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L’acchiappanuvole
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Ebook141 pages1 hour

L’acchiappanuvole

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Anacleto e Luigi, detto Gigì, due solitudini che si incontrano. Il primo è uno scrittore talmente immerso nei suoi racconti, o meglio nei suoi sogni, che non riesce a comprendere la realtà se non la trasforma in parole. Il secondo è un jazzista dannato che attira donne e pugni, e che ha come unico orizzonte la giornata. In che direzione vanno le loro vite e come interpretarle? 
Giuseppe Costantini accompagna il lettore in un viaggio affascinante e sconvolgente al tempo stesso, in cui i due protagonisti – ma sono davvero due? – vengono sballottati da uno scenario all’altro, immersi in un caos totale dal quale cercano disperatamente degli appigli per sopravvivere e per redimersi…

«Perché la realtà spirituale comprende il Tutto. Quando la tua parte spirituale comincerà ad emergere, vedrai che il vuoto, a poco a poco, si riempirà. E il dolore si placherà. Tutto il dolore accumulato nel tempo che è stato, in un passato che ormai non è più. Né potrà più essere. Tutto il tuo corpo di dolore...».
LanguageItaliano
Release dateDec 28, 2017
ISBN9788856788433
L’acchiappanuvole

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    L’acchiappanuvole - Giuseppe Costantini

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8843-3

    I edizione elettronica dicembre 2017

    "Tutte le cose sono legate tra loro, anche se non lo percepiamo.

    Se riesci ad amare te stesso nel modo giusto riuscirai ad amare

    tutte le cose che ti circondano. Ed acquisteranno il loro vero significato".

    "Tu ti muovi nella tua vita come in una casa immaginaria,

    come se fosse tutto scritto in maniera irreversibile e necessaria,

    che se tutto debba andare così. Ma tu sei un acchiappanuvole...".

    ANACLETO

    1

    La giornata è calda ma chiara e luminosa. I campi intorno e gli alberi sono parte di un paesaggio che sembra uscire dalle pennellate di un pittore, mentre gli uccelli si avvitano nel cielo in voli sempre più acrobatici, e le loro grida a tratti spezzano quel perfetto silenzio.

    Katy guarda John con occhi trasognati. Occhi scuri, di fuoco, con quegli stessi voli di uccelli dentro. E quel vago sorriso sulle labbra. Malizioso, quasi.

    Lui è lì vicino, con quei suoi occhi timidi nascosti dalla scura montatura degli occhiali, l’aria assente, il sorrido diafano e misterioso. A Katy sembra sia tutto un sogno. A cominciare dal loro incontro. Occasionale, che a raccontarlo non ci crederesti. E poi, la decisione improvvisa quanto voluta, di partire insieme. La testa piena di sogni, in cerca dell’armonia con la natura, la chitarra inseparabile compagnia di viaggio.

    Non credevo, pensa Katy, di potermi innamorare così, con uno sguardo. Il destino ha voluto che ti incontrassi! Tra tanti, sei il più timido, ma con il sorriso più luminoso e contagioso.

    La sua mano giocherella con le ciocche rosse dei capelli, e la catenina appesa al braccio tintinna in splendidi e argentini suoni.

    John è intento a insertare dei fiori. Sorride, a momenti, come distratto a rincorrere dei ricordi. E assapora il piacere di regalare quel singolare mazzo di fiori. Il sole filtra tra i rami degli alberi, regalando chiaro-scuri e aliti di calore, mentre Katy continua a guardarlo. Il vento gonfia la lunga gonna a fiori in onde ora ampie ora meno.

    Ho lasciato la mia casa, il mio ragazzo, tutto per seguirti e….

    Il pensiero le muore tra gli sguardi verso John che, alzandosi, indugia con lo sguardo sulle sue cosce perfette. Lei era splendida, in quella tunica leggera a fiori, aperta ai lati, e spavaldamente seduta su quel masso di pietra. Le gambe lievemente divaricate, promesse di malizia. John le pone la ghirlanda di fiori sul capo.

    «A cosa pensi, dolce principessa?».

    «Che siamo un po’ matti, con la testa tra le nuvole, e che ci stiamo lasciando tutto alle spalle. Le nostre famiglie, i loro progetti su di noi, il nostro futuro sicuro».

    Una considerazione troppo reale, in quel momento, che finisce per deviare il pensiero malizioso insinuatosi in John.

    «Nella vita di ogni giorno troppo spesso siamo costretti a compromessi, a sacrificare i nostri sogni per realizzare i progetti che altri hanno costruito per noi».

    «Hanno già deciso come dovrebbe andare il nostro lavoro e progettato il nostro futuro. Anche i miei genitori avevano già deciso per me cosa dovessi fare!».

    Come se tutto fosse vivo davanti a lui, John sente la collera salirgli alla testa. E inconsapevolmente si libera del gilet e del cappello, quasi a ricacciare lontano l’onda del ricordo.

    Lo studio elegante… le poltrone in pelle e la scrivania in ciliegio massiccio che davano sull’enorme parete in vetro che regalava uno squarcio meraviglioso sulla città. Le pareti erano ricoperte di libri, ma John sapeva che erano lì in bella mostra solo per incutere una sensazione di potere e cultura su chi entrava e dialogava con suo padre, ma lui, nella sua vita, non ne aveva letti troppi, di libri.

    «Io… io non posso accettarlo. Ho i miei progetti, i miei sogni».

    «So bene che hai dei sogni, John, ma sono, appunto solo dei sogni. La realtà è un’altra cosa. E tu hai il dovere di portare avanti quello che io ho ereditato e sviluppato. Perciò, sarai qui, al mio fianco a dirigere l’azienda.

    «No, papà, io…».

