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Rotta per Addle
Rotta per Addle
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Rotta per Addle

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Rotta per Addle di Diego Bortolozzo
romanzo

La Valchiria trasporta solo merce. Così ha deciso il suo capitano. Ma la nave ha bisogno di manutenzione e in quella busta ci sono molti crediti. Un’offerta imperdibile che nasconde un pericolo ma che potrebbe risolvere i problemi del vecchio trasporto e del suo equipaggio.
Blain non può far altro che accettare il passeggero e prepararsi a decollare per la capitale.

Una space opera con ambientazione steampunk che vi porterà sulla rotta per Addle.

Illustrazione di copertina di Franco Brambilla
LanguageItaliano
Release dateMar 19, 2018
ISBN9788827586754
Rotta per Addle

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    Rotta per Addle - Diego Bortolozzo

    Rotta per Addle

    di Diego Bortolozzo

    e-book edition

    www.diegobortolozzo.com

    Prima Edizione - Marzo 2018

    Diritti e proprietà letteraria riservata

    © Immagine di copertina realizzata, in esclusiva per questa pubblicazione, da Franco Brambilla

    Indice

    Cover

    Titolo

    Rotta per Addle

    L'autore

    Copyright

    Rotta per Addle di Diego Bortolozzo

    Prologo

    – Evelyn Green Soberts? – chiese il controllore.

    – Sì? – rispose la donna alzando il velo che le copriva il viso.

    L’impiegato della Train Express limited la osservò a lungo. Il vestito con l’ampia gonna, stretto alla vita, il bustino che le bloccava il respiro, il cappello e l’ombrellino, tutto nero, tutto di pizzo; vicino alla donna un portantino con il carrello colmo di bauli e valigie.

    – Il suo biglietto, madame?

    La Green aprì la borsetta, cercò i documenti di viaggio, porgendoli infine al controllore.

    – Partiremo in orario, il treno decollerà tra un’ora. La sua cabina è pronta e il bar è aperto, può imbarcarsi quando le sarà più comodo, madame.

    – Grazie. – La donna ritirò il biglietto obliterato e fece cenno al portantino di caricare i bagagli.

    Osservò un’ultima volta il carro funebre che si allontanava, diretto all’inceneritore. L’ultimo viaggio di sua madre.

    – Su una carrozza trainata da quattro stalloni neri, mamma. Come hai sempre voluto.

    Una lacrima le rigò il viso. La Green abbassò il velo e seguì il suo bagaglio: il treno per la stazione orbitale Nova 54 l’attendeva tra nuvole di vapore.

    1a parte

    Nova 54

    La stella illuminò la stazione spaziale che, in orbita geostazionaria, orientava gli specchi solari per accumulare calore nelle enormi caldaie; tubature e cavi d’acciaio l’ancoravano al continente equatoriale. Il pianeta forniva uomini e mezzi per scavare le viscere dell’immensa miniera che svuotava Nova delle sue ricchezze.

    Vascelli a vapore decollavano dal porto orbitale carichi di minerali e speranza; navigando lentamente, collegavano tra loro gli astri del sistema stellare. I loro comandanti calcolavano con particolare cura orbite e rotte, cercando di risparmiare carbone, acqua e allo stesso tempo tentando di rispettare le tempistiche imposte dai contratti.

    Il tepore della notte siderale lasciò il pianeta, la stella cominciò a infiammare la crosta, a incendiarne i mari, aiutando gli operai a inviare il carico verso lo spazio. I treni, agganciati alle ferrovie verticali, iniziarono la lunga corsa verso la stazione, le tubature si riempirono di acqua sotto pressione, sfogandosi nei serbatoi orbitali. La pausa notturna era terminata, il pianeta e il suo porto principale tornarono alla vita, preparandosi a far decollare i convogli in attesa.

    La stazione orbitale Nova 54 proiettava la sua ombra sul continente proteggendo il terreno dal calore della stella, permettendo alla popolazione di lavorare all’aperto, in quella zona riparata, senza scudi protettivi. Le caldaie del porto erano pronte a fornire alle catapulte l’energia necessaria ai decolli.

