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Hayry Washington
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Hayry Washington

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Washington 1869
Hayry è una mezzosangue, figlia di un’Indiana apache e di un uomo bianco, ha sempre vissuto liberamente in Arizona, fra gli Indiani, ma decide di lasciare i luoghi della sua infanzia e di seguire il padre a Washington, dopo aver perso l’uomo che amava. Si trova così a vivere in un mondo per lei completamente nuovo, fra persone che l’accolgono in amicizia e altre che la guardano con diffidenza. Nella grande città l’attendono ancora pericoli e avventure, nemici spietati che si nascondono nell’ombra, battaglie che si combattono nelle aule di tribunali e nei salotti eleganti, ma affronta ogni nuova situazione con il coraggio e la determinazione che la caratterizzano. Mentre il padre, Diamond, deve ricorrere al tribunale per tornare in possesso delle sue proprietà, lei combatte per proteggere la vita di un amico del padre, un politico che si batte per i diritti degli Indiani. Riesce a sventare un attentato alla sua vita con l'aiuto di un avventuriero che aveva conosciuto in precedenza in Arizona e che ha incontrato nuovamente a Washington. Piano piano, seppur ostacolata dai ricordi e dai rimpianti, riesce ad adattarsi e ad accettare quella nuova vita, trova nuovamente l’amore e la forza di superare i dubbi e le incertezze che ostacolano la sua voglia di cambiare e di provare ad essere felice.
LanguageItaliano
Publisherlfapublisher
Release dateFeb 9, 2018
ISBN9788833430409
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    Hayry Washington - Giugno Salvatrice

    SALVATRICE GIUGNO

    HAYRY WASHINGTON

    SALVATRICE GIUGNO

    HAYRY WASHINGTON

    PRIMA EDIZIONE- GEN. 2018

    ISBN

    Lello Lucignano Editore

    Tutti i diritti sono riservati. © Copyright LFA Publisher

    Via A. Diaz n°17 80023 Caivano - Napoli – Italy

    Tel. e Fax 08119244562

    www.lfaeditorenapoli.it - www.lfapublisher.com - info@lfapublisher.com

    Partita IVA 06298711216

    Facebook, Twitter, Instagram & Youtube: LFA Publisher

    PROLOGO

    ARIZONA 1869

    Era inverno quando era salita sulle Montagne Bianche.

    I boschi e i prati erano bianchi di neve e sparivano quasi sotto la soffice coltre bianca.

    Era salita sin lassù attraverso boschi e sentieri inesplorati, e aveva cercato Kuman, il vecchio della montagna, lo sciamano che aveva il potere di raggiungere il regno dei morti. Era andata da lui perché aveva perduto il compagno della sua vita, perché desiderava disperatamente rivederlo ancora.

    Il vecchio sciamano la fissava con i suoi occhi ciechi e scuoteva il capo dolcemente.

    «No, Piccola Figlia. Non posso farlo.»

    Hayry lo guardava e lo supplicava con le lacrime agli occhi.

    «Ti prego... tu hai il Potere, Kuman. Tu puoi condurmi nel mondo dei morti, nel regno della grande luce, tu puoi farlo; e io potrei rivederlo ancora!...»

    «Se ti portassi da Mescal non saresti più capace di tornare indietro, non vorresti più tornare.»

    «Perché dici questo? Lo hai fatto già una volta e siamo tornati...»

    «Era diverso: Mescal era in pericolo e tu volevi salvarlo. Lo hai riportato indietro perché lui non aveva ancora varcato la soglia della morte. Ma ora lui è oltre la grande luce; per raggiungerlo dovresti oltrepassare anche tu quella luce... e non torneresti più indietro.»

    «Tu mi riporterai indietro, sciamano, tu hai il Potere.»

    Kuman continuava a scuotere il capo lentamente, con decisione. «Il vostro legame sarebbe più forte del mio potere. Non potrei riportarti nel mondo dei vivi; tu non lo vorresti.»

    «Kuman... io...»

    «No.» La voce del vecchio era stanca e addolorata. «Sarebbe facile raggiungere il tuo compagno, sarebbe facile e vile. Tu sapevi guardare il mondo con il cuore, sentivi la forza che scorre nell’universo, sentivi la vita che scorre dentro tutte le creature. Il tuo spirito è grande, figlia mia, grande e forte; ma tu lo hai dimenticato, hai dimenticato tutto quello che ti ho insegnato… tu stai lasciando morire il tuo cuore.»

