Il processo e l'assoluzione di Mafarka il Futurista
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Il processo e l'assoluzione di Mafarka il Futurista - Salvatore Barzilai
SARFATTI
PRIMA GIORNATA
Il giorno 8 ottobre 1910 la grande aula della 3.a Sezione del Tribunale di Milano era gremita di una enorme folla, accorsavi pel processo di oltraggio al pudore intentato al poeta Marinetti pel suo romanzo Mafarka il futurista.
Erano presenti numerosissimi futuristi, venuti da ogni parte d'Italia, schiera di giovani gagliardi e risoluti, che affrontavano come sempre la battaglia con la loro spavalderia divenuta leggendaria. Notammo i pittori Boccioni, Russolo, Carrà, e i poeti Paolo Buzzi, Cavacchioli, Palazzeschi, Armando Mazza, ecc. Spiccavano inoltre, nel pubblico, moltissime signore della società elegante milanese e tutti i rappresentanti della critica italiana.
Difensori di Marinetti erano l'on. Barzilai, l'avv. Sarfatti,
Innocenzo Cappa e l'avv. Brusorio.
All'inizio dell'udienza, il Pubblico Ministero domandò subito che il processo si svolgesse a porte chiuse, dovendosi dar lettura dei brani incriminati. Sorse allora l'avv. Brusorio, che con una brillante e sottile disquisizione giuridica dimostrò lucidamente come un simile provvedimento si dovesse ritenere assurdo. Incalzò l'avv. Sarfatti, sostenendo vittoriosamente questa tesi, e il Tribunale deliberò poco dopo che il dibattimento si svolgesse alla presenza del pubblico.
Cominciò poi l'interrogatorio di F. T. Marinetti, che con una sfolgorante, vivace e sincera eloquenza difese sè stesso e l'opera sua, prendendo a parlare così:
Interrogatorio di F. T. Marinetti
Ebbi la fortuna di ereditare da mio padre una discreta sostanza, ma non me ne sono mai servito in modo basso e banale. Mi sono valso, anzi, della mia posizione indipendente per attuare un mio vasto e audace progetto di rinnovamento intellettuale ed artistico in Italia: quello di proteggere, incoraggiare ed aiutare materialmente i giovani ingegni novatori e ribelli che quotidianamente vengono soffocati dall'indifferenza, dall'avarizia o dalla miopia degli editori.
Questi, naturalmente, tutto sacrificando ai morti illustri, agli opportunisti, o ai gloriosi moribondi, professano un profondo disprezzo per la gioventù, specialmente quando essa esplica la sua attività in modo temerario e innovatore.
Per purificare quest'atmosfera di vecchiume, dove imperano il culto maniaco dell'antico e il più pedantesco accademismo, un immondo opportunismo affaristico e una grande vigliaccheria morale e fisica, ho creato il vasto e coraggioso movimento futurista, iniziato a Parigi nelle colonne del Figaro e continuato nella mia rivista internazionale Poesia, che dirigo da cinque anni con enorme sacrificio di denaro e col lavoro accanito dei miei giorni e delle mie notti.
Così venni raggruppando intorno alla mia rivista futurista una schiera di poeti e di pittori giovanissimi, ma dotati di una ispirazione formidabile e di un disprezzo assoluto pei facili successi mercantili e le banali consacrazioni ufficiali. Ne conoscete già i nomi. Sono i poeti futuristi G. P. Lucini, Paolo Buzzi, Cavacchioli, Palazzeschi, Govoni, De Maria, Armando Mazza, Folgore, Libero Altomare, Mario Betuda, e i pittori futuristi Boccioni, Russolo, Carrà, Balla, Severini e molti altri. Ed ora è con noi anche il giovane e grande musicista Balilla Pratella, autore della Sina d' Vargoün.
Il nostro movimento è fatale. Noi siamo attesi dall'Italia morente… Ma disgraziatamente le mie parole sono rotte da un'eccessiva emozione… E mi ripeto sovente!… Tanto meglio!… Non mi stancherò… Opportunismo affaristico, disprezzo della gioventù, vigliaccheria morale e fisica: ecco ciò che combattiamo!… Ecco, ciò che combatte in Italia il pornografo da voi incriminato! (Applausi),
Tengo inoltre a dichiarare che io non sono un dilettante di letteratura il quale consideri i suoi versi come dei fiori all'occhiello, nè uno spirito bizzarro che abbia scelto per capriccio snobistico una lingua straniera come la francese, per sedurre le belle dame e distrarre i suoi ozi eleganti.
Vi darò in proposito, alcune spiegazioni:
Nacqui in Alessandria d'Egitto di padre piemontese e di madre milanese. La mancanza, in quella città, di un insegnamento classico italiano fece sì che io dovetti entrare in un collegio francese, dove fui preparato al diploma di bachelier ès lettres, da me conquistato, in seguito, alla Sorbonne di Parigi. Con questo diploma entrai poi nell'università di Pavia ed in quella di Genova, dove mi addottorai in legge.