    I controllori diedero precedenza alle navi militari, che occupavano i moli più grandi del porto. Ogni decollo metteva a dura prova la stabilità della stazione e la sua permanenza in orbita. Sbuffi in sequenza si contrapposero ai lanci, stabilizzando la struttura e consentendo nuove partenze. Contemporaneamente giunsero i carichi dal pianeta, spostati velocemente ai moli commerciali e caricati sui vascelli privati, unici veri fautori dell’economia del sistema.

    Nella notte i piloti avevano discusso, grazie al contributo di agenti intermediari, i contratti con i proprietari delle fabbriche e i loro rappresentanti, e ora controllavano le operazioni di carico del personale della stazione. Ogni ora persa intaccava il loro guadagno, senza contare che orbite e rotte erano frutto di calcoli precisi quanto pericolosi e che saltare una finestra di decollo costringeva i piloti ad attendere una nuova autorizzazione dalla torre di controllo.

    Il pianeta Nova ruotava su se stesso velocemente, giorno e notte si alternavano senza sosta, costringendo la popolazione a una vita frenetica che stancava corpo e anima. I novani invecchiavano in fretta e solo poche persone riuscivano ad arricchirsi grazie al commercio, i più appassivano in miniera.

    – Domani è l’anniversario dello Sciopero Nero – ricordò Mike O’Brian.

    L’intermediario stava controllando la bolla di carico e alzò lo sguardo verso il comandante della Valchiria.

    – Non preoccuparti, partiamo entro sera – lo rassicurò Jake Blain.

    Lavoravano assieme da anni e si fidavano l’uno dell’altro. Maggiore era il guadagno dell’agente, più crediti entravano nelle tasche del comandante e in quelle del suo equipaggio. Blain si girò verso di loro, portando le mani alla bocca.

    – Avete finito? – urlò, cercando di farsi sentire attraverso il frastuono dell’area di carico.

    Due donne stavano terminando di caricare un’ultima cassa posta su un carrello. Azionarono il verricello della nave, poi si voltarono verso il comandante.

    – Blocchiamo questa e siamo pronte – mimò la prima.

    Bruna, dai cappelli lisci e lunghi, indossava una tuta da fatica. L’altro membro dell’equipaggio, una ragazza bionda dalla pelle particolarmente chiara, aveva due enormi occhi celesti che sembravano brillare al riflesso della stella. Il nome della nave e la bellezza delle donne dell’equipaggio erano conosciute in tutto il sistema. Il comandante preferiva l’anonimato, navigare nell’oscurità, in segreto, portare a termine missioni al limite della legalità, quelle che offrivano guadagni maggiori, ma Pamela e Wendy attiravano l’attenzione come lanterne per le falene.

    E puntualmente, come moderne falene, gli uomini bruciavano contro le paratie della Valchiria. O nelle sue caldaie.

    – Che ti dicevo? – Blain ammiccò all’agente.

    – Meglio, non ti voglio in giro durante i festeggiamenti, i militari stanno controllando ogni operaio, minacciando i capi del sindacato… la 53 è stata chiusa al traffico e qui sono attesi due trasporti carichi di miliziani.

    Il comandante lo osservò a lungo. Finalmente capiva il nervosismo che aveva notato nel socio, erano passati alcuni anni dalla strage dello Sciopero Nero, non ne conosceva a fondo gli avvenimenti ma tutti nel sistema ricordavano l’azione ferrea con cui era stato represso. Cento, alcuni parlavano di duecento morti… molti di loro erano poco più che bambini, appena assunti nelle miniere.

    – Se la metti così… Nova 54 stiamo partendo! – scherzò Blain.

    Firmò la bolla di carico, ritirò la sua copia che piegò velocemente e infilò nella tasca cosciale, augurandosi di ricordarsene l’ubicazione prima di mettere a lavare la tuta da fatica. Tra i capelli cominciavano ad apparire i primi ciuffi grigi e gli addominali, un tempo invidiabili, stavano cominciando a lasciar troppo spazio alla pancetta. Molti suoi coetanei erano ormai calvi, mentre lui aveva una chioma folta, capelli neri come la pece che amava tenere corti.

