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Randagio
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Ebook286 pages4 hours

Randagio

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About this ebook

Erin Timms accetta un nuovo lavoro come veterinaria a Sunshine, in Colorado, per due importanti motivi: allontanarsi dal suo ex e concedersi la possibilità di una nuova vita. Ma quando le notizie devastanti del suo ex la seguono fino a lì, inizia a pensare di aver commesso un terribile errore.

Jon Miles, alto e dall'aspetto fenomenale, ha un solo obiettivo: salvare il canyon dove si trova Sunshine da uomini d'affari che vogliono sfruttarlo. Ma come può farlo quando è solo un emarginato?

Non c'era niente che indicasse che si sarebbero mai incontrati, molto meno che si sarebbe accesa una scintilla di romanticismo rovente. Tranne che Erin non può rifiutare di aiutare un randagio. . .

LanguageItaliano
Release dateApr 7, 2018
ISBN9781547524174
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    Randagio - Natasha Stories

    Randagio

    Di

    Natasha Stories

    Copyright 2014 di Natasha Stories

    Questo libro è protetto dalla legge sul copyright degli Stati Uniti d'America. L’uso non autorizzato o la riproduzione del materiale e opere artistiche qui contenute sono proibiti. Questo libro è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi, marchi, media ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fantasioso. Tutti i diritti riservati.

    Tavola dei contenuti

    ––––––––

    CAPITOLO UNO

    Erin, io questo casino non lo pulisco disse Megan, facendo una smorfia alla vista delle condizioni in cui versava l’ambulatorio. Non l’avrei biasimata se pulire non facesse parte dei suoi doveri di tecnico veterinario, sebbene ora facesse più da receptionist. Del resto, io non potevo sia pulire che finire il rapporto della giornata, e l’orario di chiusura era passato da un pezzo.

    Megan, per favore. So che non è il massimo, ma ho veramente bisogno del tuo aiuto. Andiamo, metti il cartello chiuso e finiamo tutto, così possiamo finalmente uscire di qui. Sistemai alcune ciocche di capelli sfuggite dalla mia treccia francese; era passato in bel po’ di tempo dall'ultima volta che mi ero guardata allo specchio. Era stata una giornata lunga e stressante.

    No.

    Smisi di discutere e sospirai. Non sarebbe servito a nulla, non ero in posizione di costringerla a fare niente. La clinica non era mia, ma di suo padre. Non potevo licenziarla, non potevo nemmeno criticare il suo atteggiamento. Era passato soltanto un mese da quando avevo iniziato a lavorare nella Sunshine Veterinary Clinic, e questa era già la trentesima volta in cui mi pentivo di non essere rimasta a casa. E per la trentesima volta ricordavo a me stessa perché mi trovavo qui.

    Sunshine, in Colorado. Quando vidi l’annuncio fui subito attirata dal nome. Sembrava un posto in cui il sole splende tutto l'anno, sebbene la mia città natale, Dallas, in Texas, non fosse certo un posto cupo. Nascosta in un piccolo canyon vicino a Boulder, Sunshine vantava anche una raffinata stazione sciistica.

    Ciò che mi attrasse, però, fu l'annuncio cercasi veterinario. E anche il fatto che si trovasse a centinaia di chilometri di distanza da Dallas e dal mio ex. Avevo risparmiato un po' di soldi, ma non erano molti, considerando che stavo ancora pagando la scuola di veterinaria che avevo finito solo tre anni prima. Erano abbastanza per trasferirsi, però, e lo stipendio che offrivano mi avrebbe permesso di rimettermi in sesto entro un anno. E, cosa migliore, l'annuncio lasciava presupporre che il proprietario stesse per andare in pensione, una volta ceduto l'ambulatorio a un candidato adatto.

    Da quando ero bambina non desideravo altro che prendermi cura di animali feriti e ammalati. Amavo i cani, i gatti, i roditori e persino animali più grandi come cavalli e pecore, solo con le mucche non andavo d'accordo. Quindi mi specializzai in piccoli animali e trovai lavoro non appena finito gli studi. Mi occupavo sopratutto di cani e gatti e ogni tanto di qualche cricetino o pappagallo. Il lavoro di veterinario di città è quasi sempre così.

