Oltre l’arcobaleno Vol 3: L'amore che siamo
By Autori vari and Fabio Cicolani
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Quest’anno il ricavato dell’opera andrà interamente a sostegno delle attività di Gay Center per il progetto della Casa Famiglia Refuge LGBT.
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Oltre l’arcobaleno Vol 3 - Autori vari
Oltre l’arcobaleno
L’amore che siamo
Volume 3
Titolo: Oltre l’arcobaleno. L’amore che siamo
Autori vari
Immagine di copertina: Fabio Cicolani
Questi racconti sono opera di fantasia: nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi riferimento a fatti, luoghi o persone è puramente casuale.
Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totali o parziali, con qualsiasi mezzo, anche copie fotostatiche e microfilm, sono riservati.
© 2018 Amarganta
www.amarganta.eu info@amarganta.eu
ISBN 978-88-85728-28-8
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Copyright 2018 Amarganta
Stampato per conto dell’Associazione Culturale Amarganta nel mese di maggio 2018
Autori Vari
Oltre l’arcobaleno
L’amore che siamo
Volume 3
Amarganta
Gay Center: chi siamo, cosa facciamo
Il Gay Center è la casa di tutte le persone lesbiche, gay, bisessuali e trans: nasce dall’idea di creare uno spazio fisico su cui orientare la bussola della tutela e della valorizzazione delle differenze. Ogni singolo oppure organizzazione può trovare nel Gay Center un luogo accogliente, che promuove servizi, iniziative e cultura per il benessere e i diritti di omosessuali e transessuali.
Il Gay Center riunisce presso la propria sede varie associazioni LGBT:
Arcigay Roma nasce alla fine degli anni Ottanta nella Capitale. Nel 2001, con l’affiliazione del Gruppo ORA, rilancia decisamente le proprie attività, attivando progetti e iniziative che trovano eco in tutta Italia. Negli ultimi anni l’associazione ha promosso iniziative culturali quali presentazioni di libri e film, cene sociali, gruppi aggregativi e di auto-aiuto, consulenze legali/mediche/psicologiche, mostre d´arte e per la memoria. Nell’ambito dell’area salute si organizzano giornate dedicate ai test HIV e sifilide: professionisti e volontari si impegnano nell’effettuare test di ultima generazione somministrati in maniera gratuita e anonima.
ArciLesbica Roma Circolo Come voi
è un’associazione culturale laica, antifascista, antirazzista non avente scopo di lucro, costituita e diretta da donne con l’obiettivo di promuovere attività culturali e di aggregazione per le donne lesbiche, bisessuali, transessuali. L’obiettivo di ArciLesbica è la lotta alla discriminazione e il potenziamento della visibilità delle Lesbiche, nonché la diffusione della cultura Lesbica e femminista per permettere a ogni donna di trovare il proprio spazio nel movimento.
AzioneTrans è un´associazione di volontariato che tutela del diritto all´identità personale di persone che si definiscono transessuali e transgender o che vivano una condizione intersessuata.
Numerose sono le iniziative volte a diffondere una conoscenza approfondita e consapevole delle malattie sessualmente trasmissibili: seminari di formazione e informazione, progetti rivolti a un’utenza ampia, protocolli di prassi o intesa con le istituzioni ospedaliere garantiscono un posizionamento in prima linea del Gay Center.
Il Gruppo Intercultura è dedicato ai migranti LGBT: uno spazio in cui portare le loro storie, raccontarsi e denunciare le discriminazioni subite nei paesi di origine.
Gay Help Line 800 713 713 è il numero verde nazionale contro l’omofobia e la transfobia. Il servizio è rivolto a chiunque voglia condividere con una voce amica pensieri, riflessioni, preoccupazioni sul proprio orientamento sessuale o sull’identità che attribuisce al proprio genere. Allo stesso tempo il numero offre un aiuto concreto alle vittime di omo-transfobia, a cui viene garantito un supporto telefonico e in caso di necessità un accesso a servizi specializzati di consulenza legale, psicologica e sanitaria. Esso ha il merito di promuovere nella comunità una coscienza civile contro l’odio e le discriminazioni.
