Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Reincarnazione: Il divino pellegrinaggio dell'anima
Reincarnazione: Il divino pellegrinaggio dell'anima
Reincarnazione: Il divino pellegrinaggio dell'anima
Ebook162 pages3 hours

Reincarnazione: Il divino pellegrinaggio dell'anima

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Nella dottrina del Buddhismo le sofferenze fondamentali della nostra vita sono quattro: nascita, malattia, vecchiaia, morte. Dobbiamo affrontarle a prescindere che siamo ricchi o poveri, buoni o cattivi, giovani o vecchi. Molte delle difficoltà a cui siamo sottoposti non si possono prevedere né evitare. Litigi tra moglie e marito, calamità naturali, guerre, incidenti, malattie. La nostra vita dipende allora da ciò che chiamiamo destino? Sempre secondo l'insegnamento buddhista, l'anima immortale si reincarna. Ma esiste davvero la reincarnazione? Se sì, dove va la nostra anima dopo la morte? E perché dobbiamo rinascere e morire continuamente? Le religioni non rispondono completamente a tali domande, e i pochi che con la loro ricerca spirituale hanno trovato una risposta, la custodiscono gelosamente. Tuttavia, anche gli scienziati iniziano a porsi pubblicamente questi interrogativi. Il cerchio sta per chiudersi. Ma forse, per completarlo, abbiamo bisogno di imparare ad ascoltare la voce nascosta nel profondo della nostra anima.
LanguageItaliano
PublisherOm Edizioni
Release dateFeb 18, 2018
ISBN9788894975185
Reincarnazione: Il divino pellegrinaggio dell'anima

Related to Reincarnazione

Related ebooks

Body, Mind, & Spirit For You

View More

Related articles

Reviews for Reincarnazione

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Reincarnazione - Sachiko Suzuki

    BIBLIOGRAFIA

    I - La vita precedente

    Nella dottorina del Buddhismo le sofferenze fondamentali della nostra vita sono quattro: nascita, malattia, vecchiaia, morte. Dobbiamo affrontarle a prescindere che siamo ricchi o poveri, buoni o cattivi, giovani o vecchi.

    Molte delle difficoltà a cui siamo sottoposti non si possono prevedere né evitare. Litigi tra moglie e marito, calamità naturali, guerre, incidenti, malattie.

    La nostra vita dipende allora da ciò che chiamiamo destino?

    Sempre secondo l’insegnamento buddhista, l’anima immortale si reincarna.

    Ma esiste davvero la reincarnazione? Se sì, dove va la nostra anima dopo la morte? E perché dobbiamo rinascere e morire continuamente?

    Le religioni non rispondono completamente a tali domande, e i pochi che con la loro ricerca spirituale hanno trovato una risposta, la custodiscono gelosamente. Tuttavia, anche gli scienziati iniziano a porsi pubblicamente questi interrogativi.

    Il cerchio sta per chiudersi. Ma forse, per completarlo, abbiamo bisogno di imparare ad ascoltare la voce nascosta nel profondo della nostra anima.

    Il professor Fumihiko Iida ha insegnato economia all’università di Fukushima.

    La sua ricerca, inizialmente volta a stimolare la volontà dei dipendenti aumentare il loro rendimento in azienda, lo ha condotto alla domanda fondamentale: cos’è la vita?

    Nel 1996 scrisse e pubblicò un libro dal titolo The real aim of our life, il vero scopo della vita.

    Molti manager, prima focalizzati sulla produttività del personale, gra zie alla lettura di questo libro sono diventati consapevoli che il punto di partenza è invece chiedersi cosa l’azienda abbia da offrire ai propri dipendenti.

    Così, grazie al Prof. Iida, è cambiato il modo di pensare dei dirigenti, la produzione è aumentata e le aziende hanno trovato notevoli benefici.

    La qualità della vita e la felicità dei dipendenti sono diventate più importanti del lavoro. Vivere e lavorare insieme in armonia è la priorità.