    In passato era stato particolarmente attento al fisico ma la vita da trasportatore, monotona e sedentaria, stava mettendo a dura prova il suo corpo. Lo spazio nella nave era troppo prezioso, non poteva permettersi di rubare nemmeno un centimetro per ricavarne una piccola palestra, richiesta che le ragazze gli facevano almeno una volta al mese. Il tempo trascorso nelle stazioni orbitali era dedicato a carico e scarico, non potevano concedersi lo svago offerto dai centri benessere dei porti; più tempo trascorrevano in sosta, meno guadagnavano.

    Eppure, pensò Blain, prima o poi devo far qualcosa o diventerò come quei ciccioni di Extasi.

    – Ehi, capo – lo chiamò Wendy. – Ci fermiamo anche a Extasi?

    Spesso la ragazza lasciava l’uomo a bocca aperta. Sembrava leggergli nei pensieri.

    – Sì, consegniamo la posta, perché?

    – Devo ritirare una cosa, sono mesi che non ci passiamo, speriamo mi abbiano tenuto da parte il pacchetto. – Aveva raggiunto i due, strofinandosi le mani sulla tuta con un gesto tanto naturale quanto sensuale.

    – Ci fermeremo un giorno intero, avremo un’orbita migliore, organizza pure un po’ di franchigia.

    – Grazie Blain! – urlò con voce stridula la ragazza. Lo strinse con forza e gli piazzò un bacio sulla guancia, particolarmente vicino alle labbra, suscitando l’invidia degli uomini che l’avevano seguita con lo sguardo.

    – Vattene e prepara la nave! – la richiamò l’uomo.

    Salutò l’agente con un segno del capo e fece per voltarsi, quando questo si schiarì rumorosamente la voce, attirando l’attenzione del pilota.

    – C’è altro? – chiese.

    – Un altro incarico, per cui pagano bene. E in anticipo.

    – Quanto bene?

    – Molto. Devi solo portare una persona…

    – Aspetta! – lo fermò Blain. – Lo sai che non voglio passeggeri sulla Valchiria!

    – Sì, lo so, ma…

    – La risposta è no!

    – Sono trentamila crediti per te – precisò O’Brian. Il comandante valutò in silenzio la generosa offerta. L’agente restò in attesa qualche istante poi aggiunse: – Nessun cambiamento nel piano di volo, la scarichi all’ultima fermata, trentamila crediti puliti, non puoi rifiutare, Jake.

    – Volo tranquillo fino Addle… ed è disposto a pagare quella cifra? – domandò il capitano della Valchiria.

    – Disposta. Donna, piuttosto carina, se ti piace il tipo acqua e sapone.

    – Donna? Mi vuoi morto, Mike?

    – Ascolta, mio cugino Johnny, quello che lavora alla dogana, ricordi? ha fatto un controllo sui documenti è tutto regolare, il nome della donna non compare nemmeno nell’archivio della milizia, sono crediti facili.

    – Non esistono crediti facili Mike, dovresti averlo imparato – insisté il pilota.

    L’agente aprì la cartella di cuoio che portava sempre con sé, indicò al comandante una busta, tenendola nascosta a sguardi indiscreti. Mostrò documenti e crediti al suo interno.

    – Diecimila sono in contanti, come puoi vedere, il resto – precisò – in certificati al portatore. Valuta pregiata in tutto il sistema e anche oltre! E questa è solo la tua parte, io e Johnny abbiamo già incassato quanto ci spetta.

    Chiuse la busta e la passò al capitano, lasciandogli il tempo di abituarsi a quell’importo. Il viaggio fruttava poco più di quarantamila crediti e aggiungerne altri trentamila gli avrebbe permesso di prendersi una lunga vacanza o di cambiare i motori, versare un acconto per una seconda nave. Tutti quei pensieri attraversarono in un istante la mente del pilota, che cercava, senza successo, di trovare lati negativi a quella proposta.

    Assorto in progetti che avrebbero migliorato il suo stile di vita, e quello dell’equipaggio della Valchiria, non si accorse che O’Brian si era allontanato, andando incontro a una ragazza dall’aria spaesata che indossava un’ampia gonna di ottima fattura, orlata di pizzo pregiato.

    I lunghi capelli castani erano raccolti sotto un cappellino che portava leggermente inclinato sul capo. Un velo leggero le nascondeva il volto.

    – Signorina Green, le presento il capitano Jake Blain, comandante della nave da trasporto Valchiria. Capitano Blain, la signorina Evelyn Green.

