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Una piccola speranza
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Una piccola speranza

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About this ebook

A cinque anni, Brian scappa di casa, stanco delle continue violenze a cui è sottoposto. Viene adottato da una famiglia che lo amerà come merita e conosce Emily, la figlia dei vicini.
I due crescono insieme e tra loro nasce una forte amicizia che per lui diventa qualcosa di più e lo capirà soltanto quando forse sarà troppo tardi. Emily, infatti, per la prima volta, si interessa a un misterioso ragazzo.
La gelosia di lui e un passato scomodo che ritorna, scombussoleranno la vita dei due giovani, forse troppo inesperti per gestire la grandezza dei loro sentimenti.
Tra mille difficoltà, riusciranno a rimanere uniti?

Altri libri della stessa collana:
"Felice perché ho te" di Hazel Pearce;
"Il diario di Ilary" di Alice Steward;
"Come la pioggia, accarezzami l'anima" di Elisabetta R. Brizzi.

Per informazioni scrivi a collanafloreale@gmail.com
Oppure visita il sito floreale.pubme.me
LanguageItaliano
PublisherPubGold
Release dateApr 19, 2018
ISBN9788894839562
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    Una piccola speranza - Ilaria Baldini

    Una piccola speranza

    Pubblicato da © Pubgold - Collana Floreale

    Prima Edizione aprile 2018

    http://floreale.pubme.me/

    collanafloreale@gmail.com

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da considerarsi puramente casuale.

    Questo libro contiene materiale coperto da copyright e non può essere copiato, trasferito, riprodotto, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’autrice, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile (Legge 633/1941).

    Se hai anche solo una piccola speranza, tu devi crederci.

    Poi, se è destino che sia, alla fine sarà.

    Ilaria Baldini

    Prologo

    La pioggia cade rovinosamente dal cielo, mentre delle grosse nuvole nere sovrastano maestose la città, oscurandone ogni angolo. Come se non bastasse, la corrente è saltata, probabilmente a causa della tempesta che si è scatenata, perciò i lampioni che dovrebbero illuminare la strada sono tutti spenti. Di tanto in tanto un fulmine lampeggia nel cielo, seguito da un fragoroso tuono.

    In quel tardo pomeriggio d’inverno, fra le vie trafficate di New York, un bambino corre terrorizzato sotto l’acquazzone, senza una meta. Dove potrebbe mai andare, dal momento che non conosce nessuno in quella città ed è appena fuggito dalla sua famiglia? Di fronte ad un incrocio, tenta di attraversare la strada, ma una macchina gli si para davanti all’improvviso, schivandolo appena in tempo e facendolo cadere all’indietro sul marciapiede. Vede l’auto accostare poco più avanti, sulla destra, e un attimo dopo un uomo scende, tirandosi su il cappuccio dell’impermeabile, per ripararsi dalla pioggia.

    «Ehi, ragazzino!» gli grida. «Dico… ma sei impazzito?! Per poco non ti ammazzavo…» L’uomo sembra rendersi conto solo adesso che il bambino è da solo. «Ma non c’è nessuno con te? Ti sei perso? Con questo tempo… Se vuoi, ti riaccompagno a casa…»

    A queste parole, lui si rialza di scatto e ricomincia a correre come un forsennato, incurante del freddo e della pioggia scrosciante che gli inzuppa i capelli, i vestiti e le scarpe. E intanto ripensa a quello che è accaduto poco prima a casa sua.

    Mentre i suoi genitori guardavano la televisione in salotto, lui era seduto sul pavimento della sua cameretta, intento a costruire un puzzle. I suoi tre fratelli, invece, stavano giocando per conto loro nella stanza accanto. È abituato a stare da solo. Essendo il più piccolo, i suoi fratelli lo isolano sempre, oltre ad alzare spesso le mani su di lui e a riempirlo d’insulti. Sì, perché, oltretutto, ha anche un carattere molto diverso rispetto a loro: è tranquillo e riservato, mentre gli altri sono dei piccoli diavoli. D’altra parte i suoi genitori non danno certo il buon esempio, dal momento che, nei pochi momenti in cui sono a casa, passano gran parte del loro tempo a bere e litigare, quasi come se non si ricordassero di avere dei figli. Perciò lui, la pecora nera della famiglia, si trova spesso a ricercare un po’ di pace, giocando da solo nella sua camera. Almeno finché la sua pace non viene turbata, come è accaduto quello stesso pomeriggio, quando Joe, il più grande e prepotente dei suoi fratelli, lo ha raggiunto in camera, seguito dagli altri due.

