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Amare il Biker
Amare il Biker
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Amare il Biker

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About this ebook

Quando la detective Terin O’Brien viene incaricata di svolgere un’indagine sui Gold Vipers, resta sorpresa dalla forte attrazione che prova per il loro membro più recente: Cole Davis. Ora Terin è divisa tra il voler sbattere Cole in prigione e il suo desiderio per lui, cosa che sa essere sbagliata, stupida e soprattutto… pericolosa. 

Questa storia contiene un linguaggio volgare, situazioni di tipo sessuale e violenza. Non è adatta ai lettori che abbiano meno di diciotto anni. Per favore, non compratelo se queste cose vi offendono. Questa è un'opera di fantasia e non si pone come vera rappresentazione dei club di motociclismo. È stata scritta per puro intrattenimento.

La Biker Series:
Resistere al Biker
Sopravvivere al Biker
Paura del Biker
Distruggere il Biker
Domare il Biker (Novella)
Amare il Biker

Nel 2018 (titoli provvisori):

Phoenix Rising (spin-off)
Adescare il Biker
Annientare il Biker

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateDec 24, 2017
ISBN9781547512515
Amare il Biker
Author

Cassie Alexandra

USA Today bestselling author Cassie Alexandra (pen name of NY Times Bestselling Author, Kristen Middleton) has published over 40 titles since 2011. She writes romance, horror, fantasy, and suspense thrillers.  www.kristenmiddleton.com www.cassiealexandrabooks.com

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    Book preview

    Amare il Biker - Cassie Alexandra

    Uno

    TERIN

    ––––––––

    «Verrai, vero?»

    «Certo» dissi poggiando le chiavi e la pistola sul bancone della cucina. «Non mi perderei mai la festa di addio al nubilato di mia sorella.»

    «Non di tua volontà, ma so quanto sei impegnata con il lavoro e ultimamente sembra che ti scordi le cose.»

    «Ti ho già detto che non mi sono dimenticata delle prove dei vestiti» risposi andando al frigorifero. Lo aprii e presi un contenitore con dentro una pizza con salame piccante e funghi che era avanzata. «Mi hanno fatto fare tardi in tribunale.»

    «Potevi almeno mandarmi un messaggio» mi rimproverò mia sorella Torie. «Ti abbiamo aspettata per più di un’ora.»

    Feci una risatina nasale.

    Sì, l’avrebbero presa bene.

    «Stavo testimoniando. Non potevo chiedere al giudice di mandare un messaggio» risposi immaginando la reazione del Giudice Cornweather a una richiesta del genere. Era un vecchio caprone cinico e irascibile, poco tollerante nei confronti delle interruzioni in aula. Se mi fossi fermata nel bel mezzo del mio interrogatorio per mandare un messaggio gli sarebbe venuto un aneurisma.

    «Lo so.» Sospirò. «Almeno abbiamo la stessa taglia e ho potuto fare le prove al posto tuo. Ti sei provata il vestito?»

    «Sì» risposi.

    «E che te ne pare?»

    «Non è male.»

    Lei restò a bocca aperta. «In che senso non è male?»

    «È carino» risposi mettendo la pizza nel microonde.

    «Ma non hai detto bello, e nemmeno meraviglioso. Ti fa schifo.»

    «Santo cielo, non mi fa schifo.» Avrei dovuto immaginare che avrebbe reagito in modo eccessivo. Torie era sempre stata suscettibile e questo matrimonio le metteva così tanta ansia che non vedeva l’ora che finisse.

    «È per il colore?»

    I vestiti erano di un rosso scuro e fatti di raso. Sinceramente non mi dispiaceva il colore. Quello che non mi andava a genio era la scollatura vertiginosa che mostrava troppo per i miei gusti. Tuttavia, non volevo dirglielo. Era il suo matrimonio e volevo che la mia sorellina fosse felice. Si era innamorata dei vestiti e non avrei fatto storie. «Torie, sai cosa penso dei vestiti in generale. Non sono per me.»

