Trenta vestiti rossi
By Johan Twiss
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About this ebook
Durante un tour per il suo libro in Camborgia, l'autore James Moore, in fuga da un'improvvisa inondazione, cerca rifugio in quello che scopre essere un bordello. James ed il suo traduttore assistono alle atrocità che prendono vita in quel luogo in cui le ragazze, inclusa una bambina con un "dono", sono costrette a prostituirsi. Insieme lottano per salvare le ragazze non solo dall'alluvione, ma anche dalla minaccia che il proprietario del bordello ed i suoi scagnozzi rappresentano.
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Trenta vestiti rossi - Johan Twiss
TRENTA
VESTITI
ROSSI
––––––––
Johan Twiss
Twiss Publishing, Copyright © 2017
di Johan Twiss
Tutti i diritti sono riservati.
Copertina: Sky Young
Editore: Adrienne Burger
––––––––
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo senza la preventiva autorizzazione scritta dell’autore. Questo è un prodotto della fantasia. I personaggi, i nomi, gli eventi, i posti ed i dialoghi sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non si riferiscono alla realtà o sono usati fittiziamente. Ogni riferimento a persone reali, viventi o defunte, o fatti è puramente casuale.
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DEDICA
Il mio cuore sanguina per le vittime della tratta di esseri umani. Piango per voi. Prego per voi. E cercherò di essere d’aiuto più che posso.
Ed a quelle meravigliose anime ed organizzazioni che combattono contro questa schiavitù moderna io dico grazie. Continuate così.
CAPITOLO 1
Mi chiedo se si ricorderà del mio compleanno, pensò Veata.
C'era, invece, la concreta possibilità che non ci sarebbero stati regali per lei e che avrebbe trascorso tutto il giorno facendo le pulizie, come al solito, ma questo non impedì ad un sorriso di illuminarle il volto.
Oggi compio otto anni!
Preparò la colazione assaporando l'odore di uova fritte e curry che si diffondeva in quel misero monolocale. Le portò alla mente il ricordo di sua madre ai fornelli lasciandole un retrogusto di tristezza. Erano ormai passati due anni dalla morte dei suoi genitori per il colera ed a lei mancavano disperatamente, tanto da sforzarsi di mantenere viva l'immagine dei loro volti nella memoria.
Lei era stata spedita da suo zio che trascorreva le sue giornate scommettendo. Questo quando non era svenuto, ubriaco o non la picchiava. Nonostante tutto, però, era il suo compleanno e lei era felice.
Veata sentì un ringhio roco sollevarsi dall'altro lato della baracca e vide suo zio rotolarsi pigramente sulla stuoia. Lui si mise a sedere stropicciandosi gli occhi e grugnì il suo disappunto per la levataccia.
Buongiorno, Zio,
disse Veata pacatamente. I suoi occhi videro dei vortici marroni che si muovevano lenti intorno a suo zio. Era stanco e stordito, ma lei fu grata che lui non fosse di cattivo umore.
Sin da quando riusciva a ricordare, Veata aveva sempre visto gli altri circondati da colori. La sua mamma era di un giallo vivace, come il sole, ed il suo papà di un vivo verde acqua, come i campi di riso dove lavorava. La mamma le aveva sempre detto che aveva degli occhi speciali e che l'abilità di vedere l'aura altrui fosse un dono, ma Veata non sapeva cosa significasse la parola aura
. A lei sembravano solo colori e nessun essere vivente poteva nasconderle la sua vera natura.
Suo zio si alzò lentamente con una smorfia ad attraversargli il volto mentre si stiracchiava incurvando la schiena. Camminò a passi pesanti verso l’angusta cucina e sollevò una delle uova che Veata aveva fritto.
Oggi vado in città,
annunciò. E tu verrai con me. Datti una ripulita e preparati.
Veata rimase immobile ed arrossì in volto, carica di aspettativa per l’inaspettata sorpresa di compleanno. Aveva trascorso tutta la sua vita in quel piccolo villaggio e questa sarebbe stata la sua prima volta a Phnom Penh, la capitale della Cambogia.
Suo zio cambiò colore dal marrone fango a verde smeraldo con un’ombra di grigio a mulinargli intorno. Non lo aveva mai visto coì eccitato prima d’ora.
Il viaggio in autobus fu lungo e tranquillo, ma non appena iniziò a vedersi la città, Veata si meravigliò delle alte costruzioni, delle strade asfaltate e delle migliaia di macchine.
Veata ingoiò il nodo che le opprimeva la gola. Tutte quelle persone, pensò. Sembrano formiche dopo che ho toccato un formicaio.
L’autobus si fermò in una zona più vecchia della città e suo zio le fece cenno di scendere con lui. Veata lo seguì in silenzio in un labirinto di viuzze strette e sempre più sporche. I colori di quelli che incrociava variavano come quelli di un arcobaleno – alcuni accecanti e luminosi mentre altri erano spenti e scuri.
