Il Rottamone
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Ebbene, sappiate che quel luogo esiste … ma trattasi semplicemente della più lercia catapecchia montana che abbiate mai visto!
Siete dei semplici elettricisti trentenni … non sapete granché su come riattare una casa; eppure, fidandovi unicamente del vostro istinto soli soletti vi presenterete al rogito e poi via, a fare i lattonieri, i muratori, gli idraulici e quant’altri; senza sapere come fare riparerete il tetto, i muri e gli impianti; costruirete scale, botole, pareti divisorie … e installerete un argano da 250 Kg in camera da letto!
Queste, sono le tragicomiche cronache ( a tratti un po’ romanzate ) dei primi cinque anni di lavori e di vacanze al Rottamone; cinque anni di sfighe colossali e soluzioni geniali; cinque anni di successi ( pochi ) e fallimenti d’ogni sorta; cinque anni di bestemmie e di risate, giacché per non rischiare di demolire il tutto pestando sonore craniate sul muro, l’unica … era prenderla sul ridere!
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Il Rottamone - Marco Longoni
Marco Longoni
Il Rottamone
Tutti i diritti riservati - All rights reserved
Copyright © by Marco Longoni
Realizzato da
Associazione Culturale
Carta e Penna
10138 Torino - Via Susa, 37
www.cartaepenna.it
cartaepenna@cartaepenna.it
ISBN: 978-88-6932-141-2
Prima edizione dicembre 2017
ISBN: 978-88-6932-141-2
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
Il vostro nuovo
passatempo a vita…
Tetto, idraulica e… parenti!
Guadagnare spazio …
L’arganello… # 1
Controsoffitti e tubi… # 1
Stufe…
Controsoffitti e tubi… # 2
La presa d’aria…
A volte ritornano…
Controsoffitti e tubi… # 3
L’arganello… # 2
Il caminetto parassita…
Poltrona… pump!
Rifiniture…
Rinnovare le pareti…
Il pavimento della mansarda…
Le prime vacanze…
L’anta…
Parquet flottante su schiuma poliuretanica…
Il ripostiglio…
La parabola satellitare…
Verniciare il balcone…
L’ospite misterioso…
Aspettando la primavera…
Il soffitto della taverna…
L’antitarlo…
La nuova scala…
Un’estate… di perdite!
La botola in taverna…
La lavanderia…
La lavatrice…
Mezzo metro quadro d’universo…
L'autore
Il vostro nuovo
passatempo a vita…
Ebbene sì… alla fine ce l’avete fatta!
Ve lo tenete stretto in mano, l’atto di compravendita di quella che vi ostinate a considerare la vostra splendida
dimora montana… ma che a tutti gli effetti somiglia di più ad un’accozzaglia di pietre sconnesse, con sopra poggiato un tetto in lamiera che neanche la più immonda delle catapecchie gradirebbe sfoggiare; siete lì, che solitari passeggiate soddisfatti poco lontano lo studio notarile dove avete appena sottoscritto il rogito, stringendo sottobraccio quell’orda d’incartamenti (e di grane) cui dovrete dar seguito nei giorni a venire, e non fa niente se perfino il notaio, mosso a compassione dalla vostra situazione nel bel mezzo dell’atto vi ha preso da parte, chiedendovi preoccupato:
«Ma… lei lo sa, cosa sta comprando?»
Dal canto vostro, dopo averlo rassicurato (e ringraziato non poco per il gesto carino), con nonchalance sfoderate assegni e firmate a destra e a manca, concludendo quello che a tutti gli effetti può dirsi il primo, vero atto di compravendita immobiliare della vostra esistenza, ultimato il quale potete se non altro cominciare a pensare:
«Tutto qui? – Pareva molto più difficile comprar casa!»
Senza soffermarvi un minutino a constatare che forse, il termine casa
… è un appellativo che il vostro acquisto non merita.
Con una semplice telefonata, avete già eseguito la voltura del contatore dell’elettricità (che per fortuna è tele gestito, e a prender la lettura ci pensa da sé), ma per quello dell’acqua è tutt’un’altra storia, ed ecco che a sera fatta, dopo il lavoro, vi sorbite una bella oretta di macchina per raggiungere il vostro investimento
, così da reperire i dannati metri cubi direttamente dal quadrante del marchingegno, e poter dar seguito all’ennesima grana.