Speakly è un servizio di chat legato alla Gay Help Line e mirato a intercettare le richieste di attenzione o aiuto da parte di un’utenza più giovane. L’intento è sviluppare i punti di forza della comunicazione social e innescare un circuito virtuoso che veicoli le informazioni e canalizzi le richieste di aiuto in caso di bullismo o discriminazione in famiglia, a scuola o presso le altre agenzie formative.
Refuge LGBT è la prima casa di accoglienza temporanea per persone gay, lesbiche, bisex e trans vittime di maltrattamenti in famiglia. Il Progetto Refuge nasce nel 2007 da una idea di Gay Center/Gay Help Line: durante il meeting europeo dei numeri verdi antiomofobia a Parigi, ha fatto da faro l´incontro e il confronto con l´associazione francese Refuge, che da molti anni gestisce numerose case famiglia per giovani lesbiche, gay e trans vittime di discriminazioni. Nel 2012 Gay Center ha ottenuto la disponibilità di una struttura per ospitare la casa famiglia; solo nel giugno 2015 con la definizione del ruolo capofila della Croce Rossa di Roma il progetto si è delineato fino a prendere il via il 13 luglio 2016 grazie anche al supporto di Regione Lazio e Chiesa Valdese.
Refuge LGBT offre un servizio di prima ospitalità per le giovani vittime di omofobia, che vengono allontanate dalla propria famiglia di origine a causa del proprio orientamento sessuale. La casa, gestita da personale qualificato, dà assistenza gratuita agli ospiti, integrando i servizi propri con quelli offerti dal territorio, istituisce convenzioni per facilitare il reinserimento professionale dei ragazzi e li supporta psicologicamente tramite consulenze psicologiche e pedagogiche. La struttura risponde all’esigenza di accogliere temporaneamente tutte le persone gay, lesbiche e bisessuali che subiscono aggressioni: il suo intento si realizza nella promozione di un percorso di crescita dei ragazzi il cui step finale è la piena accettazione di se stessi e di ciò che si è.
Introduzione
Siamo arrivati ormai alla terza edizione di questa iniziativa che ci ritrova tutti quanti coinvolti ed entusiasti come la prima volta. Oltre l’Arcobaleno è un progetto nato dalla volontà di alcuni scrittori che volevano dare un segnale tangibile in favorire dei diritti civili, nell’unico modo che potevano, ovvero, scrivendo.
Stavolta abbiamo ben 22 racconti a comporre quest’antologia che affronta le tematiche a noi molto care di un’omosessualità colta da qualsiasi punto di vista. Amori, amicizie, perdite e rimpianti, ma anche speranza per un futuro migliore dove tutti quanti abbiano davvero l’opportunità di poter vivere senza discriminazioni di sorta, ma liberi di potersi amare.
Per questo motivo quest’anno abbiamo scelto il sottotitolo L’amore che siamo. Un rinvio a un concetto basilare e nel contempo molto semplice, che a volte siamo portati a dare per scontato.
Sì. Mi riferisco proprio all’idea che, nella nostra vita, a prescindere da chi siamo, c’è sempre un unico motore che ci spinge ad andare avanti: l’emozione che noi chiamiamo amore.
E sul serio quando c’è di mezzo il sentimento, siamo tutti uguali, a prescindere da quanto ci vogliano far credere.
Esattamente come l’anno passato, abbiamo omaggiato Gilbert Baker, l’ideatore della bandiera arcobaleno e in suo onore abbiamo utilizzato per la copertina il font speciale Gilbert. A un anno dalla sua scomparsa vogliamo mantenere vivo il ricordo di chi ha creato il simbolo che rappresenta un popolo, a cui sono fiero di appartenere e di cui tutti quanti noi sosteniamo l’esistenza.
