2018 Fuga dall'Euro: Sì all'Europa ma padroni e sovrani a casa nostra
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Si all’Europa, ma padroni e sovrani a casa nostra.
Rassegna Stampa dei migliori opinionisti economici e politici.
*** L'autore ***
Un cittadino italiano, libero e pensante, che vuole la sovranità e l’autonomia del Paese Italia, ha raccolto questa Rassegna Stampa internazionale che descrive come sia meglio star lontano dalle lobby finanziarie e dalle multinazionali e dalle regole ferree germaniche, solamente speculative, affaristiche e sovrastanti. Solo salvaguardando le piccole imprese e l’artigianato italiano, famoso nel mondo per questo, si potrà tutelare la società italiana e l’identità del Paese, cioè i cittadini italiani. Altrimenti il Paese diventerà una colonia: nel futuro, esisterà ancora l’Italia?
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2018 Fuga dall'Euro - Giuliano Ponchio
Giuliano Ponchio
2018 Fuga dall’Euro
Sì all’Europa ma padroni e sovrani a casa nostra
ISBN: 9791220026208
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Editore GP
AUTHOR PUBLISHER
Via M. Gioia, 32 - 27100 Milano
Direzione e Redazione
Responsabile Giuliano Ponchio
giulianoponchio@gmail.com
Realizzazione grafica
Laser6 di Dimitri Ghetti
(Walter Giorgio Ghetti)
laser6verbania@gmail.com
Verbania
ISBN E book
979-12-200-2620-8
Giuliano Ponchio
Prefazione
L’EUROPA è una invenzione!
Così affermò la Scienziata Antropologa Ida Magli, nel lontano 1997, quasi preveggendo, in un libro-testimonial, i disastri odierni europei; infatti l’Europa è solamente un riferimento geografico e non politico, non è e non è mai stata un popolo unico, cioè europeo.
I popoli dell’Europa rappresentano ognuno una ricchezza ma non hanno niente in comune soprattutto nei parametri macroeconomici e sociali: welfare, politiche fiscali, politiche del lavoro, lingua, comportamenti sociali, tradizioni civiche, usi e costumi. Persino l’humus sociale e la storia millenaria hanno favorito il nascere in ogni territorio di tante differenti e diverse Nazioni, di tanti popoli, ognuno con le proprie tradizioni sociali.
L’unificazione degli Stati europei così come è stata fatta, con dure regole e dura burocrazia, gestita dalla imperante Germania, rappresenta una astrusa imposizione alla quale i popoli si stanno ribellando. La moneta unica, l’EURO, con la perdita di sovranità degli Stati e la miseria dilagante nei cittadini ha portato la disunità dei popoli e la repulsione montante delle genti europee ed italiane, che subiscono i continui dicktat di Bruxelles, fedele solamente alle regole di Maastricht.
Gli Ideali dell’Europa erano nel cuore e nella mente degli Italiani del 1907, di allora, forse i più convinti, che avevano inteso l’Unione federale dei Popoli e delle Nazioni in Europa: Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, due federalisti antesignani, studiosi ed illuminati.
Ursula Hirschman e Helmut Kohl.
E anche: Konrad Adenauer, Joseph Bech, Johan Willem Beyen, Winston Churchill, Alcide De Gasperi, Walter Hallstein, Sicco Mansholt, Jean Monnet, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak.
Questi padri fondatori scrissero il Manifesto di Ventotene, un documento base di Grandi Ideali e di Speranza di Civiltà, forse di Utopia, per una Europa dei popoli, libera ed unita, ma Federale cioè con le proprie Identità e le proprie Radici e le proprie tradizioni sociali. Solamente il passare del tempo, forse dei secoli, con la libera circolazione delle persone, del libero pensiero e del libero commercio, avrebbe consolidato e stratificato, in modo inconsapevole ed consapevole, l’Unità e l’osmosi delle regole e delle genti in Europa.
Non avevano previsto la vessazione dell’EURO e i suoi immensi danni sociali ed economici.
Ad oggi gli Ideali e la difesa dei Valori umanistici e civici dell’Europa dei Popoli sono stati traditi. Al suo posto è nata una Europa delle Lobby finanziarie e delle Multinazionali, guidata dalle regole rigide di Maastricht e dal comando germanico, dagli interessi economici e dalla sopraffazione di alcuni Stati sugli altri. Il risultato: un vasto mare burrascoso, indistinto ed amorfo, senza cuore nè civiltà, ricco di miserie e di vessazioni sociali.
Il sogno europeo si è infranto.
In questo momento storico, dove la crisi economica impera in Italia e ha massacrato l’humus sociale ed economico della Penisola italiana, l’Europa appare come un guardiano rabbioso dell’Euro e un essere senza pietà nell’applicazione delle sue regole germaniche. Qualcuno ha ormai definito questa situazione infernale, una prigione, chiamata Alcatraz, paragonandola alla più famosa prigione americana dove i detenuti morivano senza nessuna speranza, né di fuga né di redenzione. La perdita di sovranità monetaria e il baciamano politico, umiliante e continuo, dei nostri Politici verso la potente Germania, mista alla miseria ormai dilagante nelle classi sociali italiane, ha favorito il nascere di un movimento trasversale di opinione pubblica, di cittadini, contrari all’Europa e a Maastricht e delle sue regole di ferro germanico.
Se circa la metà degli Stati dell’Europa vivono felici, autonomi e sovrani, senza la moneta Euro (tra cui Inghilterra, Svezia, Svizzera, Norvegia e la Danimarca, considerati tra i più civici del mondo) è lapalissiano dimostrare l’importanza della sovanità monetaria nella gestione delle politiche interne e soprattutto delle politiche sociali di un Paese o di una Nazione. L’unità nazionale e le Identità Regionali dei popoli, nei differenti territori della Penisola, potranno essere tutelate e protette solamente con l’Autonomia e la Sovranità del Bel Paese.
L’Italia esisterà ancora nel prossimo futuro?
Questo Libro raccoglie la Rassegna Stampa più recente di opinionisti economici, i più accreditati, giornalisti specialisti del settore e di Politici.
Vittorio Feltri
Il killer della nostra economia
Agonia dell’euro
La Germania annuncia Avanti così l’Italia uscirà per disperazione dalla moneta unica
.
Quindici anni esatti orsono entrava in vigore l’euro, una sorta di moneta straniera, nel senso di estranea ai Paesi della Ue che l’adottarono con una decisione superficiale, o meglio suicida, alla quale si deve un disastro da cui siamo tutti incapaci, noi italiani in particolare, di risollevarci. Il nostro Paese all’inizio del Terzo Millennio aveva già un debito pubblico considerevole provocato da un welfare che non si sarebbe potuto permettere, ma, nonostante ciò, vantava un Pil importante che mitigava gli effetti negativi suscitati dal medesimo indebitamento. Cosicché il popolo tirava a campare e i governi si barcamenavano. Forse non eravamo ricchi sfondati ma neanche poveri in canna. Poi arrivò la valuta continentale e, sarà stata una coincidenza, cominciò il declino ovvero l’agonia che ci ha ridotto con le pezze al culo, con tutto il rispetto per il culo che, però, è il nostro. Un decennio e mezzo è lungo da passare eppure i nostri governanti, da Berlusconi a Prodi, non si sono accorti che l’euro e i comandamenti di Bruxelles erano un viatico sicuro verso lo sfacelo e non hanno mosso un ditino per porre rimedi. Il primo dei quali sarebbe stato la ribellione ai diktat europei e, il secondo, il rigetto dell’euro. Tranne il ministro Giulio Tremonti, il più intelligente della compagnia del filo di ferro tricolore, motivo per cui era inascoltato e addirittura sfottuto, non c’è stata anima a Roma che abbia pensato seriamente di uscire dal manicomio di Angela Merkel. Risultato: stiamo boccheggiando. Più passa il tempo e peggio stiamo. Perfino Clemens Fuest, considerato il massimo esperto tedesco in materia di bidoni monetaristici, in questi giorni ha dichiarato papale papale che nell’anno in corso l’Italia potrebbe ritirarsi dalla zona euro. Se lo dice... Credo non abbia torto visto che la popolarità della moneta unica dalle nostre parti cala ogni giorno ed è avviata ad azzerarsi. Lo stesso Berlusconi si è svegliato e ha proposto di affiancare all’euro una valuta (sull’esempio delle Am lire del secondo dopoguerra) nazionale in grado di equilibrare il mercato. A noi sembra una idea bizzarra, ma preferibile alla mancanza di idee che ha caratterizzato l’ultimo infame quindicennio. In ogni caso, il fatto che il Cavaliere si muova ci fa ben sperare: forse qualcuno gli andrà appresso e magari sarà predisposto un piano serio affinché l’Italia si liberi dalla orrenda gabbia germanica. I servizi che il nostro giornale offre ai suoi lettori dimostrano che anche i più ferventi sostenitori della moneta continentale sono ormai perplessi. Finalmente dubitano che essa sia adatta a tutte le economie della Ue e suppongono che meriti, pertanto, di essere abbandonata. L’Inghilterra non ha mai voluto saperne di farla propria così come altri avveduti Paesi nordici, con grande beneficio dei loro affari interni e internazionali. Una nota curiosa e illuminante: il giorno in cui esordì l’euro, Francesco Cossiga scrisse per Libero un articolo profetico è memorabile in cui egli avvertiva dei pericoli che sarebbero derivati per il nostro Paese da una simile scellerata iniziativa monetaria. Aveva ragione, come sempre. Ma i capoccia della politica fecero spallucce e non lo presero in considerazione. Avevano a disposizione un uomo lucido e non gli hanno dato retta. Non ci resta che recuperare l’antica saggezza del Gattosardo e ripensare al nostro futuro, dato che il presente fa solo paura.
