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Terra di Conquista
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Terra di Conquista

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Sinossi

Anno 3818, sono passati settecento sei anni dalla fuga nell’oscurità, dalla guerra ed in un mondo rinato dalle devastazioni nucleari uno sparuto gruppo di uomini, orribilmente deformati dalle radiazioni, cerca di ridare vita ad un’antica profezia tra i ghiacci sconfinati del polo nord, mentre lontano, nella foresta vergine sorta sulle ceneri delle grandi metropoli del passato il male risorge velocemente.
Ancora una volta il nero pellegrino sarà costretto a cacciare l’uomo, per ridare un futuro alla razza umana ed al pianeta che, suo malgrado, la ospita.


 
LanguageItaliano
PublisherAla Fabrizio
Release dateJan 21, 2018
ISBN9788827555941
Terra di Conquista

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    Terra di Conquista - Ala Fabrizio

    Sequel

    Prefazione

    Con Terrasia Fabrizio Ala ci ha introdotti nel fantastico mondo della sua fantasia portandoci in una realtà avvolta da una leggera foschia con contorni sfumati e orizzonti incerti.

    Terra di conquista è il secondo volume della trilogia, giunto alla terza edizione, che delinea i contorni della storia, squadrandoli, l'orizzonte si concretizza, amore, tristezza e pietà nel dualismo dei personaggi verso la razza umana. Uno scritto capace di trasmettere il patimento di un dio che vede andare in frantumi il proprio creato.

    Terra di conquista è il cambiamento, una nuova dolorosa rinascita, il ponte tra due mondi che sono alla ricerca della loro identità, della loro natura spirituale e materiale.

    La crisi di un mondo morente riflesso nella psicologia dei personaggi, magistralmente descritti, che perdono la propria sicurezza di fronte allo specchio, scivolando veloci verso il baratro della loro nera coscienza alla ricerca della consapevolezza.

    Maurizio Bazzano.

    Prologo

    Anno 2078, il pianeta Terra è unificato in un unico governo mondiale e ricoperto quasi interamente di cemento, acciaio e vetro.

    Le antiche capitali del diciannovesimo secolo si sono oramai unite a formare enormi megalopoli completamente autosufficienti e gli esseri umani, persa l’abitudine alla quotidianità vivono in astratto, volgendo lo sguardo alle stelle, colonizzando i pianeti vicini alla Terra e puntando sempre più lontano, fuori dal sistema solare che li protegge nel suo immenso e silenzioso grembo da sempre..

    ..dimenticando il pianeta che li accoglie.

    Lo sfruttamento delle risorse terrestri, esaurite ormai quasi del tutto, genera la ricerca spasmodica. La possibilità di sintetizzare in laboratorio aria, acqua e tutto ciò che garantisce la sopravvivenza del genere umano, diventa l’unica ragione di vita per intere nazioni. L’oriente, da sempre all’avanguardia nella robotica e nell’ingegneria, sposta la propria attenzione ed il proprio genio sulla medicina e sulla genetica, diventando di fatto, fucina di scoperte e brevetti unica al mondo...

    ..ma l’occidente resta a guardare non riconoscendo i reali meriti di tutto ciò che utilizza ogni giorno, arrogandosene anzi la paternità.

    Anno 3012, la frattura tra il governo mondiale e la neonata federazione degli stati Asiatici sembra risanarsi, ma le fabbriche e i laboratori di ricerca militari sotterranei creati sotto il Mar del Giappone riprendono la loro attività in segreto, febbrilmente.

    Anno 3016, il primo stormo di missili intercontinentali a lungo raggio si abbatte sulla più grande delle megalopoli occidentali, ventidue testate da venti megatoni ciascuna cancellano Nuova Dublino, sede del parlamento mondiale e centro della storia e della cultura del pianeta.

    Una piccola parte delle enormi biblioteche visive risiede nel distretto di Atene, nei grattaceli che ricoprono la spianata dove un tempo sorgevano le rovine del Partenone, andato distrutto completamente durante il grande terremoto del 2022, sisma che sconvolse gran parte della Grecia e parte degli Emirati Arabi, ma la stragrande maggioranza delle opere viene distrutta dalle quattro deflagrazioni che sconvolgono il continente Europeo,cancellando la storia dell’umanità.

    Due ore dopo il primo stormo, il secondo impatta contro la costa dell’Argentina radendo al suolo Buenos Aires e tutto ciò che si estende dietro, per centinaia di chilometri. In pochi secondi miliardi di uomini, donne e bambini scompaiono nel nulla.

