Hegel: La cristologia idealista
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Hegel - Massimo Borghesi
idealista
Introduzione
Quando nel 1983 venne pubblicato il mio volume La figura di Cristo in Hegel , primo della collana «Interpretazioni» della Editrice Studium, diretta da Armando Rigobello, il tema non era allora usuale nel panorama italiano degli studi su Hegel. Se si eccettua il volume di Hans Küng Menschwerdung Gottes , del 1970, tradotto dalla Queriniana nel 1971, la bibliografia non offriva testi significativi sulla cristologia hegeliana. Il grande interesse per Hegel, nel pensiero filosofico degli anni ’70, era sospinto dalla fortuna planetaria dell’opera di Marx. Del pensatore di Stoccarda si approfondivano la dialettica fenomenologica e la parte socio-politica concernente lo spirito oggettivo
. Rimanevano in ombra l’Hegel logico-metafisico e il filosofo della religione. Se la riflessione filosofica era dirottata altrove, il pensiero teologico di allora, come documenta il volume di Küng, era invece fortemente attratto da Hegel. Anch’essa provocata dal marxismo, la teologia tentava di ricucire il rapporto tra fede e storia fortemente pregiudicato dalla corrente esistenzialistica, interiorizzante, di Rudolf Bultmann, egemone negli studi teologici degli anni ’50-’60. La riconciliazione hegeliana tra religione-filosofia-Stato sembrava suggerire una via d’uscita moderna
, non integralistica, per restituire alla fede uno spazio pubblico. D’altra parte la stretta relazione che lo Hegel della maturità stabiliva tra cristianesimo e libertà si incontrava pienamente con le aspirazioni, ideali e politiche, del ’68 pensiero. Da ultimo, l’incontro hegeliano tra filosofia e religione sembrava costituire un’ottima risposta all’ateismo sistematico proprio della corrente marxista. L’intreccio di questi motivi spiega il fatto che il volume non passasse allora inosservato [1] . Esso costituirà, per l’autore, il primo testo di un impegnativo confronto con la cristologia hegeliana [2] . Ora, a 35 anni di distanza il libro, da lungo tempo esaurito, ritorna, modificato nel titolo, a nuova vita nella nuova serie della collana «Interpretazioni». L’autore ha provveduto a correggerlo, ad aggiornarlo nella bibliografia, ad ampliarlo in alcuni punti. Nuova è la terza parte dedicata alla cristologia di Xavier Tilliette, l’autore contemporaneo che, più di altri, ripropone la cristologia hegeliana. Rispetto all’edizione del 1983 è stata omessa la parte antologica, inutile nell’epoca di internet. Immutate sono rimaste le edizioni delle opere citate, sia quelle concernenti gli scritti giovanili di Hegel, sia quelle relative alle lezioni berlinesi, di filosofia della religione in particolare. Questo sia per la difficoltà di reperire, ogni volta, i punti equivalenti, sia per l’uso invalso da decenni tra gli studiosi italiani di citare traduzioni divenute canoniche [3] . L’utilità dello studio rimane consegnata alla sua funzione: quella di introdurre chi si avvicina all’argomento offrendo un quadro d’insieme, linee di ricerca e una strumentazione utile per successivi approfondimenti. Il rilievo della figura di Cristo e la questione della cristologia filosofica non sono certo marginali. Gran parte del pensiero moderno, da Spinoza a Leibniz, Kant, Hegel, Schelling, ecc., costituisce una riflessione sulla questione del male, della salvezza, della redenzione. Una riflessione che divamperà con l’affermarsi dell’ateismo razionalistico della sinistra hegeliana, prima, e con l’ anti -Cristo di Nietzsche, poi. Comprendiamo, in tal modo, come la questione cristologica non interessi solo la teologia ma interpelli direttamente il pensiero filosofico moderno, il senso della sua progressiva autoaffermazione
(H. Blumenberg), della sua autoredenzione. Collocata in questo orizzonte la cristologia filosofica di Hegel diviene il tassello fondamentale di un processo nel quale il Venerdì santo storico trapassa in Venerdì santo speculativo. Il duro legno della croce – la forca degli antichi – costituisce il simbolo