Guarda caso giungete al crepuscolo, sotto un’insistente pioggerellina primaverile, e una volta entrati non vi stupisce affatto, l’enorme chiazza d’acqua sul pavimento della cucina… lo sapevate da un pezzo, che il tetto era marcio!
Già mesi prima, quando l’agente immobiliare vi aveva portato a visionare l’immobile, non avevate potuto fare a meno di notare l’incredibile varietà di colorazioni, che il nutrito cocktail di muffe d’ogni genere donava ad una parete del locale principale, e proprio quel piccolo
particolare, aveva contribuito ad abbassare il prezzo della baracca ad un livello a voi accessibile, nonché a farvi venire in mente l’appellativo che d’ora in avanti utilizzerete per rivolgervi alla vostra, scassata dimora: Rottamone!
Non appena accendete la luce, tempo dieci secondi ed il tipico gorgoglio dell’acqua in ebollizione vi giunge alle orecchie… peccato solo, provenga dalla plafoniera!
«Vabbé… in fondo basterà svuotarne il vetro dall’acqua!»
Pensate, ma quando avete eseguito e riprovate ad accendere, vi accorgete che il rumore persiste, ed indagando più a fondo, vi rendete conto che incredibilmente… è perfino l’interno della lampadina, ad essersi riempito!
Le perline del controsoffitto in legno, cui la plafoniera è fissata sono certamente da sostituire, e non è detto che le consunte e contorte assi che formano il dissestato pavimento della mansarda al piano superiore non siano da meno, dopo quasi un decennio passato a macerare; comunque voi tirate dritto, diretti alla cantina due piani più sotto ove risiede il contatore dell’acqua, e dopo aver sollevato e poggiato al muro il pesante scalone in legno che dà accesso alla mansarda, aprite la botola posta sotto di esso, e fra ragnatele che neanche Indiana Jones ha mai visto accennate un balzo, atterrando mezzo metro più in basso sul primo gradino dell’altro scalone, che qualcuno ha ben pensato d’appoggiare dal lato opposto dell’apertura nel pavimento.
Scendendolo, notate immancabilmente la cospicua quantità di segatura che ad ogni passo sfarina dal manufatto, ed una volta giunti alla taverna voltandovi lo analizzate per bene, rendendovi conto che quell’aggeggio pare resistere attaccato assieme unicamente grazie alle zampette dei tarli, che ne hanno ormai divorato ogni millimetro del legno di cui doveva essere composto in origine; d’istinto prendete a guardare preoccupati il pavimento del locale nonché il soffitto del medesimo, entrambi realizzati nello stesso materiale, buona parte del quale pare sia stato effettivamente sforacchiato a dovere dai meticolosi parassiti.
Avanzando con cautela, su delle consunte assi ottocentesche che flettono ad ogni vostro passo, prede dei tarli e dell’acqua che dal tetto ha attraversato senza problemi le due solette superiori, spingendosi ad inzuppare perfino quella del seminterrato, aggirate l’orrendo pilastro in cemento armato (si spera), che realizzato vent’anni prima sorregge, grazie a delle putrelle d’acciaio (si spera) ruggini all’inverosimile la pesante ed imbarcata soletta del pianterreno, oberata da qualche genio negli anni ’50, del carico aggiuntivo di sottofondo e piastrelle… ma non solo!
Lo stesso, geniale soggetto, per realizzare lo splendido bagno interno alla dimora (grande come quello di un camper, e dalle piastrelle verde ospedale), ha ben pensato di utilizzare a tal scopo l’antico vano scala dell’edificio, rimuovendone a colpi di motosega la rampa, e chiudendone il pavimento con delle assi poggiate su un paio di contorti rami tarlati (prelevati probabilmente dal bosco lì a fianco), e che con vostra gran sorpresa, risultano essere fissati alle travi portanti della soletta… nientemeno che con quattro, semplici chiodi arrugginiti!
In quel preciso istante, vi rendete conto che mai e poi mai, oserete riempir d’acqua la vostra splendida vasca da bagno (di quelle da star seduti… o per meglio dire rannicchiati), limitandovi a tentare d’utilizzarla come doccia (ma anche così, state pur certi che sarà un’impresa!)
