Ferro e fuoco su Monte Novegno: Eroismo di Alpini, Fanti e Kaiserjäger al culmine della Strafexpedition
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Nel pieno dell'offensiva lanciata nel 1916 dalle forze della Duplice Monarchia austro-ungarica, uomini, armi e cannoni implodono in uno scontro di eccezionale intensità. In gioco, la sorte della pianura vicentina e delle armate sull'Isonzo. 28 giorni di furore bellico ricostruiti con dovizia geografica e temporale, testimonianze, foto e cartine inedite. (19 foto, 4 cartine)
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Ferro e fuoco su Monte Novegno - Mattia Grazian
Mattia Grazian
Ferro e fuoco su Monte Novegno
Eroismo di Alpini, Fanti e Kaiserjäger al culmine della Strafexpedition
UUID: dabb2354-2fb5-11e8-b15c-17532927e555
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Indice
Nota dell'autore
Introduzione
La guerra italo-austriaca e la preparazione dell'offensiva contro l'Italia
Attacco sugli altipiani
L'avanzata verso la pianura veneta
Le contromisure del Comando Supremo
Lo sfondamento sull'altopiano di Asiago
La calata nella Valdastico
La continuazione del movimento
Assalto a Monte Aralta
Colpo di mano sul Priaforà
I contrattacchi italiani
I combattimenti per le alture chiave
1 giugno
2 giugno
3 giugno
4 giugno
5 giugno
6 giugno
7 giugno
8 giugno
9 giugno
10 giugno
11 giugno
12 giugno - Monte Novegno in fiamme
13 giugno - Tributo supremo sul Novegno
L'incidente di Forte Enna - fuoco amico sui difensori
L'arresto dell'offensiva
La riscossa italiana
La riconquista del Priaforà
Le nuove linee
Un bilancio strategico della Frühjahroffensive
La strategia imperiale
Conclusione
Appendice - lo Jäger Skorpil all'attacco del Priaforà
Biografia
Nota dell'autore
Ho inteso scrivere questo libro per onorare la mia terra natia. È da principio l’amore per essa ad avermi portato e spronato a scrivere la storia di questa battaglia, avvenuta ora più di un secolo fa sulla cima della sua forma protagonista, il monte di casa
: Monte Novegno .
Ciò significa che procedendo da questa particolare attenzione per il luogo, non si farà qui una storiografia per partito preso, nazionalistica o schierata. Anzi, è stato il reciproco sacrificio dei combattenti, autentici eroi, ad aver richiesto a gran voce una storiografia obbiettiva di questi fatti: la terra entrambi li ha accolti, al cielo il loro valore, ad essa il rigore dello storico.
Ho reso la prosa di questo testo volutamente lineare e priva di abbellimenti, in modo da permettere una lettura chiara della grande moltitudine di fatti militari qui studiati ed analizzati. Ulteriormente, la consistenza degli avvenimenti sarà più accessibile all’immaginazione, quando essa sia stimolata a distillarne la carne ed il colore.
Chi conosca la Storia, conosca sè stesso
Introduzione
La presente opera verte sui fatti bellici svoltisi sul massiccio di Monte Novegno durante la fase finale dell'offensiva austroungarica del 1916 sulle Prealpi vicentine. La trattazione ricostruisce la battaglia che infuriò tra la fine di maggio e la prima metà di giugno, quando le divisioni del Regio Esercito italiano riuscirono a fermare il tentativo di sfondamento verso la pianura operato dal Gruppo d'Armate imperialregio al comando dell'Arciduca Eugenio d'Asburgo-Teschen.
Inizialmente viene presa in esame la situazione strategica sul fronte italo-austriaco durante il primo anno di guerra, evidenziando le cause che spinsero gli alti comandi austroungarici al lancio di un'offensiva attraverso le Prealpi. In seguito viene sommariamente esposta la progressione dell'avanzata attraverso la zona degli altipiani, ponendo l'attenzione sugli eventi-chiave che permisero alle divisioni dell'Impero di raggiungerne i margini. La trattazione esamina poi in dettaglio gli eventi bellici che coinvolsero il massiccio del Novegno ed i territori limitrofi , in modo da inquadrare questo particolare scontro bellico nel suo proprio contesto. Ne vengono descritti gli antefatti ed osservato lo svolgimento secondo il movimento, l'azione ed i risultati conseguiti dalle unità militari di entrambi gli schieramenti. Nell'arco temporale da esso interessato, viene di volta in volta richiamata la situazione generale della campagna, in modo da evidenziare gli effetti di quest'ultima sull'esito dello scontro. In conclusione vengono prese in rassegna le conseguenze tattiche e strategiche derivate dell'esito finale dell'offensiva austroungarica.