In questi anni, è indubbio, abbiamo notato una notevole attenzione mediatica nei confronti di un argomento tabù come quello che trattiamo tra queste pagine e qualche risultato normativo lo abbiamo finalmente raggiunto sui diritti civili, ma siamo dell’opinione che ci troviamo soltanto all’inizio di un lungo cammino perché rimane ancora parecchio da fare, soprattutto nell’ambito della lotta all’omofobia, in famiglia come nella società.
Perciò quest’anno abbiamo scelto di devolvere l’intero ricavato delle vendite al Gay Center di Roma per la Casa Famiglia Refuge LGBT, un luogo sicuro per tutti quei giovani che ancora oggi nel nostro paese vengono cacciati dalle loro famiglie soltanto perché sono omosessuali.
Tanto altro ci sarebbe da dire, ma non voglio dilungarmi oltre, preferisco lasciare ogni cosa ai bellissimi testi che troverete dopo la mia introduzione.
Voglio solo aggiungere di essere felice e onorato di trovarmi esattamente qui, di essermi occupato per la terza volta di questo progetto, di poter fare qualcosa di concreto per i valori in cui crediamo.
E in cui, mi auguro, crediate pure voi che ci state aiutando con il vostro acquisto a essere utili per cause giuste come questa.
Vi auguro una buona lettura. Sedetevi comodi, allacciate le cinture e partiamo, insieme. Per un domani migliore, con coraggio ma soprattutto con amore.
Grazie di cuore.
Francesco Mastinu
Claudia Tifi, Nessun vento potrebbe mai
F.N. Fiorescato, Chanc(g)e
Pablo Cerini, Sigarette e cioccolato al latte
Maria Rosaria D., Broncetto
Maria Silvia Avanzato, Avviso di giacenza 704
Manuela Chiarottino, Il futuro che non hai
Luigi Romolo Carrino, La prima volta
Annemarie De Carlo, Storie di ordinaria omofobia
Laura Costantini e Loredana Falcone, Il panettiere di Arquata
Lily Carpenetti, Il condominio racconta
Matteo Grimaldi, Qualche minuto di anticipo
Stefano Bonazzi, Rovine
Bert D’Arragon, La bottega del Verrocchio
Paolo Capponi, Disse il cielo: piangi le tue lacrime
Francesca Masante, La conchiglia
Fabio Cicolani, La parmigiana di Zia Concetta
Beatrice Da Vela, La necropoli
Mariano Lamberti, Insta Love
C. K. Harp, Quel bacio, alla francese
Erin E. Keller, Insieme è più facile
Francesco Mastinu, Lili
Clara Cerri, L’amante del faraone
Nessun vento potrebbe mai
Claudia Tifi
Primo classificato al Concorso Letterario Oltre l’arcobaleno - Seconda edizione
Chiesi: chi sono?
E l’acqua tacque.
Io mi tuffai,
goccia tra le gocce,
l’arcobaleno sopra.
Poeta, scrittrice, giornalista, appassionata della bicicletta e meccanica di professione: Claudia Tifi ha partecipato con i Giovani Poeti d’Azione a diversi eventi di poesia, tra cui: La notte dei musei
, e Parole in transito: incontri con l’Autore in Città
, Roma 2010. Come artista solista ha preso parte a Bibliodiversi spiriti!
, nell’ambito di Lib(e)ri sulla carta
, Fiera dell’editoria indipendente di Poggio Mirteto, Rieti, 2009, e Poesia combinatoria, acrostica, inversa, e double-face
, Fiera dell’editoria di poesia, Nettuno 2010. È stata redattrice di Abitarearoma.net, ed è presente nelle antologie Sono bella, ma non è colpa mia – L’inconvenienza dell’avvenenza
e Il morso verde – Racconti dalle acque dell’invidia
FusibiliaLibri, e Costellazioni, letture e critiche sull’immaginario
, Lithoslibri. Ha collaborato con i Têtes de Bois in diverse tournée del Palco a pedali
e ha partecipato alla II, III e IV edizione di BiciNuragica – Poesia. È nata ad Ancona e vive a Roma.