    «Ehi, moccioso!» ha tuonato. «Quello è il mio puzzle!»

    «Credevo che fosse di tutti… e poi tu non ci giochi mai», ha cercato di difendersi.

    I suoi fratelli sono scoppiati in una fragorosa risata.

    «Avete sentito che cosa ha detto?» ha sghignazzato Arthur.

    «Sei ridicolo» lo ha preso in giro Kevin.

    Joe si è chinato di fronte a lui, per essere alla sua altezza e poterlo guardare dritto negli occhi. «Ascoltami bene: tu non sei come noi e quindi non puoi toccare i nostri giochi. Capito?»

    Suo fratello ha usato un tono talmente secco e minaccioso che lui, per paura di essere picchiato, non ha osato ribattere ed è rimasto in silenzio, mentre gli occhi gli si inumidivano.

    «Che fai adesso, piangi?» lo ha schernito Kevin.

    «Proprio come una femminuccia» ha aggiunto Arthur.

    «Non sono una femminuccia!» gli ha urlato contro, gettandosi addosso a lui.

    Ma il fratello lo ha spinto a terra. «Non provare mai più a mettermi le mani addosso!» gli ha gridato, prima di afferrarlo per i capelli, mentre Joe e Kevin lo tenevano per le braccia.

    I genitori, richiamati dalle sue urla disperate, si sono precipitati da loro, entrambi con una bottiglia di birra in mano.

    «Si può sapere cos’è questo baccano?» li ha rimproverati suo padre.

    Come lo hanno sentito arrivare, i suoi fratelli si sono allontanati da lui, lasciandolo a terra, scosso dai singhiozzi.

    «Era ovvio che c’entrassi tu» ha sospirato sua madre. «Non fai che lamentarti per ogni minima cosa. Crei sempre problemi, tu, fin da quando sei nato.»

    «Non è colpa mia» ha piagnucolato, indicando i fratelli. «Loro volevano picchiarmi.»

    Suo padre lo ha afferrato per un braccio. «E allora? Non hai ancora imparato a difenderti?»

    «Ma papà…»

    Lo schiaffo gli è arrivato violento sulla guancia, impedendogli di continuare a parlare, mentre i suoi fratelli ridevano di nascosto.

    «Basta! Sono stanco dei tuoi lamenti, quindi smettila subito di piangere, oppure è la volta buona che ti butto fuori di casa.»

    Ma le parole del padre hanno contribuito a farlo scoppiare a piangere ancora più forte. L’uomo, esasperato, lo ha alzato da terra con forza, trascinandolo verso la porta come un sacco dell’immondizia e lo ha scaraventato fuori, gettandogli addosso le scarpe e il cappotto.

    «Io ti avevo avvertito.»

    Lui si è voltato verso sua madre, supplicandola con gli occhi, ma suo padre gli ha sbattuto la porta in faccia.

    Da dietro la porta, ha sentito sua madre sussurrare debolmente al marito: «Ha solo cinque anni…»

    La risposta che lui le ha dato è stata anche peggio dello schiaffo appena ricevuto. «Appunto. Dove vuoi che vada da solo? Fifone com’è, se ne starà appiccicato alla porta finché non lo riapriamo. È un bamboccio di pezza, proprio come suo padre. Non capisco come tu abbia fatto a cadergli fra le braccia. Ma che ti eri bevuta? Ringrazia il cielo se ti ho ripresa in casa, insieme a quel bastardo di tuo figlio, dopo quello che mi hai fatto.»

    La testa ha cominciato a girargli, non riusciva a credere alle parole che aveva appena sentito; un senso di nausea lo ha assalito all’improvviso, facendolo vomitare. È scappato via, correndo più veloce che poteva, da quella casa e da quella che credeva essere la sua famiglia, consapevole che invece non lo sarà mai più. Spaventato e solo, ha cominciato a vagare per la città, senza sapere dove andare.

    Sfinito dalla stanchezza e col cuore in gola, si avvicina ad un gruppo di case e si lascia cadere con la schiena appoggiata al muro. Incrocia le gambe al petto, impaurito e disorientato, mentre le lacrime mescolate alla pioggia gli bagnano il viso.

    Passato qualche minuto, sente la porta di una delle case dietro di lui che si apre e vede una bambina attraversare il vialetto, riparandosi sotto un ombrellino dalla fantasia floreale. Gli va incontro e si accovaccia accanto a lui, coprendolo con il suo ombrello.

