Delos Science Fiction 196
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Fantascienza - rivista (51 pagine) - Sul numero 196 di Delos Science Fiction articoli sui film Annientamento e Ready Player One, Speciale su Pacific Rim: la rivolta e articoli su Matematica per Nerd e l'antologia di racconti di Filippo Radogna.
Un film di mostri e robot giganteschi? Sì, certo, ma non solo. Pacific Rim. la rivolta è questo ma molto altro. Partiamo dal fatto che tutto sommato questa saga cinematografica ha una buona dose di originalità ed è stata avviata da quel Guillermo del Toro, regista del primo film, che ha sbancato i premi Oscar con La forma dell'acqua. Aggiungiamo poi che la star di questo secondo capitolo è quel John Boyega già co-protagonsita di Star Wars Il risveglio della forza. E allora ci sono tutti gli ingredienti per parlarne nello speciale di questo numero 196 di Delos Science Fiction.
Ma ci sono altri due film del momento: il primo è Annientamento, diretto da Alex Garland e adattato dall'omonimo romanzo di Jeff VanderMeer, primo capitolo della trilogia dell'Area X; il secondo è Ready Player One, diretto da Steven Spielberg e tratto dall'omonimo romanzo di Ernest Cline. Due pellicole tratte da due romanzi di fantascienza a cui diamo spazio nei nostri servizi.
Sempre in tema di letteratura, nella rubrica dedicata alla fantascienza italiana parliamo di L'enigma di Pitagora, la prima antologia di Filippo Radogna, giornalista e scrittore materano.
Sempre in tema di libri, nella rubrica dedicata ai social e alle uscite digita vi segnaliamo l''uscita dell'ebook di Emanuele Manco, direttore di FantasyMagazine, sulla matematica che piace ai nerd, quella cioè che vi spiega, per esempio, a quale forza è stata sottoposta la spina dorsale di Gwen Stacy quando l'Uomo Ragno cercò di salvarla dalla drammatica caduta dal ponte?
Sulle nuove uscite editoriali sul mercato anglosassone non potevamo non soffermarci sui nuovi romanzi di due autori amati e apprezzati anche in Italia: Charles Stross e Nancy Kress.
I racconti di questo numero sono di Diego Lama e Graziano Delorda.
Rivista fondata da Silvio Sosio e diretta da Carmine Treanni.
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Delos Science Fiction 196 - Carmine Treanni
Lama
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Ma i robot ci ruberanno il lavoro?
Articolo di Carmine Treanni
Cominciai a pensare ai robot come a prodotti industriali costruiti da tecnici animati da intenti puramente pratici. Li vedevo come macchine, insomma, dotate di dispositivi di sicurezza che gli impedivano di diventare una minaccia, e destinate a lavori particolari che non implicavano necessariamente l’insorgere dell’elemento patetico (Isaac Asimov, Tutti i miei robot, Mondadori, Milano 1985). Con queste parole, Isaac Asimov descrive la sua concezione di robot, a cui deve molta della sua notorietà come scrittore di fantascienza, al punto da essere considerato il padre del moderno concetto di robot.
Quest'idea trovò una sintesi nelle famose Tre Leggi della Robotica, formulate per la prima volta nel racconto Circolo vizioso (Runaround, 1942), ma la stessa parola Robotica fu coniata proprio in quell’occasione, designando così la scienza che studia i robot. L’idea di robot di Asimov è un concetto nato in piena era fordista, ossia di massima espansione del capitalismo che assunse nella fabbrica e nell’operaio i simboli più rappresentativi.
La parola robot è stata usata per la prima volta dallo scrittore e drammaturgo ceco Karel Čapek, nel romanzo RUR – Rossum's Universal Robots (1920), dove appaiono uomini artificiali, utilizzati come forza lavoro a basso costo. Il termine denota, comunque, da quel momento in poi, un uomo meccanico, un essere dotato di un corpo interamente artificiale.
Il cyborg (organismo cibernetico
o uomo bionico
), invece, indica una creatura che combina parti organiche e meccaniche. Una sorta di ibrido, dunque, fra il robot e l’essere umano.
L’androide occupa un posto rilevante nell’immaginario collettivo fantascientifico, pur essendo, forse, meno noto dei suoi parenti, il robot e il cyborg. Anzi, spesso vengono ritenuti sinonimi, ma in realtà hanno un significato diverso, che vale la pena ricordare brevemente.
Il termine Androide deriva dal greco anèr, andròs, uomo
, e che quindi può essere tradotto a forma d'uomo
. La coniazione del termine si fa generalmente risalire al filosofo, teologo e scienziato S. Alberto Magno (1204-1282), che la utilizzò per definire esseri viventi creati dall'uomo per via alchemica, ma il primo ad utilizzarla in un romanzo fu Mathias Villiers de l'Isle-Adam (1838-1889) in Eva futura (L'Ève future, 1886), nel quale il protagonista è addirittura Thomas Edison.
Le tre figure – il robot, il cyborg e l’androide – seppur apparse in tempi diversi nell’immaginario collettivo, hanno, comunque, segnato il Novecento, grazie ai numerosi romanzi e ai film di cui sono stati protagonisti. Per questo ci sembrano le più adatte a descrivere i profondi mutamenti intervenuti nelle forme di organizzazione del lavoro, a partire dalla fabbrica taylorista fino all’emergere di un nuovo modo di concepire il lavoro che viene normalmente riassunto dalla parola flessibile
o atipico
e precario.
La domanda cruciale che molti tra scienziati, analisti e imprenditori si chiedono è: ma i robot ci ruberanno il lavoro?
A provare a dare una risposta ci ha pensato, recentemente, un'equipe di ricercatori del Media Lab del Mit di Boston che ha cercato di prevedere quali saranno le aree metropolitane (statunitensi) più colpite in termini di occupazione dall’ingombrante presenza dell'automazione negli ambiti lavorativi.
Ebbene, dalla loro ricerca è emerso che le città più piccole saranno quelle maggiormente colpite dalla presenza di robot nelle dinamiche lavorative, mentre nelle grandi città, con un numero di abitanti superiore alle 100mila unità, l'impatto sarà più contenuto. Ciò sarà dovuto al fatto che nelle grandi aree metropolitane è più massiccia la presenza di professionisti con un grado di specializzazione e di preparazione che difficilmente una macchina potrà sostituire.
Attualmente il dibattito è molto sull'Intelligenza Artificiale che è entrata sempre più nelle nostre vite, dagli assistenti dei computer e dei cellulari a quelli che governano la nostra casa, tanto per fare due esempi.
Se la robotica e l'automazione stanno riducendo il numero dei posti di lavoro è anche vero che ne creano di nuovi, legati per l'appunto all'informatica e alle telecomunicazioni. Allora, il nodo centrale sembra essere da un lato la formazione – il ruolo della scuola e dell'università sono centrali, ma anche la formazione diretta in senso stretto – e dall'altro la capacità di ognuno di noi ad adattarsi alle nuove tecnologie. In entrambi i casi è quindi un fatto culturale.
Chiedersi oggi cosa quali modificazioni porteranno le tecnologie