    Hayry lo fissava piangendo, senza riuscire a rispondere.

    «Hai perduto Mescal e ora stai perdendo te stessa; non puoi permettere che questo accada. Tu hai ancora la tua vita e devi viverla. Devi farlo. Per te, per le persone che ti amano, per tuo padre... Lui ha rinunciato a tutto per starti vicino, ti ha dato tanto e tu non gli hai mai concesso niente. Tu lo ami, certo! Saresti pronta a morire per lui; lo so. Ma non è questo che lui vuole! Lui desidera solo far parte della tua vita; e tu non glielo hai mai permesso, lo hai sempre ignorato. Lui ha sempre messo la tua felicità davanti a tutto; e tu non te ne sei mai curata. È tempo che sia tu a prenderti cura di lui, che cominci a pensare anche agli altri, non solo a te stessa.»

    HAYRY

    Il treno avanzava attraverso le montagne lasciando nell’aria una densa nuvola di fumo nero.

    La locomotiva sbuffava e sibilava mentre risaliva gli impervi fianchi montuosi, trascinando nella sua corsa i lunghi vagoni stipati di bagagli e di passeggeri. I viaggiatori se ne stavano ammucchiati come sardine sugli scomodi sedili di legno, se erano stati tanto fortunati da trovare un posto a sedere, o sedevano sui loro stessi bagagli, accatastati alla meglio sul pavimento di legno.

    Il brusìo delle voci e delle risate era alto e incessante, si confondeva con il rumore martellante delle ruote di ferro.

    Oltre ai normali vagoni, dotati di semplici sedili di legno, il convoglio comprendeva anche una carrozza di prima classe, un vero gioiello, orgoglio della Union Pacific, che ospitava soltanto quattro viaggiatori ed era dotata di tutte le comodità possibili. La carrozza era occupata per metà dalle cabine destinate ai passeggeri e per metà era arredata come un piccolo salottino. Le cuccette erano comode e pulite, disimpegnate l’una dall’altra, e garantivano la privacy dei loro occupanti; il salottino era confortevole e arredato con mobili eleganti: un ampio tavolino al centro, poltroncine imbottite, morbidi tappeti sul pavimento e tendine di velluto ai finestrini, oltre ad un piccolo mobile bar ben fornito, fissato a una delle pareti.

    Diamond William Grayner, se ne stava in piedi accanto al finestrino e osservava con espressione assorta il paesaggio che sfilava e mutava continuamente sotto i suoi occhi. Era un uomo maturo, con i capelli striati di bianco e la fronte solcata da rughe sottili, testimonianza di un’esistenza difficile e niente affatto serena. Gli occhi erano verdi ed erano accesi in quel momento da un’emozione intensa e profonda, un’emozione molto simile alla felicità.

    Ogni tanto Diamond lanciava un’occhiata verso gli altri due passeggeri: Vincent Colyer, inviato del Dipartimento Indiano di Washington, e il suo segretario, il signor Frederick Phol, entrambi seduti al tavolino, intenti a riordinare carte e documenti.

    Colyer si scostò un poco dal tavolo e accavallò le gambe con gesto misurato, si lisciò i risvolti dell’elegante giacca di lana e guardò verso il suo amico Diamond.

    «Stavolta è andata bene!» Sospirò soddisfatto. «Una volta tanto abbiamo concluso accordi amichevoli con gli Indiani e il presidente Grant riceverà un rapporto più che soddisfacente!»

    Il piccolo signor Phol alzò lo sguardo dai suoi appunti e annuì meditabondo, dandogli ragione.

    Anche Diamond fece segno di sì col capo.

    «Già e forse stavolta il tuo lavoro darà frutti che dureranno abbastanza a lungo.»

    A differenza degli altri due uomini, Diamond non indossava eleganti vestiti da viaggio; la sua giacca di pelle, i capelli lunghi sino alle spalle e la pelle fortemente abbronzata lo facevano assomigliare a un Indiano più che a un uomo bianco.

    «I Navajos riceveranno cibo e rifornimenti dal governo a patto che rinuncino alla guerra e alle scorrerie.» Aggiunse Colyer. «Sono condizioni molto vantaggiose e io sono certo che i Navajos rispetteranno gli accordi.»

    «E gran parte del merito va al tenente Drew. Se lui non avesse speso giorni e mesi a convincere i capi Navajos ad incontrarti a Fort Defiance, adesso noi non staremmo qui a cantar vittoria.»

    «Hai ragione: stavolta l’esercito mi ha dato una mano. Se lo avesse fatto anche due anni fa, quando venni in Arizona la prima volta per trattare la pace con Kocis...»

    Colyer sospirò e lasciò la frase in sospeso, mentre Diamond si allontanava dal finestrino e andava a sedersi vicino a lui.

    «Due anni fa non abbiamo avuto fortuna.» Disse Diamond Grayner; sospirò e aggiunse tristemente: «Molte cose sono andate storte due anni fa…»

    Colyer scosse il capo, sapendo bene a cosa si riferiva il suo amico, poi si alzò e andò al mobile bar per riempire tre bicchieri di brandy, quindi tornò a sedere.

    «Però quella fu un’occasione memorabile, amico mio: è stato allora che ci siamo ritrovati.»

    Diamond sorseggiò lentamente il suo brandy, socchiudendo gli occhi pensoso.

    Vincent aveva ragione: essersi ritrovati dopo anni e anni di lontananza era stato davvero un avvenimento memorabile. Diamond aveva vissuto più di vent’anni fra gli Apaches dell’Arizona, lontano da Washingon, lontano da casa e dagli amici. Colyer lo aveva incontrato proprio in Arizona, dove era stato inviato dal governo degli Stati Uniti per concludere un trattato di pace con gli Apaches di Kocis. Diamond lo aveva aiutato a mettersi in contatto con il capo indiano, ma una serie di circostanze negative aveva impedito che la missione si concludesse positivamente.

    Colyer aveva dovuto tornarsene a Washington a mani vuote.

    Due anni dopo, però, era tornato nuovamente in Arizona per trattare la pace con gli Indiani Navajos.

    Stavolta l’impresa era riuscita e lui tornava a casa soddisfatto; più che soddisfatto, anzi, perché il suo amico Diamond tornava insieme con lui.

    «Vincent…» Diamond parve scuotersi dai suoi pensieri. «Lo sai da quanto tempo manco da casa?»

    «Se lo so? Sono venticinque anni esatti! Un giorno te ne andasti da Washington e di te non abbiamo saputo più niente; finché non ti ho ritrovato in Arizona, per caso, due anni fa.»

    «Venticinque anni, già... mia madre era morta; con mio padre e i miei fratelli non ero mai andato d’accordo, così decisi di andare via... non sapevo bene neanch’io dove...»

    «Ti confesso che non sono mai riuscito a capire bene perché lo hai fatto: avevi una compagnia da gestire, avevi la tua casa, il tuo denaro, i tuoi amici e poi... Caroline, tua sorella; vi volevate bene. Avevi una vita tua!»

    Diamond scosse il capo. «Dopo che mia madre morì non riuscivo a rassegnarmi: lei significava molto per me. Sono partito, non avevo nessuna méta precisa: volevo solo stare via, almeno per un poco; e invece...»

    «Cosa è successo in tutti questi anni?»

    «Ho viaggiato, ho girato l’America. Poi sono stato catturato dagli Apaches e ho vissuto con loro sino ad ora. Ho sposato una donna apache, ed è nata Hayry. Amavo mia moglie e mia figlia; ero felice e ho dimenticato Washington e tutto il resto. A quei tempi nessun uomo bianco era ancora giunto nei territori degli Apaches ed era facile dimenticarsi di tutto. Sono passati anni prima che arrivassero i soldati e costruissero i loro forti e le città. È stato allora che ho cominciato a pensare di ritornare a casa, ma mi sono reso conto che non era così facile: avevo una famiglia ormai. Nita non avrebbe mai potuto vivere felice fra i Bianchi, in una grande città poi!... E Hayry... lei apparteneva al popolo apache ancor più di sua madre. Più cresceva e più diventava simile a un’Indiana. Poi Nita morì durante un attacco dei soldati; aspettava un bambino allora, un bambino che morì senza mai vedere la luce... Hayry era ancora una bambina, divenne ancora più selvaggia, difficile da trattare. Cominciò a odiare i Bianchi e, durante la guerra civile, arrivò addirittura a fuggire per raggiungere il fronte, decisa a combattere contro i soldati... E ci riuscì, Vincent. Riuscì ad arrivare sino ai campi di battaglia; ma vide cos’era in realtà la guerra, vide gli uomini uccidersi e morire a centinaia. Solo questo poté ricondurla alla ragione. Ciononostante però sapevo che non l’avrei mai convinta a venire con me: Washington per lei non significava niente... e io non l’avrei mai costretta... lei è un’Apache, nel cuore, lo sarà sempre. Tu l’hai vista, Vincent, l’hai vista… come combatte e…»