    «Ciao.» Gli sorride, guardandolo coi suoi bellissimi occhi verdi. «È un po’ che sei qui da solo, ti ho visto dalla finestra. Aspetti qualcuno?»

    Le fa cenno di no con la testa.

    «E allora che ci fai qui?»

    Non le risponde e distoglie lo sguardo. A questo punto, si aspetta che la bambina se ne vada e invece resta lì, accanto a lui.

    «Come ti chiami?» gli domanda.

    «Brian.»

    «E quanti anni hai?»

    Dopo averci pensato un po’ e aver contato, le mostra la mano completamente aperta.

    «Abbiamo la stessa età, allora!» esclama, spalancando gli occhi.

    Per la prima volta in tutta la giornata, Brian accenna un sorriso.

    «Vuoi venire in casa mia? Possiamo essere amici, se ti va.»

    Amici? Ha detto davvero quella parola? Gli sembra impossibile. Lui non ha amici e quella bambina non lo conosce nemmeno. Prima che possa rispondere, sente la voce di una donna provenire dalla casa da cui è uscita la bambina.

    «Emily?! Per l’amor del cielo, dove ti sei cacciata?»

    «Sono qui, mamma», le risponde, senza accennare a muoversi.

    Brian vede due signore dirigersi a passo svelto verso di loro, tenendo ciascuna in mano un ombrello.

    «Emily! Quante volte ti ho detto che non devi uscire di casa da sola? Con questa pioggia, poi…» borbotta la donna con i capelli scuri, come quelli della bambina.

    La signora bionda che è arrivata insieme a lei si china davanti a Brian. «E tu chi sei? Che ci fai qui da solo?»

    «Lui è mio amico» risponde di getto Emily.

    «In ogni caso, non possiamo lasciarlo qui, mi sembra che abbia preso abbastanza pioggia per oggi» afferma sua madre, poi si rivolge a lui. «Vuoi venire in casa con noi?»

    Non ha un altro posto dove andare, è stanco e affamato, per cui accetta volentieri l’invito. Una volta in casa, la donna gli dice di togliersi gli abiti bagnati, mentre gli prepara un bagno caldo; poi lo avvolge con un telo di spugna morbido e profumato, asciugandolo da capo a piedi. La signora coi capelli biondi, intanto, gli ha preparato un the e dei biscotti. Si siede accanto a lui.

    «Allora, piccolo, ti va di raccontarci cosa ti è successo?» gli sorride. «Prima, però, dovremmo fare le presentazioni.»

    «Hai ragione» commenta l’altra signora, poi si rivolge al bambino. «Mia figlia Emily l’hai già conosciuta. Io sono Theresa e lei è Laetitia, la mia vicina di casa.»

    Laetitia continua a sorridergli, senza staccargli gli occhi di dosso. Brian pensa che è la prima volta che qualcuno si comporta in modo così gentile e affettuoso con lui. Vorrebbe poter restare per sempre lì con loro, ma è sicuro che non appena sapranno della sua fuga da casa lo riporteranno immediatamente dai suoi genitori.

    Brian non sa ancora che la sua vita sta per subire una svolta.

    1.

    La Susan’s Home è una delle librerie più rinomate di New York, almeno negli ultimi dieci anni. A renderla accogliente sono soprattutto le sue enormi sale piene di libri di ogni genere e di poltrone comodissime, sulle quali potersi sedere a leggere. Sui tavolini in vetro, al centro di ogni sala, sono disposte alcune riviste di cultura, i cui articoli sono scritti tutti da giovani scrittori emergenti. Insomma, un vero paradiso per gli amanti dei libri.

    Per Emily sarebbe un sogno poter lavorare in un posto del genere, ma nutre poche speranze di poter realizzare il suo desiderio. La settimana scorsa si è recata proprio in quella libreria per un colloquio con Susan, la proprietaria. Col cuore in gola, si è presentata e ha risposto alle domande che le sono state poste. Alla fine Susan le ha proposto una settimana di prova, per poterla conoscere meglio e decidere se assumerla definitivamente. Emily in quel momento avrebbe voluto fare salti di gioia ma, a lungo andare, si è convinta di non essere all’altezza delle aspettative di Susan: è lenta a svolgere le mansioni che le vengono affidate, soprattutto quando si tratta di stare alla cassa e impacchettare gli eventuali regali. Oggi è il suo ultimo giorno di prova ed è convinta che non le verrà confermata l’assunzione.