Dopo aver girato in un altro vicolo, Veata quasi si scontrò con suo zio che si era fermato di colpo fuori da una porta verde segnata dalle intemperie.
Aspetta qui!
disse duramente facendole un cenno con le dita. Sto entrando per occuparmi di alcuni affari. Non osare muoverti!
Veata annuì ed aspettò pazientemente nel vicolo, ma la curiosità la spinse ad esplorare i dintorni. Vicino ad un mucchio di spazzatura trovò due piccole lumache. Erano di un rosa ed argento brillanti. Tenendo le lumache in una mano raccolse due rametti e costruì una pista improvvisata.
Perfetto, piccoline,
sussurrò sistemando ciascuna lumaca in una corsia. Via!
Le lumache strisciarono in avanti. Una virò gradualmente verso il rametto centrale. Oh no, è bloccata. Veata si abbassò per liberare la lumaca e sentì la porta aprirsi dietro di lei.
Suo zio uscì accompagnato da un estraneo con capelli neri a spina tinti di rosso sulle punte. L’estraneo allungò a suo zio una piccola mazzetta di banconote e si strinsero le mani.
Veata inclinò la testa. Non l’ho mai visto sorridere prima, pensò mentre i suoi colori trionfavano di verde scuro e viola.
Eccola,
suo zio la additò sprezzante. Con un’occhiata avida alla sua nuova ricchezza, si voltò e si allontanò. Veata si alzò per seguirlo, ma l’uomo con i capelli a spina la afferrò da dietro coprendole la bocca con la mano lercia.
Morse la mano dell’uomo ed urlò, ZIO! TORNA INDIETRO!
Suo zio si fermò e si voltò. I suoi colori divennero grigio scuro come la pietra dura e fredda, ma brillarono di verde smeraldo mentre guardava con desiderio ai soldi nel suo pugno. Senza una parola si voltò di nuovo e sparì dal vicolo.
Veata urlò e graffiò tentando vanamente di liberarsi mentre l’uomo la trascinava nel palazzo. La scagliò in un grande armadio e la schiaffeggiò sul viso.
Continuerò a colpirti finché non smetterai di gridare!
urlò mentre la sua aura mutava dal grigio sbiadito a fiammanti rosso ed arancione mentre la schiaffeggiava.
Ogni colpo era come una martellata che la spingeva a chiudersi sempre più in sé stessa. Smise di gridare, ma la sua mente implorava, Aiuto! Zio! Torna indietro! Aiutami! Che qualcuno mi aiuti!
Ma nessuno venne.
L’uomo coi capelli a spina ignorò le sue lacrime. Le sue onde grigie si muovevano pigramente intorno al suo corpo mentre la guardava dall’alto. Afferrò uno striminzito vestito rosso da una mensola e glielo lanciò. Veata guardò il vestito fluttuare nell’aria come se librasse prima che questo cadesse sul pavimento lercio ai suoi piedi.
Cambiati!
ordinò l’uomo.
Veata assaggiò le lacrime salate che le correvano lungo il volto mentre cercava di scacciare il dolore – mentre cercava di comprendere. Un’immagine di sua madre in un vestito giallo le comparve davanti.
Mamma,
singhiozzò mentre sua madre sorrideva ed apriva le braccia per confortarla.
Mamma. Stringimi.
Veata si allungò verso sua madre, le loro dita quasi si toccavano, ma uno schiaffo pesante cadde sulla sua guancia. Sua madre sparì.
Stai zitta e cambiati!
Veata sbatté le ciglia rapidamente cercando di riportare a galla quell’immagine, ma era andata persa. No,
bisbigliò. Torna indietro, mamma.
Ti ho detto di star zitta e cambiarti,
sibilò l’uomo. Sollevò di nuovo la mano per colpirla ancora, ma Veata afferrò rapidamente il vestito dal pavimento ed iniziò a cambiarsi per evitare di essere colpita.
L’uomo grugnì apparentemente soddisfatto mentre abbassava la mano che aveva alzato.
Una volta vestita, l’uomo la afferrò per un braccio e la condusse lungo un corridoio spingendola in una piccola stanza con un’altra dozzina di ragazze vestite di rosso. Tutte le ragazze sembravano più grandi di lei, adolescenti. Alcune bisbigliavano tra di loro mentre altre fissavano assenti una tenda colorata di rosso appesa ad un muro.
Smettete di parlare ed allineatevi!
urlò l’uomo coi capelli a spina.
Mentre camminava lungo la linea, si fermò vicino a ciascuna sistemando intorno ai loro colli un cartello. Sui cartelli c’erano scritti numeri e su quello di Veata c’era scritto 30
.
Delle luci accecanti si accesero sopra di loro e Veata si parò gli occhi.
È l’ora dello spettacolo,
annunciò l’uomo. Tirò una corda per aprire la tenda di velluto che nascondeva una grande vetrata.
Nessuna delle ragazze parlò, ma alcune iniziarono a mettersi in posa e a volteggiare. Veata, attraverso il riflesso delle luci, vide che erano su un palco e che