    Nel suo libro, Iida racconta la storia di un bambino di quattro anni, in una famiglia giapponese. Un giorno, mentre sua madre preparava la colazione, il piccolo si mise a guardare alla TV un programma in inglese. D’un tratto, cominciò a parlare perfettamente quella lingua. Sua madre gli chiese: Come fai a sapere così bene l’inglese?. Il bambino rispose: Perché ho vissuto in America.

    Come sapeva dell’America? Come poteva esserci vissuto? Il padre lo guardò e gli chiese: Hai vissuto in America?.

    Sì, ho vissuto in America ed è stato molto divertente. Avrei voluto viverci ancora una volta!, rispose il bambino.

    Era impossibile. Qualche giorno dopo, sua madre decise di approfondire l’argomento e gli fece un’altra domanda:

    Ti piace molto l’inglese?

    Sì, te l’ho già detto. È perché ho vissuto in America. Volevo rimanerci, ma Qualcuno mi ha detto di venire in Giappone. Perciò sono volato via.

    Chi ti ha detto di venire in Giappone?.

    Non lo so. Ma prima che potessi rendermene conto, ero già nella tua pancia.

    Ti ricordi di quando eri nella mia pancia?, rispose sorpresa la madre.

    Si, un giorno mi sono girato per uscire, in questo modo, disse il piccolo mostrando il movimento a sua madre. C’era molto freddo e tanta luce quando sono nato. Ho riconosciuto la tua voce e quella di papà.

    Il bambino di questo episodio non è il solo a conservare la memoria delle sue vite precedenti.

    Il Dott. Ian Stevenson, professore di psichiatria presso l’Università

    della Virginia, in quarant’anni di ricerca sul campo, ha esaminato più di 3000 casi.

    Allora è vero che esiste una vita precedente?

    Il Dott. Stevenson ci dà un esempio attraverso questa testimonianza.

    Sunita Singh nacque nel territorio di Manipur nell’Uttar Pradeshi, in India, nell’agosto 1967. Alla nascita presentava una voglia molto grande di tipo angiomatoso, che partiva dalla parte alta destra del torace e copriva quasi tutto il braccio destro. Inoltre, aveva tre voglie sulla zona destra del collo e sulla parte alta del petto.

    I suoi familiari non riuscivano a comprendere il perchè di quelle voglie, finché la bambina non crebbe e iniziò a parlare della sua vita passata. Un giorno, la nonna la portò in visita in un villaggio vicino. D’un tratto Sunita, vedendo un uomo esclamò: è mio figlio!. Disse che si chiamava Ranvir. Sembrava inoltre che una delle donne del villaggio la spaventasse, addirittura terrorizzasse. Sunita fornì altri dettagli che facevano pensare a un’esistenza precedente in quel villaggio. Raccontò di essere stata assassinata là, da sua nuora.

    Le affermazioni si riferivano alla vita di una donna, Ram Dulari, che aveva vissuto in quel villaggio con suo figlio Ranvir e la nuora. Ranvir era spesso fuori casa e in sua assenza la moglie aveva delle relazioni con altri uomini. Ram Dulari lo venne a sapere ed espresse la sua disapprovazione. Per vendicarsi, la nuora assoldò dei sicari, che una notte entrarono in casa simulando una rapina e la uccisero con una spada. Anche se la polizia non aveva effettuato arresti dopo l’assasinio di Ram Dulari, si erano diffuse voci e congetture al riguardo, nei paesi vicini.

    Il padre di Sunita conosceva quella storia. La madre invece, proveniente da un villaggio lontano, non sapeva nulla dell’omicidio. Sunita era terrorizzata dalla nuora di Ram Dulari, quando le capitava di vederla. Una volta in cui la incontrò per caso, si fece piccola per la paura e disse alla nonna: Mi ucciderà di nuovo!.

    Il referto autoptico di Ram Dulari mostrò una corrispondenza fra le ferite di spada sul collo e sul petto della donna e le voglie di Sunita. Risultò inoltre che il corpo di Ram Dulari non era stato lavato prima della cremazione.