    Si dirige nel magazzino a prendere l’ultimo pacco rimasto, con i libri appena arrivati. Sale le scale e sistema i testi nei rispettivi reparti. Giunta in quello dove si trovano i romanzi classici, estrae dallo scaffale Grandi speranze di Charles Dickens, il suo libro preferito in assoluto. È più forte di lei, ogni volta che entra in una libreria, sente il bisogno di tenere tra le mani quel romanzo e sfogliarne le pagine. Ripone il volume al suo posto nel momento esatto in cui una bambina, di circa dieci anni, entra dalla porta principale accompagnata da sua madre. Da dietro lo scaffale, la vede dirigersi verso Susan e guardarsi intorno, come se cercasse qualcuno.

    «Ciao, cara», la saluta Susan. «Posso aiutarti?»

    «Sto cercando la signorina Emily» le risponde la bambina, un po’ imbarazzata. «Sa, quella ragazza gentile, coi capelli sempre raccolti in una treccia e dei bellissimi occhi verdi…»

    «Ho capito, ho capito…» taglia corto Susan.

    Emily, sentendosi chiamata in causa, si avvicina, nascondendo un sorriso di soddisfazione. Come la vede, la bambina le corre incontro.

    «Emily! Ti stavo cercando. Ti ricordi di me?»

    «Sicuro! Tu sei Lilian e qualche giorno fa hai acquistato quel libro che parlava di un bosco abitato dalle fate. Giusto?»

    La madre della bambina la guarda strabiliata. «Ma tu ti ricordi di tutti i tuoi clienti?»

    «Ho una buona memoria» ammette Emily. «E poi sono qui solo da una settimana.»

    «Ho già letto quel libro e adesso ne vorrei un altro bello come quello. Mi sapresti consigliare?»

    Emily si porta un dito al mento, pensierosa. «Vediamo che cosa posso fare… Vieni con me.» La prende per mano e la conduce al reparto di letteratura per l’infanzia. Osserva i libri per qualche istante, poi ne sceglie uno e glielo porge. «Questo dovrebbe piacerti.»

    «Ne sono sicura, visto che me lo hai consigliato tu, proprio come l’altro.» La bambina raggiunge la madre alla cassa e poi esce, felice per l’acquisto appena fatto, non prima di aver salutato la sua nuova amica. «Ciao, Emily! Ci vediamo presto.»

    Susan si avvicina alla ragazza, squadrandola da capo a piedi.

    Ecco - pensa Emily - È arrivato il momento di dire addio a questo lavoro. Dopotutto, cosa poteva aspettarsi, dal momento che ha solo diciannove anni e nessuna esperienza lavorativa?

    «Devo ammettere di essere un po’ gelosa di te» le dice Susan, seria.

    «Mi scusi?»

    «Sei qui solo da una settimana e mi stai già rubando la scena. Tutti i clienti chiedono di te: dicono che sai trovare il libro giusto per ognuno di loro. È come se riuscissi a leggere nell’anima delle persone. Se adesso ti dicessi di andartene e di non tornare, deluderei un sacco di gente, a partire da quella bambina che è appena uscita. Quindi, ci vediamo lunedì.»

    Emily è senza parole. «Mi sta dicendo che…»

    «Sei assunta. E d’ora in poi dammi del tu, altrimenti mi fai sentire vecchia.»

    «Susan, non so come ringraziarti, davvero…»

    La donna le sorride, inaspettatamente. «Sono io a doverti ringraziare per avermi portato diversi nuovi clienti. E comunque c’è il tuo fidanzato là fuori. Non farlo aspettare troppo.»

    Emily si volta verso il ragazzo coi capelli scuri che passeggia davanti alla vetrina, mentre un sorriso le sorge spontaneo sulle labbra. «Non è il mio fidanzato. È un amico.»

    Susan sembra scettica. «Beh… dovete essere molto amici, dato che non ti toglie gli occhi di dosso… Ma non sono affari miei.»

