Johnny (Cruel Summer)
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Johnny (Cruel Summer) - Gabriele Del Buono
Soundtrack
CAPITOLO 1 - BLUR
Cercavo riparo dalla pioggia battente. Era stata una lunga notte, e non ricordavo perché fossi li, tra le carcasse di acciaio delle automobili dello sfasciacarrozze.
Le gocce cadevano solenni sulle lamiere, con un tintinnio assordante.
Ricordavo solo che non stava piovendo quando mi era addormentato... forse.
Guardai il mio cellulare ma era spento, ormai la batteria era morta. Cazzo!
Mi guardai intorno, dal finestrino dell'auto nella quale mi ero riparato per la notte. Ecco, qui ci starebbe bene un altro forse, perché in realtà non sapevo da quanto tempo fossi li dentro.
Vedevo intorno a me solo macerie di vecchie automobili e desolazione. L'unico rumore era stato quello della pioggia, fino a quel momento. Una delle presse si accese dall'altra parte del parcheggio, e un cigolio meccanico faceva tremare le lamiere.
Ormai era mattina, e la città stava per prendere vita. Scesi dall'auto, mi tirai su il cappuccio, e mi incamminai a testa bassa tra i rottami, in direzione del vecchio cancello arrugginito. Un forte odore di pioggia e terra bagnata invase le mie narici, quasi peggiore di quello d'erba che sentivo sempre addosso a Patrizio, il tecnico del suono del Medusa, un locale in cui suono ogni tanto.
No, non sono un musicista, sono un deejay, che suona nei locali notturni un po' di tutto, dalla tecno alla house, dall'electro al pop. Tutti mi chiamano Johnny, quindi per ora fatelo anche voi...
L'aria era fresca, nonostante fosse il 7 giugno. Guardai il cielo, che appariva grigio e malinconico, come il giorno che morì mio nonno, un giorno e un cielo che non dimenticherò mai, color della pietra bagnata, quella degli scalini della sua casa di campagna, dove giocavo da piccolo.
Una goccia di pioggia mi bagnò la guancia sinistra, mi asciugai con la manica della felpa, e ripresi a camminare verso il cancello. I passi si facevano pesanti nella terra bagnata, e ogni tanto le mie Converse viola affondavano. Non vedevo l'ora di essere fuori di li.
Non sapevo neanche perché avessi dormito li quella notte, o meglio, non lo ricordavo, non ancora.
Mi lasciai lo sfasciacarrozze alle spalle, e proseguì per la stradina di periferia che si trovava davanti a me.
Intanto la pioggia smise lenta di cadere.
CAPITOLO 2 – VERY SLOWLY
Amo la città, ma la preferisco di notte, e non mi ero mai addentrato in quella zona di giorno. La periferia non è certo una attrattiva per molti, specie per chi, come me, è nato e cresciuto in centro, nella classica famiglia della media borghesia.
Eppure io ho sempre trovato un qualcosa di poetico nelle strade deserte, nei palazzoni di cemento con piccoli balconi e finestre sui cortili condominiali. La periferia racconta sempre tante storie, e ha un fascino diverso, specie di notte, con i suoi locali storici, lontani dalla monotonia dei bar alla moda delle zone centrali della città.
Per quanto una parte di me ami mettersi le camice azzurre aperte sul petto villoso e bere la mia pepsi cola al limone con quei fighettini dei miei ex compagni di liceo, sono davvero me stesso nei pub di periferia o nelle discoteche di vecchio stampo, sudato fradicio dietro la console, a scatenarmi con le mie cuffie e le mie canotte dalle fantasie assurde.
E mi piace camminare da solo, per ore, senza una meta, per la città, esplorando nuovi posti nascosti, tutti miei, con la musica sparata negli auricolari.
La musica è una parte fondamentale di me, è sempre stata sia la mia via di fuga che la mia via di comunicazione. Sarò pure un chiacchierone, ma con la musica mi esprimo al meglio, specie quando mi si secca la gola e mi sudano le mani appena vedo qualcuno che mi piace davvero.
Quella mattina però non ero certo li per pensare, o per esplorare, e neanche per la mia musica. Ero da quelle parti dalla sera prima, per suonare in un nuovo locale, e da allora non ero più tornato a casa. Dio, mia madre. Mi aveva già chiamato quelle centomila volte sicuramente, ma il mio cellulare era scarico da chissà che ora.
Qualche isolato più giù c'era uno dei locali storici della zona, lo Zodiac, il primo che mi aveva dato la possibilità di suonare dal vivo quattro anni prima.
Avete mai provato quella sensazione di camminare per strada e di riconoscere qualcosa che si è sicuri di non aver mai visto? Conoscevo perfettamente quella zona, ma ero abituato a vederla di notte, e mi sembrava tutto così familiare ma così nuovo.
Sul vetro di una vetrina scorreva ancora qualche goccia di pioggia, e vidi la mia immagine riflessa, la mia barbetta ruvida, i capelli biondi che spuntava dal cappuccio della felpa nera, la cui cerniera luccicava per quel poco di sole che stava uscendo, i miei jeans strappati, e quegli occhi blu, i miei, che avevano visto ma non ricordavano cosa fosse accaduto.
