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Ebook338 pages4 hours

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Universi di Diego Bortolozzo
antologia

Antologia dei racconti di fantascienza dell’autore.
Dal best seller Protocollo Uno, allo sci western A Sud di Star City, passando dal cavallo di battaglia Fuori! Fuori! Fuori!, racconto di fantascienza militare, senza dimenticare l’inedito Seelöwe, che rivisita (in chiave steampunk ucronica) una delle imprese più audaci del secondo conflitto mondiale, l’Operazione Leone Marino.

Pagine di azione, astronavi, guerra, alieni… pagine impregnate di fantascienza.

Illustrazione di copertina di Franco Brambilla
LanguageItaliano
Release dateMay 2, 2018
ISBN9788828308379
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    Universi - Diego Bortolozzo

    Universi

    di Diego Bortolozzo

    e-book edition

    www.diegobortolozzo.com

    Prima Edizione - Maggio 2018

    Diritti e proprietà letteraria riservata

    © Immagine di copertina realizzata, in esclusiva per questa pubblicazione, da Franco Brambilla

    Indice

    Cover

    Titolo

    Universi

    L'autore

    Copyright

    Universi

    SPACE MARINES

    Fuori! Fuori! Fuori!

    – È sicuro Dottore?

    Una notizia di questo tipo ti fa crollare il mondo addosso!

    – Non vi sono dubbi, abbiamo ripetuto gli esami più volte… mi spiace signor Tratto.

    Il dottor Mercace era tra i più esperti (e ricchi) oncovirologi della Federazione ma poteva sbagliare come chiunque altro, era pur sempre un essere umano.

    – Cosa devo fare… ci sono delle cure? Può operarmi?

    – Purtroppo non vi sono cure e non è più possibile operarla, le condizioni ambientali della terra non lasciano scampo: prima o poi tutti moriremo per queste infezioni.

    La Madre Terra. Uccisa dall’inquinamento, dalle guerre nucleari, uccisa dagli uomini… si sta vendicando, ci sta ripagando con la stessa moneta!

    La Federazione ha trovato altri pianeti abitabili, per fortuna. A dire il vero questi sono abitati da altri esseri viventi ma stiamo vincendo la Guerra Planetaria. Cinque nuovi mondi ci aspettano sul Sistema Dedrolus.

    – Cosa mi consiglia dottore… cosa posso fare?

    – Come le ho detto, purtroppo non ci sono speranze, deve pensare alla sua famiglia; forse dovrebbe arruolarsi, aiutare sua moglie e suo figlio nell’unico modo possibile. Ormai.

    Militare? Io? Non ho mai voluto diventare un soldato! Sono riuscito a evitare perfino la leva obbligatoria, e ora… volontario?

    – Non credo che fare il militare potrebbe aiutare la mia famiglia.

    – Un Soldato guadagna in un anno quello che lei guadagna in cinque anni di duro lavoro, cinque anni che lei, purtroppo, non ha.

    – Per forza pagano così bene, l’aspettativa di vita di un soldato è di sei mesi!

    – A dire il vero la paga minima anticipata è di un anno – precisò il dottore.

    – Quanto tempo mi resta? – chiesi infine.

    – Tre, quattro mesi. Al massimo.

    Non è stato facile spiegare tutto a Magda e ancor meno a Vario. Il piccolo l’ha presa bene, certamente meglio di quanto pensassi. Suo papà è un soldato, un eroe difensore della Terra, suo papà tornerà vincitore, con una nuova casa, un nuovo mondo, sano, per la sua famiglia.

    Sono passati quaranta giorni dalla visita ospedaliera. Giorni di addestramento al combattimento, potenziamento muscolare, studio delle armi, simulazioni, tutti passati legati a questa panca. Cavi, tubi, sensori che entrano ed escono dal mio corpo. Tutti i dati sono stati memorizzati nella mia mente, il fisico è stato nutrito con particolari preparati. Mi sento bene, più forte, più sicuro e domani si scende in campo… domani si combatte!

