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Il segreto di Francesco
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Il segreto di Francesco

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About this ebook

Con lingua semplice ed evocativa, l’autore di questo romanzo ambienta nelle campagne del cagliaritano una fiaba per lettori senza età, introducendoci in un microcosmo familiare e contadino dove le asperità della vita s’intrecciano a un senso salvifico di mistero e stupore. Pagina dopo pagina si costruisce l’avventura umana di Francesco. Lui non sogna di fare il calciatore o diventare astronauta, perché il suo vero desiderio è fare l’ortolano, come il nonno: continuare ad affondare le mani in quella terra, vivendo di essa e per essa. E c’è il fantastico che sempre sprigionano i segreti, quelli antichi, ben custoditi; un segreto prezioso come quello che da generazioni si tramanda nella famiglia di Francesco: è il nonno Gesuino a rivelarglielo; qualcosa è nascosto nei pressi del suo pozzo, un tempo fonte di prosperità e oggi miseramente asciutto. Un romanzo imperdibile, che sa emozionare i bambini e toccare i cuori degli adulti.

Dante Anedda è nato a Selegas (CA) nel 1955. È vissuto a Seuni, una piccola frazione di Selegas, fino all’età di quindici anni, per poi trasferirsi a Cagliari, dove ha completato gli studi superiori. Vive a Senorbì. Ha esordito nel 2010 con il suo primo libro Patrizia e Francesco, nel 2011 ha scritto Vivevo in un altro mondo, nel 2012 l’Istinto degli esseri viventi, nel 2014 Rebecca e il suo volpino e il Segreto di Francesco rappresenta la sua quinta opera letteraria.

La foto di copertina è stata realizzata da Pino Sirigu
LanguageItaliano
Release dateDec 29, 2017
ISBN9780244353377
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    Il segreto di Francesco - Dante Anedda

    durante.d55@tiscali.it

    CAPITOLO I

    «Francesco, vai a vedere dov’è andato tuo nonno e cerca di stargli vicino» disse Rosina, una donna sui trenta dai lunghi capelli corvini, piccola ma ben proporzionata, al suo figlioletto di nove anni. «Oggi babbo è un po’ strano.»

    Il bambino obbedì. Era un maschietto sveglio, di costituzione robusta ma agile, folti riccioli neri e occhi di un azzurro marino come quelli che nonno Gesuino aveva alla sua età. Uscì di casa e si diresse a passo svelto verso i giardinetti comunali. Vide un vecchietto che si alzava da una panchina all’ombra di un cedro possente e usciva a testa bassa. Lo seguì a distanza. Non poteva essere che il nonno. Camminava per le strade del paese come se non sapesse dove andare. Arrivò alla piazzetta al centro del paese, si sedette su una panchina e chinò il capo sul petto, fissando un grumo di ghiaia. Francesco gli si avvicinò e gli si parò davanti. «Ciao, nonno, posso sedermi vicino a te?»

    Gesuino, restando a testa bassa, gli fece un po’ di spazio, senza rispondere.

    «A cosa pensi, nonno?»

    Nonno Gesuino fece ruotare il dito indice vicino alla fronte e per un attimo posò davanti agli occhi le mani callose, grosse di fatica. «Mi girano strane idee per la testa.»

    «Perché?»

    «Non riesco più a dare di che vivere alla mia famiglia.»

    «Vuoi dire me e la mamma?»

    «Sì, Rosina e tu, che sei l’unico nipote che ho.»

    «Anche nonna Genoveffa faceva parte della nostra famiglia?»

    «Sì, anche lei» rispose Gesuino. «Sono trascorsi quasi cinque anni dal giorno in cui tua nonna ci ha lasciati. Te la ricordi?»

    «Me la ricordo bene, mio padre invece non me lo ricordo affatto. È come se non fosse mai esistito.»

    Gesuino fece una smorfia di disgusto e gli puntò uno sguardo dal celeste sbiadito. «Di quello non voglio neppure sentir parlare.» Dopo appena quattro mesi di matrimonio quell’uomo aveva lasciato sua figlia per un’altra.

    «Nonno, sei triste?»

    «Sì, un po’.»

    «Perché?»

    Nonno Gesuino fece come il gesto di tirarsi i peli della barba bianca e rada, quasi a volerseli strappare. «Perché sono vecchio e non c’è lavoro.»

    «Perché non si lavora?»

    «In questo inizio anni Novanta l’intera Sardegna è stata colpita dalla siccità, una siccità estrema.»

    «Non piove, però si può innaffiare.»

    «No, neanche quello, anche i fiumi sono in secca, è una cosa molto dannosa per tutti e per l’economia di tutta la regione. Hai visto com’erano in primavera i campi coltivati a grano e orzo?»

    «Gialli?»

    «Sì, ma avrebbero dovuto essere verdi, e i fiumi sono aridi, le falde acquifere si sono abbassate e dai pozzi è più difficile tirar su l’acqua e alla fine i raccolti sono magri, per il caldo e il secco. I nostri vicini di casa, li hai presenti?»