Distolsi lo sguardo dal vetro, e vidi un po' più avanti l'insegna spenta del Flawless, il locale in cui avevo suonato la sera precedente. Era la prima volta che suonavo li, anche perché era aperto da poco, ed ero curioso, perché ai tanti che ne parlavano come il nuovo disco-pub più in
della città, erano in contrapposizione quelli che ne parlavano male, ma veramente male, dicendo che succedevano cose strane li, e che non era gestito da gente raccomandabile.
C'è anche da dire però che il successo del nuovo locale stava facendo un po' le scarpe a tutti i locali storici della zona, quindi di certo l'invidia aveva il suo peso nelle critiche.
Continuavo a camminare, dando colore a tutto quello che mi circondava e che fino a quel giorno avevo visto solo al buio.
CAPITOLO 3 – AWAKENING
Johnny che ci fai qui a quest'ora?
mi domandò una voce alle mie spalle. Non era per me difficile riconoscere quella voce piena e autorevole, paterna per me.
Mi voltai e vidi Mauro fermo davanti all'ingresso dello Zodiac. Mauro è il proprietario del locale, e mi conosce fin da ragazzino, quando andavo li con i miei amici in motorino.
Mauro è quasi un padre per me, perché grazie a lui faccio il lavoro che amo. Fu lui a darmi i primi lavori come deejay, allo Zodiac, e grazie alla pubblicità che mi facevo con quelle serate, pian piano riuscii ad avere incarichi anche in altri locali. Mauro non mi aveva aiutato solo con la mia musica, c'era sempre stato per me, per un consiglio o anche solo una pacca sulla spalla.
Mauro... ciao... buongiorno
risposi io un po' titubante.
Continuò a fissarmi, sorpreso di vedermi li, a quell'ora, e in quello stato.
Sembri confuso, va tutto bene?
mi chiese un po' preoccupato.
Mi avvicinai lentamente a lui, sembravo una spia in incognito, e sotto voce, mentre lui abbassava la saracinesca dissi Non proprio. Non mi ricordo cos...
.
Il rumore metallico della saracinesca coprì le mie parole, e quasi turbato dal rumore mi bloccai, e ripensai subito al rumore delle presse dello sfasciacarrozze.
Scusami, dicevi?
mi chiese Mauro.
Non proprio. Non mi ricordo cosa sia successo questa notte. Ho un vuoto di memoria. Ero al nuovo locale...
Il Flawless
mi interruppe sospirando. Sembrava risentito del fatto che avessi suonato li.
Si esatto. Ero in consolle e poi non ricordo più nulla. Poco fa mi sono svegliato in un catorcio di macchina allo sfasciacarrozze di Via Eusanio
.
Mauro mi guardò come se pensasse che mi fossi fatto di qualcosa, anche se sapeva benissimo che non ero tipo da pasticche, erba e quella roba li. Mi fissò per alcuni secondi ancori, come se stesse pensando qualcosa che non volesse dirmi, prima di riprendere a parlare.
Ti riaccompagno io a casa, ti fai una bella doccia, e ti schiarisci le idee. Il Flawless non è un bel posto
.
Mauro lo ripeteva fin dal giorno della sua apertura. Il Flawless non è un bel posto, come se sapesse qualcosa che non poteva o non voleva dirmi. Non era certo per la concorrenza, Mauro aveva il suo locale da sempre, e lo avrebbe tenuto aperto fino al giorno in cui almeno un cliente fosse entrato dalla porta, non erano certo i soldi che lo spingevano a tenere aperto lo Zodiac dopo tutti quegli anni, ma la magia di un posto in periferia dove ascoltare buona musica, leggere un bel libro, rivedere gli amici, e bere una buona birra d'importazione.
Il mio motore, l'ho lasciato li, credo
.
Parlavo a scatti, e me ne accorsi solo in quel momento.
Andiamo a controllare, sali in macchina
.
Lo sportello si chiuse, e per un attimo ebbi un flash della sera precedente, di quando infreddolito avevo chiuso lo sportello dell'auto in cui mi ero risvegliato.
Una cosa a questo punto era certa: ci ero entrato da solo in quell'auto.
Vedo così tanti telefilm che il sospetto di essere in una puntata di un giallo o un teen drama mi era sorto quando mi sono svegliato li. Magari qualcuno mi aveva portato li e abbandonato nell'auto, ma ricordo benissimo quel freddo nelle ossa, e il gesto di aprire quello sportello ed entrare in macchina.
Ci ero arrivato da solo però fin la? E perché?
Il motorino è ancora li per fortuna
dissi a Mauro facendo segno di accostare.
Sei sicuro di voler guidare fino a casa? Ti accompagno io e stasera lo prendi
.
No no, preferisco tornare a casa e non tornare qui per un po'
.
Mauro mi guardò, non è il tipo che fa domande, ma lessi la curiosità nel suo sguardo.
Non so cosa sia successo, ma voglio stare lontano da qui più che posso
dissi rispondendo ad una domanda che non mi era neanche stata fatta.
Ok, ok, non ho detto nulla
rispose Mauro alzando le mani.
Lo salutai e montai sul mio motore, dopo aver cercato le chiavi nelle tasche.
Mentre sul mio motorino percorrevo la strada fino a casa, annusavo l'odore della città bagnata, quell'odore di pioggia del mattino dopo, e vedevo la città che proseguiva le sue attività tranquilla. Come se nulla fosse accaduto, e infondo se qualcosa fosse realmente accaduto, io ero l'unico protagonista, per quanto ne sapevo.
Mi sentii più leggero per un attimo, come se riprendere la