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Le stelle su Madrid
Le stelle su Madrid
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Ebook125 pages1 hour

Le stelle su Madrid

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About this ebook

Solamente durante la guerra civile spagnola, combattuta tra il 1936 e il 1939, gli uomini e le donne da ogni paese del mondo seppero fare fronte comune al fascismo. Le Brigate Internazionali non erano solamente unità di combattimento, ma veri laboratori politici, sociali, culturali. In questo contesto storico Bruno Giannoni ambienta il romanzo “Le stelle su Madrid”,  un vero e proprio percorso durante il quale il protagonista “sceglie” di essere un cittadino del mondo, pronto a lottare contro le ingiustizie e le sopraffazioni.
Con altri andrà in Spagna perché lì, il 17 luglio 1936, iniziò realmente il Secondo conflitto mondiale. Ernest, l’ingles, combatte i Falangisti di Franco sostenuti dai fascisti italiani e dai nazisti tedeschi, e lo fa mettendo in campo tutto se stesso.
Insieme ad anarchici, comunisti, socialisti, trotskisti, il protagonista sogna un mondo migliore, più giusto e si innamora della libertà e di Maria. Saranno le stelle e le barricate di Madrid alla fine i testimoni della storia di Ernest. 
 
LanguageItaliano
Release dateDec 28, 2017
ISBN9788899735487
Le stelle su Madrid

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    Le stelle su Madrid - Bruno Giannoni

    Premessa

    Ho provato a scrivere il titolo del racconto nelle diverse, principali lingue dei Volontari che, provenienti da tutto il Mondo, dal 1936 al 1939 lottarono contro il fascismo per la libertà della Repubblica Spagnola (e del Mondo), inquadrati nelle Brigate Internazionali.

    Probabilmente, conoscendo solo una di quelle lingue, ho sbagliato la sintassi. Ma non importa perchè è il fatto che siano state scritte parole di quelle lingue che è importante.

    A quei Volontari e alla loro memoria dedico questo racconto: una breve storia inventata, romanzata, avente per protagonista, tra i tanti, un ragazzo americano, di nome Ernest, combattente nell’Abraham Lincoln Battalion.

    Bruno Giannoni

    immagini1

    La stella rossa a tre punte, emblema delle Brigate Internazionali nella Spagna Repubblicana.

    immagini2

    Monumento alle Brigate Internazionali a Seattle (USA).

    Ernest – fine estate 1940

    Sollevò il capo dal tavolo di legno. Era un pezzo del pagliolato di una vecchia barca affondata vicino allo scoglio in fondo al molo... e mentre aspettava che il Vecchio tornasse dalla barca, con due pesci e il groviglio del palamito, si accostò alla bottiglia di rum, ambrato, come la pelle di Isabela, la creola, giù alla locanda di Pablo. Erano lontane le luci di Miami... Oppure era l'Havana?

    Era il rumore della risacca sugli scogli che gli faceva confondere il cervello e quel maledetto Vecchio che non tornava e il rum che era finito mentre quella puttana di Isabela si sarebbe fatta scopare sul materasso lurido da quel porco sudato di Rafael Gutryè, quel mezzosangue che trafficava droga lungo tutta la Costa. Vai Vecchio, forza, prova a salire il sentiero! Portami un'altra bottiglia per avere il coraggio di andare a fottere quella puttana di Isabela!

    Si trascinò strascicando i piedi nelle ciabatte di tela e corda, lungo il viottolo sabbioso che scendeva al molo.

    La vide accucciata che si risciacquava nella risacca; il Vecchio forse era rimasto nella barca, con i suoi pesci e il suo palamito, gonfio di birra e di rum e di erba fumata nella corta pipa di terraglia. Che stronzo che era!

    Era tornato dalla Spagna quando ormai i franchisti l’avevano fatta finita con Madrid, con Barcellona, con tutta la Spagna Repubblicana. E loro, los Milicianos delle Brigade Mixte, ultimo baluardo di Madrid ormai irrimediabilmente prossima a cadere, cantavano ancora la vecchia canzone del ‘36:

    "Los Moros què trajo Franco

    en Madrid quieren entrar

    mientre as quieden milicianos

    los Moros no pasaran!"

    Come gli rimbombava la testa gonfia di rum, los Moros, la femminilità salata di mare di quella puttana di Isabela!

    Sarebbe uscito in mare domattina, avrebbe scaricato il Vecchio sulla battigia e sarebbe uscito in mare da solo, lui, l'Ingles di Madrid, sarebbe andato a sud, verso il Messico, avrebbe fatto il mozzo su un cargo verso la Spagna, avrebbe ritrovato i compagni di Madrid così i franchisti l'avrebbero fatta finita con lui, l'Ingles. Non trovava il coraggio di buttarsi in mare al largo e dare una spinta alla barca per allontanarla e aspettare il freddo dell'acqua della notte e finirla.

    «Fottiti maledetto Vecchio!» Era sceso per il sentiero sabbioso verso la locanda: «Pablo, dammi mezza bottiglia di rum. Pablo sono innamorato di Isabela, solo mezza bottiglia di rum, e che il Vecchio s'affoghi con i suoi pesci e il palamito...»

    Si stese poco fuori della baracca della locanda, gli occhi alle stelle e il rum che gli gocciolava dall'angolo della bocca.

    «Ingles, Ingles!»