    «Il signor Matteo e Gonaria?»

    «Sì, Matteo è andato a finire all’ospedale dei matti e sua moglie l’ha seguito dopo qualche settimana. La gente non ce la fa più, non ci sta più neanche con la testa perché si ritrova dall’oggi al domani senza lavoro, senza soldi e dopo un po’ senza casa perché non può pagare l’affitto.»

    «Però nonno, a scuola mi hanno detto che, quando uno è vecchio, gli danno dei soldi…»

    «Sì, una pensione, è così che si chiama. Ma quella che mi danno non basta e sono pieno di debiti» borbottò Gesuino.

    «Cosa sono i debiti?»

    «Sono soldi che mi hanno prestato, ma non li posso restituire. Ecco perché mi vengono idee balzane.»

    «Che idee?»

    Il nonno socchiuse gli occhi, come a volersi rinchiudere in quella sua testa ormai abituata allo sconforto. «Idee che non si possono dire.»

    «Perché non puoi dirle?»

    «I bambini non possono capire.»

    «Perché?»

    «Loro non sanno cos’è il dolore.»

    «Ma io lo so cos’è, è una cosa che fa stare male.»

    «Ma il dolore vero non è come sbucciarsi un ginocchio, che poi viene tua mamma a guarirti la ferita.»

    «Cos’è il dolore vero?»

    «È quello di chi non ha più nessuno sulla Terra che può tirarlo fuori dai guai.»

    «Ma mia mamma ed io ti vogliamo tanto bene, lo sai?»

    Gesuino fece un mezzo sorriso.

    «Sì che lo so, anch’io vi voglio bene.»

    «E in tre possiamo lavorare insieme. Nonno, che lavoro facevi da giovane?»

    «L’ortolano, ho sempre fatto questo lavoro fino a poco tempo fa» rispose Gesuino. «Ma già da alcuni anni, per colpa della pioggia che non cade, la terra si è seccata e non la posso coltivare.»

    «Ecco cosa mi piacerebbe fare da grande, l’ortolano!» disse Francesco, con un gran sorriso. «Senti un po’, nonno, facciamo così: io lavoro per te e tu, in cambio, mi insegni a fare l’ortolano.»

    Gesuino lo accarezzò.

    «Caro Francesco, è meglio che studi e poi, quando sarai grande, ti troverai un altro lavoro. In passato fare l’ortolano mi ha dato tante soddisfazioni, ma adesso non è più così.»

    «Come mai?»

    «Sai di che cos’hanno bisogno tutte le piante per nascere, crescere e svilupparsi?»

    «Di cosa? Luce, calore, aria, acqua…?»

    «Ecco,» rispose Gesuino, «il caldo, l’aria e la luce ci sono, ma nel mio pozzo di acqua non ce n’è più.»

    «Prima ce n’era?»

    «Ce n’era, eccome!» disse Gesuino. «Era ricchissimo d’acqua.»

    «Mi ci porti domani a vederlo?»

    «Ti ci porto se sei disposto ad alzarti presto» disse Gesuino. «Ci mettiamo in viaggio prima che faccia giorno.»

    «Certo, prima che sorga il sole.»

    «Va bene, piccolo, ora rientriamo a casa.»

    «Forza, voi due!» li apostrofò Rosina quando tornarono, «spicciatevi, la cena è pronta e io muoio dalla fame!»

    «Ci diamo una lavatina alle mani e siamo pronti anche noi» rispose Gesuino, che teneva per mano suo nipote.

    Quando furono a tavola, Francesco, garrulo, annunciò: «Mamma, domattina presto nonno mi porta a vedere il pozzo!».

    «A vedere che?» domandò stupita Rosina.

    «Il pozzo» ripeté il bambino. «Non ne ho mai visto uno.»

    «È così, babbo?» domandò Rosina. «Sei sicuro che Francesco non ti darà noia?»

    «Non mi disturberà affatto, anzi mi sarà di grande compagnia» rispose Gesuino. «Francesco mi rasserena l’anima.»

    «Mi svegli tu, nonno?» chiese Francesco prima di andare a dormire.

    «Certo, figliolo, ti sveglio io» rispose Gesuino. «Io sarò in piedi alle cinque, ho tante cose da fare prima di andare in campagna.»

    «Cos’hai da fare domani?» chiese Francesco.

    «La prima cosa sarà raccogliere la cenere dal camino e preparare il fuoco. Poi darò la biada all’asina e, quando avrà finito di mangiare, la farò uscire in cortile per attaccarla al carretto.»

    Gesuino salutò figlia e nipote e andò a riposare nella sua camera da letto. Madre e figlio rimasero soli seduti in cucina e subito Rosina mormorò: «Dov’era tuo nonno quando ti ho mandato a cercarlo?».

    «L’ho trovato in piazza, ai giardinetti, seduto su una panchina.»