    «Sì…» Colyer chinò il capo con un sospiro. «Però tu esageri un po’ le cose, Diamond… A me non sembra così selvaggia come la descrivi tu. Inoltre devo dire che tua figlia possiede una notevole istruzione; ti assicuro che a Washington conosco ben poche signorine dell’alta società che possano starle alla pari.»

    «Devo ringraziare il mio amico Glyde per questo. Era l’ufficiale medico di Fort Apache. Un giorno andai a fargli visita e portai Hayry con me; lei fu affascinata da tutti i suoi libri e volle rimanere da lui per studiare. Decise lei, come per tutte le cose che la riguardano del resto. Rimase a vivere con Glyde e la sua governante, Nessy, per tre anni; e non si limitò a studiare solamente tutti i libri che le riusciva di trovare: Nessy le insegnò a parlare in francese e riuscì pure ad inculcarle un po’ di buone maniere. Alla fine Hayry tornò a vivere nuovamente nella tribù. Per me fu un duro colpo, ma almeno avevo la consolazione di sapere che aveva ricevuto una buona istruzione e che, volendo, sapeva comportarsi come una persona civile.»

    «Alla fine però Hayry ha deciso di venire a Washington!»

    Diamond sorrise, visibilmente compiaciuto.

    «Sì, alla fine ha deciso! Quando me l’ha detto non riuscivo a crederci.»

    «Tua figlia è una ragazza fuori dal comune, Diamond; ha così tanti interessi, ed è così sicura di sé.»

    «È anche testarda e impulsiva, e troppo indipendente, Vincent. Sin da bambina ha sempre fatto quello che ha voluto lei, e molte volte ne ha pagato anche le conseguenze. Non sono mai riuscito ad imporle niente...»

    «Vorrei proprio vedere chi ci riuscirebbe! Io la trovo straordinaria... e ti confesso che ha tutta la mia ammirazione.»

    «Anch’io, Vincent, lo penso anch’io, ma... L’ho vista crescere come una piccola selvaggia, giocare con i ragazzi, cacciare e combattere come un guerriero... e non mi piaceva. Cercavo di farmene una ragione, ma non era certo quello che io volevo per mia figlia. Io non approvavo neanche l’amore che la legava a Mescal. Lui e Hayry erano cresciuti insieme, erano legati in un modo che io non sono mai riuscito a comprendere. Si amavano; e quando lui morì... dopo la sua morte lei cominciò a perdere interesse per ogni cosa. L’ho vista intristirsi e abbattersi ogni giorno di più; lei, che era così piena di vita, pareva che vivesse senza più scopi. E allora ho desiderato che tornasse quella che era prima: selvaggia finché si vuole, caparbia e sconsiderata, ma viva...»

    Colyer chinò il capo con un sospiro.

    «Certe volte mi sento in colpa.» Confessò. «Non riesco a dimenticare che quel ragazzo è morto durante la nostra prima missione.»

    «Mescal non è morto a causa tua, Vincent. Lui e Hayry hanno avuto la sfortuna di imbattersi in un uomo che li odiava a morte... ed è successo quel che è successo…» Diamond sospirò scuotendo il capo. «Questi ultimi due anni sono stati davvero difficili. Ho fatto tutto quanto era in mio potere per aiutarla e incoraggiarla. Adesso lei ha superato quei brutti momenti, ha riacquistato un po’ di serenità; però non è più la stessa: è come se avesse perso qualcosa di sé…»

    «È comprensibile; ma tu l’hai aiutata a superare la disperazione, Diamond. Questa è la cosa più importante. Il resto verrà dopo, piano piano, col tempo… Vedrai che tornerà ad essere la ragazza che conoscevamo.»

    «Sì, hai ragione. Io spero che possa ancora ricominciare una nuova vita: lasciare l’Arizona è stato un primo passo, poi verrà Washington, un mondo nuovo. Lei ha sempre desiderato viaggiare. Cambiare ambiente e fare qualcosa di diverso le farà bene senz’altro.»

    Diamond sospirò lentamente e si voltò verso la piccola porta chiusa in fondo alla carrozza.

    Attraverso le strette feritoie protette dai vetri poteva scorgere sulla piattaforma del vagone la figura sottile di sua figlia. La vedeva immobile, il capo sollevato, nonostante le sferzate del vento, lo sguardo assorto, perduto nel vuoto. La guardava e sapeva perfettamente quali pensieri occupavano la sua mente in quel momento.

    RICORDI

    Le pareti rocciose sfilavano veloci accanto al treno; i ponti sospesi al di sopra dei canyons gemevano e scricchiolavano sotto le pesanti ruote di ferro.

    Hayry guardava in silenzio il paesaggio che si perdeva dietro al convoglio. Il suo sguardo riusciva a fissare le asperità rocciose solo per pochi minuti, riusciva a cogliere le oscure profondità dei precipizi solo per pochi istanti, prima che tutto si allontanasse e scomparisse in lontananza.

    Solamente le cime dei monti e il cielo al di sopra di esse rimanevano fermi e immutabili al loro posto.

    Nella mente assorta della ragazza, però, erano impresse le immagini di altri orizzonti, di altri cieli, di altri monti.

    L’Arizona era lontana ormai; erano lontane le Montagne Bianche e le pianure del Carrizo, i monti e i deserti che l’avevano vista crescere forte e libera come il vento.

    Erano lontane le persone che aveva amato. La zia Lwna che aveva tentato inutilmente di fare di lei una brava ragazza obbediente e sottomessa; e Dyar, il cugino che, invece, l’aveva addestrata a usare le armi e a combattere come un uomo; e il dottor Glyde, che era stato il suo insegnante; e Nessy... E Buck, il vecchio scout di Fort Apache, che lei chiamava Nonno, che era stato un grande amico di suo padre, e le aveva voluto sempre un gran bene.

    E Kuman, il vecchio della montagna. Era una bambina quando lo aveva incontrato. Già allora lui era vecchio e cieco; e quello che le aveva insegnato aveva il sapore della magia. Ogni uomo ha il potere di un dio dentro di sé. Il tuo spirito possiede una grande forza, figlia mia, è in grado di sentire la vita dentro gli uomini, di avvertire le loro emozioni. Impara a sentire con il cuore e ascoltalo, ascoltalo sempre perché il tuo cuore soltanto può rivelarti la verità. Da Kuman aveva imparato a conoscere i misteri della Natura, a vivere in pace con il Cielo e con la Terra; e aveva vissuto la sua vita intensamente, con il sorriso nel cuore. Gli Apaches l’avevano chiamata Hayry, Soffio di Vento, perché vedevano in lei uno spirito libero e irrequieto, mai stanco, mai sazio di esperienze.

    Ed era lontano Mescal, il ragazzo che era stato il compagno della sua vita. Era stata bambina insieme a lui. Insieme avevano giocato ed erano cresciuti, si erano amati, uniti da un sentimento che era più grande e più forte dell’amore. Sin dai primi giorni della sua vita, sin dove si spingevano i suoi ricordi, Mescal era stato sempre con lei. Era lontano adesso, lontano, sepolto sulla riva di un piccolo fiume, lontano più di chiunque altro perché più di chiunque altro era stato vicino a lei, era stato parte di lei.

    Aveva lasciato la sua terra e si era separata dalla sua gente; ma non aveva lasciato indietro nessuno di loro, nessuno dei suoi ricordi: li teneva dentro al cuore e sapeva che non l’avrebbero abbandonata mai.

    Erano così tanti i suoi ricordi...