Nessun vento potrebbe mai
«Nessun vento potrebbe mai modellare dune così perfette e dolci. Le sue natiche erano di granito, la pelle morbida di sole, i riccioli si scioglievano su due occhi di mare in tempesta. E il ventre era duro, così duro: Laura, perdonami, ma io non ho resistito…»
Lei lasciò ricadere sulle spalle la chioma corvina appena strigliata. Indossava jeans aderenti, tagliati sulle cosce, e una maglia larga e scollata.
«Gianka, sono le dieci passate, al Red Fear ci vuoi venire in mutande?»
Ingollò l’ultimo sorso di rum e coca e sventolò una camicia blu: «Secondo me con questa fai una strage!»
Ma Giancarlo era uscito dal bagno con addosso l’eleganza congenita del bianco. S’infilò la giacca e, lasciandosi dietro una fragranza di muschio e arance appena colte, spalancò la porta e scomparve a passi felpati fino all’androne. Laura si buttò la borsa al collo, inchiavò a doppia mandata e lo raggiunse.
La musica era un trapano conficcato nelle orecchie, la coda al bar non eccessiva. Qualcuno già si arrampicava sui cubi, altri si strusciavano, Laura moriva dalla voglia di scatenarsi.
Nel loro gruppo c’era sempre chi faceva la spola tra la pista da ballo e il bancone: i cocktails roteavano vorticosi come le luci sui corpi che l’attorniavano. Laura alzò lo sguardo verso le gabbie che pendevano dal soffitto: uomini e donne seminudi si contorcevano tra le sbarre, imitando le movenze del sesso più sfrenato.
D’improvviso se ne accorse. Qualcuno le carezzava le spalle, i fianchi e il pube. Lei si voltò, lui la cinse e la fece vorticare. Poi la chiuse: le mani sulle natiche, la lingua sulle labbra. Il piacere profumava di rose che s’inerpicavano per la schiena, pungendo i recettori, schiudendo fitte scariche di endorfine. Si lasciò trascinare fino al bagno dove tirò polvere finissima e con le mani sfiorò il pitone che si divincolava funesto.
Squallido, animato da un sottile andirivieni di voci ovattate, il parcheggio si stendeva per centinaia di metri, piatto e uniforme. Sui finestrini una patina simile alla rugiada dei prati celava i due corpi caldi, semisvestiti nell’inquietudine dell’amplesso. Lui aveva preferito palparle il seno e aprirla con un oggetto oblungo prima di possederla. Le era stato addosso il tempo necessario, poi, visto che lei reagiva a malapena, l’aveva rivestita, le aveva messo un braccio attorno al collo e l’aveva trascinata fino alla scalinata di ferro dell’uscita di sicurezza. Poi era svanito sgassando a folle velocità per le vie gravide di silenzio.
Laura s’era aggrappata alla ringhiera. La testa le pendeva di lato, gli occhi le ciondolavano, sensazioni viscerali si amplificavano e si mescolavano a un malessere diffuso che minacciava di scoppiare in conati e schizzi improvvisi. Si addormentò che ancora vomitava.
Era immersa in una pozza scura, viscida, melmosa. Attorno uccelli di vetro fischiettavano melodie metalliche. Un pesce dai denti affilati le strattonava il braccio. Laura urlò: «No, ti prego, lasciami andare!»
E la voce mutò in singhiozzi, mentre fremiti incontrollati le scuotevano il corpo.
Quando infine spalancò la vista al mondo, fu abbastanza cosciente da svincolarsi dagli ultimi squarci di quell’incubo nefasto. E la vide. Osservò come i riccioli d’ambra le ricadessero leggeri sulle spalle. Notò lo scintillare arguto del volto, le pieghe sulla fronte, la morbidezza delle labbra contrite. Rabbrividì quando quelle dita affilate scivolarono sulla brina del suo viso.