Pregando che tutto resti dov’è, e lavorando sodo di scopa contro le sempre più fitte ragnatele, discendete l’unica rampa di scale dell’abitazione realizzata in cemento armato (si spera), che curvando attorno al suddetto pilastro portante, grazie a degli odiosi e fin troppo esigui scalini a fetta di torta, s’appresta a condurvi al più basso, dei quattro piani che costituiscono la vostra dimora (fruibile esclusivamente da gente giovane e sana di cuore), ossia, quella che voi definite cantina
.
Dopo esservi piegati oltremodo nel bel mezzo della discesa, onde evitare di cozzare contro la soletta di sopra, della quale il solito tizio pare non abbia tenuto conto, nel realizzare quel vano scala a misura di lillipuziano, finalmente toccate il suolo… un suolo vero, fatto di cemento, ed immediatamente vi rendete conto dell’immondo olezzo di fogna che alberga là sotto, frutto degli scarichi per la futura realizzazione del gabinetto, predisposti nel sottoscala e chissà perché, mai tappati.
«Pazienza!»
Esordite al solito, annotando sul vostro taccuino già pieno, l’ennesimo grattacapo cui far fronte al più presto.
Infine, giunti in un angolo del locale sollevate un anonimo pezzo di compensato, ed ecco svelarsi ai vostri occhi il famigerato contatore dell’acqua, comprensivo di una caterva di tubi e tubetti per caricare e svuotare l’impianto, nonché dell’importantissima quanto usurata valvola che ne regoli la pressione, giacché trovandosi in montagna, l’idraulica del vostro acquisto è soggetta a delle sollecitazioni estreme, che nel caso non vengano contenute a dovere dal suddetto aggeggio, potrebbero anche trasformarvi il boiler… in una bomba all’idrogeno!
Presa a fatica la lettura (dato che dopo anni d’inutilizzo, l’interno del vetro del contatore è tutto un mix di ruggine e condensa), ben immaginando a cosa andreste incontro vi astenete a priori dal tentare d’aprirne il rubinetto, posticipando l’ennesima, amara sorpresa al sabato successivo, quando dopo aver digerito il salasso del vostro conto in banca, e le innumerevoli interazioni con i più svariati operatori di call center ed impiegati di sportelli pubblici e privati, forse sarete un po’ meno propensi a bestemmiare in lingue che ancora non conoscete.
Dopo una faticosa risalita di due piani, coadiuvata da un bello strappo all’inguine, provocatovi dall’ennesimo balzo atto ad oltrepassare la botola nel pianterreno, richiudete la medesima, e risistemato il pesante scalone al suo posto salite in mansarda, così da ammirare da dietro le tende strappate della portafinestra, le luci che giù in valle, cinquecento metri più in basso, saranno ormai certamente accese sulle case e per le strade, trasformando il già di per se meraviglioso panorama che vi ha indotto all’acquisto, nel bel presepe che il vostro cervello s’immagina di scorgere soddisfatto… salvo rendervi immediatamente conto, di trovarvi nientemeno che in un banco di nubi!
Allora, un po’ mesti decidete che è ora di tornare a casa, e spente tutte le luci (di cui la metà fulminate) uscite all’esterno, così da chiudere la porta ed abbassare il contatore; è ormai buio pesto, il lampione più vicino dista almeno cinquanta metri e già all’andata vi siete accorti, che il fatiscente vicolo cieco in fondo al quale avete acquistato il vostro immobile ... è ben conosciuto dai numerosi cinofili che frequentano il paese!
Tetto, idraulica e… parenti!
È giugno inoltrato, e sono passati ben quattro giorni dalla vostra prima visitina serale al Rottamone, dal momento in cui entrando dalla porta, avete orgogliosamente strappato via il cartello dell’agenzia recante impresso a caratteri cubitali VENDESI
, prendendo ufficialmente possesso del vostro ardito, disastrato investimento.
Con un capiente sacchetto alla mano, contenente del cellophane, alcuni metri di filo elettrico ed un nuovo sifone per il microscopico lavabo del microscopico bagno, eccovi arrancare in salita per i vicoli del paese, godendovi appieno il vostro primo, soleggiato sabato mattina in montagna.
Schivando i generosi doni che cani, gatti