La scelta del destino
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La scelta del destino - Marco Visconti
Self-Publishing
1
Aricha estate 1999
Il rosso della terra si mescolava ai ciottoli di sassi color argento sparsi ovunque, l’aria aveva assorbito il sapore della polvere trasportata dal vento, il piccolo villaggio di Aricha, poco distante dalla città di Damasco, era circondato da una distesa deserta a perdita d’occhio, interrotta solo da un cielo azzurro intenso che appariva deciso dietro le montagne brulle; in alto, a regnare su tutto, il disco perfetto di un sole cocente.
Mentre passeggiavano insieme, come avevano fatto spesso negli ultimi due mesi di quell’estate del 1999, una delle più torride e calde degli ultimi anni, i loro sguardi pieni di complicità accompagnavano le parole che uscivano copiose dalle loro bocche.
Attraversarono all'interno la vegetazione, passando per un sentiero poco visibile dalla strada principale che li avrebbe condotti nel loro angolo del mondo, così lo chiamavano, un angolo in un mondo rotondo che non gli apparteneva, un mondo in cui gli unici abitanti erano loro due.
In quel luogo tutto era speciale.
Al centro di uno spazio verde un albero di Sicomoro gigante si ergeva isolato dal resto degli alberi, la sua presenza era impressionante: alto come un palazzo di oltre tre piani, aveva una chioma che si estendeva in senso orizzontale per metri e metri, creando un’ombra spettacolare le cui radici rigogliose affioravano prorompenti dal terreno mosso, creando un intreccio tortuoso e suggestivo; il tronco largo e spesso come la corazza di un’armatura celava di fianco in basso una cavità naturale grande abbastanza da formare uno spazio interno comodo per loro.
Molte volte Chris e Alicia rimanevano lì per ore a parlare di tutto, a scherzare e ridere, e altre volte rimanevano in silenzio ascoltando i rumori della natura, suoni che si trasformavano in melodie, insieme a profumi che si mescolavano nell’aria creando fragranze uniche e irripetibili, anche questo rendeva il loro angolo sempre più speciale, sempre più loro.
Alicia aveva quattordici anni compiuti, il viso la faceva sembrare più grande della sua età, i capelli lunghi di un castano scuro erano raccolti da un nastro viola, gli occhi color nocciola erano uno dei particolari che Chris amava di più, spesso le diceva che bastava guardarla per saper leggere le sue emozioni, i suoi pensieri. Il loro feeling era nato spontaneamente fin dai primi giorni in cui si erano conosciuti.
Chris, dal canto suo, aveva solo un anno in più, il suo naso regolare era coperto da una leggerissima spolverata di lentiggini che sembravano prendere fuoco tutte le volte che lei lo sorprendeva a fissarla di nascosto. Il suo carattere di norma era taciturno e riservato, ma scoprì ben presto che lei lo faceva sentire diverso, riusciva a esprimere con semplicità i propri pensieri, le proprie idee, i propri sogni, anche quelli più nascosti, mettendosi sempre in gioco; gli veniva naturale, diceva, lo faceva stare bene.
Siamo arrivati
disse Chris, vieni, ti faccio vedere una cosa.
Alicia lo seguì incuriosita, sapeva che lui aveva sempre in serbo delle sorprese per lei, come quella volta che le aveva fatto trovare sotto l'albero di Sicomoro un telo di lino bianco con sopra un letto di petali di colori diversi tra loro, rossi, bianchi, rosa, gialli e persino blu, che insieme avrebbero formato il viso di Alicia, come un ritratto creato dalla natura. Alicia pensava che Chris avesse un talento innato nel saper trasmettere con naturalezza le proprie emozioni facendole arrivare dritte al cuore di chi le avrebbe ricevute.
Si avvicinarono all'albero fermandosi a pochi metri dal tronco centrale, quando all'improvviso lui si abbassò come a raccogliere qualcosa che avesse perso; lei lo vide spostare con le mani una grossa pietra nascosta tra le radici e tirare fuori da sotto una piccola scatolina rosso porpora, chiusa con un laccio finemente intrecciato.
Cosa pensi di fare?
chiese Alicia divertita dalla situazione, Non vorrai mica chiedermi di sposarti!
Chris fece una smorfia con il viso, ruotando gli occhi verso il cielo; Vedi!
rispose, Se anche avessi voluto chiedertelo, tu sai sempre come rovinarmi le sorprese. Vuoi una buona volta aspettare che sia io a finire quello che ho cominciato?
Si guardarono in silenzio per un po’ fino a quando entrambi scoppiarono in una risata simultanea.
Allora posso continuare.
disse con voce calma. Vuoi sapere cosa ho per te?
