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Un battito per noi
Un battito per noi
Un battito per noi
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Un battito per noi

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About this ebook

«Chiedimi di salire da te. Chiedimelo Silvia».
«Non pensavo tenente che sapesse implorare».
Ha ragione, uno come me non ne ha bisogno. Ho sempre preso quello che volevo perché mi viene offerto su un piatto d'argento. Ma stranamente il mio ego non si sente infastidito dal suo possibile rifiuto, anzi tutto questo mi eccita, la sua sfida mi spinge a cercare di più. Cosa sia questo “più” non lo so ancora, ma se dovesse aiutarmi a cancellare la nottata e i miei incubi, le direi che ho bisogno di lei in tutte le lingue del mondo.
«Dipende dalla situazione. E con te, ne vale la pena».

Due eroi feriti e inconsapevoli. Due anime che si cercano in una storia che sa di amore, passione, paura, coraggio e di splendide seconde possibilità.
LanguageItaliano
PublisherLayla Tales
Release dateFeb 26, 2018
ISBN9788827580516
Un battito per noi

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    Un battito per noi - Layla Tales

    Layla Tales

    UN BATTITO PER NOI

    Un battito per noi

    Copyright © Layla Tales

    Tutti i diritti riservati

    Questa è un'opera di fantasia. Nomi, persone, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell'autrice. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    UUID: 94dbbc04-19a3-11e8-9e62-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Would you cry if you saw me crying?

    And would you save my soul tonight?

    Would you tremble if I touched your lips?

    Oh hold me in your arms tonight

    I can be your hero baby

    I can kiss away the pain

    I will stand by you forever

    You can take my breath away

    ENRIQUE IGLESIAS- HERO

    PROLOGO

    MILANO, GENNAIO

    Tre minuti...

    Solo tre minuti. Cento-ottanta secondi che potrebbero cambiarmi la vita. Devo racchiudere le idee nella mia testa velocemente perché pensandoci bene ho già perso trenta secondi netti per correre dal bagno e saltare sul letto.

    Stringo lo stick tra le mani, mantenendo i miei occhi immobili sul piccolo riquadro: sono agitata, sento un nodo che mi stringe lo stomaco e l’attesa sta diventando snervante.

    Certo che non ho proprio imparato nulla dalla vita. L’idea iniziale era di vivere una storia leggera e spensierata. Di fare un po' di sano e felice sesso. Nessun impegno, nessuna promessa, per una volta volevo concedermi il lusso di essere una ragazza di venticinque anni.

    Lara direbbe che è tutto " così fantastico", ma la mia migliore amica è nata per far parte di una famiglia e costruirsene una da sola. Non è sbagliato, ma non è così che lo avevo immaginato anzi, per la precisione, non ci pensavo affatto.

    Non sono sempre stata cinica, ma ho imparato che gli uomini sono tutti uguali. Clichè stupido e sentito mille volte? Probabilmente si, ma la verità è questa, e me l’hanno insegnato proprio loro, con i loro bei visi e le mille bugie che raccontano.

    Ripenso al mio primo fidanzatino, appena adolescente, quando un bacio era un peccato da confessare la domenica in chiesa e nascondersi dietro la scuola sembrava tanto proibito. Lo lasciai perché scoprii che aveva raccontato ai suoi amici tutto il pomeriggio passato insieme, comprese certe carezze, confermando l’ipotesi che non ci si può fidare di loro nemmeno quando sono appena adolescenti.

    Poi c'è stato il mio primo uomo. Fantastico, con dei capelli lunghi morbidi e biondi, era il giovane parrucchiere di mia madre, e nonostante i luoghi comuni, non era omosessuale. Per niente. Ci lasciammo perché decise di sposare un'altra e si era dimenticato di comunicarmi questo piccolissimo particolare. Quindi mentre io gli regalavo il mio amore incondizionato di ragazzina inesperta, per lui ero stata un'amica speciale prima di infilare l’anello al dito della sua amata, dandomi una nuova informazione: anche gli artisti bellocci ed esperti non conoscono il romanticismo.