    La cosa più difficile da sopportare, è stata la perdita della mia famiglia. Sulla Terra sono già passati dieci anni, a causa della teoria sullo spazio/tempo, o che so io. Non ho mai capito bene come funzioni questa cosa, e i virus, le malattie genetiche, i veleni, hanno raggiunto limiti intollerabili. La popolazione è decimata. Magda e Vario sono morti due anni fa (tre giorni qui sulla nave, se ho fatto bene i conti).

    Il mio cuore sembra pesare centinaia di chili, le lacrime non vogliono scendere, sono in uno stato di confusione mista a disperazione, oramai intollerabile. Per fortuna quel psicodottore sta preparando un intruglio che mi farà sopportare tutto, così almeno mi ha assicurato.

    Fuori! Fuori! Fuori!

    L’aria è pesante, le armi ancor di più, la corazza… inutile!

    Giozzata (credo si chiamasse così, non ho avuto tempo per conoscere a fondo i miei colleghi), la ragazza, la mia ala, è stata colpita da una delle loro armi al plasma. La sua corazza, il suo corpo, la mano del soldato vicino, sono stati fusi come la crema che ci propinano a colazione.

    Le nostre armature sono del miglior metallo conosciuto, ma a quanto pare non servono a nulla contro quelle armi al plasma.

    Non sento più nulla… vedo i soldati vicini che muovono la bocca, vedo i laser ma non sento nulla. Sono steso a terra, con sabbia, sassi, pezzi di soldati su tutto il corpo. Ora comincio a sentire un sibilo, un fischio, forse. Mi sta tornando l’udito. Dev’essere stata una delle loro granate soniche. Non sono ferito. Mi rialzo, il mio laser è distrutto, ma a terra ne trovo altri, troppi, e ricomincio a combattere. Non so perché continuo a farlo, ma se devo morire, allora ne porterò qualcuno con me. Anzi, ne porterò più possibile!

    Senza dubbio hanno fatto qualcosa alla mia mente. Devono aver eliminato qualche freno inibitorio, perché sparo senza provare nulla. Uccido tutti questi mostri, lancio granate dentro le loro case, elimino qualunque essere mi trovi davanti. Anche i loro bambini (almeno credo siano bambini, a giudicare dalle dimensioni). E non provo nulla. Sono diventato una macchina, una macchina di morte.

    Sulla collina a destra, una squadra è stata isolata da un centinaio di mostri. Chiamo i ragazzi rimasti attorno a me e ci organizziamo per un assalto alle loro spalle. Arriviamo di corsa, sparando e lanciando granate, cercando di diminuire la pressione sui nostri compagni isolati e al tempo stesso con l’intenzione di prenderli tra due fuochi. I morti aumentano, da ambo le parti, cammino sui cadaveri sciolti dal plasma, sui corpi dei feriti che gridano, chiedono aiuto, ma non posso ascoltarli, non posso permettermi di farlo.

    I mostri (oramai li chiamiamo tutti così, anche se sono umanoidi, simili a noi) stanno avendo la meglio. La mia squadra è decimata e quelli sulla collina non se la cavano molto meglio. Abbiamo raggiunto il centro dello schieramento avversario, combattiamo corpo a corpo con le lame laser in dotazione, ma stiamo perdendo.

    All’improvviso scorgo una granata inesplosa, sganciata da uno dei nostri velivoli, a pochi passi da noi. Non ho nulla da perdere, non ho nulla per cui valga la pena vivere, in ogni caso non mi resta molto tempo, la malattia sta divorando il mio corpo, secondo dopo secondo.

    Mi butto sulla granata, il tempo sembra fermarsi, tutti i mostri si girano e mi osservano, devono aver capito le mie intenzioni. Corrono verso la mia posizione. I mostri, non certo i miei uomini. Anche loro hanno capito le mie intenzioni.

    Li guardo avvicinarsi come in un videofilm proiettato al rallentamento. Vedo la paura crescere nei loro occhi. Vedo il loro capo (quello che immagino essere il loro capo) ordinare a tutti di sparare su di me. Mentre mi guarda terrorizzato, sorrido, sorrido e mi sento felice, come non mi accadeva da anni (o da giorni secondo il calendario della nostra nave). Attivo la mia lama laser e la inserisco nel detonatore. E muoio, muoio assieme a centinaia di mostri… felice.

    Apro gli occhi. Un dottore mi sorride. Di fianco a lui un generale sorride ancor di più. Sono in ospedale, sono a bordo della nostra nave.