    «Tu niente, John», gli rispose, con il tono calmo e sicuro di chi ottiene sempre tutto senza doversi agitare troppo. «Farai come dico io, adesso. Dopo che avrai preso in mano le redini di questo impero, potrai avere tutte le scappatelle e le alzate di testa che vorrai. Sempre nei limiti della discrezione e dell’etichetta, sia chiaro. Ma ora…».

    Già altre volte aveva avuto quella sensazione di inadeguatezza e disagio, John, ma mai con quella chiara ed esatta nitidezza. Fu allora che il sentimento della ribellione garbata, sì, ma pur sempre ribellione, prese contorni decisi e sicuri nella sua mente. O forse, fu allora che di lui si impossessò un’altra immagine di sé, più spavalda e combattiva, nascosta chissà dove nel fondo del suo inconscio. A tratti si era mostrata, talvolta, in certe occasioni, ma mai con il piglio di quel momento unico. Saltò fuori, senza che lui lo avesse deciso o ne avesse avuto un benché minimo sentore. E John si sentì come rinvigorito ed eccitato. Avvertì come una peregrinazione. Sì, proprio come un passaggio da un luogo a un altro. Un luogo dell’anima, s’intende.

    E decise. Senza tentennamenti. Senza dire più nemmeno una parola, voltò le spalle al padre. E uscì dallo studio. Sapeva con assoluta certezza che non sarebbe più tornato com’era fino ad un istante prima. Un ultimo sguardo, tra ironico e compassionevole alla sedia a dondolo sul portico, al gatto che giocava più in là. E poi, via.

    Forse, il padre è ancora in quello studio, convinto che prima o poi tornerà.

    E che si è allontanato solo per una corsa in auto. Solo che questa corsa dura da settimane, ormai. Tra prati e valli, paesini su ripide scogliere flagellate e intagliate dal vento che talora sembra l’unico suono vero. Solo a tratti, in lontananza, acuendo l’orecchio, John e Katy potrebbero dire di sentire degli spari. Anche di cannoni. Ma forse è solo la mente che inventa e ricostruisce, sapendo che, in qualche angolo di mondo c’è davvero qualcuno che gioca con le armi vere ad uccidere. A vincere e a perdere.

    La dignità, la libertà, l’orgoglio. Senz’altro la pace.

    Sia da vincitori che da vinti.

    John scuote la testa come a voler nuovamente allontanare quei pensieri e il ricordo di suo padre. Soprattutto quello, ma in fondo sa che è lì e che ogni tanto lo investirà come una pioggia improvvisa.

    E lui si lascerà bagnare. Con un brivido di piacere e soddisfazione.

    Volge lo sguardo oltre il limite del prato, alla strada attigua: il rumore dell’auto che sopravanza si inserisce senza disturbo, come un semplice ronzio insistente.

    «È la mentalità capitalistica che riduce tutto ad un fatto economico! Tutto è interessi, profitto, a danno di gente più povera e fragile», continua Katy.

    L’auto accosta; i passeggeri, incuriositi, scendono e, dapprima da lontano, fissano stralunati quei due ragazzi stranamente vestiti, roba d’altri tempi. Quasi due hippy, diresti, se non fosse che gli hippy stanno in Inghilterra o in America, certo non in quella parte sperduta del Sud del mondo.

    «Così nascono le guerre, le lotte per il potere e la conquista dei popoli. Ma noi gridiamo:

    ABBASSO LA GUERRA, VIVA LA PACE E L’AMORE».

    «Vogliamo fuggire dalla gabbia invisibile in cui viviamo, fatta di un lavoro non scelto, di impegni soffocanti, di condizionamenti… ma se io non mi fossi innamorata di te, forse non avrei trovato il coraggio di fare una scelta così radicale. Solo l’amore può darti la forza necessaria a reagire e ad affrontare le difficoltà e i disagi…».

    «Hai ragione, Katy. L’amore deve diventare il vero motore che spinge il mondo».

    «L’amore, il sentimento più potente, il solo capace di cambiamenti radicali».

    I passeggeri dell’auto sono sagome chiare e distinte, ora, sul verde del prato. Si avvicinano sempre più. E senza timore o pudore o esitazione alcuna:

    «Andate a lavorare, fannulloni: qui non c’è alcuna guerra. Quella si combatte in Vietnam, non nelle nostre terre. E poi, lo sappiamo che se voi avete bisogno di soldi o li rubate o li chiedete a paparino…».

    Katy e John, dapprima stupiti, reagiscono sorridendo a quelle provocazioni.

    «Ecco qui, signore e signori, entra in scena il pregiudizio».

    Poi, John si fa serio.

    «Voi non sapete nulla di noi, eppure siete sicuri che se avremo delle difficoltà ruberemo o torneremo a casa perché non sapremo cavarcela da soli. Be’, vi sbagliate. Noi non torneremo indietro, vogliamo costruire un mondo più bello e giusto».

    «Noi fuggiamo proprio da un mondo falso», continua Katy, «un mondo in cui tutto è facile e non dà possibilità alle persone di essere libere.

    «Siamo disposti a lavorare nei campi, a mungere le vacche, e pulire lo sterco, se sarà necessario, ma affronteremo i problemi come verranno e contando sulle nostre forze e sui nostri sogni…».

    «Sì, sì, dite tutti così ma poi quando c’è da lavorare scappate tutti, voi giovani».

    Ma John e Katy sono lontani da quelle provocazioni che, lo sanno, sono solo frutto di pregiudizi. E si baciano. Uno due tre, una cascata di baci sonori, lì, nel mezzo della discussione. Come foglie che, improvvisamente, si staccano dal ramo e sbavano l’atmosfera. E lo

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