    «E se ti dicessi che mi sposo solo per vedertene uno addosso?» chiese con un sorriso nella voce.

    «Ti direi che hai preso una decisione così gravosa quando bastava che mi dessi i soldi direttamente» risposi con un gran sorriso.

    Lei rise. «Accidenti, e me lo dici ora?»

    Torie adorava il suo fidanzato Tom e sognava di sposarsi da quando aveva cominciato a giocare con le barbie. Erano entrambi agenti immobiliari e pieni di energia. Avevano da poco aperto un’attività per cui compravano case schifose da ristrutturare e poi rivendere. Il loro sembrava un rapporto ideale, cosa che mi preoccupava. Agli occhi della mia professione, la loro vita sembrava troppo bella per essere vera e Tom un po’ troppo perfetto.

    «Credo che se volessi disdire tutto ti restituirebbero l’anticipo che hai versato per la sala del banchetto» la canzonai.

    «Ti piacerebbe» rispose bevendo un sorso dal suo bicchiere. «Vorresti proprio vedermi lasciare Tom all’altare.»

    «Cosa te lo fa credere?» le chiesi innocentemente.

    «Credi che abbia degli scheletri nell’armadio.»

    Sì, mia sorella mi conosce bene.

    «Ti manda fiori tutti i venerdì, ti riempie la vasca da bagno, ti legge i libri e cucina piatti di alta qualità. Sicura che non sia gay?»

    «Cosa te lo fa pensare?»

    «Perché gli uomini gay sono molto premurosi e sanno come viziare il proprio compagno.»

    «E tu come lo sai?» chiese.

    «Ricky.» Il mio ex coinquilino era gay. Si era trasferito in Florida un paio d’anni prima e mi mancava terribilmente. Parlavamo ancora al telefono, ma solo qualche volta all’anno. Era uno dei miei migliori amici e mi aveva dato molti consigli sugli uomini.

    «Ah, sì. Come sta?»

    «Bene. L’ultima volta che l’ho sentito mi ha detto che avrebbe aperto un club di fitness tutto suo.»

    «Salutamelo la prossima volta che lo senti.»

    «Sì. Comunque, tornando a Tom... sai che ti voglio bene e che voglio il meglio per te. È che sembra così... non so... perfetto.»

    «Tu sei cinica in fatto d’uomini. Non ti biasimo, visto che hai a che fare con sociopatici tutto il giorno. Seriamente, Tom non è per niente perfetto.»

    «Certo. Fa i massaggi al tuo gatto.»

    «Tom dice che così rilascia citochine, che a loro volta rilasciano sostanze chimiche antidolorifiche, e fa bene anche alla digestione.»

    «Ma certo che sa queste cose» riflettei.

    «Essendo una poliziotta, pensavo saresti stata felice del fatto che ho trovato un bravo ragazzo» disse severamente.

    «Sono felice. Se è davvero un bravo ragazzo. Voglio assolutamente che sia così.» Sospirai. «Mi sa che hai ragione. Sono cinica e paranoica. Non voglio che qualcuno faccia del male alla mia sorellina.»

    «Ti voglio bene anch’io.»

    «Grazie.»

    «Sai di cosa hai bisogno?» chiese. «Di un rilascio di citochine. Quand’hai fatto sesso l’ultima volta? Da quand’è che non ti fai massaggiare la tua gattina?»

    Togliendo la pizza dal microonde, pensai a Jason, l’ultimo ragazzo con cui avevo fatto sesso. L’avevo conosciuto in palestra. Era un avvocato e sembrava avere la testa a posta. Dopo esserci uscita un paio di volte eravamo finiti nel suo letto e, anche se non era stato strabiliante, mi era piaciuto. Quello che non mi era piaciuto era stato scoprire che era sposato e come l’avevo scoperto. Sua moglie, che era preoccupata perché passava tanto tempo in palestra, aveva assunto un investigatore privato. Dopo aver scoperto che la tradiva, gli aveva sparato alla gamba. Era sopravvissuto, ma era stata un’esperienza così brutta che non ero entusiasta di finire a letto con qualcun altro.