    Ma non ero morto?

    Sono passati dieci giorni dall’esplosione (quindi… quanti anni sulla terra? O sono mesi? Non lo capirò mai). L’esplosione mi ha proiettato a decine di metri di distanza. Sono stato salvato dalla mia corazza, insufficiente contro il plasma, utilissima contro i laser e le esplosioni. Devo ringraziare il campo di energia che si attiva automaticamente. Certo, mi hanno dovuto asportare un paio di organi e una gamba, mentre il braccio l’hanno ricucito, ma sono ancora vivo. Purtroppo.

    Mi hanno promosso Primo Sergente (ero Caporale durante l’invas… volevo dire, durante lo sbarco) e mi hanno dato un premio di centomila crediti.

    A quanto pare i ragazzi che abbiamo salvato erano la nostra squadra comando. Abbiamo salvato alcuni ufficiali e il Generale Krumizov. L’avessi saputo prima, l’avrei lasciato in pasto a quei mostri!

    Non so che farmene di questi gradi (mi hanno detto che non posso rifiutarli), né della medaglia, tanto meno dei soldi. Cosa mi servono i crediti? Non ho più nessuno. Non ho una famiglia… non so che farmene.

    Sbarchiamo su una colonia orbitale vicina al nostro obiettivo. Io, i miei nuovi ragazzi e quelli che sono rimasti del primo attacco. Abbiamo conquistato il pianeta, lo stiamo colonizzando, bonificando tutto e tutti, eliminando le ultime sacche di resistenza (cioè trucidando vecchi, donne e bambini, gli ultimi rimasti ancora in vita).

    Condivido con i miei ragazzi i crediti ricevuti: a me non servono. Per questa festa mi saranno riconoscenti in eterno, per il resto della loro vita, o della mia.

    Me li sono conquistati. Tuttavia so che mi resta ancora poco da vivere, oramai.

    Sono passati due mesi, ne ho ancora uno, forse due. Beh, probabilmente molto meno, visto dove stiamo andando!

    Dedrolus V è già nostro e stiamo per attaccare il secondo pianeta abitabile di questo fecondo sistema.

    Dedrolus II è la base industriale del sistema.

    – Se riusciamo a portare a termine la missione, se riusciamo a conquistare questo pianeta, daremo un duro colpo all’Armata dei mostri. Se riusciamo a prenderlo intatto, potremmo riparare le nostre navi, costruire nuovi vascelli, vincere la guerra!

    Parlo proprio come un sergente vero? Il lavaggio del cervello a quanto pare funziona. Maledetti dottori, cosa mi avete fatto?

    Fuori! Fuori! Fuori!

    Sbarchiamo sotto un pesante fuoco difensivo. Questo pianeta ha molte armi, sia per la difesa planetaria (stiamo perdendo molte navi), che per difendersi dagli sbarchi dei soldati. Ed era ovvio, come al solito le informazioni del comando erano troppo, come dire, superficiali? No, erano costruite ad arte. Non possono certo raccontarti che sarà difficile, che moriranno molti tuoi amici, che molto probabilmente morirai anche tu. Comunque sia, a me non interessa.

    La missione è importante, dobbiamo andare avanti (ancora il lavaggio del cervello che si attiva, non può essere altro).

    Di fronte a noi uno sbarramento corazzato di armi pesanti, a destra i mostri assaltano il nostro fianco, le navi che ci hanno appena sbarcato cercano di bombardare le loro difese e cadono come mosche, una dietro l’altra.

    Attivo il sistema di comunicazione a microonde. Grido agli uomini di andare avanti, di trovarsi una buca e di non smettere di sparare. Ling e la sua squadra riescono a piazzare il cannone al plasma, dando tempo a Swaky e i suoi ragazzi di posizionare l’altro cannone a sinistra. Il terzo e ultimo cannone del mio plotone è andato perso assieme alla nave che ci trasportava.

    Il fuoco incrociato del plasma ci da il tempo di avvicinarci agli sbarramenti dei mostri. Il gruppo dei tecnici piazza le cariche esplosive. Il tempo di ripiegare di pochi passi e il cielo cade su di noi.

