Metrature d'esistenza: Raccolta di racconti brevi
By Mirko Floria
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Metrature d'esistenza - Mirko Floria
tale
Prefazione
Tutto iniziò intorno al 2006, se non ricordo male.
I social network allora erano solo agli inizi e ancora non erano riusciti a entrare così prepotentemente nella vita di tutti quanti. Non nella nostra almeno. Eppure stavamo sempre davanti a un computer, a qualsiasi ora, del giorno e della notte. Non appena avevamo un momento libero.
Che strani esseri che eravamo!
In rete per lo più bazzicavamo sui forum di scrittura, per pubblicare i nostri racconti, anche a ora tarda.
Avevamo nomi come Jean, Marco75, remote (il mio primo vero maestro), Gatsu (che a un certo punto era diventato Fini Tocchi Alati), occhidadonna, simina incantautrice, amelie, Linus, Myra, kiwi65, Christat, Feringi, Saseko, dickwolf, e tanti tanti altri. Maschere che indossavamo per darci il permesso di scrivere. Nomi usati come nascondigli.
Io ero taxidriver, come il film di Scorsese, ma scritto tutto attaccato e in minuscolo.
Non sapevamo nulla l'uno dell'altra, se non i rispettivi nickname e le storie che ci raccontavamo sullo schermo. Storie inventate da noi, dal nulla, battendo furiosamente su tastiere di pc che in quegli anni si impallavano sempre. Storie che dovevano essere brevi e non superare mai le due cartelle editoriali.
Da tutto quel nostro lavorio ne venne fuori pure una pubblicazione: un doppio volumetto dal titolo Tremilaseicento battute, spazi inclusi, uscito in allegato a un corso di scrittura della DeAgostini.
Era bello postare un racconto, dopo averci lavorato sodo per giorni, e poi mettersi lì, ad aspettare un commento, con il cuore in subbuglio.
Era bello leggere tutti gli altri.
Centinai di mondi in cui rapidamente entrare e uscire, portando sempre qualcosa dentro di sé. Un'immagine, un vissuto, una sensazione.
Ci leggevamo l'un l'altro, con estrema attenzione. Conoscevamo più le nostre storie di quelle degli autori che finivano sugli scaffali delle librerie.
Eravamo noi i nostri scrittori preferiti.
Certo, non erano tutte rose e fiori. A volte litigavamo, ci criticavamo l'un l'altro, ma quasi sempre per provare a migliorarci. Imparammo insieme la difficile arte di ascoltare una critica costruttiva in silenzio, cercando poi, a mente fredda, di provare a migliorare le nostre piccole creazioni. È stato un periodo esaltante della mia vita, dico sul serio.
Piano piano poi le nostre storie hanno cominciato ad allungarsi e a uscire dai forum, per andare a finire nei concorsi letterari o conquistarsi uno spazio tutto loro, sui nostri blog personali. Gradualmente cominciammo a scrivere sul serio, senza vergogna, dotati di un nome e un cognome.
Fu col mio nome che riuscii a essere, nel 2009, tra i dieci vincitori di Subway Letteratura, con Metratura d'esistenza. Un racconto che dà ora il nome a questa raccolta di racconti di diversa metratura. Storie che sono rimaste chiuse in un cassetto virtuale per diversi anni, mentre io mi dannavo l'anima nel tentativo di riuscire a scrivere un romanzo.
Ora che questo romanzo l'ho scritto e che una casa editrice si appresta a pubblicarlo, ho deciso di condividere queste mie prime creazioni con chiunque abbia voglia di leggerle.
Oggi come allora, davanti a un pc, attenderò che qualcuno mi faccia sapere cosa ne pensa.
Dedico questa breve raccolta a tutti i miei compagni di scrittura di allora e ad ogni altro aspirante scrittore. Di ieri, di oggi e di domani.
Ho lasciato tutto com'era, in fondo queste sono le storie di taxidriver.
Noi, se vorrete, ci vediamo dall'altra parte, alla fine di questo ebook.
Mirko Floria
Adriano sta crescendo
Tornava a casa dal lavoro la sera, Adriano, e la trovava lì come l'aveva lasciata, sul divano accanto alla finestra, arrotolata assieme alla sua coperta. Si avvicinava, le controllava il respiro e le accarezzava i capelli. Lei non sempre sembrava riconoscerlo. Allora se la prendeva in braccio, la sua bambina. A volte si lasciava fare, altre volte gli tirava dei pugni sul petto, come estremo gesto di ribellione. Adriano ormai ci aveva fatto l'abitudine. Una volta in bagno cominciava a spogliarla per poi passarle quella spugna saponata dappertutto. Mugugnava sua madre, aveva occhi umiliati che non smettevano di fissarlo. Quel corpo nudo e insaponato era l'unico corpo femminile che avesse mai conosciuto. Il corpo nudo di sua madre.
Quella mattina d’autunno avrebbe anche potuto non dirle niente. In fondo per loro non sarebbe cambiato nulla, ma non aveva intenzione di cominciare in vecchiaia a nasconderle le cose. Così, di punto in bianco, quella mattina Adriano se ne venne con queste parole:
«Mamma, oggi mi sposo.»
La signora Lucia strappò a fatica i suoi occhi cisposi da quel sonno infinito.
«Come?» disse infine, una volta messo a fuoco il figlio.
«Sì mamma, mi sposo, questa mattina, in comune.»
«Questa sì che è bella!»
Erano anni che non la