    La stretta di mano impacciata, accompagnata dalle parole appena borbottate dei due, fece sorridere l’agente che guardò prima l’uno, poi l’altra. Attorno al gruppo carrelli sferragliavano sui binari, camini fischiavano sotto la pressione delle caldaie che alimentavano le catapulte, voci urlavano per combattere i rumori.

    – Valchiria alla catapulta, presto! – gridò il controllore.

    – Tocca a te, Jake – sollecitò O’Brian. – Decidi in fretta.

    Blain guardò la busta, poi la ragazza, infine si voltò verso l’agente e annuì leggermente, infine si avviò alla nave, sostenendo lo sguardo delle due donne dell’equipaggio. Salì la rampa, controllò velocemente con lo sguardo il carico, poi chiamò Pamela: – Porta la nave alla catapulta, Pam. Wendy, carica il bagaglio della signorina Green e falla accomodare in cabina. Fate in fretta!

    Il capitano voleva verificare un’ultima volta il materiale imbarcato. Le ragazze lavoravano bene ma si trattava di una vecchia abitudine dei piloti, verificare più volte quanto già controllato. Poi controllare ancora…

    – Aspetta, Jake – lo chiamò Wendy.

    Il capitano tornò indietro.

    – Cosa c’è ora? – domandò seccato.

    – Non posso caricare tutta quella roba – protestò indicando il passeggero.

    Alcuni fattorini di colore stavano scaricando il bagaglio della Green da tre carrelli collegati a un piccolo trattore. Bauli e valige, quadri impacchettati… tutto veniva posto nei pressi della rampa di carico della Valchiria, allineato e ordinato secondo le indicazioni del passeggero.

     – Ehi, fermi! Fermi! – urlò Blain. – Signorina Green, aspetti un attimo!

    – Mi chiami pure Eve, capitano.

    – Beh… va bene, Eve. Fermi i suoi uomini, non possiamo caricare tutta quella roba, non c’è più posto nella stiva!

    – Nella stiva? – chiese stupita la donna. – Questi sono i miei effetti personali, capitano, il loro posto è nella mia cabina.

    – Cabina? Non so cosa le ha detto O’Brian ma sulla mia nave non ci sono cabine per gli ospiti… Mike, dove sei finito, Mike!

    L’agente si era volatilizzato, il controllore si avvicinò e puntò un dito contro il capitano, urlando, paonazzo: – Sei in ritardo, Blain! Ora lanciamo un treno, poi posso farti decollare, ma se salti anche questo turno, ti sposto a domani. Mi sono spiegato?

    – Certo, certo… carichiamo queste valige e partiamo, grazie. – Il capitano guardò con rabbia il passeggero e iniziò a prendere due valige e una cappelliera. – Wendy, aiutami, porta il carrello e butta dentro questa roba, sbrigati!

    Passò vicino a Pamela e le chiese di accompagnare la Green in cabina di pilotaggio, voleva lasciare quella base prima possibile. Caricarono in tutta fretta, chiudendo il portellone posteriore con la nave già in movimento. Seguirono i controllori che agitavano delle lanterne a olio indicando al pilota il percorso da seguire, finché raggiunsero la catapulta in attesa.

    – Stringa forte la cintura di sicurezza, Eve e poggi la testa alla poltrona, sarà una partenza brusca – l’avvisò il capitano.

    All’improvviso una folla sbucò da un lungo corridoio di servizio; uomini, donne e bambini uscivano di corsa, calpestando coloro che cadevano a terra, corpi che non si sarebbero mai più rialzati. Spinti dalle baionette dei miliziani, i fuggiaschi si ritrovarono con le spalle al muro, vicino al ponte di lancio: non avevano vie di fuga, erano in trappola, alla mercé della forza pubblica.

    – Cosa succede? – chiese la Green.

    – Credo siano clandestini – rispose Pamela.

    – Oppure operai che scioperano – ipotizzò Wendy.

    – Stiamo per decollare, fate attenzione – ricordò loro il capitano. – Il prossimo lancio è il nostro.

    Dalla catapulta alla loro sinistra lanciarono un piccolo trasporto, simile alla Valchiria per stivaggio, tenuto assieme dalla ruggine. Blain si augurò che la nave non si spezzasse all’interno del porto spaziale, l’incidente avrebbe bloccato ogni nuova partenza.