    Ritengo che le voglie angiomatose sul petto e sul braccio di Sunita corrispondessereo alle macchie di sangue sul corpo di Ram Dulari.

    Il Dott. Stevenson condusse la sua ricerca specialmente su bambini che avevano memoria delle vite precedenti e presentavano voglie o difetti congeniti. La maggiore parte di loro aveva subito una morte violenta.

    Tra i bambini esaminati ce ne sono alcuni che parlano lingue diverse dalla loro, a volte antiche. Il Dott. Stevenson li ha definiti retaggi di vite precedenti.

    Se un bambino parla di una vita precedente, di solito inizia a farlo fra i due e i quattro anni. Alcuni possono incominciare anche prima di aver imparato a esprimersi correttamente. Magari pronunciano male le parole o comunicano a gesti. Inizialmente ciò che dicono non ha alcun senso per i genitori, che riescono a comprendere il significato delle loro parole solo molto più tardi.

    Nella maggior parte dei casi il bambino continua a parlare della vita precedente fino ai sette-otto anni. A quell’età, di solito, i ricordi svaniscono.

    Escludere la possibilità della reincarnazione impedisce ai familiari di comprendere alcuni precisi messaggi dati dai propri figli. Secondo le ricerche di Stevenson, un buon numero di genitori, invece di incoraggiare i loro bambini a parlare delle vite precedenti, cerca di reprimere le loro espressioni. In india il 41% dei genitori si dimostra sensibile a questa tematica, ma molti non accettano l’idea che il figlio abbia vissuto una vita precedente in una casta inferiore.

    Nel 2002, in Giappone, la Dott.ssa Mei Ikegawa ha condotto una ricerca sui bambini che avevano memoria delle vite passate, presso l’asilo nido di Suwa e Shiojiri, in provincia di Nagano. Il 33% ricordava la gravidanza della propria madre, il 21% anche il parto.

    Il Dott. Brian Weiss cura i suoi pazienti attraverso il ricordo del passato, così da liberarli dai loro traumi.

    I pazienti migliorano quasi sempre quando ricordano le influenze sgradevoli del loro passato. Imparano a riconoscere e correggere mo delli di comportamento inadatti e sviluppano vedute interiori osservando i loro problemi da una prospettiva più ampia e distaccata. Ma nel caso di Catherine, che avevo in cura già da tempo, la situazione non era migliorata.

    Attacchi di ansia e di panico la torturavano incessantemente. Incubi vividi e ricorrenti continuavano, e lei era ancora atterrita dal buio, dall’acqua e dalla claustrofobia. Il suo sonno era frammentario, non riposava e aveva palpitazioni cardiache. Continuava a rifiutare ogni farmaco per la paura di ingerire pillole.

    Il Dott. Weiss decidette di usare l’ipnosi su Catherine.

    L’ipnosi è un eccellente strumento per aiutare un paziente a ricordare incidenti dimenticati molto tempo prima. Non vi è nulla di misterioso. Ho ipnotizzato centinaia di pazienti e l’ho trovato utile per ridurre l’ansia, eliminare le fobie, cambiare le cattive abitudini e facilitare la rievocazione di episodi rimossi.

    Il metodo dell’ipnosi è molto diffuso tra gli psicanalisti. Generalmente, il medico conduce il paziente in uno stato di profondo rilassamento, producendo nella coscienza uno stato di estrema chiarezza. Nell’ipnosi regressiva la coscienza resta vigile e la facoltà di giudizio intatta.

    Il Dott. Weiss regredì Catherine fino all’età di tre anni.

    Aveva ricordato diversi eventi spaventosi e mi aspettavo un significativo miglioramento dei suoi sintomi. Non riuscivo a capire che cosa c’era che non andava. Era forse successo qualcosa prima dei tre anni?

    Pian piano, riportai Catherine all’età di due anni, ma non recuperò ricordi significativi. Le diedi istruzioni chiare e precise: Regredisca fino all’età da cui derivano i suoi sintomi. Ero del tutto impreparato a ciò che sarebbe successo.

