Di cosa scriviamo quando scriviamo per lavoro: Come raccontare prodotti e servizi con le parole giuste
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About this ebook
Quando lanci un prodotto o un servizio non sai bene se usare un tono colloquiale, se essere più distante, se raccontare qualcosa di te (senza arrivare ai dettagli più intimi, ovvio!) oppure no.
Dal racconto di chi sei, di come lavori e dei prodotti/servizi che vendi dipende la relazione con il tuo pubblico e con i tuoi clienti e da questo dipende anche il tanto agognato click sul tasto Compra, Iscriviti, Chiedimi un preventivo, Ingaggiami (insomma, dal racconto in pratica dipende il cash!).
Se anche tu ti siedi davanti al foglio bianco per scrivere cosa fai e finisci con l'usare espressioni da unghie sulla lavagna come Leader di settore, Materie prime selezionate, Grande storia famigliare, Esigenze del cliente al centro, forse è arrivato il momento di leggere il nostro nuovo manuale in ebook. Si intitola Di cosa scriviamo quando scriviamo per lavoro. Come raccontare prodotti e servizi con le parole giuste e lo ha scritto la business writer Annamaria Anelli.
Dentro c'è tutto quello che ti serve: cosa significa raccontare una storia e che differenza c'è tra il narrare in un romanzo e il raccontare su una sales page. Imparerai a temere i cliché come Jon Snow teme i White Walkers. Ti terrai alla larga, all'urlo di "Pussa via", da frasi fatte e luoghi comuni, vuoti e senza sale. Imparerai come raccontare in modo davvero efficace un prodotto o un servizio. Sales page che spaccano e about page che ti presentano al meglio non saranno più un mistero per te. Infine, scoprirai perché le parole semplici sono quelle migliori, quelle che si fanno capire e arrivano dritto al cuore del tuo lettore/cliente.
Annamaria Anelli è una garanzia: sa di cosa parla, lo sa spiegare in modo chiarissimo e usa un linguaggio da amica. Non potrai resistere al suo modo di fare, caldo e appassionato.
Nell'ebook trovi esempi di testi online che non funzionano (e da non imitare mai) e altri che invece sono dei gioiellini di comunicazione. Tanti esempi (anche da serie Tv, oltre che dal web e dalle newsletter), spunti per esercitarti a casa e link per approfondire.
L'ebook è perfetto per freelance e piccole aziende. Per chi, insomma, per lavoro, tutti i giorni deve scrivere e raccontare il suo lavoro, i prodotti o servizi che vende. Un manuale per non temere la pagina bianca, trovare uno stile personale per parlare di sé, vendere e emergere con unicità e professionalità.
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Book preview
Di cosa scriviamo quando scriviamo per lavoro - Annamaria Anelli
Zandegù
Due parole prima di iniziare – Disclaimer
Gli esempi che propongo in questo ebook non sono inventati: li ho ricavati da siti esistenti al momento in cui ho scritto. Alcuni testi li cito come modelli da seguire, di altri metto in evidenza gli aspetti che secondo me sono negativi. Dopo tanti anni di lavoro sulla scrittura efficace mi prendo la responsabilità di dire cosa penso, soprattutto perché, nel caso dei testi che non mi convincono, spiego cosa non funziona e mostro come invece altri hanno fatto meglio. Spero che condividerai le mie scelte e, se così non fosse, pazienza: sarò comunque contenta di averti fornito utili spunti per il tuo lavoro.
Premessa
Martin: Il medico dice che tra qualche giorno uscirai, ti accompagnerò in un posto dove potrai stare.
Rust: Troverò una sistemazione.
Martin: La sistemazione è già stata trovata… oh, ti ho portato questo (gli porge una piccola scatola con un fiocco).
Rust: Ci fidanziamo?
Martin: Per quell’occasione avrei messo un nastro più carino.
Rust: (apre la scatola e ci trova un pacchetto di sigarette) Te ne sei ricordato?
Martin: Già.
[…]
Martin: Ti senti meglio? Come va la testa?
Rust: Non dovrei nemmeno essere qui Martin.
Martin: In nome della nostra amicizia sento il dovere di farti notare che sei ripetitivo.
Rust: Non è tanto per dire, c’è mancato poco.
Martin: Ah, allora parlamene Rust.
Qui Rust racconta dell’esperienza sensoriale che ha avuto, mentre era in bilico tra la vita e la morte, e piange disperato, mentre ripensa alle due persone delle quali ha percepito la presenza e l’amore: suo padre e sua figlia, entrambi morti.
Martin non sa cosa fare davanti alle lacrime disperate di Rust (del resto è un maschio dell’America del Sud), gli sfiora appena un braccio e poi inizia così:
Martin: Una volta a cena, se non sbaglio, mi avevi raccontato qualcosa riguardo al fatto che inventavi storie osservando le stelle.
Rust: Sì, quando ero in Alaska sotto il cielo stellato.