    «Chi ti dice che non scopo?» chiesi mettendomi in bocca una fetta di salame.

    «Ma per favore. Non sei l’unica a studiare le persone. C’è un motivo se ho venduto sette case costose il mese scorso» rispose. «Comunque ci saranno un sacco di ragazzi fighi al matrimonio. Alcuni sono ricchi agenti immobiliari che in un mese guadagnano più di quanto non faccia tu in un anno, probabilmente. Pensaci, potresti sposarne uno, licenziarti e non preoccuparti più di arrestare i cattivi.»

    «Mi piace arrestare i cattivi» risposi offesa. «E... ora guadagno abbastanza. Anzi, mi hanno appena trasferita all’Unità delle Street Gang di Jensen.» C’erano tre squadre. La Squadra di Soppressione, la Squadra d’Assalto contro i Graffiti e la Squadra d’Indagine sulle Gang. Io facevo parte della Squadra d’Indagine.

    «Me l’ha detto la mamma» disse. «Quindi farai a cazzotti con i Gold Vipers?»

    «Puoi dirlo forte» risposi.  Avevo già letto alcuni fascicoli sul club. Il loro Presidente, Schianto Fleming, era stato ucciso da poco, per questo mi avevano trasferito in quell’unità. Tra le fila dei Gold Vipers e quelle dei loro rivali, i Devil’s Rangers, c’erano state un sacco di vittime e c’era bisogno di più personale nella task force.

    «Non sono tutti cattivi» disse Torie, come se mi avesse letto nel pensiero. «Conosco Tanca. Credo che ora sia il Vice Presidente.»

    «È stato da poco promosso a Presidente» dissi aggrottando la fronte. «E in che senso lo conosci?»

    «Ci siamo diplomati insieme» disse. «E ci sono uscita una volta.»

    Ebbi un fremito agli occhi.

    Nostro padre, un uomo che aveva passato trent’anni della sua vita a fare il poliziotto, si stava sicuramente rivoltando nella tomba.

    «Pronto? Terin?»

    «Non lo sapevo. La mamma ne era al corrente?» chiesi. Non avevo più fame. Allontanai il cibo, andai al frigorifero e presi una birra.

    «No. Non avrebbe capito.»

    «A dire poco. Non ci credo che sei stata con un criminale.»

    «Non è un criminale. Almeno, all’epoca non lo era. Sinceramente...» disse ridacchiando. «Non è stato il ragazzo peggiore che abbia mai frequentato. Era figo... e molto simpatico. Ricordo che ho riso così tanto che per poco non me la facevo sotto al ristorante.»

    «Menomale che sei uscita solo una volta con il Signor Comico.»

    Avevo saputo che una delle ragazze di Tanca era stata uccisa tre anni prima. Una ragazza di nome Krystal Blake. Sospettavamo che fosse stata la sua morte a dare inizio ad una guerra vera e propria tra i Gold Vipers e i Devil’s Rangers. Al momento c’erano quattro morti collegati ai due club, compreso Jon Hughes, l’ultimo Presidente della Sezione Principale dei Devil’s Rangers. Schianto era stato l’ultimo a morire e sapevamo che ci sarebbero state altre rappresaglie.

    «Non è cattivo. Fidati.»

    Alzai gli occhi al cielo. Torie era proprio ingenua. «Magari non a quei tempi, ma il suo club è coinvolto in attività estremamente criminali.»

    «Tipo?»

    Bevvi un sorso di birra e mi leccai le labbra. «Sai che non posso entrare nei dettagli. Ma... diciamo che se non stai simpatico ai Gold Vipers, trasferirti in un altro Paese sarebbe una saggia decisione» dissi, lasciandomi scappare più di quanto avrei potuto. Ma lei era mia sorella e doveva sapere la verità. «E anche farti un’assicurazione sulla vita.»