    Li teneva dentro il cuore, tutti, anche quelli che continuavano a farle male… Cisco… Dos Cruces... e Cuervo Blanco…

    *******

    Tre anni prima…

    Mescal era ancora insieme a lei.

    Si tenevano per mano e guardavano ammutoliti le profondità vertiginose del Grande Canyon, dove le acque gialle del Colorado scorrevano turbinose fra sabbia e rocce dai mille colori.

    Il canyon era immenso, profondo e misterioso, era uno squarcio enorme che incideva in maniera netta il ventre della terra.

    Le pareti di roccia cadevano a strapiombo verso il fondo, in un salto incredibile che superava i mille metri, erano ripide e scoscese, percorse in tutta la loro lunghezza da venature colorate, e avevano l’incredibile aspetto di un arcobaleno i cui colori si fossero fissati per sempre nella pietra. Gli strati di roccia colorata si sovrapponevano l’uno sull’altro, passavano dal nero profondo al verde, al violetto, poi al bianco, al grigio, al rosso cupo, sino a sfumare nel giallo chiaro, sull’orlo del precipizio.

    I due ragazzi guardavano affascinati i giochi di luci e ombre che si rincorrevano sulle pareti rocciose e parevano danzare con gli arcobaleni di roccia. Nell’aria gravida di silenzio, sotto i loro occhi sgranati, le forme e i colori brillavano e cambiavano continuamente; le ombre camminavano con la luce; i picchi e le cime appuntite, gli alberi e gli arcobaleni incastonati nella roccia si muovevano come animati di vita propria e parevano danzare una danza silenziosa e senza fine.

    Quel silenzio profondo e quella luce irreale parevano ricordare che quel mondo incantato non apparteneva agli uomini ed essi si erano allontanati in silenzio, timorosi di aver calpestato un luogo sacro, un luogo riservato agli Dei.

    Quando erano discesi dall’altopiano, erano stati catturati da una banda di Messicani comandati da Cisco. Sarebbero stati uccisi se un uomo non fosse intervenuto per salvarli.

    Era un uomo bianco, un Americano di nome McCormick. Non era un bandito, si era infiltrato nella banda e si era guadagnata la fiducia di Cisco con l’unico scopo di sottrargli il bottino di una rapina. Ma non era neanche uno sceriffo al servizio della legge, bensì un avventuriero che agiva per i propri interessi. Tuttavia aveva rischiato di rovinare i propri piani per aiutare i due ragazzi. Aveva fatto credere a Cisco che Mescal fosse morto e, quando il bandito l’aveva trascinata via con l’intenzione di violentarla, aveva salvato anche lei. Aveva messo a dura prova la pazienza del bandito ma era riuscito a convincerlo a lasciarla perdere.

    Abbandonati alla loro sorte, i due ragazzi erano stati soccorsi dai frati di una vicina missione.

    Hayry non aveva nemmeno aspettato che Mescal si rimettesse completamente; si era assicurata che i frati si prendessero cura di lui, poi aveva inseguito i Messicani, decisa a vendicarsi.

    Li aveva inseguiti attraverso un deserto arido e desolato, li aveva raggiunti a Dos Cruces, fra le rovine di un’antica fortezza spagnola.

    McCormick l’aveva nuovamente aiutata.

    Gli uomini di Cisco erano rimasti in pochi: era stato facile sorprenderli e sterminarli, e poi fuggire. McCormick aveva recuperato il suo denaro. Hayry aveva visto Cisco cadere sotto una pioggia di proiettili, lo aveva visto crollare in un lago di sangue e non aveva dubitato neanche per un momento di averlo ucciso.

    Ma si era sbagliata…

    *******

    Due anni prima…

    Vincent Colyer era venuto per la prima volta in Arizona.

    Quando lui e Diamond erano partiti per cercare Kocis, Hayry e Mescal erano stati felici di accompagnarli in quella missione di pace, e avevano ritrovato sulla loro strada il nemico che credevano morto.

    Cisco era sopravvissuto. Aveva la faccia mutilata e deturpata dalle pallottole che lo avevano quasi ucciso, ma era vivo... ed era tornato per compiere la sua vendetta.

    Aveva ucciso Mescal sulle sponde sabbiose di un piccolo fiume, e lì lo aveva abbandonato,

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