ad una situazione piuttosto intricata. L’inverno tra il 1920 e il ’21 fu un periodo convulso, particolarmente in provincia di Cremona. Secondo Farinacci a Crema il Fascio puzza un po’ troppo di agraria. D’altro canto gli agricoltori cremaschi si lamentavano della politica farinacciana. Due furono gli elementi di maggior criticità in questa fase: il non pieno accordo con gli agrari e la presenza ingombrante sul territorio provinciale di Farinacci. Furono deverse le lettere che egli inviò, nelle prime settimane del ‘21, a esponenti di primo piano del fascismo nelle quali si lamenta del fascio di Crema.

    Egli, attraverso La Voce interpretava gli interessi della classe media, e al contempo, organizzava i Fasci in un’azione antisocialista.

    "Nel primo ruolo-scrive Deniers-Farinacci e il suo movimento si trovavano di fronte al pericolo di essere fagocitati da una coalizione centrista costituitasi per reazione alla forza socialista e cristiano-democratica: quindi per Farinacci il problema fu di conservare, finchè era impegnato nell’ampliamento dei Fasci,la propria autonomia".(8)

    Ma l’impresa non era facile, la coalizione voleva formare un superpartito composto da socialisti riformisti, il circolo Giordano Bruno e il fascio di combattimento insieme ai democratici e ai gruppi della destra cremonese. Farinacci si oppose ad una simile eventualità tanto da mettere alle strette gli interessati; o si sceglieva l’iscrizione al fascio, oppure si optava per il superpartito, chiamato anche Revisionismo sociale. Molti reagirono a questa intransigenza del ras, fra cui Groppali. Questa intransigenza cresceva man mano che aumentavano gli appoggi economici e, in concomitanza, le relazioni amichevoli intrattenute con un gran numero di organizzazioni diverse.Esse erano grosso modo di due tipi: le organizzazioni create dai fascisti e quelle con le quali essi si allearono.

    La Voce affermava la necessità di una politica radicalmente democratica: collaborazione tra le classi, ma nei fatti il vero appello era diretto al ceto medio, specialmente agli intellettuali, alla borghesia agraria. A questa Farinacci cercava di imporre il soccorso delle squadre e dei suoi crumiri; a tutti chiedeva di non disertare le urne, per non favorire il bestiame tesserato (socialisti). Tuttavia, ancora nel marzo del ’21, la vecchia Federazione Agraria resisteva agli appelli illegali del cremonese malgrado l’acceso clima dell’occupazione contadina nelle cascine, caldeggiata dal rappresentante dell’estrema sinistra del movimento contadino cattolico Guido Miglioli, nonostante la costituzione di un forte fascio a Soresina in gennaio e la pressione dei giovani agricoltori farinacciani.

    Il ceto medio urbano aveva disertato in buona parte le urne alle elezioni dell’autunno 1920 che videro trionfare ancora il bestiame tesserato, per cui Farinacci minacciò tutto e tutti: socialisti, migliolini, borghesia agraria e cittadini(ceto medio) .

    Man mano che andava costituendo nuovi Fasci cercava di procurare loro utili alleanze economiche, convincendosi sempre di più che la sua vera azione era quella di svolgere e di farsi garante degli interessi della classe media. La sua campagna, successivamente, mirava a sostenere l’esagerazione delle bollette del gas, suggerendo di non pagarle, come pure per la tassa di famiglia. Tale azione non giungeva nuova negli ambienti comunali, ma a darle maggior peso questa volta, era proprio la protesta sollevata dalla classe media; questa linea politica assunse un tono ancor più aspro dopo le elezioni del 15 maggio ’21, che segnarono una svolta decisiva per il fascismo e il cremonese,deludendo le aspettative di Giolitti. In quell’occasione il partito socialista perse 34 seggi, il partito popolare passò da 100 a 107 deputati. Un’abile campagna elettorale e un preordinato uso delle preferenze, portò ad un’affermazione dei vari candidati fascisti alla prima esperienza politica a danno di vecchi deputati uscenti, carichi di esperienza e appoggiati da potenti gruppi d’ interessi e da tradizionali consorterie politiche. Fu appunto il caso di Farinacci che ebbe la meglio su Ettore Sacchi nelle circoscrizioni di Mantova e Cremona.

    Il capo fascista tuttavia, urtò contro la legge che fissava a trent’anni l’età minima per l’elezione; una commissione parlamentare nominata per esaminare il caso del cremonese e di molti altri gli precluse l’ingresso alla camera e lo sostituì Sacchi. L’avvenuta sostituzione contribuì ad esacerbare ulteriormente gli animi, e la divisione tra fascisti e democratici divenne ancor più profonda.