    «Davvero? Fanno molto per la comunità. Hanno persino donato una grossa somma di denaro ad un evento di beneficienza per la sensibilizzazione contro il cancro che ho aiutato a organizzare l’estate scorsa. Schianto, il padre di Justin, ha donato più di diecimila dollari. È un uomo generoso.»

    «È morto.»

    Lei inspirò bruscamente. «Davvero? Ma è terribile. Quando?»

    «Circa quattro settimane fa. Deduco che non ne hai sentito parlare al telegiornale.»

    «Non ho avuto molto tempo per guardare il telegiornale.» Sospirò. «Che peccato. Era molto simpatico. L’ho conosciuto con sua moglie Frannie all’evento di beneficienza. Sembravano una bella coppia.»

    «Ti rendi conto che il denaro che hanno donato era sporco?»

    «Non puoi saperlo con certezza. Aveva un’attività legale» disse Torie.

    «Ah, parli di quel locale di spogliarello?» Ridacchiai. «Come si chiama? Ah, sì, Griffin. Quel posto è un letamaio di spacciatori, drogati e zoccole. Hanno arrestato alcune ragazze che lavorano lì per prostituzione e possesso di droga.»

    «È un locale di spogliarello. Direi che non mi sorprende questa cosa. Senti, sto solo dicendo che il Justin che conoscevo a scuola era dolce e non ce lo vedo come assassino.»

    «Non sto dicendo che lo è. Ma i Gold Vipers, in generale, creano problemi.»

    «Ho capito. Comunque basta parlare di loro. Volevo solo accertarmi che venissi alla mia festa di addio al nubilato.»

    «Ricordami quand’è. Venerdì?»

    «No, sabato» rispose. «Te l’ho detto venti volte. Ti prego, non dirmi che devi lavorare.»

    «Ho il giorno libero e, tranquilla, ci sarò.»

    «Bene. Ci passa a prendere un party bus alle otto. A casa mia. Non fare tardi.»

    Nel party bus ci sarebbe stato poco spazio e l’idea di stare chiusa lì dentro con un mucchio di donne ubriache e casiniste mi stava già facendo venire mal di testa. «Perché non ci troviamo direttamente in uno dei locali? Tanto non bevo.»

    «Non dire cazzate. Tu bevi, ti scateni e ti diverti, anche se l’idea ti uccide.»

    Bevvi un altro sorso di birra. «È la tua festa. Non c’è bisogno che mi scateni io.»

    «Hai ragione. È la mia festa. E se non arrivi a casa mia prima delle otto, vestita elegante e pronta a darti alla pazza gioia, giuro su Dio che... ti renderò le vacanze un inferno. Ti faccio persino andare a prendere la zia Dottie all’aeroporto quest’anno.»

    La nostra prozia era fastidiosa, sgarbata e dispotica. Non solo si lamentava di tutto e tutti, ma parlava come uno scaricatore di porto. Avevo un limite di sopportazione per gli sproloqui e l’idea di stare da sola con lei bastava a farmi innervosire.

    «Va bene. Vengo» borbottai.

    «Lo sapevo» rispose con un sorriso nella voce.

    «Sei proprio una stronza.»

    «Grazie. Ho imparato tutto dalla mia sorellona» disse. «Ma sappiamo entrambe che non c’è paragone con te.»

    Feci un gran sorriso. Probabilmente era così.

    Due

    COLE

    ––––––––

    Entrai dal cancello del circolo e parcheggiai la mia Harley accanto a quella di Tanca, che era in piedi vicino alla moto e stava parlando con mia sorella Raina, che ora era la sua Signora. Lei mi sorrise e io le feci l’occhiolino.

    «Ehi, Presidente» lo salutai togliendomi il casco.