    Lavorare a Sunshine, però, poteva essere diverso. È una città piccola, avevo immaginato che nelle vicinanze ci fossero fattorie o allevamenti. Feci qualche ricerca prima di candidarmi. Scoprii che dopotutto la maggior parte dei pazienti erano cani e gatti, alcuni con il pedigree.

    Da ciò che avevo letto su internet, la città era un curioso miscuglio di vecchi residenti, quelli che erano rimasti anche dopo che le miniere hanno chiuso; di impiegati della stazione sciistica e di residenti ricchi, attirati dal resort e dalla vicinanza a Boulder che quel piccolo paradiso di montagna con altissimi sempreverdi e aria fresca offriva. Pochi allevatori e agricoltori quindi. Mandai curriculum e lettera di presentazione ed iniziai ad aspettare.

    Nel frattempo, riallacciai i rapporti con delle vecchie amiche di università. Alcune ora erano insegnanti, altre erano impiegate; io ero stata l'unica a proseguire gli studi per altri quattro anni per riuscire ad inserirmi in ambito medico.

    Non vedevo l'ora di fare una rimpatriata tra ragazze per il week end di Capodanno. Ad alcune piaceva sciare, e se avessi ottenuto il lavoro, avrei avuto pollici in su da due di loro e 'forse' da una terza. La quarta non aveva risposto, ma essendo una mondana incallita, pensai fosse impegnata. Non vedevo l'ora di rivederle perché i nostri stili di vita diversi ci avevano pian piano separate, le nostre uscite si erano fatte meno frequenti fino a cessare del tutto, sopratutto dopo che incontrai Greg.

    Non devo ripensare a questo stasera. Non avevo un bell'aspetto, ma tutto si poteva sistemare, se solo Megan mi aiutasse a fare qualcosa.

    Va bene, lo faccio io. Tanto sono già in condizioni pietose. Ti va di chiudere la cassa?

    Avrei dovuto finire alle sei. Sono già le sette, fu la sua non-risposta.

    Lo so, Megan, ma non possiamo mandare via gli animali della signora Padgett. Se portasse il suo allevamento da un altro veterinario, tuo padre mi ucciderebbe.

    Non è un mio problema. GRRRR! Volevo strozzare la stronzetta.

    Per favore. Avevo perso la pazienza e non riuscivo a pensare a niente che potesse convincerla. Mi ero ridotta a supplicarla di fare il suo lavoro. Di nuovo.

    Mio papà non mi faceva fare niente di tutto questo. Dovevo solo rispondere al telefono e ogni tanto dare un'occhiata agli animali.

    Lo so, Megan, ma tuo papà allora aveva un altro tecnico. Una volta ottenuto il diploma di tecnico veterinario e dopo averti assunta full time, si sarebbe aspettato che facessi tutto questo. Non posso farlo da sola, ho bisogno che collabori. Ti va di chiudere la cassa sì o no?

    Va bene, per questa volta lo faccio. Ma devi iniziare a chiudere in tempo. Questa cosa mi sta rovinando i programmi, è venerdì sera. Se continui a farmi fare queste cose, lo dirò a papà.

    Ringraziai e le voltai le spalle così che non mi vedesse roteare gli occhi. Lo dirà a papà. Mi sentivo come se lavorassi in asilo e non in un ambulatorio. Mi diressi verso l'armadietto per prendere ciò che mi serviva per la pulire. Volevo evitare che il disastro sul pavimento si seccasse e dovesse essere raschiato. Dovevo pulire anche l'ufficio prima di pensare a me stessa.

    Almeno c'era la doccia per il personale medico—ovvero me—e avevo fin da subito imparato da un particolare paziente a portarmi sempre dietro un cambio. Il persiano della signora Padgett, Maharajah, era un paziente frequente. Soffriva di problemi cronici allo stomaco.