Libero, 3 gennaio 2017
Pietro Senaldi
Quindici anni di moneta unica
Alzi la mano chi non tornerebbe indietro
Anzichè diventare uno Stato federale, la Ue si è ridotta a mostro burocratico al servizio dei tedeschi
Quindici armi fa esatti l’Europa entrava nell’euro e l’allora presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, in vacanza a Vienna, festeggiava comprando con la moneta unica un mazzo di rose alla moglie Flavia. Come sono appassite. Alzi la mano chi non tornerebbe indietro; alzi la mano chi non pagherebbe pronta cassa 5 mila euro oggi per avere i 10 milioni di una volta. Anziché rifiorire, il vecchissimo continente si è rattrappito. L’ossessivo allargamento, perseguito anche da Prodi, invece di fare di noi una neopotenza imperiale e rafforzarci con l’innesto di sangue fresco, ci ha sfibrati, impoveriti, tolto identità. In sintesi, ci ha iniettato veleno fin nelle ossa. D’altronde i popoli non sono unicamente entità organiche ma anche anima, storia, idee e sentimenti e non rispondono solo alle leggi del Risiko, della finanza o della botanica.
Per addolcire l’amara ricorrenza Libero fa un regalo ai suoi lettori. Con un lavoro importante, il professor Paolo Becchi ha raccolto le opinioni su euro e Unione europea di 101 economisti, leader politici, filosofi, banchieri. Scoprirete che anche i padri fondatori della moneta unica oggi non si vergognano di esprimere dubbi, pentimenti e recriminazioni sulla loro creatura. Amato si chiede se «siamo stati dei pazzi», Prodi arriva alle conclusioni che la Thatcher aveva previsto tutto 10 anni prima - ognuno ha gli statisti che si merita, ossia che la struttura non ha fatto che consolidare il potere di una euro-lobby di arroganti nullafacenti e della Germania. Il presidente della Fed Bernanke e gli americani per anni ci misero in guardia inascoltati. E poi ci sono le analisi ex post dei grandi economisti di casa nostra, che hanno cominciato a manifestare critiche quando, dopo l’osannato e disastroso governo Monti, è diventato di moda farlo. Ma hanno studiato, appartengono alla élite, e il ravvedimento tardivo almeno lo argomentano bene.
Tuttora però chi si dichiara convintamente scettico nei confronti dell’Europa, e magari si propone anche di cambiare in qualche modo le cose, è visto come un barbaro populista. Con questo lavoro vogliamo invece dimostrare che l’euroscettismo non appartiene solo a fascisti, ignoranti o poveracci (unicamente parlando). D’altronde sabato scorso, in un’intervista a Libero, Silvio Berlusconi, con Caprotti, Del Vecchio e Ferrero, uno dei grandissimi imprenditori italiani degli ultimi cinquant’anni, gente che oltre a fare i soldi ha creato decine di migliaia di posti di lavoro e brand eterni e non ha trasferito la residenza e la sede aziendale in Svizzera o altro, si chiede se «siamo stati dei pazzi». Anche Prodi arriva alle conclusioni che la Thatcher aveva previsto tutto 10 anni prima - ognuno ha gli statisti che si merita, ossia che la struttura non ha fatto che consolidare il potere di una eurolobby di arroganti nullafacenti e della potente Germania. Dichiarando la propria delusione per l’euro, ha detto di valutare l’introduzione di una doppia moneta. E oggi, sempre a Libero, Giovanni Consorte, forse il più grande manager della sinistra negli ultimi trent’anni, in merito a un referendum sull’euro si dice possibilista, purché si sottoponga al voto popolare un piano effettivo d’uscita e non la semplice intenzione.
Il punto è cosa ne sarà dell’Europa nel 2017. Se a primavera la Le Pen vince in Francia, la fine sarà pressoché immediata. Già ha salutato la Gran Bretagna, se poi anche Parigi comincia a sfilarsi, che Europa è? Qualora invece vincesse Fillon, il processo di disintegrazione richiederà ancora qualche anno di patetico e doloroso trascinamento, ma resterà irreversibile. Non ci sarà