    Isabela lo chiamava, piano, cullandogli in grembo la testa, piano come a un bambino che si addormenta. Erano le stelle di Madrid che lui vedeva mentre il rum gli si affondava bruciando nella gola.

    Le stelle splendenti lassù, nel cielo di Madrid:

    «Paco, la mitragliadora, adelante! Maria, dolce Maria come la Madonna, Madre de Dios, svelta, passami le bombe a mano, y, ustedes! Rapido! Prepararse al contraataque! Bayonetas, Compañeros, bayonetas- fuera de la barricada y suerte- Hurrà!!!»

    Poi ebbe il tempo sufficiente per chiudere gli occhi di Maria, rimasti spalancati e fissi sul fiore rosso sgorgante dal proprio ventre, prima di rotolare tra i morti della barricata, lo zaino forato da una scheggia, fermata dalla scatola di metallo in cui teneva le sue carte.

    Era una splendida, luminosa e gelida notte di fine febbraio del 1939; i tetti e le macerie rimaste dai bombardamenti dei franchisti, le strade, e anche la barricata su cui Maria era caduta erano imbiancati di neve, neve che si sporcava di fumo, di sangue. Anche il sangue che colava dal ventre aperto di Maria si mescolava alla neve, sporca: neppure il biancore virgineo della neve di febbraio restava più in quella città martoriata e umiliata.

    Era una splendida, luminosa e gelida notte di fine febbraio del 1939; anche le stelle brillavano di luce algida nel cielo luminoso di ghiaccio e di morte di Madrid.

    Le stelle su Madrid. L’ultima visione di Madrid rimasta impressa nei suoi ricordi.

    Lo portarono via alcuni miliziani, prima del colpo di grazia che gli avrebbe dato un falangista. Riuscirono, in qualche modo, a fargli passare le linee franchiste e a farlo imbarcare a Valencia, per l'Africa Francese, prima che la città cadesse in mano ai franchisti pochi giorni dopo. Poi una carretta lo portò a Nassau e da lì, a Miami: aveva ancora il passaporto americano nello zaino.

    E adesso, semisdraiato sulla sabbia, la schiena contro la parete di legno mezzo marcio e sverniciato della baracca-locanda di Pablo, sperava che il Vecchio tornasse, con l'erba da fumare, il rum; voleva perdere il suo passato, Madrid, gli occhi spenti di Maria, appena chiusi, e freddi come il suo ventre squarciato di rosso.

    Anche a lui si chiusero gli occhi, dopo aver fissato, senza capire, la pelle ambrata di rum di Isabela.

    Il Vecchio arrivò col passo strascicato dei vecchi e avrebbe voluto riportare quell'ubriacone, su, alla baracca e avere cura di lui. Lo aiutava a mettere in mare la barca, ogni giorno che era capace di arrivare, sobrio, alla spiaggia scogliosa. Isabela lo trascinò alla cuccia in cui lei dormiva. Una volta, tempo prima, appena giunto da Miami, poiché lo sceriffo lo aveva chiamato El Rojo, lui le aveva raccontato di Paco e di Maria e di altri e della mitragliadora e della Madonna che non poteva essere con los franquistas, lei moglie di un falegname, un Obrero. Isabela lo cullava, voleva sentire quella storia, ancora.

    Era ancora in quel buio della notte estiva, rischiarato da quel suo cielo stellato riflesso nel mare, che lui s’era improvvisamente svegliato, sudato, colto dal panico, che tentava di chiudere quel fiore rosso, violento e maligno, che aveva aperto i suoi petali sul ventre dalla pelle ambrata di Maria. «Maria, Maria, vedi, sono qui a ripararti dai colpi di quei fucili, Maria…»

    Quel corpo caldo lo stringeva ancora a sé e ancora lo cullava mentre lui versava ogni lacrima che aveva potuto trovare sparsa dentro di sé, su quel ventre in cui nessun fiore rosso appariva:

    «Ingles, Ingles – lo cullava ancora Isabela – No, no, non ci sono più i fantasmi dei tuoi morti.»

    «Dormi, Ingles… dormi.»

    Gli aveva acceso un tiparillo e con uno straccio appena appena umido di guazza gli asciugava il sudore che era l’alcool che usciva dal suo corpo invecchiato senza il passare degli anni.

    «Isabela… » aveva mormorato, e s’era riaddormentato mentre lei gli toglieva di bocca il tiparillo per aspirarne le ultime boccate di fumo profumato come quello dei fiori della notte cubana.

    Sognava. Sempre, Ernest sognava e sempre sognava del suo meraviglioso e tragico viaggio, iniziato su, a nord, dal porto di New York, su un cargo francese diretto in Europa. Lui, Ernest, vi era salito sopra con altri compagni, che erano già quattro anni passati e lui adesso era lì, addormentato, cullato da Isabela e pieno di fumo e alcool mentre in Europa tutto era ormai perduto, mentre in una strada di Madrid aveva chiuso con il suo futuro.

    L’inizio del cammino verso il Jarama

    Quando Ernest era diventato un simpatizzante del Partito Comunista Americano per poco suo padre non lo aveva buttato fuori di casa. Sua madre aveva pianto, un poco più disperata del solito: solo per questo suo padre si era limitato nella sua reazione. Lei aveva da piangere ancora il figlio che nel ’18 era rimasto in Europa per sempre, in qualche punto della terra di Piccardia sconvolta dalle bombe. Quel punto, diceva sua madre, era

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