«Chi sei?» Più che una voce, la sua era l’esalazione sulfurea di un oltretomba pagano.
Muta e cinerea la Madonna ai piedi del Cristo deposto fissava un punto estremo dell’orizzonte. Una figura si avvicinava a passi sempre più rapidi.
«Oh, porca miseria! Laura, che hai combinato?»
Era Giancarlo, giunto ormai al capezzale. Aveva stampata un’espressione ambigua, tra lo stupore e il disgusto.
«Ti ho cercato tutta la sera come un pazzo e tu stavi qua fuori a prendere aria, perché non me l’hai detto?»
Mentiva. I primi bagliori dell’alba già scintillavano nell’aria umida, le auto del parcheggio si diradavano lentamente.
«E tieni presente che gli altri se ne sono andati. Ci tocca fare una bella passeggiata, ma così magari ti schiarisci un po’ le idee, sembri appena sbarcata da Marte!»
«Mi dispiace…»
Assorta e indifferente Laura era una pallida luna che implorava i riflettori di poter uscire di scena prima dei fischi del pubblico.
«Tranquillo, vi accompagno io, lo faccio con piacere.»
E fu allora che Giancarlo mise a fuoco la giovane donna. Era bella, gradevole e discreta. Non che gli interessasse, il suo tipo ideale era l’efebo, ma non poteva negare l’istintiva simpatia che provava per quella creatura.
Insieme aiutarono Laura a rialzarsi e l’adagiarono sul sedile posteriore. Giancarlo pensò a quant’era fortunato a non avere l’auto, altrimenti avrebbe dovuto passare la domenica a smacchiare la tappezzeria. Quella sconosciuta doveva essere una pazza a rischiarsela: così conciata alla prima curva Laura poteva rigettare l’anima intera in tanti minuscoli pezzettini. Ma forse era l’incarnazione della provvidenza e poco c’era da discutere.
«Scusa la maleducazione, non ci siamo presentati. Io mi chiamo Giancarlo e lei è Laura.»
«Mariangela, ma gli amici mi chiamano Mara. Allora, dove vi porto?»
Mise in moto e si allontanò dal parcheggio ormai deserto.
Erano le sei. Il bar della stazione pullulava di facce strappate al sonno, di vampiri e di mascelle sganasciate. Laura aveva ripreso il colore dei vivi e contemplava il cappuccino seduta all’angolo. Giancarlo e Mara chiacchieravano di amici in comune e di luoghi frequentati anzitempo. Il trillare della tazzina, le dita infervorate, Laura che sbotta improvvisa: fu da non crederci, una scarica di fuochi d’artificio a notte finita.
«Dio, che schifo! Quel verme mi ha toccato con le sue zampe luride, mi ha fatto tirare di coca e poi mi ha scopato come una cagna in calore. Sono proprio una stupida… Giancarlo per favore andiamo a casa, ho bisogno di farmi una doccia.»
Ansimava ancora, quando Giancarlo le strinse il braccio e le intimò di calmarsi. Gli occhi le si fecero lucidi. Sul tavolo era piombato un silenzio di ghiaccio.
«Laura, ti prego, dimmi che hai usato il preservativo.»
Giancarlo era calmo, manteneva limpido lo sguardo, mentre l’oscura minaccia s’addensava all’orizzonte.
«Io non lo so…»
«Laura devi guardarmi in faccia, quando mi rispondi.»
L’interrogatorio proseguiva in una quiete irreale, pronta a sgretolarsi all’istante.
Immagini troppo nitide le riaffiorarono alla mente. Rivedeva il petto villoso, la nuda protuberanza, il corpo massiccio che la schiacciava contro il sedile.
«No, non me lo ricordo…» e sbottò in un pianto secco e rabbioso.