La battaglia di Monte Novegno rappresenta uno dei punti culminanti della avanzata in direzione della pianura vicentina, nel momento in cui la linea del fronte italiano era arroccata sui margini delle montagne, pressata dalla spinta delle divisioni imperiali.
In questo frangente, le vie di comunicazione che rifornivano e mantenevano collegati i capisaldi italiani delle zone adiacenti furono seriamente a rischio di essere occupate, mettendo a repentaglio la tenuta del tratto che correva dal massiccio del Pasubio fino alle propaggini orientali dell' Altipiano dei Sette Comuni. Un'ulteriore vittoriosa avanzata austro-ungarica nella pianura veneta avrebbe eventualmente portato i combattimenti a ridosso degli snodi ferroviari che tenevano rifornito il fronte isontino. Lo scenario di una loro eventuale interruzione avrebbe decretato il collasso del fronte italiano nel settentrione del Paese [1] [2] .
Nei concitati primi giorni del giugno 1916, grazie al tempestivo afflusso di rinforzi su Monte Novegno, alla strenua difesa dei reparti italiani ed ad alcuni errori di parte austroungarica, venne evitata l'occupazione di questo ultimo baluardo sovrastante i centri nevralgici di Thiene e Schio.
La tenuta del fronte italiano si decise anche su questo massiccio, segnando il destino della Strafexpedition austroungarica.
[1] Enrico Acerbi, Strafexpedition: maggio giugno 1916
(Novale:Gino Rossato Editore, 1992), 9
[2] Siro Offelli, Il Monte Priaforà nel primo conflitto mondiale
, (Comune di Velo d'Astico, 2008), 1
La guerra italo-austriaca e la preparazione dell'offensiva contro l'Italia
Nei mesi finali del 1915, la guerra tra il Regno d'Italia e l'Impero Austroungarico infuriava lungo il fiume Isonzo , ove negli ultimi giorni di giugno il Capo di Stato Maggiore italiano, Gen. Luigi Cadorna, aveva lanciato l'offensiva. Inizialmente si prevedeva essere questa una breve campagna basata sulla guerra di movimento, ma l'avanzata venne condotta con lentezza ed eccessiva prudenza, lasciando così il tempo alle divisioni austroungariche di presidiare il confine militare
della regione [1] arretrando sulle alture ad oriente, decretandone l'insuccesso. L'assestarsi del fronte lungo l' Isonzo spinse i comandi italiani ad ingaggiare una serie di battaglie di sfondamento successive [2] , che sottoponevano gli opposti schieramenti ad un attrito continuo, nonostante il quale col passare dei mesi nessuno dei due dava segni di cedimento.
Nel settentrione del paese, dallo Stelvio al Passo Rolle, era stata schierata la 1 a Armata italiana al comando del Gen. Roberto Brusati. Nei mesi precedenti l'inverno del 1916, le truppe della 1 a Armata tentarono di forzare il fronte alpino in vari punti, ma senza riportare alcun successo [3] . Poco dopo la metà di novembre, mentre la quarta battaglia dell'Isonzo volgeva al termine, il Gen. Brusati riportò che le pesanti nevicate sulle montagne rendevano impossibile condurre le operazioni previste. A questo punto il Comando Supremo italiano dispose che la 1 a Armata venisse messa sulla difensiva e trincerasse i propri reparti su una linea da saldare nei suoi punti avanzati con attacchi limitati. Nonostante l'autoritarismo di Cadorna [4] , il Gen. Brusati ebbe carta bianca nel modo in cui condurre le operazioni.