Diventato così, per un concorso di circostanze involontarie, scrittore francese, pure essendo di anima e di nazionalità italiana, divido la mia attività letteraria tra Parigi e Milano, dove ho i miei editori francesi ed italiani.
A Parigi, nelle Edizioni della Plume, apparve precisamente il mio primo poema epico: La Conquête des Etoiles, enorme visione oceanica in cui si svolge una lotta fantastica fra le onde in tempesta e le irraggiungibili stelle.
Questo poema, di un simbolismo idealistico trascendentale, non ha assolutamente nessun dettaglio erotico o sentimentale. La donna, dirò anzi, ne è assolutamente esclusa, come è pure esclusa dalla mia tragedia satirica Le Roi Bombance, apparsa a Parigi nelle edizioni del «Mercure de France», rappresentata con grandissimo clamore al Théâtre de l'Oeuvre e recentemente pubblicata in italiano dagli editori Fratelli Treves, col titolo di Re Baldoria.
Aggiungerò in proposito che il pubblico parigino ebbe un grido di stupore, all'alzarsi del sipario, nell'assistere all'esodo immediato di tutte le donne del paese fantastico da me ideato, le quali, indignate contro la bassa e volgare sensualità degli uomini, li abbandonano ai loro destini con una vivace protesta ultra-idealistica.
Dopo parecchi altri volumi di versi e di prosa, pubblicai un anno fa, a Parigi, il romanzo Mafarka le futuriste, opera che amo più di tutte le altre mie e nella quale sono riuscito ad esprimere il mio gran sogno futurista.
Vi ho descritto l'ascensione impressionante di un eroe africano, fatto di temerità e di scaltrezza, che, dopo aver manifestata la più irruente volontà di vivere e di dominare in battaglie ed in avventure molteplici, sbaragliando gli eserciti dei negri e conquistando lo scettro della sua città liberata, non sazio ancora di aver foggiato il mondo a suo piacimento, si innalza subitamente dall'eroismo guerresco a quello filosofico ed artistico. Egli vuol creare e crea, in una lotta sovrumana contro la materia e le leggi meccaniche, il suo figlio ideale, capolavoro di vitalità, eroe alato a cui trasfonde la vita in un bacio supremo, senza il concorso della donna, che assiste al tragico parto sovrumano.
Io volli, con questo romanzo, dare all'uomo una speranza illimitata nel suo perfezionamento spirituale e fisico, svincolandolo dalle ventose della lussuria e assicurandogli la sua prossima liberazione dal sonno, dalla stanchezza e dalla morte.
Volli descrivere l'elevazione gloriosa della vita, che fu vegetale, animale e umana e che si manifesterà presto in un prodigioso essere alato ed immortale. Volli sconfinare il divenire dell'uomo in una moltiplicazione infinita di forze e di splendore.
Questo grande poema, a volta a volta epico, lirico e drammatico, parte da un primo capitolo costruito coll'equilibrio e la precisione di particolari che il romanzo esige.
È questo primo capitolo il capitolo incriminato.
Nello scriverlo, io naturalmente obbedii ai principî dell'alta letteratura, i quali si riassumono nell'esprimere il proprio sogno con la massima efficacia, considerando le immagini non già come fronzoli o gemme decorative, ma come elementi essenziali dell'espressione, istrumenti incoscienti per fissare l'inafferrabile verità e per precisare l'indefinito e l'indefinibile.
Scrissi dunque Lo stupro delle negre perchè da una gran fornace torrida di lussuria e di abbrutimento potesse balzar fuori la grande volontà eroica di Mafarka.
La descrizione cruda e i particolari osceni, le parole che possono suscitare disgusto sono di una necessità assoluta nel mio poema.
Ho potuto, così, produrre secondo una legge di contrasto e direi quasi «di trampolini», il balzo dello spirito umano, che, svincolato dalla tirannide dell'amore e dall'ossessione della donna, si stacca finalmente dalla terra e schiude le grandi ali che dormono nella carne dell'uomo. (Applausi fragorosi).
Mi si dirà, con una soverchia miopia critica, che avrei potuto trascurare questo o quel particolare, usando palliativi, velature, maschere e sottintesi a base di puntini…
Mi permetterete di dichiararvi che uno scrittore non può avere altro metodo che la più assoluta sincerità, poichè l'angoscia della creazione non ha nulla a che fare con la civetteria e i falsi pudori di una fredda cortigiana.
Vi farò notare inoltre che per quanto vi è di mostruoso nella leggenda narrata da Mafarka sotto la tenda, nel secondo capitolo, bisogna considerare anzitutto che l'Africa può essere sintetizzata con tre parole: calore, sudiciume e lussuria. Non parlo dell'Africa di Pierre Loti, stilizzata e profumata appositamente pei grandi salotti accademici di Parigi.
Voi sapete, d'altronde, che il membro virile, mostruosamente sviluppato e incessantemente operoso, costituisce il motivo centrale e ossessionante della letteratura e della vita africana. (Ilarità vivissima).
Citerò ad esempio una delle commedie recitate nei teatri arabi e turchi: la commedia del Saggio e dell'Almea, nella quale un vecchio, chino sui papiri, si