    Col penultimo ho tentato la carta dell’amicizia. Saremmo potuti essere i nuovi Holly Golightly e Paul Varjak, prima amici, poi amanti, poi chissà. Per lui ho quasi messo a repentaglio la mia amicizia con Lara. Quasi, perché comunque la mia relazione con l’eterno amico d’infanzia ha avuto vita breve. Una sera al cinema ci baciammo, ed improvvisamente non eravamo più innocenti. Ma la mia vita non è come Colazione da Tiffany e al momento clou lui si è fermato e ridendo mi ha detto: Mi sembra di stare con mia sorella. Perfetta trama per uno scadente racconto pseudo-incestuoso e l’ennesimo appunto per me: è meglio evitare l’amore e le amicizie maschili.

    Alla fine della carrellata c'è stato lui. Vorrei non parlarne ma lui è il Lui con la lettera maiuscola, il peggiore tra tutti, quello capace di strapparmi il cuore e che mi ha fatto prendere una semplice decisione : Basta accanirsi contro di me, ho recepito il messaggio. Da oggi ci si diverte.

    Tra la voglia di uccidere questi esemplari maschili e quella di offenderli pesantemente, ho scelto sempre la fuga, perché pratica e veloce e soprattutto perché non amo dare spiegazioni e, seppur talvolta a pezzi, ho deciso di vivere, perché non sono una che si piange addosso per più di un minuto.

    Faccio una cazzata e affronto le conseguenze.

    Inseguo senza sosta un obiettivo e lo faccio mio.

    Decido io con chi stare, quando e come (sa tanto di Pretty Woman e funziona alla grande!).

    Ma soprattutto sta a me scrivere la parola fine.

    Non sono una maniaca del controllo, affatto. Guardando dalla porta della mia stanza non si riesce a vedere il letto. Sembra quasi che una banda di ragazzini sia entrata facendo razzia di qualunque cosa, gettando vestiti e cartacce a destra e manca. Io sono la maestra del disordine e ammetto in tutta sincerità che non è vero che nel disordine ci sia un ordine nascosto, è semplice e pura confusione, e a me sta bene così. Quando è troppa e mi impedisce di trovare le scarpe, metto tutto in lavatrice e butto il resto nella pattumiera.

    Ho i miei limiti e non mi preoccupo di fuggirli, anzi se riesco li evidenzio. Non so cucinare, non so stirare, non amo leggere e scrivere. Non mi piaceva la scuola in effetti, anche se ero davvero brava.

    Sono una ritardataria cronica. Non riesco a stare zitta un attimo, dico quello che penso e rispondo con splendide battute ma il mio humor raramente viene compreso, non che mi importi visto che io amo il mio lato sarcastico.

    Ho una sola migliore amica con cui ho condiviso tutto: Lara. Lei mi ama come non ha mai fatto nessuno, senza giudizi e pregiudizi e sarebbe la mia metà perfetta. Il resto delle persone che incontro sono conoscenti, gente con cui scambiare messaggi e sorrisi ma che non hanno la possibilità di conoscermi davvero.

    Due minuti…

    Sapete quanto pesa questo minuscolo stick? Tralasciando poi che fare la pipì senza sporcarmi è stata la mia missione impossibile di tutta la settimana.

    Certo un ritardo è un ritardo, non vuol dire per forza guaio-grande-come-un-bambino.

    Qualche giorno potrebbe significare che lo stress accumulato negli ultimi mesi ha manomesso il mio organismo. E ci tengo a far presente che l’ansia è stata la protagonista degli ultimi tempi.

    Una decina di giorni li posso spiegare aggiungendo che ero anche davvero arrabbiata.

    Un mese...non è che ho una malattia o un qualche problemino? Anche un cambiamento ormonale. Forse mi sto trasformando in un uomo come punizione per averlo trattato male. Certo ero giustificata, e comunque mi sono scusata ed ora tra di noi va tutto bene, no?

    Non è che io non lo ami, anzi, io sono sicura di amarlo.

    Ripenso al suo viso, alla sua dolcezza, al suo modo di farmi sua completamente mentre facciamo l'amore. Perché sono stata tanto cieca? Dovevo ascoltare il mio cuore e dargli la possibilità che mi ha chiesto implorando senza aspettare.

    Mi sono spaventata, ecco la verità.

    Il mio passato l'ho risolto, non ho ripensamenti o rimpianti, ma un po' di pazienza per favore! Il presente è ancora un’incognita per me, ho mille dubbi, tremila insicurezze che non sapevo nemmeno si potessero avere. E poi lui con il lavoro che fa, cosa pretende? Oggi c'è e domani parte per due mesi. Poi torna, sempre se torna, e riparte per altri sei mesi. Mi ha chiesto di fidarmi, ma quanto può resistere un uomo alla tentazione? L'esperienza mi insegna che la paglia vicino al fuoco brucia, eppure...