Lo schieramento delle forze avversarie all'inizio del 1916
Al calare dell'inverno, dopo aver fermato per due mesi i modesti attacchi della 1 aArmata italiana, il comandante della Difesa Territoriale del Tirolo Generale Dankl fu chiamato a nuovo incarico [5] , lasciando il comando al Gen. Roth, con la soddisfazione di aver tenuto il fronte del Tirolo con arretramenti minimi [6] . Nello stesso arco di tempo, il logoramento di uomini e mezzi prodotto dall'insuccesso della quarta battaglia dell' Isonzo, costrinse l'Esercito italiano a rimanere sulla difensiva fino ai primi giorni di marzo. Durante quei mesi di preparazione e di ricostituzione dei reparti, il Comando Supremo italiano temette un attacco in forze lungo questo settore e attraverso il confine meridionale del Tirolo. Questi timori erano infondati, ma solamente sul breve termine. Da svariati mesi l'Arciduca Eugenio, comandante del fronte sudoccidentale, aveva cercato senza successo di ottenere udienza e sottoporre all'AOK [7] il progetto di un'offensiva che mettesse fine alla costosa ed inconcludente guerra di posizione che aveva caratterizzato l'andamento del fronte italo-austriaco fino a quel momento. Ora, nel dicembre del 1915 lo stesso Capo di Stato Maggiore Generale austroungarico, Feldmarschall Franz C onrad Von Hötzendorf, meditava di lanciare un'offensiva dal Tirolo meridionale per costringere alla resa il Regno d'Italia, in modo da porre fine alla guerra su due fronti in cui l'Impero era impegnato [8] . Il piano prevedeva uno sfondamento attraverso la regione delle Dolomiti ed il conseguente accerchiamento del grosso dell'esercito italiano, ovvero delle armate schierate sull' Isonzo, costrette allora ad una difficile ritirata che avrebbe aperto agli imperiali le porte della pianura veneta [9] . Egli tra dicembre e febbraio avanzò più volte al suo omologo tedesco, Feldmarschall Erich Von Falkenhayn, l'idea di condurre un'offensiva congiunta contro il Regno d'Italia. Nonostante il piano promettente e ben congegnato, Von Falkenhayn rifiutò in ogni occasione: contrasti nella comune conduzione della campagna nei Balcani gli avevano inviso Von Hötzendorf e la gran parte delle divisioni tedesche era stata già destinata al fronte di Verdun , per un'offensiva prevista il 12 febbraio [10] . Von Falkenhayn fu irremovibile, ma il Feldmarschall Von Hötzendorf era comunque risoluto ad attaccare dalle Alpi in ogni circostanza dato che il momento era favorevole: l'esercito serbo era stato sconfitto definitivamente e quello zarista non si era ancora ripreso dalla sconfitta subita nel maggio precedente a Gorlice – Tarnów [11] . Questi fattori avevano convinto l'AOK che il fronte russo poteva essere presidiato da unità di seconda linea, permettendo di muovere in Tirolo le migliori divisioni. Inoltre l'offensiva contro l'Italia poteva essere condotta senza dover spartire il comando delle operazioni con l'alleato tedesco, come avvenuto nella campagna dei Balcani. Presa la decisione, il 6 febbraio l'AOK inviò le direttive per l'attacco a Marburg , al quartier generale del Comando del fronte sudoccidentale e iniziò subito il trasferimento di truppe da altri fronti verso il Tirolo .
Il 20 febbraio il Comando della 1 a Armata fece pervenire al Comando Supremo un rapporto dettagliato sulla situazione, nel quale veniva statuito che era in preparazione un'offensiva nemica dal Tirolo, da attuare nella primavera ventura con l'obbiettivo di colpire le armate italiane sull' Isonzo dai fianchi e dal retro, isolandole. Il 22 marzo giungevano i primi rapporti attendibili indicanti l'assembramento di considerevoli forze nemiche in Tirolo e l'intenzione di attaccare nella zona degli altipiani. Cadorna ordinò così alla 1 a Armata di rinforzare le difese attorno al saliente trentino e su richiesta francese diede inizio ad una serie di attacchi dimostrativi sul fronte dell' Isonzo per scongiurare il trasferimento di truppe austro-tedesche verso Verdun [12] . Al contrario, la scarsa coordinazione di questi ultimi consentì all'AOK di trasferire divisioni in Tirolo a pieno regime. Per far fronte ad ogni evenienza, il Comando Supremo dispose il rinforzo della 1 a Armata: tra la metà di marzo e di maggio 1916 entrarono nei suoi ranghi 4 divisioni e mezza di fanteria ed un gruppo alpino (per un totale di 82 battaglioni). Nel frattempo Cadorna dispose anche la creazione di una nuova armata, assembrata nell'area tra le città di Vicenza, Padova e Cittadella. La 5 a Armata italiana di riserva era costituita dal 22 o Corpo (23 a e 24 a Divisione di fanteria) , dal 24 o Corpo (32 a e 33 a Divisione di fanteria) e dal 26 o Corpo (4 a e 46 a Divisione di fanteria) più la 2 a e 3 a Divisione di cavalleria [13] .
In seguito all'emanazione delle direttive dell'AOK, all'interno degli alti comandi austroungarici ebbe luogo una fitta serie di confronti. Il Gen. Dankl, dopo aver lasciato il comando della Difesa Territoriale del Tirolo , assunse il comando dell'11 a Armata e l'Arciduca Eugenio