    Brian la sta aspettando da un po’, davanti alla libreria. Sa che per Emily questo è un giorno importante e vuole esserle vicino, come sempre. Non sa ancora se la vedrà uscire dal negozio con un sorriso stampato sulle labbra, oppure triste perché non ha ottenuto il lavoro che tanto desidera. In ogni caso, vuole essere presente, perché è la sua migliore amica e sa che in questo momento ha bisogno di lui. La osserva attraverso la vetrata, cercando di cogliere il suo stato d’animo, ma da quella distanza gli risulta un po’ difficile. Spera tanto di vederla uscire sorridendo, perché Emily merita di essere felice. È la persona più dolce del mondo e glielo ha dimostrato fin dal loro primo incontro, da bambini. Ma ora non vuole pensare al passato, ha ricordi troppo dolorosi anche se, proprio grazie a Emily, la sua vita ha subìto all’improvviso una svolta decisamente positiva. Sono cresciuti insieme, frequentando la stessa scuola e la stessa classe, a partire dalle elementari fino al diploma. Questo, oltre al fatto di essere vicini di casa, ha fatto in modo che condividessero ogni momento della loro vita: Emily ha pianto tra le sue braccia quando ha ricevuto la sua prima insufficienza e quando quel ragazzo che le piaceva tanto si è fidanzato con una loro compagna di classe. Brian, dal canto suo, pur avendo altri amici, ha sempre confidato a lei ogni segreto, sapendo che non avrebbe mai tradito la sua fiducia. Più che un’amica, l’ha sempre considerata una sorella e sa che per lei è lo stesso.

    Finalmente, la vede uscire dalla libreria e le va incontro, interrogandola con lo sguardo. Lei rimane seria per qualche istante, poi lancia un gridolino di gioia e gli butta le braccia al collo. Lui la solleva, facendole fare una giravolta.

    «Emily, sono davvero felice per te» le dice, ridendo con lei. «Adesso, però, devi raccontarmi tutto.»

    Mentre camminano verso casa, Emily, ancora emozionata, gli confida tutte le sue paure: fino all’ultimo istante, infatti, ha creduto che non sarebbe stata assunta, poi racconta la sua meraviglia quando la titolare le ha detto esattamente il contrario. Infine gli parla di Lilian e di tutti gli altri clienti che si sono affezionati a lei.

    «Non mi stupisce per niente che ti abbiano preso in simpatia» le dice. «Sei la persona più dolce di questo mondo.»

    «Smettila, mi fai arrossire» ridacchia, poi lo guarda maliziosa. «Ma lo sai che la titolare ti ha scambiato per il mio fidanzato?»

    Brian si lascia sfuggire una risata fragorosa. «Mi prendi in giro?»

    «Niente affatto! Dice che non mi hai tolto gli occhi di dosso.»

    «È vero, ma solo perché ero preoccupato per te. Quindi non ti montare la testa, sorellina

    «Non ci penso nemmeno, fratellino» lo prende in giro.

    Una volta arrivati davanti a casa, Brian la invita a salire, chiedendole se ha voglia di fare uno spuntino insieme a lui. Lei accetta volentieri ed entra, mentre lui le cede il passo, tenendole ferma la porta.

    «Mamma! Emily resta un po’ da noi, va bene?» domanda, appena raggiungono il salotto.

    Laetitia esce dalla cucina con un vassoio in mano, pieno di biscotti appena sfornati e due tazze di the. «Lo immaginavo. Infatti è già tutto pronto, servitevi pure.»

    «Ma… come facevi a sapere che mi sarei fermata da voi?» le domanda Emily, meravigliata.

    «Ti conosco bene, mia cara.» Le sorride. «Ormai sei di famiglia.»

    «Grazie, mamma.» Brian la aiuta a posare il vassoio sulla tavola.

    «Allora, Emily, com’è andata col lavoro?»

    «Alla grande: sono stata assunta!»

    «Che bella notizia! Complimenti!»

    «Grazie, Laetitia.»

    «Bene, adesso vi lascio da soli. Se avete bisogno di qualcosa, chiamatemi pure.»

    «Incredibile…» mormora Emily, addentando un biscotto. «Tua madre sa sempre di cosa ho bisogno.»

    Brian le sorride. «Come ha detto anche lei… sei di famiglia.»

    2.

    Seduto per terra, con la schiena appoggiata alla parete in legno, Brian è talmente concentrato nella lettura del suo libro da non rendersi conto del tempo che passa. Quella storia, nonostante l’abbia letta più di una volta, ha sempre lo stesso effetto su di lui. Grandi speranze è il romanzo preferito in assoluto da lui ed Emily e perciò lo hanno eletto come simbolo della loro amicizia, proprio come quella baracca in cui si trova adesso. L’hanno scoperta per caso, molti anni fa. Erano appena usciti da scuola e stavano tornando a casa, quando ha cominciato a piovere a dirotto. Dal momento che nessuno dei due aveva l’ombrello, hanno cercato un posto in cui potersi riparare. È stata Emily ad accorgersi per prima di una baracca abbandonata, mezza nascosta dai cespugli. Da quel momento, ogni volta che uno dei due deve fare una confidenza all’altro, si ritrovano in quel posto, dove possono parlare tranquillamente senza essere disturbati.

