L’Abbazia tra gli ulivi
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Il Gargano è periferia del Regno di Napoli, assoggettato alla Corona di Aragona. Il Mare Adriatico è crogiolo di interessi contrastanti: su di esso si affacciano etnie e culture diverse (Regno di Napoli, Stato Pontificio, Repubblica di Venezia, Repubblica di Ragusa, Impero Ottomano…), scorrazzano flotte corsare e ciurme piratesche. L’Europa vive profondi sconvolgimenti economici, politici, religiosi, sociali.
Gabriel, monaco galiziano, pellegrino diretto in Terra Santa, è l’‘io-narrante’. La storia di Gabriel interseca le storie di Raphaël, già lanzichenecco bretone, Mëcaëlë, capraio garganico, Benedicto, Abbate di Calena, …
L’Abbazia di Calena, già ricchissima e potente, è intenta a contenere la situazione economica deprimente, a valorizzare il ruolo culturale acquisito durante secoli, ad arginare le mire di possesso di un feudatario. I Canonici, guidati da Benedicto, perseguono con dedizione e tenacia i dettami della Regola (‘Ora, Lege, Labora’), tra l’indigenza della più gran parte della popolazione e l’opulenza di pochi possidenti, arroganti nelle loro Case-Castello.
Le vicende si susseguono, ora usuali ora impreviste, in un’atmosfera semplice, umanissima anche quando crudele, pervasa da afflati di spiritualità.
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Book preview
L’Abbazia tra gli ulivi - Paolo Labombarda
Albatros
Nuove Voci
Ebook
© 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma
www.gruppoalbatrosilfilo.it
ISBN 978-88-567-8597-5
I edizione elettronica settembre 2017
a Papà
alla Sua Terra
ai Figli di quella Terra
Patty
Rocco
Teresa Maria
Grazie!
Carissimo Paolo,
con curiosità e interesse vedo che hai deciso di annoverarti tra i seguaci di un grande della letteratura italiana, Alessandro Manzoni, l’autore del nostro più celebre romanzo storico: I promessi sposi
.
Manzoni si accontentava dei suoi venticinque lettori. Ma erano altri tempi! Ben più saranno i lettori a cui tu ti indirizzi con questo tuo romanzo. Di sicuro, con simpatia e interesse io mi annovero tra i lettori affezionati, visto che la fatica letteraria che ci viene presentata nasconde e rivela nello stesso tempo un sogno, una battaglia, una speranza (delusa ancora?) che mi porto insieme a venticinque – in questo caso potremmo parlare di calcoli esatti – irriducibili don Chisciotte della Calena di oggi, l’Abbazia tra gli ulivi
del tuo romanzo!
Conoscendo ormai il tuo stile e la tua passione per quel lembo di terra che ti ha visto bambino ruzzolare e incunearti tra i vicoli di Peschici – antico borgo selvaggio, ora assurto tra le mete turistiche privilegiate – inebriandoti di suoni, profumi, incontri, leggende, non mi sorprende questa tua ulteriore avventura storico/letteraria, con la quale entri in un mondo lontano, intriso di pathos misterico, di attenzione profonda alla dimensione sacrale che pervade l’Abbazia e il suo circondario agli albori dell’Età Moderna.
Quello che di sicuro sorprenderà il lettore è la capacità, la correttezza, la precisione e la passione con cui tu entri, con dovizia di particolari, nella realtà di un mondo che per buona parte ti è estraneo – mi riferisco in particolare alle pagine che ci fanno conoscere l’organizzazione e la vita che si svolge nell’Abbazia, dove vivono e fanno storia monaci fedeli alla Regola di San Benedetto, separati dal mondo, ma capaci di interagire e animare la vita delle poche centinaia di persone che vivono nel Castrum di Peschize, distante meno di un miglio dall’Abbazia.
Nel corso degli eventi da te narrati, Paolo, l’Abbazia subisce un oltraggio, viene violata. Avverto dunque, conoscendoti, che dietro questa tua fatica possa celarsi un intento anche a me molto caro: che gli eventi evocati riescano ad aumentare il numero di coloro che vorranno unirsi a quei pochi don Chisciotte che, inermi, nonostante le molte sconfitte, non desistono dal battersi perché l’Abbazia non continui ad essere violata, ma venga restituita alla sua dignità, alla sua storia, alla sua indubbia ricchezza di arte e di fede.
Noi ce lo auguriamo!