    Armata di guanti e rotolo di carta, iniziai a raccogliere il grosso della sporcizia.  In seguito avrei usato un detergente, poi mi sarei fatta la doccia. A tutto questo seguirà una sterilizzazione dell'intera sala visite, nel caso Maharajah avesse una qualche malattia contagiosa invece dello stomaco delicato, sebbene dubitassi fosse così.

    Poi, una volta a casa, avrei lavato ii miei vestiti macchiati. Non era la trentesima volta che ringraziavo la mia lungimiranza di insistere per avere un appartamento con lavatrice e asciugature, ma questo particolare era nella mia lista dei pro.

    Uffa, tutto questo è disgustoso. Detto da un veterinario vuol dire molto. Siamo abituati ad aprire animali vivi per gli interventi, e anche a sverminarli. Per non parlare di controlli a vacche gravide, ma per fortuna questa ancora mi manca. Non c'era da sorprendersi che Megan si rifiutasse di pulire. Non ero sicura se mi sarei mai sbarazzata completamente di quell'odore.

    Dovevo controllare i progressi di Megan con la chiusura della cassa e altre attività di front-office che potrebbe aver trascurato. Era una dura battaglia, e stasera ero astiosa. Per vendicarmi del fatto che non avesse voluto pulire mentre io mi davo una sistemata, andai verso la sua scrivania con ancora addosso i vestiti sporchi, sicuramente poco piacevoli al naso, e mi chinai sopra di lei per vedere cosa avesse sul computer.

    Megan non si era resa conto che ero dietro di lei. Potei solo assumere che avesse sentito il mio odore perché fece sparire la schermata, ma non prima che vedessi un uomo mezzo nudo che posava su un letto. Per l'amor del cielo, veramente? Aggiunsi anche visita siti porno sul computer aziendale alla lista delle sue trasgressioni. Non appena sarei riuscita ad acquistare questo posto, avrei licenziato la smorfiosa.

    Megan, hai chiuso la cassa? Chiesi, cercando di mantenere un tono calmo.

    No, avevo altre cose da fare, rispose, indicando vagamente gli espositori con cibo organico, bocconcini, collari e giocattoli. Dovevo risistemare i collari, qualcuno aveva mischiato quelli dei gatti con quelli dei cani. E rifornire gli oggetti mancanti, disse, sfoggiando un'espressione da finta virtuosa.

    Va bene, perfetto, mi fa piacere che tu l'abbia notato, risposi. Non era male poterla lodare qualche volta. Magari si sarebbe addolcita e la sua presenza sarebbe stata più tollerabile. Ora come ora, era più che inutile. Ma, ora non potresti scrivere il rapporto di fine giornata? Ritorno a controllare non appena mi sarò un po' ripulita.

    Va bene, ma non metterci troppo in doccia. Devo veramente uscire, si lamentò.

    Serrai la bocca prima di lasciarmi sfuggire una risposta sarcastica, e allora perché non fai rapporto invece di metterti a fare lavoretti stupidi, per non parlare di siti porno? Io stessa non disdegnavo qualche bocconcino mezzo svestito, ma certo non li cercavo sul computer aziendale in orario lavorativo.

    Ritornai in fondo per controllare le altre sale, chiedendomi se Megan si fosse presa il disturbo di pulire almeno quelle mentre io ero impegnata con i pazienti tutto il giorno. Dalla sala cani B proveniva un odore sospetto, accesi le luci e vidi una piccola pozzanghera sotto il tavolo operatorio. Non si parlava più di inefficienza, ma di pericolo. Se non potevo fidarmi nemmeno che pulisse tra le visite, rischiavamo che i pazienti si contaggiassero tra di loro.

    Disperata, mi sedetti sullo sgabello girevole e fissai la pozzanghera, consapevole che avrei dovuto pulire anche questo e che parlare con Megan non avrebbe portato a nulla di buono. Dovevo anche trovare un modo per lamentarmi con suo padre, se solo sapessi dove fosse l'appunto che mi aveva lasciato per indicarmi quando potevo contattarlo. Era partito per una lunga vacanza con la madre di Megan. Il solo pensiero a quella conversazione bastava per farmi piangere, ma strinsi di nuovo i denti. Non dove lei mi avrebbe potuto vedere, mai. Potevo aspettare finché non sarei arrivata a casa.

    Andai a prendere mocio e secchio, tenendo a mente di sterilizzare anche questa sala. Forse potevo venire domani mattina presto per pulirle tutte, ora che sapevo che probabilmente Megan non l'aveva fatto. D'un colpo la mia paga sembrava fin troppo bassa per tutto questo. Se facendo così non lasciassi la città senza veterinario, me ne sarei andata via per sempre la sera stessa, mi dissi, pur sapendo che era una bugia. Non avevo abbastanza soldi per trasferirmi di nuovo; ero inchiodata qua.

    Quando finii di pulire la pozzanghera, gridai a Megan che andavo a fare la doccia. Non ci fu alcuna risposta.

    CAPITOLO DUE

    Sebbene fossi tentata di fregarmene e di entrare in doccia, dovevo assicurarmi che Megan non se ne fosse già andata, o almeno che avesse chiuso la porta. Non appena girai l'angolo la sentii gridare.

    Siamo chiusi! Ritorni domani.

    Megan, cosa... dissi, poi vidi fuori un uomo, teneva tra le mani un cane e allo stesso tempo batteva con fatica alla porta.

    È ferito, si sentì un grido soffocato dalla porta blindata. Poi un altro susseguirsi di colpi. Balzai verso la porta.

    Sia-mo CHIUSI! urlò Megan, facendomi sobbalzare. Mi girai verso di lei e la squadrai.

    Megan, è un emergenza. Non puoi mandare via le emergenze. Noncurante della mia apparenza, mi affrettai verso la porta e li feci entrare.

    Non osare aprire quella porta! strillò. Voglio andare a casa, adesso!

    Vai, allora. Me ne occupo io. Finalmente la porta si aprì, l'uomo si fece strada dentro mollandomi il grosso cane tra le bracca e si scagliò su Megan. Nel momento in cui mi mise in braccio il cane e le nostre mani si sfiorarono, sentii una scossa. Diedi la colpa all'elettricità statica mentre cullavo goffamente l'animale.

    Ma che problemi hai? Questo cane ha bisogno di aiuto, disse a Megan, la sua voce era piena di rabbia.

    Potevo immaginare il suo faccino imbronciato, ma non mi diedi la briga di guardarla. Avevo letteralmente le mani piene; riuscivo a malapena a tenere il cane in braccio, notai che stava tremando e aveva il respiro affannato. Dovevo esaminarlo immediatamente. Ma come prima cosa, dovevo allontanarlo dalle macchie sul mio camice.

    Prendi il cane, mi devo mettere un camice nuovo, sbottai verso l'uomo. Sì voltò verso di me con aria rabbiosa, ma non appena vide le condizioni del camice tese le mani per prendere il cane.

    Sbrigati, disse.

    Venga con me. Mentre camminavo verso gli ambulatori e mi toglievo il camice, sperai che la sala cani A fosse stata pulita a dovere. Mi fermai per un secondo per aprire l'armadietto e prendere un cambio nuovo.

    Lo metta sul tavolo e gli rimanga accanto per assicurarsi che non cada, ordinai senza nemmeno voltarmi. Dovevo lavarmi le mani e indossare il camice, subito.

    Quando ritornai, lo vidi accanto al tavolo, una mano poggiata sul fianco del cane e l'altra che gli accarezzava la testa. Il cane si era un po' calmato, ma guaiva per il dolore.

    Come si chiama? chiesi, raggiungendo il proprietario accanto al tavolo.

    Non lo so. L'ho investito, è venuto fuori dal nulla. Aiutalo, ti prego. Mentre parlava, iniziai ad esaminare il cane e l'uomo si spostò. Si tolse il cappotto, che era già sbottonato, e con noncuranza si tolse di dosso la maglietta insanguinata.