Lei, senza aggiungere altro, si fece subito seria, come una brava bambina dopo un rimprovero, con la faccetta sorridente e impertinente allo stesso tempo; i suoi occhi, adesso fermi a fissare i suoi, gli fecero capire che era pronta.
Le mani di Chris sollevarono lentamente il coperchio della scatolina...
2
New York 2015
Lo squillo del telefono appoggiato sul comodino accanto al letto svegliò bruscamente Chris, erano le quattro del mattino, fuori era ancora buio; senza accendere la luce nella camera, prese il cellulare e rispose tenendo ancora gli occhi chiusi.
Pronto.
Buongiorno Chris, sono Paul, scusami per l'ora.
Hai intenzione di farmi venire un colpo.
Non credo che ti verrà per così poco, e poi sei tu che mi hai detto che avrei potuto chiamarti in qualunque momento.
Spero che non sia la tua solita intuizione.
Se mi stai a sentire credo che adesso il colpo ti verrà davvero.
Cosa intendi?
rispose con un tono di voce che si fece subito serio.
Ci siamo, stavolta ci siamo davvero...
Quando Chris interruppe la telefonata, si accorse solo allora che il suo respiro si era fatto affannoso, il cuore batteva così velocemente che dovette fare dei respiri profondi per cercare di ritrovare la giusta condizione.
La stanza era ancora avvolta nel buio, i suoi occhi abituati all’oscurità cominciarono a distinguere le forme degli oggetti che aveva intorno, rimase ancora per un po’ seduto con la schiena appoggiata alla parete del letto respirando lentamente, il sudore freddo gli bagnò il collo e le tempie.
Ripensando a quello che Paul gli aveva appena detto, un brivido lo colse di sorpresa, facendo tremare il suo corpo.
Fuori cominciò a piovere, nel silenzio della casa si sentiva solo il picchiettio delle gocce che cadevano sul davanzale della finestra, il suono della pioggia sembrava scandire il tempo che passava, come il ticchettio di un orologio. Rifletteva in silenzio, aveva aspettato per anni quel momento, lo aveva immaginato mille volte, ognuna diversa tra loro, e adesso che finalmente era accaduto si era reso conto di avere paura.
Sorrise all'idea di quel pensiero, aveva immaginato di provare ogni tipo di emozione possibile, ma mai avrebbe pensato che quel giorno avrebbe avuto paura.
La sua mente cominciò a viaggiare alla velocità della luce, aveva molte cose da sistemare e organizzare prima di partire, non poteva perdere tempo, l'indomani avrebbe dovuto raggiungere Paul come concordato e non voleva che qualcosa o qualcuno potesse ritardare la partenza. Prese la valigia che teneva nell’armadio e mise dentro tutto il necessario, respirò a fondo, cercando di placare la scarica d’adrenalina che mista alla paura non lo faceva smettere di tremare.
Aprì la porta di casa, l'aria fredda della mattina gli riempì i polmoni, la pioggia cadeva ancora forte. Senza badare a coprirsi, come se l’acqua non potesse bagnarlo, raggiunse pochi secondi dopo il suo fuoristrada, che presto lo avrebbe condotto all'aeroporto...
New York un anno prima
Il locale era illuminato a dovere, luci e spot da interno evidenziavano le opere esposte alle pareti, raccogliendo l’interesse degli invitati presenti.
La sala aveva un arredamento essenziale: divanetti e poltroncine di pelle bianca erano disposti al centro dell’ambiente, formando molteplici salotti, un Bar-Service collocato nella parte opposta all’ingresso era sistemato di fronte ad una cascata artificiale, acqua a flusso riciclato scorreva su una parete alta tre metri di roccia vera color seppia, provocando un effetto sonoro suggestivo, che faceva da sottofondo al brusio dei commenti in sala.
Quella sera erano presenti personaggi dello spettacolo più o meno famosi, un nutrito numero di giornalisti e critici d’arte, collezionisti di dipinti e liberi professionisti accompagnati dalle loro signore.
Le opere appartenevano a Simon Lyll, un giovane artista emergente che era diventato il pupillo del più importante gallerista di New York, la sua carriera in pochissimo tempo era cambiata drasticamente; oggi le sue opere venivano esposte nelle più importanti mostre del settore, sorprendendo l’intero ambiente artistico per la velocità del successo raggiunto.
Chris era stato invitato all’evento da una sua vecchia conoscenza che lavorava nel mondo del giornalismo; a lui questo tipo di serate non andavano molto a genio e, senza preoccuparsi di non farlo notare, se ne stava da solo con il bicchiere in mano a contemplare da lontano gli invitati.
Ciao Chris, anche tu da queste parti?
chiese un giovane ragazzo che teneva in