    Solo dodici minuti dopo altre quattordici testate raggiungono e devastano gli Stati Uniti Occidentali, il Canada e cancellano la Groenlandia ultima riserva naturale rimasta al pianeta irreparabilmente ferito da secoli di cementificazione...

    ...passano altri due minuti ed il Messico e la California scompaiono in un lampo accecante di luce bianchissima.

    Il primo contrattacco parte alle ore sedici e tredici minuti del dodici agosto 3016, esattamente quattro ore dopo il primo impatto sull’Europa. Sei testate nucleari da ottanta megatoni superano pressoché indenni lo sbarramento spaziale Asiatico e colpiscono la confederazione Russa di stati sovrani uniti, il Nepal e le due Coree cancellandole quasi completamente dalle mappe terrestri...

    ...ma resta un colpo isolato, dettato solo dai calcolatori adibiti al controllo dei silo di lancio della difesa mondiale.

    Trenta minuti dopo l’impatto in Asia, gli stessi siti vengono localizzati dai satelliti spia Giapponesi e raggiunti da fasci di onde sonore a bassissima frequenza che ne inibiscono il funzionamento, rendendoli di fatto inutili e silenziosi.

    22 Gennaio 3018... Gli incendi che per quasi un anno hanno divorato l’Occidente ferito e sconvolto dalle esplosioni nucleari, cominciano lentamente a scemare ed il fumo nero di morte che oscura il sole ormai da mesi lascia intravedere qualche lembo della superficie terrestre. I satelliti geostazionari che circondano la Terra riprendono a scattare foto della superficie rimandandole poi ai centri di raccolta dati ancora attivi. La morfologia del pianeta è cambiata, sconvolta per sempre dalla follia dell’unica confederazione di stati ancora presente sulla terra.

    L’intero continente Americano è scomparso, inabissatosi quasi completamente nell’oceano Pacifico così come l’Australia. L’enorme frattura che si è generata ha dato il la ad un immenso maremoto che ha spostato l’asse terrestre di sei gradi, inoltre l’onda anomala creatasi dal sisma sottomarino ha completato l’opera iniziata dalle armi. Raggiungendo l’altezza di settecentotrenta metri, e accelerando fino alla velocità di quattrocento chilometri orari infatti, lo tsunami ha raggiunto le coste iberiche e africane in pochi minuti ingrossando le acque del Mediterraneo, sommergendo ogni cosa. Nel frattempo i sommovimenti della crosta terrestre hanno generato nuove vette e creato immensi altopiani dove un tempo si estendevano deserti più o meno aridi.

    Anno 3032, l’inverno nucleare oramai si estende sull’intero globo terrestre rinominato dai vincitori TERRASIA, in onore della loro genia. Una nuova era glaciale ha mosso i suoi primi e decisi passi ricoprendo gran parte delle terre emerse, rendendo di fatto la vita in superficie quasi impossibile e le prime comunità umane iniziano a rifugiarsi nel sottosuolo, le radiazioni generano i primi feti mostruosi e la natura rimette in gioco l’esistenza stessa della razza umana.

    Anno 3064, incominciano a circolare strane voci che parlano di un essere oscuro e silenzioso che dà la caccia agli esseri umani, si dice che sia un demone degli antichi reami... un essere millenario risvegliato dalla crudeltà degli uomini.

    Anno 3112, i sopravissuti all’ultima grande guerra abbandonano la superficie del pianeta, rifugiandosi a centinaia di metri di profondità, riattando le antiche fogne da tempo dimenticate. Le radiazioni concentratesi ad un livello letale appestano cielo e terra, il freddo insopportabile sferza ogni provincia di quello che ormai è un impero decaduto e marcio e un silenzio di morte cala sul pianeta.

    Una sola figura si muove sulle rovine della civiltà umana; fiero, sicuro, silenzioso.

    Anno 3818. Sono passati settecentosei anni dalla fuga nell’oscurità, le radiazioni si sono attenuate, la terra è tornata ad essere un paradiso verde e azzurro ed il silenzio si e riempito di rumori nuovi, l’uomo si riaffaccia dalle profondità della terra bramoso di riprendere posto tra le macerie del suo passato oscuro e sciagurato, ma la figura ammantata di nero è sempre vigile, in attesa, a difesa della nuova natura, alla ricerca del proprio passato.