Lecce 15 maggio 2016
Domenico D’Ambrosio
Arcivescovo di Lecce
1. Presso la Tomba di Pietro
«Lanzë sì statë tu¹?» Mëcaëlë sgrana gli occhi, tra lo sbalordito e l’ammirato «… Madòhoo!»
«Sì, un Lanzo sono stato …» conferma Raphaël con una punta di fierezza «… un Lanzichenecco, un Landsknecht².»
Siamo seduti, uno a fianco dell’altro, noi a fianco di altri pellegrini romei³, al tavolato del Refettorio dell’Ospizio della Confraternita della Trinità, nel rione Borgo ai piedi del Colle Vaticano, a un quarto di miglio dal cantiere della Fabbrica di San Pietro. Siamo stati rifocillati da una zuppa di cavoli e da un boccale di vino annacquato.
«Pater noster …» chino la fronte, mi segno «… panem nostrum cotidianum donavisti nobis hodie⁴.»
«Amen⁵!» «Amen!» fanno eco i due, segnandosi.
«Qui qualcosa si riesce a mangiare» osserva Raphaël. «Pensavo peggio! … Da quello che mi avevano raccontato su Roma …»
«Wagnu’⁶, qua San Pietro ci sta!» fa notare Mëcaëlë, alzando gli occhi al cielo.
«Ho conosciuto dei Lanzi …» continua Raphaël «… che qui a Roma c’erano stati qualche anno fa, una trentina d’anni fa. Cose tremende – tremende! – m’hanno raccontato! La città messa a ferro e fuoco! Guardie svizzere trucidate, il Papa imprigionato, recluso a Castel Sant’Angelo … sgherri spagnoli e Lanzi scatenati in ruberie, saccheggi … Chiese profanate, tesori trafugati, donne, monache violentate, gente sottomessa a violenze e angherie inaudite … Per mesi … per mesi e mesi …»
«Madòhoo! E nessuno faceva niente? … manco per il Papa?»
«Nessuno poteva fare niente! Erano truppe senza capi, senza ordini, senza paga! … truppe allo sbaraglio! … Sempre così! … Molti poi erano resi rabbiosi dalle rivolte furenti contro il cristianesimo dei Papi …»
«Ah, le tesi protestanti, dici?» credo d’interpretare «… le tesi di quel monaco tedesco⁷, farneticanti, che contestano le dottrine del nostro Padre Santo … Lutero si chiama quel monaco, no?»
«Lutero, sì! … Eppure qui adesso, anche dopo tanto sconquasso, qualcosa si riesce a mangiare» ribadisce Raphaël. «In Europa di posti tanti ne ho visti, dove non si mangia proprio: in Europa la fame impera … Fame! Nient’altro che fame!»
«Di posti tanti ne ho visti anch’io» confermo. «Quanta fame lungo el Camino de Santiago, lungo le Chemin de Saint Gilles, lungo la Via Francigena⁸ … Quanta disperazione!»
«Wagnu’, San Pietro qua sta!» Mëcaëlë ripete. Poi aggiunge sorridendo «Mica sta dove ve ne siete andati in giro voi!»
«… E quanta fame in Inghilterra – è lì che ho combattuto le ultime mie battaglie – e in Bretagna, e in Francia, e pure al di qua delle Alpi qui in Italia! … Ho visto contadini sarchiare campi con le unghie, cercare erbe d’ogni sorta, mangiare erba cruda … ho visto pastori ingoiare foglie secche, zolle di terreno …» La voce di Raphaël cala di tono.
«Madòhoo!» Mëcaëlë, le mani sotto la giacchetta, si tocca vistosamente.
«… ho visto bambini, donne, uomini gemere, spirare miseramente … Bambini, sì bambini! Piccoli, stremati, affamati! Tanti! …» la voce di Raphaël diventa fioca. «… ho visto interi borghi abbandonati, deserti …»
«Uh! Una cosa così in Gargano era già capitata …» Mëcaëlë scatta in piedi, cercando di rianimare il tono della conversazione. «… Tatë⁹ me l’ha raccontato tante volte! … qualche lustro fa, che io non ero nato ancora. Tatë allora stava alla Torrë Mëlettë¹⁰: la stavano riaggiustando, e lui il manovale faceva. E la siccità era forte; e i campi erano secchi, e le bestie morivano, e la gente moriva.» Mëcaëlë parla lentamente, cercando di trovare parole che agevolino la nostra comprensione. «E allora il prete ha detto che la colpa era della gente, della gente che faceva troppi peccati, che non pregava più. E allora …»
«E allora?» incalza Raphaël.
«E allora si sono presi tutti paura, e hanno cominciato a pregare … Tutti! Pregavano il Crocifisso che sta in una cappellina lì vicino; pregavano Gesù Cristo crocifisso, che per salvarci dai peccati nostri è morto … E mentre stavano tutti a pregare in ginocchio intorno al Crocifisso, all’improvviso il cielo s’è ricoperto di nuvole gonfie, e di pioggia – di acqua – ne è arrivata tanta, ma tanta!»
«Terra santa il Gargano!» Racconti mi riaffiorano nella memoria. «A Cabo Fisterra¹¹ me ne hanno parlato in tanti! … Tanti pellegrini, che in Gargano c’erano stati …»
«Di pellegrini pure al Mont Saint Michel ne arrivano tanti!» aggiunge Raphaël «… e molti sono già stati alla Grotta di San Michele, quella che sta in Gargano, sul monte dell’Angelo.»
«Eh, ‘a Mundàgna Sacrë!» Mëcaëlë alza lo sguardo al cielo, allargando le braccia.
«Sì, la ‘Montagna Sacra’!» confermo. «Così l’ho sentita chiamare anch’io. Così la chiamano i pellegrini.»
«La montagna nostra proprio sacra è! Mica ci sta solo la Grotta di San Michele! …» Mëcaëlë si accalora «… E le Abbazie? Tante! tante ce ne stanno! E le Chiesette? E le Cappelline? E gli Eremi?»
«La Montagna Sacra? … Sacra! È proprio di sacro …» Raphaël riflette ad alta voce «… di cose sacre, che io sento adesso tanto bisogno.»
«E vienitene con me allora! … Venitevene con me tutti e due!» Mëcaëlë si eccita. «Un’Abbazia pure ci sta, vicino a dove sto io, a Kalënë¹², in mezzo a un uliveto grosso grosso, che pare, Madòhoo! che non finisce mai … E là ci possiamo pure fermare! … Vi posso fare da guida io! E possiamo passare pure per il Crocifisso che fa piovere!»
La Montagna Sacra!
rifletto. Sacra! … Ci vado alla Montagna Sacra, Signore? Lei si trova lungo il percorso che conduce alla Tomba Tua Santa! E poi … È davvero un caso che ci siamo incontrati, Mëcaëlë, Raphaël ed io? È davvero casuale questo incontro di noi tre, di tre che hanno il nome dei tre Arcangeli Supremi?
Un impulso mi induce a decidere. «Mëcaëlë, io vengo. E tu, se vuoi, potrai essere la mia guida … Poi là in Gargano di mare ce n’è tanto, m’hanno detto … Di vie per la Terra Santa se ne troveranno.»
«Alé Breizh¹³!» Raphaël batte con vigore il palmo di una mano sul piano del tavolato, che geme. «Alé! Si parte per la Montagna Sacra!»
1 «Lanzo sei stato tu? ...... Madonna!» (in dialetto garganico) – Madòhoo: esclamazione di stupore, non blasfema, comune nel meridione d’Italia.
2 termine tedesco, composto da land (terra, patria) e knecht (servitore): servitore della terra.
3 pellegrini romei: pellegrini aventi come destinazione la Tomba di Pietro a Roma.
4 «Padre nostro ...... il nostro pane quotidiano ce l’hai dato oggi» (in lingua latina) – brano evocante uno stralcio della preghiera cristiana ‘Pater noster’.
5 «Così sia! … Così sia!» (in lingua latina).
6 «Ragazzi» (in dialetto garganico).
7 Le tesi di Lutero, pubblicate nel 1517.
8 Il Cammino di Compostela, il Cammino di Saint Gilles (Via Tolosana) e la Via Francigena sono percorsi preferenziali dei pellegrini.
9 «Papà» (in dialetto garganico).
10 «Torre Maletta» (in dialetto garganico) – attualmente Torre Mileto: torre costiera situata tra il lago di Lesina e il Lago di Varano.
11 «Capo Finisterre» (in lingua galiziana): promontorio della Galizia sull’Oceano Atlantico.
12 «Kalena», attualmente Calena.
13 «Alé Bretone!» (in lingua bretone).
2. Lungo i bordi della Laguna
Frate Sole¹⁴ sta calando verso l’orizzonte: la palla di fuoco, ardente nel cielo di primavera velato dalla nebbia leggera radente, si specchia nelle acque del Varrano¹⁵, quiete immobili.
Mi fermo, volgo lo sguardo verso il tramonto, verso Capo Jale: vedo due soli, uno nel cielo, l’altro riflesso nel lago; il bagliore offusca il mio sguardo, avverto un senso di smarrimento. Piego un ginocchio in terra, chino la fronte sul petto, mi segno; mi rivolgo a Lui.
Signore mio, due soli Tu adesso vuoi donarci!
Sento i passi di Raphaël.
Si ferma accanto a me.
Passa qualche attimo.
«Ultreya?» suggerisce.
«Ultreya!» concordo. Mi risollevo. «Suseya!¹⁶»
«Alé Breizh!» Raphaël dà la carica con il suo incitamento usuale, eco del suo urlo di battaglia.
Riprendiamo il cammino, io dinanzi, lui qualche passo¹⁷ indietro.
Mëcaëlë, che ci precede, è scomparso oltre la curva nella macchia.
Non dovremmo essere molto lontani dalla Cappella del Crocifisso Santissimo
rifletto. "Mancavano due-tre miglia¹⁸ – così ha detto Mëcaëlë – quando abbiamo iniziato a costeggiare la riva orientale del lago, lasciandoci l’Adriatico alle spalle … e Frate Sole allora era più alto di qualche grado …"
Acceleriamo: la superficie del lago alla nostra destra risplende calma nel tramonto; la mole massiccia verdeggiante del Gargano chiude imponente ogni orizzonte dinanzi a noi.
Mëcaëlë ci attende, accoccolato su di un masso al bordo della mulattiera.
Ci scorge, sorride, leva un braccio in segno di saluto.
Procediamo uno dietro l’altro nella formazione usuale: Mëcaëlë, che fa da guida, dinanzi; Raphaël, che ha deciso di farci da scorta, sul retro per tenerci d’occhio; io tra di loro.
"Di quale buona ventura, Signore, Tu hai voluto farmi grazia, nel condurre questi due Tuoi figli lungo il mio cammino, il mio cammino d’espiazione, nel portarli a me da terre lontane, diverse! Raphaël, il lanzichenecco bretone proteso alla ricerca di Dio, forte robusto; Mëcaëlë, il pastore dauno alla riscoperta di valori, arguto gioviale … L’uomo d’armi e il pastore lungo il cammino di questo monaco galego¹⁹, umile devoto! … lungo il mio stesso cammino, Signore, il mio cammino ex pœnitentia²⁰ per raggiungere la Tua Terra Santa per pedes Apostolorum²¹, per prostrarmi presso la Tua Tomba Sacra … E Tu me li hai fatti incontrare dove? Sulla tomba di Pietro, il Principe dei Tuoi Apostoli! Questo, come non pensare che sia un Tuo disegno, Signore, un Tuo messaggio?"
Mëcaëlë – statura medio-bassa, carnagione brunita, chioma corvina, occhi scuri, barba rada, giacchetta di pelle di capra, calzari di cuoio, gambali slacciati, petaso²² di feltro sgualcito, scarsella²³ anch’essa di pelle di capra, rigonfia, da cui fa capolino la zucca-borraccia – avanza con la baldanza della sua giovinezza – Il suo quarto lustro non è certamente ancora trascorso.
– scostando i cespugli con la punta chiodata del bastone ricurvo.
Raphaël – prestante erculeo, carnagione chiara, chioma baffi e barba rutilanti, occhi celeste-chiari, la guancia sinistra solcata da una cicatrice fin sotto l’occhio, schiavina²⁴ color sabbia su calze chiare, stivaletti pesanti con gambali serrati, cappello a tesa larga trattenuto sulle spalle dal cordone, bordone²⁵ massiccio alto quanto lui, ornato di punta ferrata e di ganci, bisaccia di pelle di cervo a tracolla – procede con la solidità del suo bagaglio di esperienze – Lui il suo settimo lustro sta vivendo!
– volgendo attorno sguardi attenti, scrutatori.
"Come io vedo loro, Signore, anche loro vedono me … E chissà come mi vedono … come lo vedono quest’omino di mezz’età – esile, alto non più di cinque piedi, capelli scuri con chierica pronunciata, barba nera rada, saio marrone lungo fino ai piedi, fermato ai fianchi dalla corda-cinto con i tre nodi di Francesco²⁶, sandali a strisce di cuoio grasso sdruciti, scarsella di stoffa, appesa floscia al cinto – che si spinge innanzi aiutandosi con il bordone a tau²⁷ …"
"Quanto diversi, Signore, sono gli uomini tra di loro! … Quanto diversi siamo noi tre, diversi per età, per luoghi di origine, per parlato, per vite vissute … Per tutto! … Sei Tu … è l’amore per Te, il desiderio di Te, la ricerca di Te, che ci uniscono. Una cosa, Tu lo sai! ci ha unito: la tomba di Pietro, l’essere romei … e ora questa medaglia di piombo con l’immagine delle chiavi incrociate del Tuo Apostolo, testimone delle nostre preghiere sulla Sua Tomba, che portiamo orgogliosamente annodate ai nostri cinti … E, pur così diversi, Tu ci consenti di comunicare tra di noi, Tu ci aiuti a parlarci: io con il mio galego adulterato di castelán²⁸ e di qualche po’ di latino; Raphaël con quel suo guazzabuglio di francese, aragonés e tedesco, farcito di esclamazioni bretoni; Mëcaëlë con quella sua parlata slava condita di napoletano."