    In questo clima, in attesa del 21 giugno ’21, allorquando Mussolini avrebbe pronunciato il suo primo discorso parlamentare, Farinacci animò l’unica manifestazione fascista di un certo rilievo politico. Il 13 giugno, assieme a Giuseppe Caradonna e ad altri deputati fascisti esponenti del combattentismo italiano, il ras di Crenona espulse dalla Camera l’onorevole socialista Misiano, perché disertore; questi venne poi allontanato definitivamente su proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, perché l’espulsione fisica venne in appoggio al tribunale militare di Palermo che lo stava giudicando per diserzione. Va ricordato che l’espulsione del deputato socialista avvenne su richiesta dei deputati comunisti e socialisti, con votazione per appello nominale. Uno dei primi a votare la sua decadenza fu l’onorevole Alcide De Gasperi. Fu questa la strada che portò al governo nazionale del 1922, con la partecipazione dei popolari e dei liberali, finalizzato al risanamento della nazione. Questa manifestazione fascista trovò d’accordo Mussoli e lo ribadì nel discorso del 21 giugno, ma il cremonese non rientrò nella disciplina.

    Un motivo di polemica contro Mussolini l’offrì il trattato di pacificazione dell’agosto del ’21, tra fascisti e socialisti. Non tutte le forze fasciste erano d’accordo, specialmente contrarie apparivano le province tanto da indurre alle dimissioni, seppur rientrate , lo stesso Mussolini e il fallimento del patto. Tra gli oppositori più accesi fu proprio Farinacci. Inutilmente Mussolini aveva cercato di distrarlo dalle sue operazioni locali offrendogli delle cariche tra l’altro sempre rifiutate. Raramente il futuro duce si permetteva di criticare l’operato dei suoi mentre il cremonese non gli risparmiava biasimi, sia in pubblico che in privato. Eppure, sostiene De Begnac, Farinacci non era affatto l’antimussolini troppo spesso dipinto dalla cronaca italiana. Fu allo stesso De Begnac che raccontò e spiegò le ragioni della sua opposizione al capo, col fatto della situazione di inferiorità che quella transazione imponeva alla fazione fascista sino allora vincitrice nella mischia col socialismo delle campagne. (10)

    Nella provincia di Cremona il patto aveva contribuito a creare le premesse di un’alleanza tra socialismo e popolari di don Sturzo.In questi mesi Farinacci minacciò le proprie dimissioni dal comitato centrale e inviò una lettera al supremo organo del fascismo in cui si affermava che quella pacificazione valorizzava la forza del movimento fascista, menomava la dignità dei capi, oltraggiava la memoria dei gregari morti. Mussolini era convinto che con tale patto si sarebbe raggiunto la cessazione delle reciproche violenze.

    E polemizzando con Grandi, atteggiatosi a sua provinciale controfigura, il 7 agosto Mussolini respinse l’accusa di volerla fare da padrone con valide argomentazioni. Quindi proseguì:

    Il fascismo che non è più liberazione, ma tirannia, non più salvaguardia della nazione, ma difesa degli interessi privati e delle caste più opache,sorde,miserabili che esistano in Italia il fascismo che assume questa fisionomia,sarà ancora fascismo, ma non è quello per cui negli anni tristi affrontammo in pochi le collere e il piombo delle masse, non è più il fascismo quale concepito da me, in uno dei momenti più oscuri della recente storia italiana. Siamo in troppi e quando la famiglia aumenta la scissione è quasi fatale. Venga, se deve venire, e i socialisti si rallegrino! La loro vittoria non è nel trattato di pace, ma è in questa crisi di indisciplina, è in questa cecità spaventevole che sta per perdere una parte del fascismo italiano. Gli antifascisti non s’erano mai accorti del cerchio di odio che minacciava di soffocare col cattivo anche il buon fascismo? Non s’erano dunque accorti che il fascismo era diventato sinonimo di terrore anche presso le popolazioni non socialiste? Io ho spezzato questo cerchio, ho aperto il varco fra i reticolati di quest’odio, di questa irrefrenabile esasperazione di vaste masse popolari che ci avrebbe travolti, ho ridato al fascismo tutte le possibilità, indicato strade di tutte le grandezze attraverso una tregua civile, sacrosanta ai fini della nazione e dell’umanità.