    Il varco è aperto. Mi butto dentro con i miei ragazzi e spariamo su tutto, per sicurezza.

    Riusciamo ad arrivare alle difese planetarie, il nostro obiettivo principale, ma i mostri non vogliono farci passare. Perdiamo un sacco di uomini (e donne) e non riusciamo ad avanzare oltre. Gli uomini fanno tutto quello che ordino. Anche quando metto in gioco la loro vita, chiedo loro il sacrificio estremo. Devo sacrificarne ancora e ancora. Dobbiamo assolutamente arrivare a quelle armi!

    Siamo bloccati da un’ora. I mostri sembrano non finire mai, mentre i miei uomini sono sempre meno.

    – Caporale!

    Chiamo i tecnici e controlliamo l’esplosivo rimasto. Se solo riuscissimo ad arrivare abbastanza vicini, con un’esplosione potremmo cercare di seppellirli sotto le macerie.

    Apro lo sportello di controllo della corazza, bypasso tutti i sistemi di sicurezza, aumento l’energia dello scudo al massimo, convogliamo tutta l’energia disponibile, dal supporto vitale, dalle armi. Bascotto, italiano come me, comandante dei tecnici, sta facendo lo stesso con la sua corazza e con quella dei ragazzi rimasti.

    Da fuori le nostre due squadre di cannonieri aumentano la pressione sulle pareti, una squadra ci copre sul fianco sinistro e noi, noi non possiamo far altro che buttarci dentro.

    Riusciamo ad arrivare abbastanza vicini, a piazzare l’esplosivo, a far saltare tutto, a seppellire i mostri, ma perdiamo molti soldati, molti amici.

    Teniamo la posizione, in attesa, nella speranza, di essere sostituiti quanto prima.

    Le difese planetarie sono state colpite ed eliminate. Quasi tutte. Arrivano le navi con i rinforzi e possiamo ripiegare sul campo di atterraggio, per riprenderci, per ricevere le prime cure… contare i dispersi.

    La Federazione ha puntato tutta la campagna sulla conquista di questo pianeta. Fondamentale per la continuazione della Guerra, fondamentale per la vittoria. Tutte le nostre forze militari stanno arrivando qui. È solo questione di tenere duro un altro po’.

    La nostra flotta è stata intercettata all’entrata del sistema. Nello spazio i combattimenti sono arrivati a uno stallo. Le forze sembrano studiarsi prima dello scontro finale.

    Abbiamo perso molti uomini, soldati e ufficiali, pertanto sono promosso Secondo Ufficiale. Io non voglio combattere, voglio solo morire, perché non lo capiscono?

    Scelgono me perché non sono rimasti molti altri uomini con esperienza da promuovere.

    Ho perso il conto. Dunque… dovrebbero essere passati tre mesi. Oramai sono alla fase finale. Eppure sto bene, non capisco. Dev’essere merito di tutte quelle cose che iniettano nel mio organismo. Tutto, anche la natura, sembra prendersi gioco di me.

    Dopo la riunione con il Generale (sapevo che dovevo lasciarlo marcire su quel pianeta!), riunisco la mia compagine (Prima Compagine, Sesto Fuoco) e spiego loro cosa ci aspetta. Le espressioni cambiano man mano che approfondisco il piano d’attacco.

    Fuori! Fuori! Fuori!

    Sono al comando ora, la mia nave ci sbarca in posizione leggermente arretrata, ma i colpi dei cannoni al plasma arrivano fino a noi, pertanto grido a tutti di cercarsi una buca (nel caso qualche pazzo non ci abbia ancora pensato).

    Attivo le comunicazioni. Ascolto i comandanti delle varie squadre seguire gli ordini dati al briefing. Un paio di occasioni richiedono la mia presenza in prima linea, ma sono il solo a pensarlo e Ling, diventato il mio secondo, mi ferma con una morsa decisa.

    Riesco a seguire gli schieramenti nella mia mente. Riesco a immaginare gli uomini, le loro posizioni, i movimenti dei mostri. E riesco anche a dare gli ordini giusti via microonde. Se non fossi così sicuro della mia impreparazione, potrei pensare di essere diventato un buon soldato. No, non pensarci nemmeno, non mi sembra il caso.