Martin: Ti sdraiavi e guardavi verso l’alto, vero? Le stelle…
Rust: Già, come sai non ho mai guardato la Tv fino a 17 anni, quindi non c’era un cazzo da fare lì, a parte passeggiare ed esplorare.
Martin: E inventare delle storie guardando il cielo stellato. Raccontane una.
Rust: Sai Martin, sono stato sveglio in quella stanza a guardare fuori dalla finestra ogni notte e, alla fine, c’è solo una storia, la più antica.
Martin: Quale?
Rust: La luce contro l’oscurità.
Martin: Ecco, so che non siamo in Alaska, ma a me sembra che l’oscurità abbia molto più spazio.
Rust: Già, sembrerebbe così.
[…]
Rust: Credo che ti sbagli sul cielo stellato.
Martin: In che senso?
Rust: Una volta c’era solo l’oscurità, adesso la luce sta vincendo.
Un dialogo che contiene tutta la storia
Questo è il dialogo finale della serie Tv True Detective, la prima stagione, con Matthew McConaughey nei panni del detective Rust Cohle e Woody Harrelson nei panni di Martin Hart. Serie Tv tra le mie preferite in assoluto. I due non potrebbero essere più diversi, ma alla fine si ritrovano e il dolore, la rabbia, la paura, la speranza e gli orrori che hanno visto insieme, e che li hanno separati per 17 anni, ce li restituiscono uniti e, forse, finalmente, in pace.
Un dialogo che è la sintesi perfetta di tutta la serie (lo trovi qui).
I due detective hanno dato la caccia al male, anzi al Male, che nel corso delle puntate ha mutato pelle e sembianze un sacco di volte e ha riempito di dolore questi due uomini, già di per sé sconquassati dalla solitudine. Una solitudine diversa, la loro: Rust disperato, solo al mondo e con tentazioni suicide mai espressamente rivelate ma che percepisci, con estrema tensione, durante tutte le puntate; Martin con una famiglia che ama e disprezza insieme e dalla quale si sente ingabbiato.
Si sono odiati, scontrati, picchiati, traditi e salvati innumerevoli volte. Martin pratico e limitato, Rust più cerebrale e pronto a trascendere qualsiasi limite.
Alla fine li ritroviamo davanti a un ospedale, entrambi sopravvissuti all’ultima sembianza del Male.
Martin ha una maglietta che lascia intravedere il suo ventre prominente: bellissimo espediente per mettere in scena la sua trasformazione.
Ha passato anni a rendere infelici moglie e figlie e poi ha capito il senso della vita, ora che il Male lo ha relegato in un letto d’ospedale. Lì, ha avuto l’epifania che stava cercando e ha rimesso a posto tutto ciò che non collimava: la moglie risposata, le figlie cresciute e lontane.
«La soluzione a tutta la mia vita era sotto il mio naso, la donna, quelle bambine e io ero distratto da tutto il resto.
L’infedeltà è un peccato, certo, ma il mio vero fallimento è stata la disattenzione, lo capisco solo adesso» ammette profeticamente anni prima.
Quella pancia sotto la maglietta è il simbolo della resa felice di Martin: alla vita che va avanti, alle certezze insieme alle incertezze, al fatto che alla fine ti salvi da solo. Finalmente è senza la camicia stirata e la cravatta, che per tutte le puntate hanno fatto da divisa a entrambi i detective: chiusi nelle loro camicie come metafora di tutte le uniformi del mondo che ti strozzano e ti obbligano a tenere sotto controllo il tuo cuore, preferendo la corazza.
Invece Rust, in questo dialogo finale, è in vestaglia e su una sedia a rotelle, sfuggito alla morte davvero per un soffio. È lui quello messo peggio, da tutti i punti di vista, perché solo lo è sempre stato, ma questa solitudine, dove non c’è più nemmeno un cattivo a cui dare la caccia, lo mette davvero a nudo. E, infatti, è nudo sotto la vestaglia, intravediamo il suo petto e la sua magrezza. È solo e disperato perché non è riuscito ad abbandonarsi all’oblio e ad andare finalmente ad abbracciare i suoi cari, in un aldilà che gli sembra la fine di quel troppo dolore che è stata la sua vita. Di nuovo un tratto fisico a parlarci: i muscoli d’acciaio che hanno sempre contraddistinto Rust lasciano il posto alla magrezza, alla gracilità e, insieme alla sedia a rotelle, sono il segno della sua trasformazione. Alla fine è costretto a fermarsi, a dipendere da qualcuno. La pancia sotto la maglietta da una parte, la magrezza e la sedia a rotelle dall’altra.
Le storie ci salvano
Dicevo che in questa scena c’è tutta la serie Tv.
Le sigarette che Martin regala a Rust riagganciano tutti noi al fumo, che è stata la costante di molte puntate nelle quali Rust fuma tantissimo. Queste sigarette sembrano il modo per dirci: