Manuale di scrittura creativa: Con esempi, esercizi, approfondimenti
By Vania Russo
4/5
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About this ebook
Oltre all'analisi e allo sviluppo della teoria della narrazione, questo libro è arricchito dalle esperienze in aula che sono state svolte, dagli esercizi individuali proposti e da alcuni approfondimenti da parte di un editore, Andrea Tralli, che costituiscono un “occhio indiscreto” interno al mondo delle case editrici.
Un libro importante e ricco, che può aiutare nel concreto ogni scrittore, dall'esordiente all'aspirante professionista.
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Manuale di scrittura creativa - Vania Russo
dell’editore.
NOTA AL TESTO
Narrare necesse est: noi esseri umani abbiamo assoluto bisogno di raccontare¹, scriveva il filosofo Odo Marquard, riferendosi, evidentemente, alla primaria necessità degli uomini di riunirsi in gruppo e raccontarsi storie.
La scrittura creativa è concretizzazione di questo bisogno, e comprende ogni genere di scrittura – racconto breve o lungo, romanzo, componimento poetico, poema – che si diversifica dalla scrittura professionale del tipo giornalistico, accademico e tecnico.
Più ancora dobbiamo osare dire che la scrittura creativa non è una materia di studio, è un metodo; la materia di studio è la narratologia in tutte le sue ramificazioni e, soprattutto, materia di studio dovrebbe essere la lingua primaria dello scrittore, con tutte le sue meraviglie e particolarità.
La scrittura creativa è americana di nascita. Fu il grande educatore e pedagogista John Dewey, all’inizio del XX secolo, a sviluppare l’idea di scuola attiva o creativa
, ponendo al centro due concetti importanti: progressivo e creativo; poiché l’educazione è un processo continuo che dura tutta la vita, è in costante mutamento e in essa l’esperienza pratica ha un valore determinante.
Il valore fondamentale dell’esperienza, unito alla creatività della persona, può dare vita a progressi entusiasmanti in qualunque ambito. Nella scrittura questa possibilità si traduce spesso in una produzione letteraria di livello anche importante, frutto non solo di un corso di scrittura creativa, ma anche di passione, sacrificio, studio, dedizione.
Questo manuale è stato pensato per mettere a disposizione dei lettori delle informazioni efficaci e professionalizzanti sia sul piano narratologico che tecnico della scrittura vera e propria. Non è possibile fare scrittura creativa a distanza, poiché è intrinseco nel metodo il principio di correlazione fra i partecipanti a un corso, un gruppo, un’esperienza comunitaria. Il presente lavoro, dunque, allo scopo di ovviare a questa mancanza, offre la possibilità di mettersi alla prova con esercizi di laboratorio (sia di scrittura che di lettura analitica) e riporta delle esperienze in aula (i capitoli Scrittura in aula), al fine di avvicinare il più possibile il lettore alla reale esperienza di un corso di scrittura.
La parte iniziale di ogni capitolo presenta la teoria, corredata dove necessario dagli esercizi pratici; nella parte finale di ogni capitolo, invece, il lettore troverà esempi tratti dall’opera di grandi scrittori e il rimando alle esperienze in aula, frutto di una pratica sul campo.
In ultima, per sorridere e riflettere, i lettori troveranno delle Curiosità, dedicate a bizzarrie del mondo della letteratura, in particolare sui vizi e vezzi di grandi autori e curiosità su romanzi famosi.
Appunti dell’editore – nota al testo
Mi presento: sono Andrea Tralli, titolare di Panda Edizioni, che ha il piacere di pubblicare il presente libro. Tra i molti progetti validi che Vania mi ha presentato, questo è uno di quelli a cui tengo particolarmente: è un testo valido, di stampo pratico, efficace e non autocelebrativo, al contrario di diversi altri manuali di scrittura che ho avuto modo di leggere. Ritengo che nel nostro Paese non esistano molti altri testi di questa qualità, e allo stesso tempo ce ne sarebbe un grande bisogno. Vedendo i manoscritti che arrivano in redazione, posso senza dubbio sostenere che la maggior parte degli autori che si propongono non si siano mai posti alcun dubbio in merito al valore del testo proposto, sia intrinseco sia commerciale. E ciò non va bene. Bene invece sarebbe porsi questo dubbio, e ancor meglio approfondire, studiare, far evolvere la propria scrittura attraverso per esempio questo testo, perché tutti meritiamo di leggere i libri migliori che possano essere scritti.
Inoltre Vania mi ha chiesto di collaborare alla stesura con dei brevi interventi al testo per integrare il punto di vista della editor con quello dell’editore, che coprono due ruoli vicini ma distinti nel mondo del libro. Questo non può che lusingarmi, perché spesso la voce degli editori... non si sente. Eppure l’interfaccia con il mercato non si può evitare, perché è lì che, si spera, vada il testo al quale abbiamo lavorato (tutti, autore in primis) con così tanta passione.
Perciò interpreterò la parte del critico, a volte, ma credetemi: qualunque autore voglia affacciarsi al mercato si scontrerà con tematiche simili, inevitabilmente.
D'altra parte, questo testo mira anche a farvi toccare con mano
quanto imparato attraverso la proposta di un'esperienza personale (i capitoli Fare esperienza
). Se vorrete seguirci in questo viaggio, potrete comprendere nella realtà, a livello concreto, quanto la scrittura possa incidere nel vissuto di ogni persona.
INTRODUZIONE
LA LEPRE E LA TARTARUGA
Il mondo editoriale sta cambiando e si sta aprendo sempre di più a una condizione di fatto per cui gli editori, e tutti gli altri professionisti che prima ‘filtravano’ i contenuti di un manoscritto, in particolare preparando in modo professionale l’arrivo alle stampe, non hanno più necessariamente l’ultima parola, anzi: per migliaia di nuovi libri all’anno prodotti con il self publishing² editori e correttori bozze, per citarne due, non hanno più alcun diritto di parola.
È la nuova editoria; la vanity press, l’editoria della vanità, per dirla con un guizzo di simpatico umorismo british.
Autori che si sono visti rifiutare una pubblicazione possono aver deciso a un certo punto di auto pubblicarsi, sfruttando varie piattaforme offerte da colossi della vendita on line, come Amazon, per lanciare i loro ebook o i libri in cartaceo.
Si tratta di un giro d’affari di oltre un miliardo di dollari, e ormai anche di euro, che sta portando a una rivoluzione nella concezione stessa di libro, aumentando sempre di più il distacco della nuova editoria da quella tradizionale, incrementando le vendite di ebook e alimentando il trading on line e il più selvaggio personal branding; creando un indotto straordinario di servizi satellite offerti da nuove figure professionali o para professionali.
Immaginiamo di voler pubblicare un nostro manoscritto. Un tempo bisognava mandarlo a una casa editrice e aspettare una risposta che spesso frustrava le nostre aspettative.
Oggi questa trafila non è più necessaria. A fronte di una spesa non eccessiva, infatti, è possibile pubblicare i propri libri on-demand, con una procedura sempre più standardizzata, tanto da essere gestita quasi interamente on web e così un autore può mandare in stampa il suo libro, coronando il proprio sogno.
Si è venuto a creare quindi un mercato editoriale alternativo e in questo nuovo mercato le figure in gioco sono cambiate: gli editori tradizionali sono spariti, gli autori sono editori di se stessi, il libro in stampa non è più vagliato da professionisti del settore editoriale, ma un prodotto di consumo inserito in un filone di genere o sotto genere.
I siti di e-commerce propongono ancora i titoli delle case editrici tradizionali, per fortuna, ma oltre a questi è tutto un pullulare di altre proposte auto pubblicate dagli autori: romanzi, saggi, manuali, in un continuo ripollare di nuovi titoli.
In taluni casi le parti si sono addirittura invertite, per cui grandi editori hanno trovato nelle classifiche di vendita degli ebook dei buoni romanzi auto pubblicati e hanno messo sotto contratto gli autori. È il caso di Anna Premoli, per esempio, o Daniela Volonté, Cecile Bertod con la Newton Compton, o Amabile Giusti con la Mondadori o anche Elisa Gioia con la Piemme.
Ciò implica che la pubblicazione ‘fai da te’ sia diventata anche una possibile vetrina per attirare l’attenzione dei Grandi dell’editoria e guadagnare un contratto editoriale di tipo tradizionale.