    Capitolo 1

    Oscurità. Il silenzio sembra essere pressoché totale, solo di tanto in tanto qualche piccolo e sempre più debole gorgoglio muta quella condizione.

    Il flebile rumore proviene da un punto lontano in basso, lì dove un liquido viscido lambisce i suoi piedi nudi e doloranti. La posizione innaturale del braccio teso verso l’alto gli procura un dolore acuto, bruciante ed il frammento di remo che stringe con frenesia nella mano destra gli ferisce il palmo con le schegge... sangue caldo e denso cola lungo il suo braccio, gli imbratta il petto e gli ricopre il viso, ma non e il suo.

    La discesa si fa più veloce man mano che passano i minuti e sembra non aver fine. Non vede nulla, chiuso in quello spazio angusto fatto di carne e muscoli, ma sa di essere alla fine della sua breve, ma intensa vita. Non ha rimpianti, ripensa a Ril yiù, alla piccola dolce e a tratti irascibile creatura che la sua rocambolesca fuga lo ha portato a conoscere, sa che non la rivedrà, così come non rivedrà mai più i suoi amici. Nel buio odoroso di morte lacrime calde rigano il volto del ragazzo. La carcassa del grande squalo nero continua la sua discesa verso l’antica Atene sommersa, mantenendo una posizione invariata e costante, le gigantesche mascelle semiaperte restano rivolte verso l’alto, verso una preda mai raggiunta, le pinne natatorie così come quella caudale rimangono tese nello spasmo finale e, aperte come enormi alette stabilizzatrici, mantengono il corpo in una posizione verticale, impedendo così alla massa d’acqua di invaderlo gorgogliando con violenza, rendendolo di fatto sicuro come un sommergibile organico. Ma presto o tardi la carcassa si adagerà sul fondo e l’acqua potrà penetrarvi senza più ostacoli.

    È ormai pomeriggio inoltrato quando la prua di legno dipinta col grifone tocca le sponde ghiacciate del porticciolo. La piccola imbarcazione porta evidenti i segni dell’attacco del primo mattino, ma ancor più che nel legno è negli occhi spenti ed arrossati dal pianto dei suoi occupanti che si comprende l’orrore. Ril yiù era rimasta seduta sul molo, appoggiata alla schiena di Mosul. Osservava oramai da ore la superficie del mare leggermente torbida, mentre il sole del mattino che saliva si faceva lentamente più caldo. Sentiva forte nel cuore quella sensazione di dolore quasi insopportabile che l’aveva costretta a precipitarsi fuori dal letto nel cuore della notte. Il grande gatto rimaneva in silenzio al suo fianco. Fissava un punto lontano all’orizzonte, quasi come se riuscisse a vedere i tre amici che la sera prima avevano preso il largo sulla piccola barca di legno. Intorno a loro la vita di sempre animava il villaggio di pescatori che con tanto calore li aveva accolti nel suo grembo. Di tanto in tanto qualche passante li riconosceva e accennava un timido saluto, ma subito ritraeva la mano notando l’assenza negli occhi della ragazza e l’immobilità che rendeva le due figure simili a statue di pietra abbandonate sulle tavole del porticciolo da qualche scultore distratto.

    Faceva freddo, la neve non accennava a smettere di cadere ed il ghiaccio aggrediva con foga i piloni di legno, rallentando il moto ondoso. Ormai la sera incombeva quando la piccola imbarcazioni comparve nel turbinio di cristalli di ghiaccio con a bordo solo due figure curve. Ril yiù provò a sollevarsi di scatto, ma la posizione mantenuta invariata per troppo tempo le aveva intorpidito gli arti immobili e ricadde quasi subito a sedere sul legno gelato e scivoloso con una smorfia di dolore. Viceversa Mosul, che in quelle ore di attesa si era più volte mosso nel vano tentativo di scrutare l’orizzonte scuro, balzò in piedi sulle zampe e cominciò a correre verso l’estremità del camminamento che terminava direttamente sul mare. Man mano che l’imbarcazione si avvicinava divenne chiara l’assenza di uno dei tre originari occupanti. Senza rendersene conto la ragazza cominciò a piangere rimanendo seduta sulle assi, priva di forza. Thomas era scomparso. La barchetta toccò il porticciolo e si arenò dolcemente nell’acqua torbida e semi-ghiacciata che lambiva i piloni. Ibrahim e Sacha, bagnati ed intirizziti, portavano chiari i segni di una lunga fatica, a bordo mancava un remo oltre a Thomas. Tristi e svuotati di ogni emozione, i due si muovevano come fantasmi nella neve, scaricando, lanciandoli sul molo affianco a Mosul, tutti gli oggetti che riempivano il fondo della barca. Poi dopo aver assicurato il piccolo natante ad uno dei ganci d’attracco conficcati nei piloni di legno che sorreggevano il camminamento, si issarono sul molo lentamente ed in silenzio, mantenendo lo sguardo sempre ben fisso verso l’orizzonte. Il grande gatto frenò la sua corsa e si accasciò di schianto sulle tavole gelate. Sacha aveva le mani e le gambe gonfie per il freddo intenso della lunga immersione del giorno prima e per il gelo della notte appena trascorsa alla voga, lo stomaco protestava rumorosamente da diverse ore ormai, ma il ragazzo non vi faceva più caso. L’immagine dell’amico fraterno che scompariva nelle enormi fauci del mostro marino era ancora ben visibile nella sua mente, stampata a fuoco vivo nei suoi occhi stanchi e arrossati. Non riusciva a pensare ad altro. Non era giusto, sarebbe dovuto toccare a lui, ma sapeva bene che non avrebbe mai trovato il coraggio per compiere un tale gesto. Tommy era sempre stato il più forte, l’esempio che il suo distratto padre non gli aveva mai dato. Fin da ragazzini Sacha aveva sempre preso Thomas a modello e cercava di assomigliargli il più che poteva. A volte si scopriva ad imitarne i gesti e le parole persino con le ragazze che andavano abbordando nella spensieratezza dell’adolescenza, che era durata però troppo poco. L’arrivo dell’oscuro viandante, infatti, aveva distrutto tutto il suo mondo per sempre e solo l’aiuto di Tommy gli aveva impedito d’impazzire, ed ora lui non c’era più. Nonostante la rocambolesca fuga nel ventre della montagna a cavallo del fiume impazzito, avevano ritrovato una qualche famiglia, un luogo sicuro dove poter provare a vivere nuovamente sereni, avrebbero dovuto godersi la nuova vita invece di intestardirsi nel voler scoprire il perché dell’esistenza dell’oscuro, forse Thomas sarebbe ancora vivo adesso, starebbe ridendo felice ed al caldo davanti al piccolo e simpatico caminetto, nella casa di Ibrahim, Ril yiù stretta al suo braccio... ed invece... Calde lacrime scesero nuovamente a bagnare le gote gelate, sembravano bruciare la sua pelle fredda e rigida mentre distoglieva lo sguardo dall’orizzonte lontano, da quella distesa mai doma, diventata la tomba del suo più grande amico, suo unico fratello. Ibrahim che lo precedeva di qualche passo, si fermò improvvisamente e per poco Sacha, immerso nei suoi tristi pensieri, non vi rovinò addosso. Mantenne a stento l’equilibrio, scivolando comunque sulle tavole gelate. Ril yiù era seduta in maniera scomposta sulla neve, fissava il mare e la piccola canoa vuota come se fosse in trance. La neve le turbinava attorno mentre il sole lentamente, ma inesorabilmente calava alle sue spalle, lontano, dietro i grandi alberi della foresta. Illuminata dal bagliore rossastro del tramonto che si fondeva con la sua chioma ribelle, sembrava una dea del passato, affranta per la morte del suo eroe più grande, distrutta dall’immenso dolore, ma sempre bellissima ed allo stesso tempo terribile.

    La discesa si faceva più lenta ed il freddo aumentava. Thomas respirava sempre più a fatica avvolto com’era dai fumi e dai gas che dallo stomaco del grande squalo inerte salivano verso la bocca spalancata di quest’ultimo. Ormai la piccola bolla d’ossigeno intrappolata nel corpo del grande predatore defunto si era quasi esaurita e il ragazzo sapeva che da lì a poco la morte lo avrebbe infine raggiunto negli abissi. Mentre cercava di mettere a fuoco il blu del mare incastonato nella cornice di denti affilatissimi che coronavano l’immensa bocca, la grande carcassa impattò con violenza un ostacolo improvviso che ne arrestò bruscamente la discesa. Tommy venne immediatamente spinto verso l’alto dai muscoli rigidi dello squalo morto che nel colpire la superficie solida di qualche oggetto stranamente lineare, erano come collassati gli uni sugli altri imprimendo al corpo del ragazzo una spinta verticale di discreta violenza. Con i piedi doloranti, ma liberi e ricoperto dal sangue denso e ancora tiepido del mostro, Thomas, sparato fuori dal tratto digerente, riuscì ad uscire nel blu che pochi istanti prima cercava di scorgere.