    Alcuni spari attirarono la loro attenzione. I corpi degli sfollati iniziavano a cadere uno dopo l’altro. Un bambino cercò di fuggire verso la Valchiria ma un colpo alla nuca gli fece esplodere il volto, la materia cerebrale giunse fino alla catapulta, che proprio in quel momento fu attivata dal controllore di volo della stazione orbitale.

    Le pareti del tubo di lancio scorrevano veloci, il buio, interminabile, lasciò il posto alla luce della stella che stava ormai sparendo dietro l’orizzonte di Nova. Il passeggero svenne a causa della potenza dell’enorme catapulta e, sospettò Blain, anche per ciò cui aveva dovuto assistere.

    Meglio così, pensò il capitano.

    La luce sparì all’improvviso, l’oscurità avvolse tutto, poche luci provenivano dal terreno, soprattutto dalle grandi città o dai complessi minerari. Avrebbero incontrato la stella dopo poche ore di orbita attorno al pianeta, sfruttavano l’effetto fionda per navigare verso la prima stazione del loro lungo viaggio, un planetoide senza vita che ospitava solo delle stazioni di rifornimento e che attendevano la nave del capitano Blain e la posta che consegnava regolarmente. O’Brian era riuscito a vincere l’appalto per l’anno in corso e la Valchiria copriva i collegamenti con le stazioni principali che si occupavano a loro volta di smaltire la corrispondenza alle altre basi.

    – Prepara la mia cabina, Pam – disse quasi sottovoce il comandante.

    Lei lo guardò stupita: – E tu, dove dormirai?

    – Sistematemi l’area vicino alla rampa 2.

    – Lo sgabuzzino delle scope? – chiese ridendo Wendy.

    – È la cabina dei passeggeri, solo che non ne abbiamo mai imbarcati… basta sistemarla un po’ – ricordò loro Blain.

    – Ci vorranno due ore per renderla presentabile – protestò Pamela.

    – Nessun problema, faccio io il primo turno qui – le rassicurò il capitano.

    – Non parlavo dello sgabuzzino, Jake, mi riferivo alla tua cabina, è un porcile! – urlò Pamela.

    Wendy sganciò la cintura e fluttuò verso poppa, lasciando soli i due, non sopportava quando litigavano. La Green mugugnò qualcosa e si mosse sulla poltrona, ancora legata.

    – Fai piano – disse sottovoce il capitano. – Lasciamola dormire ancora un po’, il viaggio è lungo.

    – Non capisco perché l’hai presa con noi, non capisco proprio!

    – Trentamila crediti. Ti basta come motivo?

    – Trentamila? Questo vuol dire guai! – protestò la donna.

    – Ha garantito Johnny O’Brian, la donna è a posto – rispose seccato Blain.

    – Johnny, lo stesso che cercava di infilarsi nelle mie mutandine quando andavo a scuola? Johnny O’Brian, lo stesso che ti ha denunciato alla milizia per salvarsi il culo?

    – Sono passati anni, per lui garantisce Mike, lo sai bene.

    – Comunque sia, avevamo detto niente passeggeri, tantomeno donne – gli ricordò Pamela.

    – Il capitano sono io!

    – Certo, CAPITANO, ma al mio culo ci tengo!

    La donna lasciò la cabina, Blain controllò la strumentazione di bordo e la pressione della caldaia. Il fuoco era al minimo, si trovavano su un’orbita stabile e avrebbero dovuto cambiare posizione tra poco più di mezz’ora ma poteva sempre accadere qualcosa di imprevisto, una fluttuazione del magnetismo, una pioggia di asteroidi o, più semplicemente, l’arrivo di qualche ricco proprietario che credeva di saper pilotare una nave spaziale. I motori dovevano essere pronti a pompare vapore e a spingere la Valchiria verso una posizione più sicura.

    Con l’indice bussò sul vetro del manometro tre, la pressione sembrava un po’ bassa, prese il libro di bordo e annotò il problema. Durante l’ispezione giornaliera avrebbero controllato il circuito di collegamento dello strumento con la caldaia.

    Un nuovo mugugno attirò la sua attenzione, il passeggero si stava

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