    Fu allora che lo guardai bene per la prima volta, dovetti mettere le mani sul tavolo per non perdere l'equilibrio io stessa. Se quello non era l'uomo più bello del pianeta, certamente rientrava tra i primi dieci. Alto, quasi un metro e novanta, i suoi riccioli scuri e arruffati invitavano le mie dita a toccarli, sotto le ciglia folte degli occhi marroni punteggiati di ambra penetravano nell'anima. Ma la cosa micidiale era il suo fisico: aveva un misterioso tatuaggio sulla spalla destra e pettorali che tradivano ore e ore passate in sala pesi. I miei occhi vagarono in giù. Gli addominali che formavano una V, conducevano a ulteriori misteri. Quell'uomo era un dio!

    Che cosa c'è? Non vuoi esaminare il cane?

    La sua espressione confusa mentre si rimetteva il cappotto mi riportò sul pianeta terra, scacciando quell'improvvisa eccitazione venuta fuori dal nulla. Sei mesi senza sesso iniziavano a pesare.

    Certo. Dimmi cos'è successo, risposi, mentre iniziavo ad esaminare le condizioni dell'animale. Vedevo già che senza dubbio la sua zampa posteriore era rotta. A prima vista, conclusi che cane stava attraverso la carreggiata di corsa destra per poi finire sotto la ruota del lato conducente. Il fatto che non fosse ancor più ferito mi diceva che non èra finito sotto la macchina e che era quasi riuscito ad attraversare la strada. Se l'uomo l'ha investito perchè è corso improvvisamente in strada, deve aver guidato fin troppo veloce per le strade ghiacciate del paese, in caso contrario sarebbe riuscito a fermarsi. La sua storia non mi convinceva.

    Come ho già detto, è venuto fuori dal nulla. Non l'ho visto finché non fu troppo tardi. Quindi, stava ripetendo la stessa cosa, ignaro che potevo provare che si trattasse di una bugia. Per quanto fosse carino, iniziava a non piacermi. Gli chiesi di allontanarsi, mi serviva spazio per iniziare a trattare il cane.

    Il paziente era un Golden Retriever, sembrava purosangue, ma era trascurato. L'incidente non spiegava le grosse chiazze di pelo mancante e il corpo pieno ferite vecchie. Potevo facilmente sentire le costole e bastava un'occhiata alle zampe per capire nessuno si prendeva cura di lui. Gli parlai dolcemente palpandogli velocemente l'addome, poi mi concentrai sulla zampa. Un'occhiata più attenta rivelò come non solo fosse rotta, ma che la fattura era composta. Dovevo rasare via il pelo prima di capire se il cane potesse essere salvato. Gli chiesi di tranquillizzarlo mentre io preparavo il sedativo.

    È un randagio. Hai una scelta. Lo hai portato qua, puoi pagare per le cure, o dovrò abbatterlo. Ha una fattura composta.

    Mentre pronunciavo queste parole mi voltai verso di lui con la siringa in mano, solo per vedere uno sguardo accigliato che mi fissava.

    Abbatterlo? Per una zampa rotta? Assolutamente no! Sistemala, o amputala se devi. Pagherò.

    Stava iniziando a piacermi un po' di più. Sì, è stato un irresponsabile ad oltrepassare il limite di velocità investendo il cane, ma almeno non voleva che un dolce Golden venisse abbattuto per colpa sua. Sfortunatamente per lui, avevo intenzione di salvare la zampa. Sarà un intervento molto costoso. Va bene. Lo chiamerò Max, dissi, per convenienza.

    Normalmente avrei chiesto al proprietario di uscire fuori durante un intervento come questo. Il processo era molto macabro per i non iniziati alla pratica veterinaria. Ma volevo punirlo per la sua imprudenza. Il modo migliore era farlo assistere a ciò che il cane avrebbe dovuto sopportare.

    Misi la mano sinistra sulla testa di Max, sia per tranquillizzarlo che per nascondere la siringa alla sua vista. Con la destra, feci una puntura al fianco sinistro, facendolo guaire. Il fatto che non abbia cercato di mordermi diceva che fosse un Golden ancora socievole. Tra tutte le razze, amavo particolarmente i Golden, sebbene, a dire la verità, amassi tutti gli animali, persino i gatti, ai quali ero allergica.