    «Dov’eri, Ice?» mi chiese impassibile. Mi aveva dato il soprannome Ice, Ghiaccio, la settimana prima, dicendo che avevo uno sguardo glaciale, quasi quanto quello di mia sorella. Certo, Tanca avrebbe fatto cagare sotto un grizzly con una sola occhiata. Lui e Raina erano proprio fatti l’uno per l’altra. Per quanto sembrasse piccola e vulnerabile, Raina non si faceva trattare di merda da nessuno, compreso il suo fidanzato.

    «Sono andato dal ferramenta a comprare il motore nuovo per il tritarifiuti» dissi aprendo una sacca della mia moto. Tirai fuori il pezzo e lo tenni in mano. «Speriamo che funzioni.»

    Tanca aggrottò la fronte. «E ci hai messo due ore?»

    Volevo dirgli che sembrava la mia ex, Patty, sempre pronta a farmi domande e assillarmi, ma tenni a freno la lingua. Ero solo un Candidato ed era inevitabile che le cose stessero così.

    «No. Tornado mi ha mandato a causa sua a prendergli il cellulare» dissi mettendomi una mano in tasca. Lo presi e glielo feci vedere. «Ha anche voluto che dessi da mangiare al suo pesce e quel suo cazzo di cane fuori di testa.»

    Tornado, il Capo della Sicurezza, aveva un pitbull che mi aveva quasi staccato le palle quando ero entrato dalla porta. Quando avevo accettato di dargli da mangiare non avevo idea che avesse un Pittbull, perché sapevo che erano molto territoriali. Non c’era bisogno di dire che il cane aveva reso ampiamente chiaro che non ero ben voluto, anche dopo che gli avevo riempito le ciotole di cibo e acqua fresca. Ero pur sempre un estraneo che era entrato nella sua proprietà e lui non si faceva comprare.

    «Homer?» chiese Tanca aprendosi in un sorriso. «E ne sei uscito vivo?»

    Non volevo dirgli che avevo usato una mazza per tenere lontano il cane, perciò finsi indifferenza. «Sì, è bastato che gli mostrassi chi è che comanda.»

    Ridacchiando, Tanca lanciò un’occhiata a Raina. «Sono colpito. Tuo fratello ha due palle quadrate, tesoro, e Homer di solito se le mangia a colazione.»

    «Perché Tornado ha un cane così cattivo?» chiese lei. Raina non ne sapeva molto di cani in generale, anche se mio nipote Billy la supplicava di prendergli un cucciolo.

    «È cattivo solo con gli estranei. Homer è stato picchiato quando era un cucciolo e Tornado l’ha salvato. Il cane si agita ancora quando si trova vicino persone che non vede spesso, anche quando Tornado è a casa. Ma adora quel vecchio e morirebbe per lui.»

    Raina sembrava sconvolta. «Come si fa a picchiare un cucciolo? Ce ne sono di bastardi in questo mondo.»

    «Esatto. Soprattutto in questa città, motivo in più per cui credo che dovresti fare Tae Kwon Do con Jessica. Potete imparare a difendervi insieme e conoscervi di più nel frattempo.»

    «Non è ancora a Las Vegas?» chiese Raina passandosi una mano tra i capelli scuri. «Con Jordan?»

    «Sì, ma ci ho parlato ieri sera. A quanto pare tornano domenica» disse Tanca.

    «Si sono sposati lì?» chiesi. Erano lì da tre settimane, cosa un po’ sorprendente visto che si parlava di Las Vegas. Per quanto ne sapevo, non c’era molto da fare nella città del peccato a parte scommettere, andare nei locali di spogliarello e far festa. Cose da fare in un weekend, non in ventuno giorni, e decisamente non con una ragazza.

    «Gliel’ho chiesto e mi ha detto di no» disse Tanca. «E menomale, perché altrimenti Frannie sarebbe andata fuori dai gangheri. Vuole che Jessica si sposi in grande, con tutta la famiglia.»

    «Tre settimane. Caspita» disse Raina. «Chissà quanto hanno speso.»

    «Lui ha un po’ di soldi da parte» disse Tanca. «Comunque erano andati

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