    Lui mi fa credere che tutto sia possibile. Proprio io che ho bisogno di contatti fisici, di sicurezza, di sapere che è qui con me, soprattutto oggi per fare questo disperato test insieme, sono disposta a credere che per noi c’è una speranza, un futuro.

    Mi faccio sopraffare dalla solitudine e dallo sconforto: in queste condizioni pietose, con un pigiama giallo pieno di orsacchiotti mentre mi mordo un’unghia, le gambe incrociate e un velo di sudore sul viso come faccio a dirglielo visto che è ripartito? Come posso affrontare tutto questo da sola? Non sono poi così forte.

    Un minuto…

    Oddio oddio oddio...

    Ansia, paura, sorpresa e trepidazione, mi scorrono nelle vene. Dovrei distrarmi magari parlare con qualcuno. La mia amica non posso chiamarla e a casa sono sola.

    Penso ad Andrea. Prenderlo a parolacce potrebbe essere divertente ma quello scavezzacollo si è innamorato. Anche lui è diventato dolce come un bignè. Intendo per quell’espressione che gli si dipinge sul viso quando guarda la sua ragazza e pensa che nessuno lo stia osservando. In quanto alla voglia di mangiarlo, non ho mai avuto dubbi. È bello, sexy ed era senza impegni. Aveva solo quel piccolo difetto di essere l’amico di Lara e certe cose non si fanno. Non che Roberta si sia fatta scrupoli, ma lei ha pensato di viverci insieme, io solo di rotolarmi solo nel suo letto e nel mio. Eventualmente anche a terra o dovunque fosse possibile. E poi basta, niente promesse, niente animali per casa, nessun trasloco. Saremmo andati d’accordissimo, sotto quel punto di vista siamo molto simili, e non ci saremmo illusi con finti sentimentalismi.

    Sono contenta per lui se ha trovato qualcuna che lo sopporti, e forse sono anche un pochino invidiosa che tutti abbiano ciò che io volutamente ho allontanato da me.

    Chiese, fiori, ristoranti. Una volta le sognavo anch'io queste cose, poi ho deciso che il per sempre felici e contenti non faceva per me. Oggi però non ne sono tanto sicura, ed è tutta colpa sua. Non solo per questi ultimi tre minuti ma per come mi sono sentita ieri, e il giorno prima ancora. E nei mesi passati insieme.

    Perché senza di lui ero persa, forse lo sono sempre stata, ma lui ha saputo ritrovarmi.

    Perché quando mi ha detto che mi amava ci ho creduto.

    Perché ho rischiato di impazzire quando ho visto a casa sua una donna.

    Perché ho tremato con lui e mi sono sentita protetta.

    Perché anche quando non c'è rimane il mio pensiero fisso.

    Perché anche se non mi volesse più, lo cercherei sempre, trovandolo nel mio cuore.

    Leggo le istruzioni sulla scatola: due linee positivo, una negativo. Inspiro e trattengo il fiato. Chiudo gli occhi, per riaprirli un attimo dopo. Espiro.

    Ed eccola lì la verità, due linee ben distinte e u na lacrima mi bagna il viso. Felicità e confusione mi travolgono. Ed ora che sono sola, cosa faccio?

    CAPITOLO 1

    SILVIA

    Qualche mese prima

    «Si mamma, ho capito. No, non vengo questa settimana, ma per la prossima ci sarò. Ho quasi pronto tutto e dovrei riuscire a portarli da sola. Ti chiamo io tranquilla. Ti voglio bene!». Chiudo la conversazione con mia madre scuotendo la testa. L'idea di tornare a casa mi rende serena, ciò che mi infastidisce è partecipare al matrimonio di una cugina a me sconosciuta. Purtroppo per i miei la mia presenza è fondamentale, quindi alla fine ho ceduto.