    Mussolini così concluse:

    Orbene è tempo che il fascismo italiano sputi fuori ciò che pensa, ciò che vuole. (…il fascismo può fare a meno di me? Certo, ma anch’io posso fare a meno del fascismo (…) Io parlo chiaro, come l’uomo che avendo molto dato, non chiede assolutamente nulla:salvo a ricominciare! (11)

    In questo periodo Mussolini si impegnò a fondo per sostenere la trasformazione del movimento in partito. Si doveva prima mettere d’accordo i suoi sostenitori, che erano gli stessi favorevoli al patto di pacificazione e lo difendevano, con quanti come Farinacci non lo volevano; il cremonese tentò di dare le dimissioni dalla commissione esecutiva ma non vennero accettate, come furono respinte quelle di Mussolini. In novembre, dopo il congresso dell’Augusteo, il duce dovette seppellire il patto con i socialisti. Infatti ne uscì trionfatore, ma per meglio salvaguardare la vita del partito decise di nominare degli uomini fidati anche perché la sua presenza a Milano non poteva esere assidua perché impegnato come deputato a Roma. Nominò quindi, segretario del partito Michele Bianchi e , come afferma De Felice vicesegretari Bastianini, Starace, Terruzzi e Marinelli (per la parte amministrativa), due uomini sicuri (Bianchi e Marinelli), due ‘mezze figure’ senza peso personale e quindi facilmente controllabili (Starace e Terruzzi). (12)

    Come si può notare nessuno dei ras entrò a far parte della direzione e il grande escluso fu proprio Farinacci.

    L’11 dicembre 1921 cadde per mano fascista,a Cremona, il socialista Attilio Boldori, vice presidente del Consiglio provinciale e stimato tipografo. (13) Un gruppo di fascisti a bordo di un camion e di ritorno da un’adunata a Cremona, superato un automezzo dei carabinieri di sorveglianza, piombò su un’auto in panne in cui si trovavano quattro socialisti e trascinò tre di loro, tra cui Boldori, in una cascina dove li picchiarono. L’incidente fu possibile perché il vicequestore e il sottoprefetto non avevano rimeso in vigore un precedente bando contro la circolazione di autocarri carichi di uomini, malgrado l’invito in questo senso del prefetto Mori di Bologna, responsabile della sorveglianza di tutta la zona. Fu proclamato uno sciopero generale, i popolari e repubblicani condannarono pubblicamente l’incidente, ma ciò che irritò maggiormente Farinacci fu che la maggioranza dell’Associazione dei combattenti assunse anch’essa un uguale atteggiamento: Dopo un primo momento di esitazione Il Popolo d’Italia di Mussolini si schierò dalla parte di Farinacci, dedicando all’incidente vasta trattazione. (14)

    Sull’accaduto il giornale antifascista Il Secolo di Milano informò: Continuano interno alla tragedia le indagini dell’autorità giudiziaria, ma nessun nuovo dato d fatto ha potuto essere assodato. Si conferma che lo sventurato Boldori fu colpito ripetutamente con violenza

    Pur non trattandosi di un omicidio premeditato ed intenzionale, si creò il vuoto attorno a Farinacci.

    In merito a questo primo massacro cremonese come lo definisce Paolo Valera, ecco come lo steso Valera descrive il fatto:

    "I fascisti hanno scorto ad una certa distanza l’automobile della deputazione provinciale socialista. Discesa dal loro camion , seguito dal camion delle guardie regie, si sono affrettarsi a riconoscerla. I socialisti se ne accorsero: affrettarono la corsa verso una cascina e giunti si raccomandarono ai contadini, i quali li nascosero in una stalla. Non fecero in tempo. Il gruppo dei fascisti fu su loro. Nessuna discussione. Nessuno scambio di invettive. I fascisti sapevano il loro compito: Essi si misero subito a percuoterli con le mazze piombate. Il Petroneschi ricevette il primo colpo al braccio e cadde come morto. Ecco la ragione della sua salvezza .Lo si credette spirato. Il secondo era una persona conosciuta in tutta la provincia e fuori. Attilio Boldori,vicepresidente della deputazione provinciale e presidente della Cooperativa del Comune. Divenne il loro materazzo. I fascisti gli furono sopra. Dopo una mazzolata, un’altra. Coi loro rompicapi lo piegarono in due. In ginocchio la vittima impallidiva e rantolava. Ricevette i colpi di grazia. Rotolò sul pavimento. Gli aggressori furono implacabili. Non se la diedero a gambe che quando lo videro in lotta con gli spasimi della morte e dopo che qualcuno di loro gli aveva schiacciato la testa con colpi di tacco…Il massimo dei suoi uccisori si è confessato con baldanza.’Sono io.Giorgio Passani, studente di 16 anni’.Non si poteva essere più criminale. Più belva. Il suo maestro in fascismo deve essere stato una iena. Un tocco di carne di collo che doveva spaventare.

    Il deputato Farinacci è divenuto l’idolo di questa stramaglia umana. Dal giornale e dalla piazza il Farinacci ha ammonito più volte gli antifascisti a tirar dritto.Ha parlato e parla come un capobanda. Non si capisce come un simile buffone possa essere tollerato".

    E ancora:

    Cremona fu una delle province più volte sottosopra. L’on.Farinacci vi ha sciorinata molta strafottenza. In un paese civile egli sarebbe stato arrestato più volte.(15)

    Nel suo memoriale inviato il 28 agosto 1943 al Presidente della commisione per gli illeciti

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