    Il nostro compito è di attaccare il Centro Comando dei mostri. Quindi perderemo molti soldati, ma distrutto il comando, il pianeta sarà conquistato più velocemente.

    Hanno aggregato alla nostra Compagine tre squadre di carri al plasma. Ne ho posizionate due ai fianchi, facendo sbarcare la terza, con due squadre di soldati, dietro le linee nemiche. Stiamo facendo pressione su tre punti, qui davanti, in attesa che quest’ultimo gruppo riesca a portarsi a tiro, disorientando in questo modo i mostri. Almeno spero.

    Non è facile stare a guardare gli uomini morire. In azione sei troppo coinvolto per renderti conto di quello che succede. Dalla mia posizione vedo ogni singolo soldato, ogni amico che muore, ogni vita spezzata.

    – Ling! Attento sulla destra… i mostri stanno cercando di aggirarci!

    Grido come un pazzo ma ogni istante sprecato rischia di farci perdere una posizione, e di conseguenza, molti uomini.

    – Comandante, la terza squadra è arrivata a tiro, chiede autorizzazione all’attacco.

    – Cosa vogliono quelli, un invito scritto? Digli di cominciare! Stiamo perdendo il lato destro e troppi soldati da quella parte!

    L’attacco alle loro spalle non è riuscito in pieno, ma le loro riserve sono state portate sul nostro fianco destro. Colpiti da dietro, i mostri ripiegano, concentrandosi al centro, in difesa del comando, la loro ultima roccaforte.

    Ordino un movimento a tenaglia. Le due ali della nostra formazione, rinforzate dai carri al plasma, muovono velocemente.

    Mi giro un attimo verso Ling, ma il sorriso mi si spegne in volto. Il suo corpo, o quello che ne rimane, è sparpagliato attorno alla buca che una volta era il nostro centro comunicazioni. Probabilmente i mostri hanno tracciato le microonde.

    Le ultime nostre navi a terra, dietro di noi, sono in attesa, per recuperarci. Decido che da questo pianeta possono recuperarci in qualsiasi altro modo.

    Contatto i piloti e do loro l’ordine di attaccare le difese dei mostri.

    Per il coraggio dimostrato in battaglia, e la capacità di guidare i propri soldati con onore, verso la vittoria, bla, bla, bla… il resto del discorso non lo ascolto nemmeno.

    Vice Generale. Mi hanno promosso Vice Generale! Ecco la prova che i militari non capiscono nulla!

    – Vice Generale Tratto, da quel giorno nella sala medica ho capito che lei è un soldato nato!

    Da vicino era ancor più brutto.

    – Grazie Generale, non so cosa dire…

    – Certo, lei è un uomo d’azione! Le sue battaglie, i rapporti dei suoi uomini, evidenziano le sue capacità, la preparazione, la voglia di combattere, le…

    – Io non sono un eroe, Generale. Credo sia merito del fatto che sto per morire, quindi…

    – Come sarebbe a dire, Tratto?

    – Alcuni mesi fa, ormai cinque mesi fa, mi fu diagnosticata una grave malattia, così decisi di partire per la guerra, e visto che non ho mai avuto nulla da perdere…

    – A dire il vero, la sua scheda non riporta nessuna malattia grave.

    Non so spiegare cosa ho provato ascoltando quelle parole.

    – Non capisco Generale. Il dottor Mercace mi disse…

    – Il dottor Mercace? Non l’ha mai saputo?

    Il sangue comincia a bollire. Non è solo una sensazione, lo sento davvero ribollire.

    – Non ho saputo cosa, Generale?

    – Il dottor Mercace è stato indagato anni fa, anni terrestri ovviamente, truccava i risultati delle analisi per fornire soldati alla Federazione. Con lui sono stati coinvolti molti politici e funzionari federali. Guadagnava un sacco di crediti da quest’operazione. Ne hanno parlato tutti servizi teletrasmessi.

    – Non guardo mai le teletrasmissioni, credevo di dover morire, quindi non m’interessava molto sapere cosa succedeva in giro.

    – Non ha importanza, lei è un buon soldato, un ottimo comandante.