    Vedo dei gradini bianchi che portano a un edificio, un grande edificio bianco con colonne, aperto sul davanti. Non vi sono portali. Indosso un abito lungo, un sacco di stoffa grezza. I capelli sono intrecciati, biondi e lunghi, mi disse.

    Ero confuso. Non mi sentivo sicuro di ciò che stava accandendo.

    Le chiesi quanti anni avesse e come si chiamasse. Aronda, mi rispose. "Ho diciotto anni. Davanti all’edificio vedo un mercato. Ci sono

    delle persone che portano ceste sulle spalle. Viviamo in una valle. Non c’è acqua. L’anno è il 1863 prima di Cristo. La zona è nuda, calda, sabbiosa. C’è un pozzo, ma non vi sono fiumi. L’acqua viene a valle dai monti".

    Quando ebbe riferito altri particolari topografici, le chiesi di avanza re di qualche anno e dirmi quello che vedeva. Ci sono alberi e una strada di pietra. Vedo un fuoco e gente che cucina. Indosso un abito scuro lungo e rozzo, e dei sandali. Ho venticinque anni. Ho una figlia di nome Cleastra. E Rachel. Rachel è la nipote di Catherine, sono da sempre molto unite. Fa caldo, aggiunse.

    Ero sbigottito. Sentivo un nodo allo stomaco, la stanza era fredda. Le sue visualizzazioni e i suoi ricordi sembravano precisi. Non procedeva per tentativi. I nome, le date, gli abiti, gli alberi. Vedeva tutto molto chiaramente. Che cosa stava succedendo?

    Avevo esaminato migliaia di pazienti, molti dei quali sotto ipnosi, ma non avevo mai incontrato fantasie come quella, neppure nei sogni. Le dissi di proseguire nel racconto fino al momento della sua morte. Non sapevo bene quali domande fare a un paziente nel mezzo di una così evidente fantasticheria. Ero alla ricerca di eventi traumatici legati alle paure e ai sintomi di Catherine. Ciò che era avvenuto al momento della sua morte poteva essere stato particolarmente traumatico. Da quello che emergeva nell’ipnosi, un’inondazione o una marea aveva devastato il suo villaggio.

    Ci sono grandi onde che abbattono gli alberi. Non c’è via di scampo. Fa freddo, l’acqua è gelida. Devo salvare la mia bambina, ma posso solo tenerla stretta. Annego, l’acqua mi soffoca. Non posso respirare, non posso inghiottire. La bambina mi viene strappata dalle braccia. Catherine ansimava e aveva difficoltà a respirare. D’improvviso, il suo corpo si rilassò completamente, e il suo respiro divenne profondo e regolare. Vedo delle nubi. La mia bambina è con me. E anche altri del mio villaggio. C’è anche mio fratello. Riposava: quella vita era finita.

    Nulla mi aveva preparato a questo. Rimasi assolutamente stupito davanti tali eventi.

    Non ho una spiegazione scientifica per ciò che è avvenuto. Vi sono troppe cose nella mente umana che vanno oltre la nostra compren sione. Forse, sotto ipnosi, Catherine riusciva a mettere a fuoco quella parte del suo inconoscio in cui conservava ricordi di vite passate. O magari aveva incontrato ciò che Carl Jung definiva inconscio collettivo, la fonte di energia che ci circonda e conserva i ricordi dell’intera razza umana.

    Mi sono occorsi quattro anni per scrivere di questo episodio e trovare il coraggio di affrontare il rischio professionale che un medico corre nel rivelare queste scoperte poco ortodosse.

    Una sera, mentre ero sotto la doccia, pensai di mettere queste esperienze nero su bianco. Mi sentivo costretto: ebbi la precisa sensazione che era il momento di farlo, che non dovevo più tener celate quelle informazioni. La lezione che avevo imparato doveva essere condivisa, non nascosta. La conoscenza era giunta a me grazie a Catherine e doveva essere resa pubblica attraverso i miei

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1