    Fortunatamente era riuscito a prendere un ultimo, disperato respiro, immagazzinando nei polmoni doloranti tutta l’aria rimasta e anche se gelato dall’improvviso contatto con l’acqua e spossato per lo sforzo, riuscì a nuotare lontano dalla carcassa quel tanto che bastava per non farsi trascinare a fondo dal vortice che questa riprese a generare superando il momentaneo ostacolo, per perdersi poi nel buio. Sotto di lui, a pochi metri dai suoi piedi nudi, una distesa di alghe e coralli ricopriva quella che sembrava una piccola piazzetta di nuda pietra, perfettamente in piano. Appena sotto la sommità, riflessi argentei, stranamente innaturali a quella profondità, richiamarono l’attenzione degli occhi arrossati che il ragazzo cercava di tenere aperti combattendo a fatica con il bruciore che la salinità dell’acqua gli provocava.

    Quella che all’apparenza sembrava una parete regolare di metallo, scendeva andando a perdersi nello stesso buio immoto che aveva accolto il grande squalo nero nella sua ultima discesa verso il fondo. Thomas non poteva soffermarsi troppo a riflettere; i polmoni cominciavano a bruciargli con violenza per la mancanza d’aria e gambe e braccia non lo avrebbero sorretto ancora a lungo, non poteva risalire, si trovava troppo lontano dalla superficie e non sapeva se i suoi amici lo stessero ancora cercando. Osservando meglio la parete brillante sotto di sé notò che in alcuni punti i riflessi si interrompevano bruscamente per riprendere poi poco dopo, forse vi era una qualche piccola apertura in quella costruzione, tanto valeva provare a raggiungerla. Prese a nuotare con forza verso quelle ombre.

    Capitolo 2

    Il piccolo orsetto bianco si agitava costantemente nel sonno. Poco dopo averlo preso con se, l’Oscuro Viandante e Baldor avevano ripreso il viaggio verso il polo e superata la lingua di mare ghiacciato che divideva un tempo il continente dalla banchisa artica, avevano raggiunto un piccolo insediamento abbandonato da secoli, una stazione di ricerca meteorologica automatizzata che, se avesse avuto corrente, avrebbe potuto tranquillamente continuare a trasmettere dati in automatico. Dentro la costruzione di modeste dimensioni, lo strano trio aveva trovato rifugio per la notte e ben presto il sonno e la stanchezza li aveva sopraffatti. La luna alta nel cielo artico illuminava la distesa bianca e fredda che ancora li separava dalla loro meta.., ma qual’era? Dove stavano andando? e perché? Il Cacciatore si era svegliato dal leggero dormiveglia nel quale entrava ed usciva di continuo, sentiva l’agitazione dell’orsetto e la faceva sua. Baldor invece dormiva come un sasso, per metà affondato in un mucchio di scatole e stracci, sembrava un’enorme pietra sospirante e rumorosa. Uscì nella notte nudo, assaporando il freddo secco che aggredì immediatamente il suo corpo potente e snello. La tormenta sembrava essersi placata ed il cielo, sgombro e luminoso, proponeva tutta la sua magnificenza stellata. Con gli occhi neri rivolti alle stelle, il Cacciatore si perse nei pensieri e lasciò vagare la mente in quei pochi ricordi che ancora affollavano la sua memoria. Immagini di morte, sangue e dolore, ma anche qualcos’altro... gli occhi chiari di quella insignificante umana che lo scrutavano senza timore nel caldo umido e odoroso di fieno della stalla. Curiosamente si rivedeva in quella giovane che proteggeva con veemenza il piccolo puledro, non aveva forse raccolto l’orsetto orfano a denutrito che ora dormiva al caldo nella stazione abbandonata alle sue spalle? Altre immagini si affacciavano con violenza per poi svanire, lasciando solo una lieve scia nella sua mente; muri rossi, pareti di metallo anch’esso rosso che si specchiavano sulla terra ai suoi piedi, davanti ai suoi occhi distese di costruzioni, vita frenetica che scorreva sotto di lui, dentro di lui e quel richiamo, forte, prepotente quasi doloroso che faceva scaturire le immagini, che torturava ogni suo passo, ogni pensiero.