Mëcaëlë alza l’indice di una mano verso il lago: uno stormo di aironi rossi va librandosi in volo, puntando in direzione del mare, sorvolando due imbarcazioni minuscole, ciascuna con a bordo due uomini protetti da un cappello a ghianda. Le sponde del lago, al di qua della fascia melmosa densa di giunchi e di canne, sono accompagnate da una macchia viva – Viva? Incredibile!
– che emana sentori di tamerici e di lentischi.
"La carestia sta affliggendo l’Europa intera! Ma la Laguna qui sembra che ne esorcizzi gli effetti: nei canali che congiungono la Laguna al mare – ne abbiamo attraversati più di uno! – l’acqua scorre viva; sulle spiagge i gabbiani ruzzano; al lago lungo il bagnasciuga gli aironi migranti eleggono aree di sosta … Mentre nel lungo cammino da Cabo Fisterra quanta, quanta desolazione ho incontrato! … Quattro mesi di cammino, quattro lunghi mesi …"
La carestia! Quale flagello questa carestia! Con quale castigo Dio ha voluto punire noi mortali, noi troppo peccatori! Mesi e mesi di carestia! … Dapprima quelle piogge torrenziali continue per giorni e giorni; e l’erba che soffoca il grano; e sementi sommerse, infradiciate, annegate; e steli rinsecchiti … Poi quella siccità terribile muta, anche lei continua per giorni e giorni, per mesi e mesi, senza che il cielo conceda una goccia d’acqua, una stilla di rugiada … E la biada rinsecchita … e il grano rinsecchito, e il granturco … e l’erba … e le fronde degli alberi, e gli alberi stessi … E poi le fonti asciutte; e l’acqua pigra nei fiumi, sempre più stagnanti, miseri … E scarsezza di frutti, e mancanza di ghiande, di noci, di olive … e di uva … e di vino … Di ogni tipo di alimento!
La carestia! Anche lei ci ha condotto qui … Lei, oltre Mëcaëlë con le sue narrazioni! … Potranno, Signore, le nostre preghiere sulla Montagna Sacra alleggerire il fardello dei nostri peccati?
Una brezza leggera anima di sussurri gli arbusti della macchia, la superficie del lago.
«Wagnu’, quelli hanno pescato.» Mëcaëlë accenna alle imbarcazioni. «Stanno tirando le reti jindë i sannërë²⁹.»
I sandoli oscillano; i pescatori issano con cautela le reti a bordo, attenti a mantenere l’equilibrio dello scafo.
«Sembra che ce n’è di pesce, vero?» osservo.
«Sì, sì che ce n’è di pesce nel lago! Cefali, orate, capitoni …»
«Pesce! Vale più dell’oro in tempi di carestia.»
«E come no! Il pesce della Laguna però vale soprattutto per l’Abbazia di Kalënë.»
«L’Abbazia tiene la piscarìa³⁰?»
«La tiene la piscarìa, la tiene! E …» porta la mano alla scarsella come a volerla proteggere da malintenzionati «… la decima³¹ si fa pagare.»
Raphaël sorride divertito. Poi si fa serio. «Le lagune! E il mare! Che grandi riserve di cibo!» riflette. «Di mare anche in Bretagna, nella mia Bretagna, ce n’è tanto!» Atteggia di nuovo il volto a un sorriso furbo. «E pure di Abbazie da quelle parti ce ne sono tante!»
«Bueno³², le Regole dei Cenobi precludono come cibo la carne degli animali: quella dei quadrupedi sempre, quella degli altri animali in giorni specifici» ricordo. «Anche l’Abbazia di Santiago de Compostela nella mia Galicia è poco distante dal mare … un paio di decine di miglia!»
«L’Abbazia di Mont-Saint-Michel dalle parti mie ci sta proprio in mare, su un isolotto separato dalla terraferma da un istmo, che le