    Da quando sono a Milano, devo ammettere che parlo con loro molto più spesso, non che ci siano mai stati problemi. Papà fa il ragioniere, mamma la casalinga. I nostri rapporti sono sempre stati civili e da adolescente ho avuto molta più libertà rispetto ai miei amici, quindi sarebbe stupido lamentarsi. Non si sono dimenticati un compleanno, papà tutte le sere mi chiedeva come fosse andata la mia giornata, mamma non mi faceva mai mancare un pranzo, che trovavo pronto anche quando non c'era perché era impegnata con il comitato del volontariato. Mi vogliono bene, e questo era il loro modo di dimostrarlo. Li avrei voluti differenti? Non lo so, una ragazza cambia idea davvero troppo spesso, e a seconda del momento. A volte quando ero a casa di Lara e rimanevo a cena da lei, era difficile non notare le differenze. A casa mia non ci sarebbe mai stata tutta quell'allegra confusione. Mio padre non avrebbe mai scherzato con mia madre, dandole baci davanti a tutti. Mio fratello, per quanto fossimo uniti, non mi avrebbe mai tirato palline di pane. Per me stare da loro era come trascorrere una serata di eccessi in famiglia. Nessuna formalità, ma solo bocche e mani sporche. Confidenze e barzellette. Due ore con loro e non la smettevo di ridere.

    Si, forse quello mi mancava, ma adoravo i miei genitori e non li avrei mai cambiati.

    Smetto di fantasticare accorgendomi di essere in ritardo e per non peggiorare la situazione corro cadendo su alcuni vestiti lasciati a terra, riprendendo l'equilibrio poco prima di finire sulla porta della mia stanza.

    Ho affittato un appartamento a Milano appena ho vinto lo stage per entrare in una casa di moda. Era il mio sogno e l’ho capito abbastanza facilmente visto che solo due argomenti mi interessano davvero: lo sport, che ormai preferisco praticare da sola, e lo shopping, che sono obbligata a fare da sola. Nessuno ha il mio livello di pazienza nello scovare il negozietto giusto, dopo averne visualizzati un numero infinito, per poi passare ore a fare prove su prove. Quando però ho scoperto che ero in grado di disegnarli e farli su misura, il mio mondo interiore ha sorriso di gusto ed è stato tutto più semplice.

    Dovendo scegliere dove proseguire gli studi, come potevo non trasferirmi nella capitale della moda? La Fashion Style di Milano un anno fa ha indetto un concorso per giovani stilisti ed io ho inviato i miei campioncini. Dopo un mese la loro risposta fu positiva e voilà! Da allora sono una loro stagista. In realtà sembra più che io faccia la segretaria. Disegno, smisto le carte, parlo con le sarte. I piani alti sono per me sconosciuti, per ora, perché avrei puntato ad una poltrona niente male.

    «Ciao!». Mei, la mia coinquilina è già bella e saltellante in cucina.

    È cinese. No, forse giapponese, non lo so di preciso visto che non gliel'ho chiesto, ma mi sembrava maleducato intromettermi nei suoi affari privati. Adoro come parla e il fatto che sorrida spesso. Almeno non è depressa come l'ultima, anche se fatico ad apprezzare che tutta questa sua vita si manifesti prima del mio caffè.

    Insomma mi piace il suo yin ma odio il suo yang.

    Veste in maniera eccentrica ed oggi ne è un esempio con la maglia coloratissima e la gonna gialla con tanto di balze ed orlo in pizzo. Calzettoni e scarpe con il tacco completano la mise. Ah, ci sarebbe il ciuffo viola, una chicca. Ma è perdonata, in fondo lavora con me e anche lei è un’artista.

    «'Giorno», saluto con meno vivacità di lei mentre prendo una tazza. Non sapevo fare il caffè fino a due anni fa. Ora ci riesco. E ci aggiungo la nutella e il latte, una vera delizia.

    «Buongiolno! Tu svegliata taldi oggi!». L’ho detto che amo come parla? Non è una supposizione di noi italiani: lei la 'r' non riesce a pronunciarla, il che la rende molto dolce. Certo, forse Mei ha proprio dei problemi con l'italiano nonostante gli anni trascorsi qui, e sospetto che i tre mesi con me hanno peggiorato la sua situazione visto che ultimamente quando si arrabbia sbuffa e grugnisce.

    «No io svegliata in tempo perfetto Mei. Tu piuttosto...il gallo ti ha buttata giù dal letto?»

    «Gallo?» mi guarda con gli occhi sbarrati.

    «È un pennuto, un uccello credo». Ci penso un attimo: che razza di animale è? «Cioè non vola ma ha le ali». La fisso e capisco che con i miei ragionamenti la sto confondendo di più.

    «Non ho un uccello!» Esclama lei ed io alzo le mani per giustificarmi.