    Il corpo di Max iniziò a rilassarsi, il sedativo faceva effetto . Presi il rasoio elettrico e iniziai a rimuovere il pelo che ricopriva la zampa rotta, maneggiando con cura intorno all'osso rotto che aveva attraversato la pelle ed era in bella vista.

    Con l'area della ferita ben visibile, fu palese che l'operazione sarebbe stata invasiva e che avrebbe richiesto molto tempo. Non volevo essere distratta dall'uomo, perciò gli dissi che ci sarebbe voluto un po' e che poteva andarsene.

    Mi aspettavo che schizzasse fuori alla velocità della luce, ma esitò. Non avevo tempo per questo.

    Lo spinsi fuori, assicurandomi che Max fosse addormentato, e lo seguii per fargli versare l'anticipo, che credo saranno gli unici soldi che vedremo da lui. Dopotutto, non era legalmente legato al cane, come potevo rintracciarlo se mi desse un nome falso, o se si rifiutasse del tutto di fornire le sue generalità? Per mia grande sorpresa, Megan era ancora la.

    Megan, questo ehm, signore, deve lasciare un anticipo di mille dollari per le cure del cane che ha portato. Osservai il suo viso mentre dicevo quella cifra, ma non mostrò alcun angoscia o sorpresa. Tirò invece fuori il portafoglio e consegnò dieci banconote da cento dollari, contandole sulla scrivania di Megan.

    Non sapevo se continuare a rimanere a bocca aperta per la meraviglia che si portasse così tanto contante dietro, o se ridere di Megan che sembrava confusa quanto me. Aveva iniziato a obiettare quando le dissi che doveva lasciare un anticipo. Sospettavo fosse perché aveva già chiuso la cassa e perché avrebbe dovuto rifare tutto. Ma, mentre l'uomo contava le banconote, i suoi occhi si ingrandivano. Io non potevo immaginare quanto sgraffignasse a suo padre, ma con così tanti contanti sul tavolo, avrei sicuramente ricontrollato i soldi in cassa.

    Ma nel frattempo, avevo un operazione da fare. Proprio mentre stavo per dire a Megan di assicurarsi di dargli la ricevuta, la stridente melodia Sexy and I Know It spaccò il silenzio. Era proprio di cattivo gusto. Mise la mano in tasca e tirò fuori un iPhone, poi si allontanò per rispondere. Iniziai a dire a Megan di suggerirgli di ritornare domani in caso avesse qualche domanda, ma non appena sentii la mia voce, alzò in aria l'indice, come per dirmi di aspettare un attimo. Poi ritornò alla sua telefonata.

    Lo so, piccola, ma ci vuole un po' più del previsto. Erano chiusi e... smise di parlare e ascoltò per qualche secondo. No, vengo subito. Non c'è altro che possa fare qua. Devo fermarmi per prelevare dei soldi e poi sono da te. Sono sicuro che non daranno via il nostro tavolo. Va bene, ti amo anch'io.

    Poi si girò verso di me. Mentre stava parlando alla ‘piccola’, ebbi il tempo di osservare com'era vestito e le sue mani curate, che notai solo adesso, nonostante le avesse poggiate sul cane solo qualche minuto fa.

    C'è nient'altro signor, ehm...

    Jon. Volevo solo sapere se devo ritornare a prenderlo stanotte o cosa?

    No, dovremo tenerlo in osservazione per alcuni giorni. Dato che non è tuo, vorrai che ce ne occupiamo noi finché non sarà pronto a trovare una nuova casa. Se vorrai vederlo, domani siamo aperti dalle nove a mezzogiorno.

    Non mi spiegavo perché fossi così arrabbiata con lui. Sebbene sia stato un irresponsabile a investire Max, almeno lo ha portato da noi. E l'anticipo di mille dollari, sebbene non coprisse tutte le spese, sarebbe bastato per le cure di Max almeno finché non si sarebbe ripreso abbastanza da iniziare a cercagli una nuova casa . Tutto sommato, questo Jon sembrava una brava persona. E, in caso non l'avessi sottolineato abbastanza, era anche

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