dell’autoemancipazione della ragione liberata dalla tutela della signoria divina. In una singolare unità degli opposti il colle del Golgota unisce, nell’interpretazione hegeliana, la morte del vecchio Dio e la morte dell’uomo singolo , Gesù di Nazareth. Da questa doppia negazione , del Dio trascendente e dell’io singolare immanente, sorge l’universale concreto: lo Spirito ( Geist ) universale, la ragione divinizzata. Si tratta di un processo che vede il trapasso della religione nella filosofia, della Chiesa nello Stato. La secolarizzazione è il prodotto storico del cristianesimo il cui Uomo-Dio è una tappa del movimento di deificazione del pensiero. Come scriveva Schleiermacher, nei Discorsi sulla religione , il cristianesimo «ha riconosciuto esplicitamente questa transitorietà della sua natura; verrà il tempo, esso dice, in cui non si parlerà più di alcun mediatore, ma il Padre sarà tutto in tutto» [4] . Nel tempo nuovo tutto diviene mediazione . È quanto scrive Friedrich Schlegel, per il quale è «molto unilaterale e presuntuoso che ci debba essere un mediatore unico. Per il perfetto cristiano, al quale per questo riguardo si potrebbe avvicinare il solo Spinoza, tutto dovrebbe costituire mediazione» [5] . La secolarizzazione indica qui, come sarà poi per Feuerbach, la trasposizione degli attributi divini nell’umano, lo svuotamento dell’Unico, di Cristo come unico
salvatore. Essa non conclude nell’ateismo, come vuole l’illuminismo con la sua prosa del mondo sconsacrato e la sua esaltazione della finitezza. Al contrario il suo esito è la filosofia dell’Assoluto, il culto panteistico dello Spirito-del-mondo ( Weltgeist ), erede dello Spirito Santo. Pienamente calato nel contesto di un’epoca escatologica , che dopo la grande Rivoluzione auspicava la transizione politico-religiosa verso una nuova era, anche Hegel profetizza, nel periodo giovanile, l’avvento di una nuova religione panteistica immaginata sul modello degli antichi. Abbandonerà questa utopia, nel tardo periodo di Jena, rivalutando il cristianesimo storico. Non al punto, però, da rinunciare a Spinoza. Nella maturità la costruzione hegeliana, conformemente alla logica dialettica, da un lato esalta Cristo come il punto di svolta della storia del mondo, il punto in cui finito e infinito, umano e divino, divengono uno. Dall’altro, retrocede il Gesù storico
a mera occasione del sorgere dell’ idea del Cristo della fede
, il Cristo divino, elaborato e trasformato dalla comunità. Una retrocessione che non risparmia nemmeno il Cristo ideale , il quale deve progressivamente depurarsi
dei caratteri individuali , che ancora permangono nella fede dei credenti, per assurgere a simbolo
dell’universale conciliazione. Il pensiero di Hegel presuppone, in tal modo, un doppio registro: l’ esistenza della religione e il suo innalzamento all’ essenzialità concettuale da parte della filosofia. L’automovimento del concetto presuppone la religione, ne è, in qualche modo, parassitario dacché la coscienza dell’Assoluto viene alla luce dapprima nella sfera religiosa. Per questo Hegel, differentemente dalla sinistra hegeliana, si guarda bene dal teorizzare la fine della religione. Essa è presente ma la sua verità è fuori
di lei. È nella filosofia cristiana
il cui scopo è tradurre il piano della rappresentazione
religiosa, valida per il popolo, nel piano superiore del concetto. Quest’ottica bipolare, fatta di rispetto e di dissacrazione, porta all’idea di una filosofia che vuole conservare
la religione nel momento stesso in cui ne dichiara il superamento
. Un paradosso, perché la religione dovrebbe mantenersi viva pur non essendo vera . L’ Aufhebung è possibile solo dissociando verità e vita, Begriff e Vorstellung , fede e ragione. Come dirà Feuerbach: «La filosofia hegeliana è l’ultimo grandioso tentativo di restaurare, con la filosofia, il cristianesimo perduto, tramontato, e ciò, secondo un procedimento tipico dell’età moderna, identificando col cristianesimo la negazione del cristianesimo. [...] In Hegel questa contraddizione non balza evidente agli occhi solo perché la negazione di Dio, l’ateismo, è resa una determinazione oggettiva di Dio – Dio è determinato come processo, e l’ateismo è un momento di questo processo» [6] . L’ateismo – la morte
di Dio – è dato dall’illuminismo storico la cui funzione è quella di mediare il passaggio, la metamorfosi, dal vecchio al nuovo Dio, all’ En kai pan che, in Hegel come in Hölderlin, è il filo rosso della riflessione. Il cristianesimo, attraverso la mediazione dell’Uomo-Dio, è un momento di questo Uno-Tutto che costituisce la religiosità nascosta del pensiero europeo tra ’800 e ’900. Come scriveva nel 1834 Heinrich Heine: «La Germania è il terreno più favorevole al panteismo, che è la religione dei nostri maggiori pensatori, dei nostri migliori artisti; e il deismo nella teoria è finito, laggiù, da molto tempo. Esso continua a vivere solo nella massa priva di idee, senza alcuna autorizzazione ragionevole, al pari di parecchie altre. Nessuno lo dice, ma ognuno lo sa; il panteismo è in Germania un segreto pubblico. In effetti noi ci siamo liberati del deismo. Siamo liberi, e non vogliamo nessun tuonante tiranno. Siamo maggiorenni, e non abbiamo più bisogno della tutela paterna. Né siamo l’opera meschina di un grande meccanico. Il deismo è una religione per servi, bambini, ginevrini e orologiai. Il panteismo è la religione occulta della Germania» [7] .