    «No, no…». Sospiro, guarda come devo iniziare le giornate. «È un modo italiano per dire che ti sei svegliata presto», le spiego mentre mi siedo al tavolino.

    «Ah!». La sento urlare e per poco non mi prende un infarto. «Italiani stlani ploplio». Noi eh? «Allola, stasela festa!».

    Mi alzo e sciacquo la mia tazzina, metto a posto caffè e zucchero e mi giro a guardarla «Cosa si festeggia?».

    «Mei!» Si indica col pollice ed io alzo un sopracciglio sicura di non aver dimenticato il suo compleanno, anche se non sarebbe una sorpresa, mi succede sempre. Sul suo viso però si apre un sorriso sincero e felice. « Fashion style ha scelto Mei pel nuova collezione».

    Bam, un colpo secco.

    «Hanno scelto? Ci sono i nomi?».

    «Capa ha detto solo Mei». Abbassa gli occhi come se si sentisse in colpa.

    Ogni sei mesi viene scelto un fortunato stagista che potrà esporre due sue creazioni nella sfilata successiva. A quanto pare neanche stavolta sono stata io la prescelta.

    «Fantastico...» borbotto.

    «Mi dispiace». Lo so che è sincera, ognuno di noi tiene molto a questa opportunità, quindi sappiamo cosa vuol dire non essere accettati, ma la pietà non fa per me.

    Alzo le spalle con sufficienza. «Tranquilla, sarà per la prossima volta. Dov'è che si va stasera?».

    Controllo l'abito verde che mi fascia il corpo per la centesima volta. Lavoro per un'azienda di moda dove l'apparenza vale più di chi davvero sei. Professionalità, eleganza e creatività, sono i concetti base su cui punta la mia azienda. Ed io li posseggo tutti e tre, inutile che mi metta a fare la modesta. Sono dannatamente brava e prima o poi qualcuno dovrà accorgersene.

    Cammino sicura sulle mie bellissime tacco 12 nere lucide, un vero tocco di classe, ed entro nella sede. La scritta Fashion Style mi apparirebbe in tutta la sua potenza, se non fosse che è viola, con eliane e farfalle lilla che la circondano. Forse c'è una fissazione per questo colore.

    Nulla in contrario davvero, a me piacciono i colori. Ho indossato un rosa shocking per il matrimonio di Lara, quindi non si può dire che io sia monotona. Ma quel viola proprio non mi piace. Mi dirigo alla mia postazione salutando i ragazzi, lavoratori sottopagati e sfruttati come la sottoscritta.

    «Ciao bellezza, come va stamattina?». Richi, il mio vicino di banco, compagno di bevute e disavventure. Bello, biondo e con un fisico da far invidia a Thor, ovviamente gay dichiarato.

    «Una meraviglia. Saputo di Mei?».

    Fa una smorfia. «E dire che l'idea di usare il kimono gliel'ho proposta io!».

    Mi spazientisco. Siamo tutti amici fuori di qui, ma nel nostro lavoro la concorrenza è spietata. Non dico di essere sleali ma proporre una tua idea ad un altro significa essere kamikaze. «La prossima volta non dare consigli».

    Riccardo rimane impassibile alla mia acidità, ha imparato a conoscermi. «Mmm nervosette? Da quanto non pratichi attività...ecco diciamo piacevoli?». Lo guardo fingendo stupore. « Me lo stai davvero chiedendo?».

    «Si tesoro, da quanto non fai sesso?»

    «Non credo ci sia attinenza tra questo e il fatto che non mi abbiano scelta. È più probabile che abbiano preferito Mei per il suo ciuffo viola. Sapevi che qui è prerogativa fartelo piacere?» rispondo, deviando il discorso, nel modo più banale possibile.

    «È si, proprio un bel po'. Ma stasera si rimedia!»

    «Vuoi provare nuove emozioni?»

    Ora è lui a fingersi sconvolto. «Oh mio dio no! Che schifo ragazza!» urla divertito. «Non ti darei nemmeno un'annusatina!».

    «Peccato perché mi sono insaponata tutta stamattina… ». La nostra chiacchierata procede tra le sue smorfie e le mie provocazioni. Magari ci casca. No scherzo, è proprio impossibile, e poi lui mi piace, quindi preferisco tenermelo così.