    Anche adesso Brian sta aspettando Emily. In realtà non hanno un appuntamento, ma sa che la sua amica arriverà a momenti, perché vorrà parlargli di quel ragazzo che l’ha invitata a pranzo. Spera per lei che almeno questa volta sia andata bene. Emily merita di avere al suo fianco una persona che la ami e la faccia star bene. Purtroppo, però, sembra sia molto selettiva. Non è la prima volta che un ragazzo le dà un appuntamento, ma nessuno di quelli con cui è uscita si è rivelato all’altezza delle sue aspettative.

    Ha appena terminato il capitolo, quando sente dei passi in lontananza. Deve essere lei. Chiude il libro e lo posa sul pavimento. Dopo pochi istanti, Emily lo raggiunge.

    «Sapevo che ti avrei trovato qui» gli dice.

    Lui si alza da terra e la squadra da capo a piedi. Indossa una maglietta a mezze maniche bianca, con un disegno a fantasia floreale, abbinata a un paio di jeans chiari, e un cerchietto con un fiore azzurro le incorona i lunghi capelli scuri. Nonostante abbia optato per uno stile alquanto semplice, che rispecchia la sua personalità, sicuramente avrà fatto colpo su quel ragazzo: è impossibile che non sia rimasto piacevolmente colpito dalla sua fresca bellezza.

    «E allora?» le domanda impaziente.

    «E allora… niente. Non è il mio tipo.»

    Brian allarga le braccia e le fa ricadere sulle gambe, sospirando in segno di rassegnazione. «Io vorrei proprio saperlo, qual è il tuo tipo! Quando capirai che non esiste l’uomo perfetto, fammi un fischio.»

    Emily alza gli occhi al cielo. «Non cerco un uomo perfetto…»

    Brian le rivolge un’occhiata che lascia trapelare tutta la sua perplessità.

    «Insomma…» continua. «Cerco solo quello giusto per me.»

    «Non lo troverai mai, se non ti decidi a dare una possibilità a qualcuno. Hai liquidato al primo appuntamento tutti i ragazzi che ti hanno chiesto di uscire. Come puoi sapere che nessuno di loro sia giusto per te, se non hai nemmeno provato a conoscerli?»

    «Certe cose si sentono a pelle. Esiste una cosa chiamata sesto senso, ne hai mai sentito parlare?»

    Ignora la sua battuta ironica e raccoglie da terra il suo libro. «Sai che ti dico? Ogni volta che aspetto di ricevere una notizia positiva, inganno l’attesa leggendo il nostro romanzo, Grandi speranze. Ma con te le speranze le ho proprio perse, credimi!»

    «Quando fai così, non ti sopporto proprio» sbuffa.

    «La cosa è reciproca» le risponde a tono.

    Ma, appena i loro sguardi si incontrano, entrambi si lasciano andare a una risata liberatoria. Accade spesso che, per un motivo o per l’altro, si punzecchino a vicenda, ma anche questo fa parte dell’amicizia.

    «Sono un caso disperato, vero?» ammette Emily, alla fine.

    «No, sei solo un po’ troppo esigente. Ma vedrai che presto arriverà qualcuno che ti farà dimenticare le tue insicurezze.»

    «Non ne sono così sicura…» sospira, poi si rivolge a lui. «Tu, piuttosto, quando ti deciderai a dare un appuntamento a qualche ragazza?»

    «Vedremo… Per il momento sto bene così.»

    «Beato te. Io ti confesso che comincio a sentire il bisogno di innamorarmi. Perché, in fondo, di questo si tratta: ancora nessuno è riuscito a far scattare la scintilla.»

    Brian le prende le mani e le stringe fra le sue, come per trasmetterle un po’ della sua sicurezza. «L’importante è non perdere mai la speranza. Se hai anche solo una piccola speranza, tu devi crederci. Poi… se è destino che sia, alla fine sarà. E ricorda che certe cose accadono sempre quando meno te lo aspetti.»

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