    Disteso sulle pelli di lupo grigio che ornavano il letto del capo villaggio, il generale Rading sorseggiava una tazza di ottimo caffè osservando il corpo ancora caldo dell’ultimo uomo che aveva osato sfidarlo. Si chiamava Devis Afolso, o qualcosa di simile ed aveva mantenuto per anni le porte del suo villaggio sprangate alle orde di predoni che dalla cittadella arrivavano sin lì per recuperare la tecnologia del passato o semplicemente per rapire donne e uomini da impiegare come schiavi nei magazzini. Ora pendeva davanti alle mura della sua casa, il collo spezzato dalle mani dello stesso generale, gli occhi sbarrati e la bocca orribilmente atteggiata nell’ultimo urlo di dolore.

    Darrew, il primo luogotenente di Rading, montava la guardia fuori dalla porta anche se non c'è n'era bisogno data la forza incredibile del suo comandante, ma lui teneva alla disciplina e doveva essere d’esempio per gli uomini.

    La neve continuava a cadere ora più rada, il paesaggio immacolato dava l’illusione di pace e ordine, ma la realtà era molto diversa. In fuga dall’Oscuro Viandante e dal freddo dell’inverno, erano arrivati alle porte del villaggio che avevano poi conquistato con l’inganno. Durante l’assalto quasi nessuno era rimasto ferito e quando ciò accadeva i civili non facevano molto caso a chi li comandasse di volta in volta, vivevano come potevano e pensavano a rimanere fuori dai guai il più a lungo possibile. Darrew si fidava ciecamente del generale, ma ultimamente aveva notato comportamenti molto strani in Rading. Aveva rinunciato ad affrontare il Viandante, preferendo distruggere la cittadella che con tanta fatica e lavoro era riuscito a fortificare, a rendere autosufficiente, aveva abbandonato Megy al suo destino, forse credendolo morto o peggio ed era fuggito alla testa della colonna... Fuggito!!!! Il generale Rading non era mai fuggito di fronte a niente e nessuno, ma soprattutto non aveva mai lasciato nessuno della sua guardia personale indietro! Il generale combatteva a mani nude contro i lupi grigi, enormi creature folli e selvagge e lo faceva per diletto, per rompere la noia, possibile che un uomo simile potesse provare paura? Questo Oscuro Viandante era dunque tanto terribile da spaventare un superuomo come il generale? Darrew stentava a crederlo, ma i fatti lo dimostravano. Si trovavano a quasi ottanta chilometri dalla cittadella distrutta, al riparo dietro alte mura di pietra e tronchi, ma quanto sarebbe durata la sicurezza effimera di quel rifugio? Un trambusto alla sua sinistra lo riscosse dai pensieri dubbiosi che lo tormentavano, un piccolo manipolo di armati stava infastidendo due ragazze e gli uomini del villaggio cominciavano ad essere pericolosamente numerosi. Scese velocemente le scale che davano alla strada, non prima di aver ordinato ad un suo sottoposto di rilevarlo momentaneamente e stava già impartendo ordini vigorosi all’indirizzo degli armati quando una considerazione improvvisa lo colse di sorpresa; la paura, se ben usata, era una grande arma.

    Mollemente adagiato sul letto ascoltava i rumori provenienti dall’esterno, dal villaggio che ora gli apparteneva. Curioso il destino; per anni i suoi uomini avevano cercato di depredare quelle case, per anni la sua roccaforte, la cittadella, aveva dovuto piegarsi alle richieste di un presuntuoso piccolo uomo che se ne stava al sicuro dietro le sue mura ed ora quello stesso uomo penzolava senza vita sulle stesse, cibo per corvi e monito per i traditori. Nessuno poteva fermarlo, avrebbe rimesso in moto il pianeta, segnando il percorso da intraprendere per far sì che il passato tornasse presente, il suo presente. Avrebbe dominato un mondo di ordine e progresso col piglio del conquistatore, incutendo terrore e rispetto con l’unica cosa che sapeva fare bene; uccidere i traditori. Erano ovunque! Lo sapeva, lo spiavano tramando nel buio delle case, dei rifugi, nelle carovane di mercanti, ma li avrebbe trovati ed uccisi tutti e dopo lo avrebbero temuto ed ammirato, proprio come Darrew. Il luogotenente era fuori dalla porta in quel momento, per vegliare su di lui, per proteggere il suo signore. Avrebbe potuto stritolare il suo cranio con una mano sola se solo lo avesse voluto,

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