Per un autore diventa facile incuriosire le case editrici se riesce a vendere milioni di copie in auto pubblicazione. È il caso, ad esempio, della 27enne Amanda Hocking di Austin del Minnesota, in America. Dopo decine di rifiuti ricevuti dagli editori tradizionali, ha deciso di auto pubblicarsi, per cui ha acceso il computer e ha dato alle stampe virtuali
il suo Switched, Il segreto del regno perduto in versione ebook. In sei mesi ha venduto 150mila copie, in quasi due anni un milione e mezzo (incassando 2,5 milioni di dollari). E così anche gli editori di carta se ne sono accorti (in Italia Fazi Editore ha comprato i diritti di pubblicazione). La vita di questa persona è cambiata completamente: il self publishing ha trasformato la sua passione in un lavoro, consacrandola a livello mondiale quale scrittrice professionista.
Non è nemmeno un caso unico, potremmo citare ad esempio Joël Dicker diventato famoso nel 2012 grazie al romanzo La verità sul caso Harry Quebert. L’autore è arrivato al successo planetario dopo numerosi rifiuti di editori tradizionali e auto pubblicando quello che sarebbe diventato il suo best seller³.
Perché, dunque, questo discorso? Perché se non ci sono più – o per lo meno non ci sono sempre – i professionisti dell’editoria a porre rimedio alle ‘magagne’ dei manoscritti prima di mandarli alle stampe, gli autori dovrebbero sentirsi in dovere di formarsi professionalmente, cosa che purtroppo avviene raramente.
La questione tocca anche i lettori, addosso ai quali piovono ormai quantità alluvionali di libri auto pubblicati sia in cartaceo che in ebook, di livello a volte imbarazzante, e prodotti non solo da autori indipendenti, ma anche da alcune – e ribadiamo alcune – piccole e medie case editrici che si stanno avvantaggiando con il sistema della pubblicazione on demand o a doppio binario⁴, ma che non servendosi di figure professionali altamente qualificate per sistemare i manoscritti, non producono sempre libri all’altezza della situazione e soprattutto del prezzo. I lettori si ritrovano tra le mani libri con grafica approssimativa, immancabile ultimamente l’erotismo (il profeta dell’erotismo Marchese De Sade ci aveva visto giusto) e con contenuti approssimativi, dilettantistici, imprecisi, perfino strafalcioni storici, geografici, logici, tecnici, di struttura eccetera.
Se per gli aspiranti scrittori dovrebbe essere doveroso formarsi al mestiere, per i lettori sta diventando una questione di sopravvivenza. Laddove l’offerta editoriale è così vasta, affinare le giuste armi per valutare un testo è diventata una competenza indispensabile.
Da questi presupposti possono nascere oggi i corsi di scrittura, narratologia, i master di formazione editoriale e soprattutto la stesura e pubblicazione di manuali dedicati. Come questo.
Certo non è difficile oggi imbattersi in offerte formative che riguardino la scrittura, la lettura, il giornalismo, la saggistica e via così. Benché il discorso riguardi anche una situazione attuale, il concetto parte da lontano.
Molti grandi scrittori nel passato avevano compreso le potenzialità insite nell’insegnamento della scrittura e nella narratologia, intese come sistema codificato di regole, non rigide e vincolanti, ma concretamente identificabili e fruibili.
Facciamo un passo indietro, per avere ben chiara la situazione e per ribadire che la scrittura creativa ha le sue radici in America negli scopi educativi di John Dewey, filosofo, pedagogista, scrittore e professore universitario.
Il pensiero filosofico di Dewey, definito da lui stesso strumentalismo (idea centrale: la mente è strumento adattivo che riduce la problematicità dell’ambiente), rientra nel grande filone del Pragmatismo americano⁵.
Dewey faceva parte ideologicamente di quel gruppo di pensatori americani che intendevano dare al fatto teorico un’attuazione pratica, perché la teoria non fosse fine a se stessa. La teoria nasce dalla pratica stessa ed è la pratica che dà senso alla teoria, rendendola applicabile.
Agli inizi del Novecento, Dewey cercò di sviluppare il concetto di scuola attiva o dinamica, proprio basandosi su questa sua concezione pragmatica dell’educazione e della pedagogia: dalla pratica nasce la teoria e dalla teoria la pratica, in questo modo è possibile insegnare in un processo che vede i soggetti dell’apprendimento protagonisti del percorso di formazione.