L’annotazione di Heine connetteva, idealmente, panteismo e titanismo: l’idea del superuomo, libero e potente, con la negazione della signoria di Dio. È il mito di Prometeo che attraversa tutta la cultura tedesca, da Goethe a Nietzsche [8] . Hegel non è immune da questa influenza. Il suo
Cristo, da Francoforte a Berlino, costituisce una sintesi tra Antigone e Prometeo, tra l’anima bella che rinuncia a plasmare il mondo per volgersi alla formazione dei singoli e il rivoluzionario idealista che dissolve norme e legami. Cristo è anche Prometeo, il profeta di una riconciliazione tra uomini e dèi che deve pulire i cieli e superare
l’immagine trascendente del Dio ebraico. Cristo è, cioè, nel linguaggio di Nietzsche, l’ anti-Cristo, ovvero l’oppositore del Padre. La sua riconciliazione
con Dio è toglimento
della differenza tra umano e divino. La riconciliazione cristiana è una riconciliazione pan-teistica. Cristo è il profeta di una religione universale nella quale la fede in Cristo, come persona, è solo il primo gradino, è figura
dello Spirito, momento della sua attuazione. Nel suo momento finale, al culmine della modernità, di Cristo rimane l’ idea Christi. L’ idealismo spoglia così Cristo della sua carne
, del suo livello estetico, fisico-corporeo. L’incarnazione, giustificata inizialmente come necessaria per offrire l’ idea della conciliazione tra finito e infinito, si tramuta poi in dis-incarnazione, nell’ Idea del Cristo, simbolo dell’eterna unità tra finito e infinito data dalla ragione. Quella di Hegel, come bene ha visto Karl Löwith, è la più imponente «cristologia gnostica» dell’era moderna [9] .
[1] Cfr. le recensioni di M. Mangiagalli, «Rivista di Filosofia neo-scolastica», 4, ottobre-dicembre 1983, pp. 698-705; S. Accardo, «Rassegna di cultura e vita scolastica», 1-2, gennaio-febbraio 1984; R. Rossi, «Filosofia oggi», VII, gennaio-marzo 1984; (s.n.), «Zeitschrift für katholische Theologie», 4, 1984; C. Bosco, «Verifiche», 1, gennaio-marzo 1985, pp. 104-106; U. Regina, «Humanitas», febbraio 1985; (s.n.), «Euntes Docete», gennaio-aprile 1985; I. Garavagno Barbero, «Filosofia e Teologia», 1, gennaio-aprile 1989, pp. 219-220; E. Brito, «Revue théologique de Louvain», 3(1990), pp. 332-333.
[2] M. Borghesi, L’età dello Spirito in Hegel. Dal Vangelo «storico» al Vangelo «eterno», Roma 1995; Id., L’era dello Spirito. Secolarizzazione ed escatologia moderna, Roma 2008.
[3] I testi di riferimento sono, per gli scritti giovanili, G.W.F. Hegel, Scritti teologici giovanili, tr. it. di N. Vaccaro-E. Mirri, Napoli 1972; per la filosofia della religione G.W.F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della religione, 2 voll., a cura di E. Oberti e G. Borruso, Bologna 1973. Per le nuove edizioni degli scritti giovanili cfr. G.W.F. Hegel, Frühe Schriften, hrsg. von F. Nicolin-G. Schuler, Hamburg 1989 (tr. it. G.W. F. Hegel, Scritti giovanili, I, a cura di E. Mirri, Napoli 1993); Id., Frühe Schriften II, hrsg. von F. Nicolin, I. Rill, P. Kriegel, W. Jaeschke, Hamburg 2014 (tr. it. del secondo volume, insieme al primo, in G.W.F. Hegel, Scritti giovanili, a cura di E. Mirri, Napoli-Salerno 2015). Per le edizioni critiche delle lezioni di filosofia della religione si cfr.: G.W.F. Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der Religion, Teil 1, Einleitung: Der Begriff der Religion, hrsg. von W. Jaeschke, Hamburg 1983 (tr. it., Lezioni di filosofia della religione, I, Introduzione al concetto di religione, a cura di R. Garaventa-S. Achella, Napoli 2003); Teil 2, Die bestimmte Religion, hrsg. von W. Jaeschke, Hamburg 1985 (tr. it., Lezioni di filosofia della religione, II, La religione determinata, a cura di R. Garaventa-S. Achella, Napoli 2008); Teil 3, Die vollendete Religion, hrsg. von W. Jaeschke, Hamburg 1984 (tr. it., Lezioni di filosofia della religione, III, a cura di R. Garaventa-S. Achella, Napoli 2011).
[4] F.D.E. Schleiermacher, Discorsi sulla religione, tr. it. in Id., Discorsi sulla religione e Monologhi, a cura di G. Durante, Firenze 1947, pp. 201-202.
[5] F. Schlegel, Frammenti dell’« Athenaeum», tr. it. in Id., Frammenti critici e