    Inforco i miei occhiali e torno sui miei disegni. Li osservo notando che ultimamente in effetti hanno perso qualcosa. Lego il corto caschetto sbarazzino con un elastico. Il mio viso è un ovale perfetto, e i miei capelli castano chiari lo circondano. Arriccio le labbra ed inizio qualche correzione, e senza accorgermene sono le cinque del pomeriggio. È ora di tornare a casa e prepararsi per la serata.

    CAPITOLO 2

    SILVIA

    Entro in casa più nervosa di questa mattina con la consapevolezza che Riccardo ha ragione, stasera devo divertirmi. Non voglio fare macelli, anche perché mi bastano quelli che ho sempre fatto, ma ecco devo rilassarmi. Cosa mi piacerebbe fare? L'idea è di trovare un tipo sexy e sconosciuto con cui passare una bella serata. E non provate a giudicarmi con falsi moralismi, pensate piuttosto a quello che fanno i maschietti. A loro è concesso tutto senza pregiudizi, anzi sono anche giustificati. Si scherza delle loro baggianate e gli si fanno le congratulazioni ad ogni nuova conquista.

    Sono una ragazza libera e non devo dare spiegazioni a nessuno. Non voglio certo comportarmi in maniera avventata, sono molto selettiva nelle mie scelte e non vado a letto con il primo che incontro, lo dimostrano questi sei mesi in cui ho chiuso bottega e mi sono limitata a fare la sedicenne in macchina. Nessuno ha fin'ora superato l’esame per avere un appuntamento.

    Prima di ripensarci mi butto sotto la doccia. Per attuare il mio piano devo prepararmi attentamente e diventare provocante rimanendo assolutamente casta. Asciugo i capelli evitando la spazzola visto che sono lisci come spaghetti e se usassi il pettine rischierei di sembrare Morticia, fascinosa ma pur sempre la signora Addams. Quindi lascio che il phon e la mia mano combinino un disastro, ed il risultato è splendido. Sono corti e di solito ingestibili, ma loro tifano per me, sanno cosa voglio ottenere stasera, e da bravi si sistemano in un caschetto morbido che mi sfiora le spalle con le punte che si arricciano e qualche ciocca ondulata.

    Soddisfatta passo al trucco, osando sugli occhi grandi ma semplicemente color nocciola. Ed ecco che in poche mosse, un ombretto oro e verde è sottolineato dal tratto deciso di un eyeliner nero. Fard rosato e lucidalabbra naturale color ciliegia, per avere un'aria più sbarazzina. Spruzzo un'acqua per il corpo piena di brillantini su polsi e collo, senza esagerare, non voglio illuminare Milano né sembrare una stella. La mia pelle sa di mandorla, dopo che l'ho massaggiata per un'ora sotto la doccia ed è il profumo che preferisco.

    Vado in camera ed apro l'armadio. "Non ho niente da mettermi" è il mio primo pensiero. Lo dico sempre anche se so che non è vero. Controllo l'orologio, o va molto avanti o sono già in ritardo, quindi oggi non potrò sfilare davanti allo specchio. Devo scegliere qualcosa in due minuti ed indossarlo in uno.Osservo con attenzione le possibili scelte valutando i pro e i contro.

    A Milano fa sempre freddo, ma si sta avvicinando l'inverno e oggi c'è vento, quindi c’è l’aggravante. Vestitino azzurrino, corto e scollato, contro.

    Non potendo permettermi l'influenza, alla casa di moda verrei sostituita in un nanosecondo, trovo un vestito di maglina con le maniche, corto e nero. Lo abbino ad un copri-spalla dorato che mi arriva in vita, così posso indossare le mie scarpe Louboutin nere con particolari in oro. Tacco 15, comode come degli aghi infilati nella pelle, ma sono una nana, e questa sofferenza è richiesta per risultare quantomeno visibile. Non possiedo molte scarpe così costose, e queste le ho comprate usate su internet, ad un prezzo stracciato. Un segno del destino, il mio numero a metà prezzo. Nemmeno una pazza se le sarebbe fatte scappare!

    Al volo prendo il completino di pizzo nero e le autoreggenti, e velocissima come non mai mi vesto e afferro la pochette e chiamo un taxi, che la serata abbia inizio!

    Il locale che Mei ha scelto è lo stesso che frequentiamo da sempre. È vicino alla Fashion Style , per questo alla fine di qualche giornata un po' stressante, siamo spesso qui. Non è molto affollato oggi, ed infatti trovo subito il mio gruppo. Il fatto che stiano urlando

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