Pose all’attenzione degli educatori due termini fondamentali, a suo dire, per il giusto apprendimento: progressivo e creativo, progressivo perché ciò che un allievo impara non è legato solo al momento presente, ma viene elaborato in un processo di maturazione e crescita che ha una durata imprevedibile; e inoltre è creativo perché l’allievo è partecipe di tale progresso e lo personalizza.
In poche parole, per Dewey l’educazione è un processo in perenne divenire che dura tutta la vita, ed è quindi soggetto a mutamenti continui, innescati e influenzati dall’esperienza pratica dei discenti.
Per questo, nella proposta del pedagogo americano, il sistema educativo e di istruzione doveva basarsi su una dinamica attiva, partecipativa e progressiva: coinvolgere gli allievi, renderli consapevoli del percorso fatto, progredire anche in base all’esperienza concreta (laboratoriale).
Il pensiero di Dewey fu la base sulla quale, nel 1915 all’interno delle Università, partirono i primi corsi di scrittura narrativa che, non molto tempo dopo, diventarono corsi di scrittura creativa.
Il principio che sta alla base di questi corsi e insegnamenti è semplice: si impara a scrivere, scrivendo, misurandosi concretamente con l’elaborazione di un racconto e dunque rimanda chiaramente al trinomio di Dewey pratica-teoria-pratica.
Anche in Italia la questione dell’apprendimento delle tecniche narrative ha coinvolto autori molto noti. Italo Calvino, per esempio, è uno dei grandi precursori della scrittura creativa: la chiamava littérature potentielle., intendendo la ricerca di strutture e schemi che potessero essere usati dagli scrittori in modo assolutamente personale, sviluppando nuove potenzialità creative. Per questo Calvino fondò, con scrittori e matematici di lingua francese, l’OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle), fra i cui scopi c’era quello di codificare una serie di strumenti di creazione letteraria utilizzabili da tutti.
Da qui in poi le cose si sono sviluppate partendo dal presupposto che l’esperienza della narrativa fosse un qualcosa di assimilabile, tramite scuole vere e proprie. La prima in Italia fu la Scuola di Scrittura Omero, fondata nel 1988 grazie all’impegno di Vincenzo Cerami e ancora oggi una delle più attive sul territorio nazionale. Ma si potrebbe citare anche il lavoro del compianto Giuseppe Pontiggia in quel del Teatro Verdi di Milano o il lavoro di Elisabetta Sgarbi, allora editor della Bompiani, con i Quaderni di Panta nati del 1990, in cui venivano raccolte le esperienze di diversi scrittori nell’ambito della scrittura creativa: Tiziano Scarpa, Dacia Maraini, Carlo Lucarelli, Tullio de Mauro, Alessandro Baricco, solo per citarne alcuni e tra i quali vi sono, tra l’altro, fondatori di altre scuole di scrittura.
Dunque la scrittura creativa non è una materia di studio, o non lo è del tutto, più che altro è un metodo pedagogico, che necessiterebbe di un gruppo, di una socialità, di uno scambio effettivo, umano e dinamico, ma può anche basarsi su un percorso professionalizzante dal punto di vista delle conoscenze narratologiche ed editoriali, come appunto immaginava Calvino.
Questo manuale di scrittura, pur riproponendo in modo virtuale l’ambiente reale di un’aula in cui portare avanti un percorso dinamico e creativo, ha necessariamente come base delle nozioni di narratologia. Il termine narratologia fu coniato dal filosofo Tzvetan Todorov⁶ nel 1969 per indicare lo studio delle strutture narrative. Angelo Marchese⁷, nel 1983 scriveva:
La narratologia è una disciplina ancora in fieri... è un campo di studi tutt’altro che omogeneo, con interessi e intendimenti assai disparati, che vanno dalla ricerca di una logica potenzialmente universale del racconto al sondaggio della tecnica narrativa, dalla elaborazione di una rigorosa e monistica metodologia a un più duttile scandaglio interdisciplinare.
Per quanto il nome sia difficile da masticare, tecnicamente la narratologia è l’analisi delle forme e delle strutture della narrazione. Come punto di partenza di quasi tutti gli studi narratologici è generalmente assunta l’analisi condotta da V. Propp sulle funzioni narrative delle fiabe russe.
Ovvero da queste – attraverso il contributo di linguisti, antropologi, teorici del cinema – sono partiti i tentativi di individuare un modello teorico universale delle strutture narrative, una specie di grammatica del racconto.
Senza dilungarci