    Il Generale parlava, parlava… ma la mia mente era rivolta a Magda e Vario. Le uniche cose belle della mia vita. La mia stessa esistenza rubata, per cosa? Per dei crediti! Luridi, inutili crediti… maledetto Mercace!

    Tornato sulla Terra (licenza premio la chiamano!) cercai il dottor Mercace. Ma era morto da anni, di vecchiaia pare, una vecchiaia passata nel lusso sfrenato.

    Sono trascorsi sette mesi dalla mia partenza da Roma, la città fulcro e simbolo stesso della Federazione. Ho perso il conto degli anni terrestri trascorsi. La terra non è più la stessa. Inquinata, morente, distrutta e cosa peggiore, la mia famiglia è morta.

    Sono uscito in strada, contro i richiami delle guardie federali. Mi hanno costretto a indossare una tuta e un respiratore.

    Nulla è più come la ricordo. Resti di costruzioni devastate, zone disseminate di ossa e cadaveri, l’aria (impossibile chiamarla ancora così) irrespirabile. Un pianeta morente… il mio pianeta, la mia casa.

    Attivo il blocco del respiratore, spengo l’allarme automatico e mi metto seduto sui resti di quella che, una volta, doveva esser stata una fontana famosa.

    – Ciao papà!

    – Ciao Vario, piccolo mio…

    – Ciao soldato, bentornato.

    – Ciao Magda. Sono tornato a casa come promesso. Per sempre.

    Questo è il mio fucile

    Questo è il mio fucile. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio.

    Il mio fucile è il mio migliore amico. È la mia vita. Devo dominarlo come domino la mia vita.

    Senza di me è inutile; senza il mio fucile sono inutile. Con lui devo sparare bene, meglio del nemico che tenta di uccidermi. Devo colpirlo prima che lui colpisca me. Lo farò...

    Il mio fucile e io sappiamo che ciò che conta in questa guerra non sono le cartucce che spariamo, né il rumore degli spari, e tanto meno il fumo che produciamo. Sono i colpi a segno quelli che contano. Colpiremo...

    Il mio fucile è umano, come me, poiché è la mia vita. Pertanto, imparerò a conoscerlo come un fratello. Imparerò i suoi punti deboli, i suoi punti di forza, le sue componenti, i suoi accessori, le sue tacche di mira e la sua canna. Lo proteggerò anche dalle intemperie e da ciò che potrebbe danneggiarlo, come farei con le mie gambe, le mie braccia, gli occhi e il cuore. Terrò il mio fucile pulito e in ordine. Diverremo una sola cosa. Lo diverremo...

    Giuro su questo Credo davanti a Dio. Io e il mio fucile siamo i difensori del mio paese, i dominatori del nemico, i salvatori della vita. E così sia, finché la vittoria sia della Federazione, e non ci siano più nemici, ma pace.

    (Preghiera dei Marines dello Spazio)

    Marines, pronti allo sbarco!

    Una forte esplosione, rumore di metallo che si spezza e aria che penetra nello scafo. La Terza Squadra al completo sparisce attraverso lo squarcio, risucchiata, sparata verso la morte. Stiamo precipitando, devono aver colpito il nostro trasporto, cazzo!

    Il pilota sta cercando di mantenere l’assetto, ma una forte esplosione anticipa il rollio; ormai il mezzo è fuori controllo. Posso sentire ciò che sta succedendo fuori da questa stanza buia; accompagno la manovra con la mente, sento il terreno che si avvicina. Sempre più.

    Ormai non c’è nulla da fare, il nostro assalto è fallito!

    A meno che… ecco, il pilota deve aver capito che la nostra unica possibilità è affidata al sistema di emergenza delle stive di carico. Sento la forte accelerazione, ci ha sganciati e stiamo precipitando. L’urto contro il terreno è anticipato dalle bolle a repulsione: gonfiandosi, avvolgono la struttura che ci ospita. Il sistema di emergenza ci risparmia la vita.

    Sgancio le cinture, impugno la mia arma e mi dirigo al portello di carico laterale. I ragazzi si stanno schierando ai miei lati; schiaccio il pulsante di sblocco, nelle orecchie il rumore delle cariche esplosive che scagliano lontano la porta di plastiacciaio. Non fa in tempo a toccare terra che la squadra è già schierata attorno alla

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