Mara le porse un fazzoletto e s’intromise.
«Ora basta! Giancarlo, non vedi quanto sta a pezzi? Dai, andiamo, vi riporto a casa.»
«Mara, non mi serve la tua pietà di merda, vattene via!»
Laura s’alzò. Il suo strepitare sguaiato aveva zittito il bar. Ritta in piedi sosteneva gli sguardi attoniti.
«Avete capito? Mi fate schifo tutti!» e scagliò il tavolino a terra. Le tazze volarono in frantumi.
Giancarlo la strattonò fino all’uscita e la costrinse a salire in macchina.
Rapidi si allontanarono. Il viaggio fu breve e taciturno.
Lo scorrere caldo dell’acqua, lo strofinio accurato del sapone sulla pelle e il phon che asciuga e acconcia i capelli scandirono i momenti di pace in quel giorno di guerra. Quando infine emerse dalla stanza, pareva un’altra. Una sirena dall’inebriante profumo di olio alle mandorle si era stesa sul divano ed era coperta di squame oltre il dorso. Giancarlo era sexy pure con la parannanza di Capri. Pulito, curato, elegante nei movimenti e palestrato: era un piacere guardarlo sbucare dalla cucina con due piatti di omelette e asparagi.
«Beato chi ti si sposa!» le disse Laura con rinnovato sorriso.
«Non so, per ora preferisco avere uno stuolo di amanti. Per sposarmi devo trovare un bel principe azzurro che mi porti all’estero: in questo paese di bigotti il matrimonio gay non è concesso. Nella vecchia Europa ormai puoi sposarti praticamente dappertutto tranne che qui, che vergogna! Chissà come la prenderebbe mia madre vedendomi col vestito da sposa… Pensa che ancora mi chiede quando le porterò la fidanzata a casa!»
«Già, per te è facile, lo sai che ti piacciono i maschi, ma io sono così confusa… Ogni volta che mi sento attratta da un uomo finisce sempre in un gran casino!»
«Magari sei lesbica…»
«Lesbica? Ma se mi fa ribrezzo anche il nome, è orribile! Senza pene, senza figli, ma che vita è?»
«Guarda che nei paesi più evoluti danno i figli in adozione anche alle coppie omosessuali.»
«A me sembra fantascienza…»
Posati forchetta e coltello, Laura alzò il calice del vino rosso e propose un brindisi.
«Ai tuoi piatti squisiti, alla nostra splendida amicizia e…»
«Alla luce che spazzi via l’oscurantismo omofobo!» Concluse Giancarlo. Tolse i piatti e tirò fuori un involucro dal frigo.
«Eccoti una bella cassata siciliana per addolcirti la pillola!»
«Perché, cos’altro c’è?»
Un guizzo d’infelicità le attraversò lo sguardo.
«Laura, ascoltami, lo facciamo per il tuo bene. Se hai avuto un rapporto sessuale non protetto, devi fare dei controlli. C’è un trattamento che va iniziato entro quarantott’ore dal momento dell’esposizione al virus per evitare il contagio…»
«Cosa credi che io sia? Una cretina che va in giro a beccarsi l’AIDS? Io sto bene, non lo vedi?»
Giancarlo temette di vedere il vaso orientale della sala sfracellarsi al suolo, ma fu Laura a schiantarsi a terra in un brodo di lacrime.
«È colpa mia, mi piaceva farmi toccare, ma poi è diventato un incubo. Non riuscivo a reagire, ero come paralizzata e intanto lui… Oddio, mi è venuto dentro!»
Squillò il citofono.
«Ciao Mara, sei tu? Sì, sali, Laura è qui.»
«Io quella non la voglio vedere, mandala via!»
«Ascoltami.» Giancarlo era chino su di lei con le labbra a qualche centimetro dalle sue e gli occhi che la fissavano.
«Non puoi scappare per sempre, devi farti aiutare.» le disse. Laura lo strinse così forte