    «Avete parlato?»

    «Sì, parecchio…»

    «E dimmi, ti è sembrato strano? Agitato?»

    «Ha detto che è pieno di debiti e che gli stanno venendo in mente delle idee strane» rispose Francesco a bassa voce.

    «Ha detto questo?» disse Rosina, molto preoccupata. «Sono parole pronunciate da lui?»

    «Sì, da lui.»

    «E tu cosa gli hai detto?»

    «All’inizio mi sono un po’ spaventato, ma poi abbiamo parlato d’altro» rispose il bambino. «Gli ho detto che lavorerò per lui, ma in cambio mi dovrà insegnare a fare l’ortolano.»

    «E mio padre?»

    «Non mi sembrava molto contento. Però mi ha detto che mi farà vedere il pozzo.»

    «Ora vai a dormire, domattina tuo nonno ti sveglierà presto» disse Rosina. «Mi raccomando, Francesco, prenditi cura di te e fa molta attenzione… Domani non sporgerti troppo dal bordo del pozzo.»

    Francesco le diede il bacio della buonanotte e se ne andò a riposare nel suo lettino, nella stessa camera da letto di Rosina. L’indomani mattina, quando ancora era buio fondo, Gesuino andò a svegliare suo nipote.

    «Francesco, è ora di alzarti! Va’ a lavarti e vieni in cucina, che è tutto pronto per fare colazione.»

    Il bambino si tirò giù dal letto, andò a sciacquarsi il viso, poi sedette a tavola per fare colazione insieme a Gesuino. Dopodiché nonno e nipote, senza fare il benché minimo rumore che potesse disturbare il sonno di Rosina, uscirono in cortile, chiudendosi la porta alle spalle.

    «Dai, Francesco, mettiamoci in marcia» disse Gesuino, mentre saliva sul carretto. «La mia asina, Carolina, non vede l’ora di farsi una bella camminata in campagna.»

    «Nonno, aiutami.»

    Gesuino tese una mano al bambino e lo tirò su, facendolo sedere al suo fianco, poi allentò leggermente le briglie che teneva ben strette fra le mani e spronò Carolina.

    «Nonno, guarda che buio…» disse il bambino, mentre l’asina imboccava una strada periferica che portava dritta dritta al terreno dove si trovava il pozzo.

    «Fra poco vedrai il sole spuntare da dietro i monti.»

    «Senti che chiasso!»

    «Sono gli uccelli. All’alba iniziano a cinguettare» fece Gesuino, «a loro non serve la sveglia.»

    «Perché Carolina ha la pancia così grande?»

    «È incinta» rispose Gesuino. «Fra qualche giorno, se Dio vorrà, darà alla luce un asinello.»

    «Come fai a sapere che l’asinello nascerà fra qualche giorno?»

    «Si è accoppiata all’incirca dodici mesi fa e la gravidanza di mamma asina dura in media dodici mesi, ma può superare anche i trecentottanta giorni» spiegò Gesuino.

    «Nonno, mi fai guidare il carretto?»

    Il vecchio lo sollevò e lo mise a sedere sulle sue ginocchia.

    «Tieni in mano le briglie, senza fare alcun movimento brusco che possa far capire a Carolina che deve fermarsi o cambiare direzione di marcia.»

    «Nonno, sei ancora triste?»

    «Un po’ meno, tu mi rassereni.»

    «Ti starò sempre vicino.»

    «Va bene, Francesco, nonno ti vuole tanto bene.»

    «Le nostre terre sono ancora molto lontane?»

    «Tira leggermente la redine destra, in modo da far avvicinare Carolina il più possibile a quel muretto di pietre» disse Gesuino. «Ecco, siamo arrivati.»

    «Posso scendere?»

    «Certo, poggia il piede su quella pietra sporgente e da lì, con un saltino, scendi giù per terra.»

    Con calma anche Gesuino scese, poi liberò l’asina dai lacci e dai laccioli che la tenevano legata al carretto e la fece pascolare lì intorno.

    «Perché Carolina mangia l’erba secca?» chiese Francesco, un po’ stupito.

    «A lei piace, l’erba secca contiene molte sostanze nutrienti.»

    «Ma che bello questo posto!» disse meravigliato il bambino. «Perché non mi ci avevi ancora portato a vederlo?»

    «Pensavo che in mezzo a questo silenzio, ti saresti annoiato.»

    «Annoiato!» fece il bambino. «Ma quando mai?»

    «Qui si sta in pace con la natura e con se stessi. Un posto così bello ti dona tanta tranquillità.»

    «Oh, se tu mi portassi… Io qui vorrei venire tutti i giorni» disse Francesco, con gli occhi rivolti al sole che sorgeva e la felicità disegnata sul viso.

    «Vieni» fece Gesuino. «Andiamo a vedere il pozzo.»

    «Dentro quel muro circolare di pietre?»

    «Sì, è lì.»

    «A cosa serve il muro?»

    «Per

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